Diocesi di Loreto
STORIA
Sisto V costituì la diocesi lauretana con la bolla Pro excellenti praeminentia del 17 marzo 1586, proclamando contemporaneamente anche città il castello di Loreto; sette giorni dopo nominò vescovo il perugino Francesco Cantucci, che nel maggio 1586 prese possesso della sua sede.La nuova istituzione comprendeva le terre di Castelfidardo, di Montecassiano e di Montelupone, smembrate rispettivamente dalle diocesi di Ancona, Osimo e Fermo e il territorio della precedente diocesi di Recanati, ridotta a semplice collegiata.
La diocesi di Loreto aveva fatto parte integrante fino ad allora sia del territorio della città, sia della diocesi di Recanati.
Il territorio di Recanati con quello di Loreto, che ne era parte integrante, aveva fatto parte della diocesi di Potentia, fino a quando la città di fondazione romana non era stata completamente distrutta, verso l’VIII . Dopo la caduta di Potentia, Recanati aveva fatto parte della diocesi di Numana, estesasi fino al fiume Potenza.
Il 22 maggio 1240 Gregorio IX con l’intento di beneficare Recanati perché era rimasta fedele al papato la costituì diocesi, trasferendovi il titolo appartenente a Osimo.
Osimo a sua volta ha fatto parte pertanto per un breve periodo anche della diocesi di Recanati, fino a quando non gli è stato restituito il titolo.
Il 18 novembre 1320 Giovanni XXII tolse il titolo di diocesi a Recanati, perché aveva sostenuto re Manfredi, e costituì la diocesi di Macerata, con annesso il territorio e la diocesi di Recanati.
Il 22 aprile 1357 Innocenzo IV restituì a Recanati il titolo di città e di diocesi, ma unita aeque principaliter a quella di Macerata.
Il 17 marzo 1586, quando Sisto V costituì la diocesi di Loreto, soppresse la diocesi di Recanati che, con il suo territorio, entrò a far parte della nuova diocesi di Loreto.
Con il breve Cum nos nuper del 2 agosto 1589, Sisto V assegnò alla nuova città di Loreto anche un territorio, fissandone dettagliatamente i confini, sul quale essa poteva esercitare la propria giurisdizione.
Il suo ambito territoriale veniva costituito, nella maggior parte, con quello smembrato da Recanati, e soltanto in piccola parte con quello appartenente a Castelfidardo.
La nuova diocesi non era ancora organizzata che il vescovo Cantucci morì, dopo appena otto mesi di servizio pastorale, proprio a Recanati.
La nomina del secondo vescovo di Loreto avvenne il 17 dicembre dello stesso 1586 nella persona di Rutilio Benzoni, canonico di San Pietro in Vaticano, che fu autorizzato a prendere possesso della sua sede prima di ricevere l’ordinazione episcopale.
La comunità di Recanati, riconoscendosi privata dei suoi secolari diritti e privilegi, interpose i migliori deputati per promuovere la propria causa presso la curia romana.
Soltanto dopo la morte di Sisto V gli oratori furono consapevoli che il successore, Innocenzo IX, era propenso a restituire a Recanati la sede cattedrale, unita aeque principaliter a quella di Loreto.
La proposta fu sancita con decreto concistoriale del 29 novembre 1591 e subito notificata a Recanati.
Il documento ufficiale sulla mutata condizione giuridica tardò tuttavia a essere pubblicato perché un mese dopo, il 30 dicembre 1591, moriva anche il papa.
Il nuovo eletto, Clemente VIII, che conosceva la questione, confermò il decreto di Innocenzo IX e con il breve Aequum reputamus dell’8 febbraio 1592 dispose l’unione aeque principaliter delle due chiese cattedrali di Loreto e Recanati.
Il vescovo doveva risiedere alternativamente nelle due sedi e, nel denominarsi vescovo dell’una e dell’altra, dare la precedenza a quella in cui dimorava e di cui trattava gli affari giuridici o le pratiche.
La diocesi di Loreto seguitò a esercitare la propria potestà sulla circoscrizione territoriale lauretana secondo la definizione amministrativa civile e sui comuni di Montecassiano, Montelupone e Castelfidardo.
Il territorio della ricostituita diocesi di Recanati si identificò invece esclusivamente con quello civile amministrativo della città.
Il vescovo ottenne i privilegi e i diritti che competevano agli ordinari del luogo e, assieme al capitolo della cattedrale, venne direttamente assoggettato all’autorità della Sede apostolica.
La sua giurisdizione tuttavia era in parte limitata, perché non si estendeva sopra tutti i fedeli della diocesi; i ministri, gli officiali della Santa Casa e i pellegrini diretti al santuario godevano infatti del privilegio dell’esenzione.
La potestà temporale e spirituale sopra di loro spettava di fatto al protettore e al governatore della Santa Casa, come Giulio II aveva disposto con il breve Nuper nobis del 27 aprile 1509.
Il vescovo non possedeva neppure piena giurisdizione nella stessa chiesa di Loreto, perché il suolo della Santa Cappella e quello a essa circostante – fino a includere i pilastri della cupola e i gradini – era direttamente soggetto alla Sede apostolica, che esercitava la sua giurisdizione per mezzo del protettore della Santa Casa e dopo il 1698 mediante la Congregazione lauretana.
La presenza delle due autorità, vescovo e protettore, con la stessa giurisdizione spirituale sulle medesime persone e in settori aventi molti punti di contatto, diede inevitabilmente origine a continue liti e controversie.
Paolo V, con la bolla Divina disponente clementia del 14 luglio 1620, vi apportò un primo rimedio, delimitando in parte la giurisdizione spirituale del governatore.
Le relazioni furono meglio definite quando fu soppressa la carica del protettore e Innocenzo XII, con la bolla Sacrosancta redemptionis del 5 agosto 1698, costituì un organo collegiale per il governo della Santa Casa e della città di Loreto, denominato «Congregazione lauretana ».
Essa divenne l’unica autorità decisionale, alla quale potevano far ricorso sia il governatore sia il vescovo, perché a quest’ultimo infatti era stata concessa la giurisdizione spirituale anche sui dipendenti della Santa Casa in qualità di delegato apostolico.
Il vescovo di Loreto esercitava il ministero pastorale nei comuni di Castelfidardo, Montecassiano e Montelupone con l’ausilio dei parroci, secondo le norme e le regole del diritto canonico comune.
A Loreto invece, per i ministri e gli officiali della Santa Casa, sui quali ebbe giurisdizione spirituale soltanto dal 1620 come delegato apostolico, il vescovo si serviva dell’opera del parroco della Santa Casa che aveva giurisdizione personale.
Per le restanti persone provvedeva per mezzo di due o tre parroci detti «vescovili» con giurisdizione territoriale, a norma del diritto canonico.
Sia gli uni che gli altri parroci avevano come chiesa parrocchiale la basilica e battezzavano nel suo battistero i nati a Loreto, annotando l’atto ciascuno nel proprio e distinto registro.
Su registri diversi venivano redatti anche gli atti di matrimonio e di morte.
Soltanto in qualche raro caso nel corso dei secoli la Congregazione lauretana ha demandato all’ordinario del luogo anche l’amministrazione temporale dei beni del santuario.
Una prima volta si verificò nel 1801, quando fu nominato governatore provvisorio il vescovo Felice Paoli, in sostituzione di Giovanni Francesco Compagnoni Marefoschi, che aveva chiesto e ottenuto le dimissioni; una seconda volta nel 1815, allorché fu chiamato a reggere l’amministrazione della Santa Casa, in qualità di commissario, il vescovo Stefano Bellini, che conservò l’incarico fino al 1827, coadiuvato negli anni 1824-1827 da monsignor Gregorio Zelli.
Durante il Regno d’Italia (1860-1934), quando il pio istituto della Santa Casa fu governato da un regio amministratore, il vescovo non ebbe alcuna autorità per interessarsi dell’andamento economico del santuario e della situazione amministrativa della Chiesa.
La legge eversiva 15 agosto 1867 n.
3848 colpì gravemente anche le istituzioni ecclesiastiche di Loreto, come la mensa vescovile, il capitolo della cattedrale e alcune comunità religiose maschili e femminili.
Il 18 marzo 1867 prese possesso della diocesi di Loreto il vescovo Tommaso Gallucci, avendo ottenuto il regio exequatur per la sua nomina, dopo che la diocesi era stata vacante dal 1861.
Il romano Giuseppe Cardoni, che nel 1863 era stato nominato vescovo di Loreto, non aveva infatti potuto prendere possesso della sede perché mancante il regio consenso; ritenne pertanto più opportuno dare le dimissioni, come di fatto fece il 22 febbraio 1867.
Una prima attenuazione delle rigide norme statutarie si verificò nel 1924 quando, con decorrenza dal 1° ottobre di quell’anno, il ministro di Grazia e Giustizia e degli Affari di culto dispose che l’ordinamento religioso della basilica lauretana passasse alla diretta dipendenza dell’autorità ecclesiastica.
A condurre la trattativa a un felice risultato fu il vescovo Aluigi Cossio, nominato dalla Santa Sede delegato apostolico per gli affari e le questioni di materia ecclesiastica riguardanti la Santa Casa e la basilica lauretana.
Come delegato apostolico soppresse anche la parrocchia personale della Santa Casa e costituì nel 1928 per il comune di Loreto tre parrocchie territoriali: della Santa Casa, della Natività di Maria e di San Flaviano.
Nel prosieguo degli anni vennero erette altre due parrocchie, una intitolata alla Beata Vergine adolescente e l’altra alla Sacra Famiglia e san Camillo de Lellis.
Il vescovo di Loreto, come delegato apostolico, conservò la potestà spirituale anche dopo la nomina dell’amministratore pontificio per la parte temporale della basilica e degli edifici annessi, avvenuta il 25 marzo 1934 in seguito ai patti Lateranensi stipulati nel febbraio 1929 tra la Santa Sede e l’Italia.
Quando poi, il 15 ottobre 1934, venne soppressa la cattedra vescovile nella basilica, anche la diocesi di Loreto fu incorporata pleno iure in quella di Recanati.
Successivamente, la Congregazione concistoriale, con decreto dell’11 ottobre 1935, estese la giurisdizione dell’amministratore della pontificia basilica sul territorio di Loreto secondo i suoi confini civili, sospendendovi temporaneamente la potestà del vescovo di Recanati.
Tale ordinamento giuridico rimase in vigore fino a quando il 24 giugno 1965 Paolo VI, con la costituzione Lauretanae Almae Domus, soppresse la pontificia amministrazione della Santa Casa e costituì la delegazione pontificia per il santuario e la prelatura della Santa Casa per il territorio comunale di Loreto.
Al delegato pontificio – il primo dei quali fu Aurelio Sabattani (1965-1971), poi cardinale, che aveva effettuato l’ultima visita canonica prima della costituzione di Paolo VI – furono conferiti pieni poteri per l’amministrazione temporale dei beni del santuario e la giurisdizione spirituale sul territorio di Loreto, ristabilendo altresì la cattedra vescovile nella basilica.
Alla guida della delegazione pontificia sono stati posti Loris Capovilla (già segretario di papa Giovanni XXIII), Pasquale Macchi (già segretario di Paolo VI), Angelo Comastri (oggi arciprete della basilica vaticana); dal 2005 è arcivescovo prelato Gianni Danzi.
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FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.