Diocesi di Rimini
STORIA
I - Le origini
Il territorio della diocesi, delimitato a oriente dal torrente Tavollo, a occidente dal Rubicone, e prospiciente il mare Adriatico, è come diviso in due parti dalla Repubblica di San Marino, che separa la valle del fiume Conca da quella del fiume Marecchia, alla cui foce sorge la città di Rimini, sede vescovile.La Chiesa riminese è documentata alla fine del III-inizio del IV sec.: se da una parte un suo vescovo, Stemnio, è registrato presente al concilio romano del 313 (Ottato di Milevi), con san Gaudenzio, che secondo un’antica tradizione sarebbe venuto da Efeso a Roma e inviato a Rimini dal papa, si può forse risalire più indietro, ma la figura è discussa dagli agiografi; del resto non è mancato chi ha a esempio riconosciuto collegamenti riminesi di un papa come san Clemente I (Romano) ovvero Arrecino (Tertullo) Clemente, figlio di un magistrato documentato in Ariminum.
Nel corso del IV sec., nell’ambito delle controversie ariane e delle definizioni dottrinali relative alla divinità del Figlio di Dio e alla Trinità, nel 359 si segnala la convocazione del concilio dell’episcopato d’Occidente a Rimini e di quello orientale a Seleucia, episodi importanti della lotta ariana; dall’imperatore Costanzo vi fu imposta la formula teologica del Figlio «simile » al Padre, nel tentativo di mettere da parte la definizione ortodossa («consostanziale ») stabilita nel concilio ecumenico di Nicea del 325.
Per il resto «la storia della Chiesa riminese, dopo la crisi ariana, non si segnala per avvenimenti straordinari »; edifici di culto cristiano vengono attestati fin dal IV sec., ma di essi non rimane nulla, mentre le chiese più antiche conservate, almeno in parte, fino a noi sono pievi extraurbane, a partire dal VI . Bisogna ricordare la visita apostolica del vescovo Leonzio nell’età di papa Gregorio Magno (591).
II - Dal Medioevo al concilio di Trento
Edifici cristiani, già supposti dalla stessa presenza del concilio, vengono positivamente attestati nel V sec.; una ecclesia beati Gaudentii fra il VII e l’VIII sec.; ma di essi nulla rimane.Le più antiche chiese giunte a noi, almeno in parte, sono pievi extraurbane: la pieve di San Giovanni in Compito sorta nel luogo indicato nell’Itinerario gerosolimitano quale mutatio Conpetu risale nella sua forma attuale al X sec., ma ha elementi del VI-VIII sec., quando la sua vasta giurisdizione è largamente documentata; la pieve di San Michele in Acerbulis, presso Santarcangelo, costruita a una sola navata nel VI sec., conserva ancora gran parte delle strutture originarie; la pieve di Verucchio ricordata nell’XI . con il titolo di San Giovanni, a cui più tardi si è aggiunto quello di San Martino, con parti architettoniche assai antiche e avanzi importanti.
Nel corso dell’XI . si segnala l’attiva presenza di san Pier Damiani e la fondazione del monastero di San Gregorio in Conca, mentre continuano la loro vita le importanti abbazie di San Gaudenzio e dei santi Pietro e Paolo (poi detta di San Giuliano).
Con la nascita del comune di Rimini da una parte si assiste allo scontro con vescovo e capitolo, e dall’altra alla valorizzazione dei nuovi ordini, come i francescani, gli agostiniani e i domenicani; in questo contesto religioso e politico va collocata la presenza dei cosiddetti patarini.
Dalla fine del Duecento si insedia in città la famiglia Malatesta che influenzò la realtà locale, anche religiosa, sino all’inizio del XVI . Si ricorda la presenza di papa Gregorio XII (nel corso del 1412-1413), qui rifugiatosi sotto la protezione di Carlo Malatesta in un grave momento di crisi della Chiesa, lo sviluppo di nuovi fermenti con l’osservanza, cui è legata la confraternita di San Girolamo (fondazione 1436-1442) ancora oggi attiva, la trasformazione della chiesa di San Francesco in Tempio malatestiano (con cappelle di giuspatronato signorile).
Dalla primitiva costituzione del territorio plebano si passa alla affermazione del fenomeno parrocchiale.
Diversi vescovi fra XIV (1303) e XV . indissero sinodi, raccolti da Bartolomeo Coccapani nel 1477.
Fra gli intellettuali è noto Giovanni da Serravalle (1360-1445), vescovo di Fermo, soprattutto quale commentatore della Divina Commedia tradotta in latino per i padri del concilio di Costanza.
Nel corso del Medioevo in città e diocesi operarono san Francesco d’Assisi e sant’Antonio da Padova, i beati Simone Balacchi (XIII sec.), Giovanni Gueruli (XIII-XIV sec.), Gregorio Celli e Chiara da Rimini (XIV sec.), Amato Ronconi di Saludecio (XIII-XIV sec.) e Galeotto Roberto Malatesta (XV sec.).
III - Da Trento al 1815
All’indomani del concilio di Trento nel 1568 venne eretto il seminario diocesano, fra i primi del suo tempo; nel corso dell’età moderna tutta la Chiesa, a partire dai vescovi residenti, si impegnò per la costruzione di una Chiesa attiva.In questo processo fu significativa la visita apostolica del vescovo feretrano Giovanni Francesco Sormani nel 1571.
L’impianto di una riforma disciplinare del clero e di un rinnovamento della vita religiosa fu impostato fin dal 1574 dal vescovo Giovanni Battista Castelli, uno dei quattro promotori dell’ultima fase del concilio Tridentino, morto nunzio in Francia nel 1583.
In questi anni si sviluppa un forte impegno vescovile e una riorganizzazione del territorio plebano in vicariati foranei, per quanto oggetto di qualche modifica e aggiustamento nel corso del tempo; si assistette all’insediamento di nuovi ordini, o di vecchi ordini riformati, a un crescente processo di clericalizzazione della società, e di conformismo, a una crescita confraternale abnorme con corrispondenti pratiche devozionali soprattutto fra XVII e prima metà del XVIII . Grazie al cardinale Da Via e ad altri presuli, nel Settecento si assistette al tentativo di una rivitalizzazione del seminario.
Tra il clero si segnalano il dotto canonista Sebastiano Vanzi, già definitore del concilio, poi vescovo d’Orvieto, e il cardinale Michelangelo Tonti (1566-1622), cofondatore del collegio Nazareno in Roma con san Giuseppe Calasanzio; né si può dimenticare un interprete e cantore del nuovo modello sacerdotale come Giuseppe Malatesta Garuffi.
Inoltre il legame mantenuto con la città di origine da parte del cardinale Giuseppe Garampi, vescovo di Corneto e Montefiascone, diplomatico, ma soprattutto prefetto dell’Archivio segreto vaticano, da cui trasse tesori di schede e apografi, lasciati alla civica biblioteca A.
Gambalunga, permise di porre le basi nel secolo successivo alla monumentale storia civile e religiosa della città scritta da Luigi Tonini.
La scuola storica romagnola, anche grazie a un papa nato sul suolo diocesano, a Santarcangelo di Romagna, come Lorenzo Ganganelli poi Clemente XIV, vide insediare eruditi riminesi come Gaetano e Callisto Marini nell’archivio e nella biblioteca Vaticana, e altri, come Giovanni Cristofano Amaduzzi (1740-1792), primo segretario della congregazione di Propaganda Fide, in dotta relazione con gli uomini più illustri del suo tempo; anche se non mancano sospetti di filo e cripto-giansenismo su diversi membri del clero, destinati a durare sino ai primi anni della Restaurazione.
Bisogna inoltre segnalare due fatti istituzionalmente significativi: a) Per quanto la diocesi riminese sia stata sin dalle sue origini immediate subiecta alla sede di Roma, nel 1604 tuttavia, nell’ambito di un complesso riordino organizzativo delle sedi metropolitiche e delle relative diocesi suffraganee dell’antica Aemilia e Flaminia, venne sottoposta alla sede metropolitana di Ravenna; capitolo e comunità cittadina fecero resistenza nel richiamo ad antichi diritti, giungendo ad accettare la cosa solo nel 1745, in presenza di un ordinario di origine ravennate come Alessandro Guiccioli.
b) Inoltre il titolo e la sede dell’antica cattedrale di Santa Colomba in Rimini, abbandonata dopo diversi interventi di restauro anche in seguito a ripetuti terremoti (1786), e destinata a essere abbattuta nel corso del secondo decennio del XIX sec., sono stati traslati dapprima in San Giovanni Evangelista, noto come Sant’Agostino, quindi nel 1809 nella chiesa di San Francesco, ovvero nel noto Tempio malatestiano, eretto a basilica minore nel 2000.
IV - Dal 1815 al concilio Vaticano II
Durante la Restaurazione, divenuto peraltro estremamente esiguo il numero degli ordini religiosi presenti, si pose il problema di una rinnovata pastorale religiosa; non mancarono poi fermenti risorgimentali fra il clero, come l’interessante auspicio per la fine del dominio temporale del pontefice e la piena liberazione nell’ambito spirituale, formulato da don Berardi in singolare concomitanza con i moti del 1831.Nella chiesa di Santa Chiara in Rimini, affidata ai passionisti, l’immagine della Beata Vergine della Misericordia nel maggio 1850 mosse miracolosamente gli occhi, sollevando manifestazioni di fede nelle moltitudini accorse da ogni parte, in concomitanza con il movimento per la proclamazione dell’Immacolata concezione.
Il problema del rapporto con il mondo moderno vide un filone neotomista sostenuto dal vescovo Battaglini, ma anche un clero e laicato vivaci, interessati all’impegno sociale e politico propugnato da Romolo Murri (si ricordi il famoso discorso di San Marino del 1902), anche se «papalini in città libertina» come Rimini.
Ma non si può dimenticare il ruolo e l’importanza di diverse nuove fondazioni religiose attive nel settore educativo nel corso dell’Ottocento, a partire da quella voluta dalla beata Elisabetta Renzi, o l’utilizzo della stampa per aggregazioni devote attorno a pie opere come quella del Rosario nella chiesa dei Servi animata da don Maccolini.
Fra il clero si segnalarono Luigi Nardi, bibliotecario della Gambalunghiana e autore di eruditi volumi di storia locale, il grande bibliofilo Luigi Matteini, raccoglitore di un importante museo naturalistico andato disperso, Alessandro Serpieri, insigne studioso di fisica e astronomia Il passaggio del fronte bellico durante la seconda guerra mondiale sconvolse non solo la vita della società, ma anche quella delle istituzioni ecclesiastiche; si pose il problema della ricostruzione a partire dalla cattedrale, in un periodo che vide esaltato il valore di un laico come il beato Alberto Marvelli, testimone privilegiato.
Inoltre occorre fare i conti con le trasformazioni culturali e sociali che investivano, con il mondo delle vacanze e del turismo di massa in una capitale europea come Rimini, la Chiesa stessa, costretta a nuove sfide sotto la guida di Emilio Biancheri, impegnato nella grande stagione del concilio Vaticano II e soprattutto del post-concilio.
La diocesi, ricca di fermenti e di movimenti valorizzati e governati dal vescovo, vide l’adozione di soluzioni nuove per il seminario, la valorizzazione dei laici e degli organismi partecipativi (il consiglio pastorale è del 1968, mentre a partire dal 1976 furono convocate diverse assemblee diocesane); ma essi sono poi stemperati verso la fine del secolo con un clero solo apparentemente unito.
Nel 2004 si è creata un’unica parrocchia comprendente tutte le chiese del centro storico della città.
Infine il quadro geografico diocesano è stato oggetto di due significative modificazioni che hanno inciso profondamente sul territorio diocesano: in data 11 luglio 1777 Pio VI Braschi, di origine cesenate, con la bolla Grave nimis separò dal corpo territoriale della diocesi di Rimini, per unirle a quello della diocesi di Cesena, ben nove parrocchie dei vicariati di Gambettola, Longiano e Montiano, indicate come più prossime alla nuova sede diocesana che a quella precedente.
In seguito a un decreto della Sacra Congregazione per i vescovi del 22 febbraio 1977 le parrocchie di Serravalle e Faetano, con le vicarie curate di Falciano e Dogana sono state separate dal corpo della diocesi riminese, insieme a Gesso in comune di Sassofeltrio e a Piandicastello in comune di Mercatino Conca, per essere attribuite alla confinante diocesi di San Marino- Montefeltro (nuova intitolazione dell’antica sede feretrana), mentre furono annesse le parrocchie di Genestreto, Massamanente, Montebello, Montetiffi, Pietra dell’Uso, Ponte Uso, Santa Maria Riopetra, Savignano di Rigo, Strigara, Vignola nel comune di Sogliano.
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FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.