Posta sulla via Latina e citata da Strabone tra villaggi e città celebri della zona, Frosinone sorse prima di Roma; il suo territorio, stando a recenti rinvenimenti archeologici, sembrerebbe abitato già nell’epoca neolitica. Al ruolo sempre meno marginale occupato da Frosinone all’interno dello Stato pontificio corrispose, nel tempo, il tentativo di nobilitare gli inizi del cristianesimo con la ricostruzione di una presenza episcopale, che tutti consideravano comunque conclusa con la bolla di Urbano II del 2 luglio 1097, con la quale il pontefice riconobbe al vescovo di Veroli Alberto la giurisdizione sulla città. Così, Innocenzo – Innocentius episcopus ecclesiae Forosensis – presente a un sinodo romano del 499, e Papia – Papias Fressonensis, attestato nel 503 – costituiscono gli unici due nomi di vescovi attribuiti all’ipotetica diocesi di Frosinone; ormai da tempo si è comunque quasi del tutto abbandonato ogni tentativo di attribuirli a una sede che non ha mai avuto una fisionomia storicamente attendibile e documentabile. Invece, nessuno dubita che fossero di Frosinone i papi sant’Ormisda (514-523), che governò la Chiesa mentre durava ancora lo scisma acaciano e che ebbe intensi rapporti con l’Oriente, e suo figlio san Silverio (536-537), deposto da Belisario nel contesto delle controversie monofisite e del dominio bizantino su Roma. Gli inizi del XIX sec., segnati da una forte crescita demografica, coincisero con i timori di un possibile trasferimento della sede episcopale da Veroli a Frosinone, dove peraltro il governo pontificio aveva pure trasferito la sede del delegato apostolico della provincia di Campagna e Marittima: su questa decisione sembrava pesare anche l’atteggiamento «collaborazionista» del vescovo diocesano Antonio Rossi (1786- 1811), pienamente coinvolto nelle vicende politiche contemporanee e convinto sostenitore del giuramento a Napoleone, da lui stesso emesso. Fugata, per allora, questa eventualità, il tentativo fu reiterato alla morte del suo successore, Francesco Maria Cipriani (1814-1843). Nel 1927, Frosinone venne elevata a capoluogo di provincia: un riconoscimento che poneva la città in continuità con il rilievo avuto durante il dominio temporale dei pontefici. Il cammino verso una diversa strutturazione diocesana era comunque inarrestabile e se ne colgono i segni concreti a partire dal 1955: trasferito da Veroli a Recanati- Loreto il 12 agosto, Emilio Baroncelli (1943-1955) rimase amministratore apostolico della diocesi fino alla fine dell’anno; nominato quindi amministratore il vescovo della vicina diocesi di Ferentino, Tommaso Leonetti, con decreto della Sacra Congregazione concistoriale del 29 febbraio 1956 la Santa Sede, in considerazione del notevole sviluppo demografico di Frosinone, dispose l’aggiunta del nome del capoluogo di provincia alla titolazione diocesana, che da quel giorno divenne Veroli- Frosinone. Solo dopo l’emanazione di questo decreto – il 10 marzo 1956 – venne nominato il nuovo ordinario, Carlo Livraghi (1956-1962). Qualche anno più tardi (12 aprile 1965), un ulteriore passo verso la canonizzazione dell’importanza assunta dalla città all’interno delle mutate esigenze pastorali della diocesi è da ravvisare nell’erezione a concattedrale della chiesa collegiata di Santa Maria Assunta in Frosinone, con la possibilità, per il vescovo, di «eriger[v]i la Cattedra Episcopale» e di celebrarvi «le Funzioni Pontificali». In effetti, Giuseppe Marafini (1964- 1973) costruì a Frosinone un nuovo episcopio, dove stabilì la residenza del vescovo e gli uffici di curia, che però non occupò mai a causa della sua morte improvvisa. Proprio in questi anni, nel contesto del progetto di ristrutturazione delle diocesi italiane avviato nel 1967, la Santa Sede colse l’opportunità offerta dalla contemporanea vacanza di diocesi limitrofe e dalla grave malattia di Marafini: così Umberto Florenzani, fino ad allora vicario generale di Veroli-Frosinone, il 27 gennaio 1973 fu nominato vescovo di Ferentino; quindi, ammalatosi Marafini, venne deputato suo ausiliare e, alla morte di questi (10 agosto), eletto vicario capitolare della diocesi. Sembra che, di lì a poco, allo stesso fosse proposto di guidare anche le diocesi vicine di Alatri e di Anagni; sta di fatto che Florenzani il 21 dicembre venne trasferito ad Alatri e Anagni, mentre lo stesso giorno l’arcivescovo di Santa Severina, Michele Federici (1973-1980), fu eletto vescovo delle due diocesi di Veroli-Frosinone e di Ferentino, conservando ad personam il titolo di arcivescovo. L’unione delle due Chiese diocesane in persona episcopi, dai risvolti spesso difficili e agitati, si evolse, il 30 settembre 1986, in unione sede plena, nel contesto della nota ridefinizione delle diocesi italiane successiva agli accordi di revisione del concordato Lateranense: in forza del criterio generale con cui si stabiliva di unificare le circoscrizioni ecclesiastiche fino ad allora affidate a un solo vescovo, vennero mutate anche giuridicamente la sede e la cattedrale e si giunse, quindi, all’attuale denominazione di Frosinone-Veroli- Ferentino.
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