Regione ecclesiastica Marche
ingloba 246 comuni, dei quali poco meno della metà (120) fa parte di una delle dodici comunità montane (6148 km2). Il 31,2 per cento è zona montana, e il 68,8 è collina litoranea. La regione è altamente sismica;
230 comuni sono a rischio sismico di livello medio, cioè 96,5 per cento del territorio e 93,7 per cento della popolazione è esposta a una situazione di pericolo costante;
gli ultimi violenti terremoti avvennero nel 1972 (Ancona) e nel 1997. Tali episodi hanno condizionato molte attività economiche e ecclesiali;
nel 1997, le scosse telluriche hanno reso inagibili la maggioranza delle chiese delle diocesi di Fabriano e Camerino, con gravi danni anche in altre diocesi delle Marche. Lungo la fascia costiera (Adriatico) si concentrano una parte consistente della popolazione, le attività economiche (impianti industriali) e le principali infrastrutture delle comunicazioni (aeroporto, autostrada, ferrovia);
invece le zone interne sono segnate da un crescente abbandono. Il tracciato di alcune strade dipende dalle antiche vie romane, prevalentemente la via Flaminia. Dall’Appennino all’Adriatico scorre un notevole sistema idrografico. I fiumi principali sono l’Esino, il Chienti, il Foglia e il Tronto. In genere, alcuni modesti porti litoranei del medio Adriatico segnati da uno sviluppo demografico rapido, a differenza dalle antiche città, divennero comuni: è il caso di Falconara Marittima, Porto Recanati, Porto Civitanova, Porto San Giorgio, Grottammare, Cupra Marittima, San Benedetto del Tronto. Il nome nuovo di «marca» (nel significato di frontiera) si affaccia nel X sec., con gli imperatori di stirpe tedesca;
risultano allora la marca di Ancona, di Ascoli, di Camerino, di Fermo. Ad alcuni comuni minori (Fabriano, Matelica, Osimo ecc.) si aggiunse Ancona, con una attività commerciale verso l’Oriente, anteriore a Venezia. L’estensione territoriale è artificiale e arbitraria;
l’attuale configurazione amministrativa non corrisponde a quella naturale, che evidenzia caratteristiche identiche a quelle delle regioni vicine: Umbria e Emilia-Romagna;
lo stesso vale per l’odierna disposizione territoriale delle diocesi. Il processo di regionalizzazione si è evoluto dalla fine del Settecento in poi, con la graduale soppressione dei vari Stati regionali e l’inserimento in una entità nazionale in epoca risorgimentale;
da qui l’attuale articolazione amministrativa della regione. Le capitali delle quattro province non costituiscono un centro o un punto di riferimento;
il loro significato è prevalentemente amministrativo ed economico, accentuato dal persistente particolarismo che condiziona anche la realtà ecclesiale. Non è possibile identificare le circoscrizioni civili e quelle ecclesiali (quattordici diocesi): le fasi alterne dello sviluppo demografico non hanno concretamente compromesso la sopravvivenza di diocesi a popolazione in stato incerto. Alcuni esempi sono eloquenti: se le statistiche ecclesiastiche corrispondono alla realtà, nel 2000, la diocesi di Ancona ha 206.331 abitanti, ma 200.412 nel 2006;
la diocesi di Fabriano contava 54.130 abitanti nel 2000, ma 54.600 nel 2004;
quella di Fano aveva 128.150 abitanti nel 2000, ma nel 2006 128.917;
Fermo cresce: da 264.710 nel 2000 a 282.534 nel 2006;
Pesaro, nel 2000, contava 114.423 abitanti, ma nel 2006 123.676;
San Benedetto del Tronto, da 123.103 nel 2000, arriva a 126.700 nel 2006;
Senigallia passa da 120.148 nel 2000 a 123.711 nel 2006;
Urbino decresce da 54.000 nel 2000 a 53.000 nel 2006. Laddove avviene, l’aumento corrisponde all’arrivo di lavoratori extracomunitari, che si constata nelle fabbriche locali e in alcuni servizi;
in genere, si denota un invecchiamento della popolazione, particolarmente nei «centri storici» (per esempio in Urbino: il centro si svuota, in concomitanza con la trasformazione di molti edifici in alloggi per studenti universitari);
le conseguenze per la distribuzione delle parrocchie di città sono problematiche: troppe parrocchie di estensione ridotta, troppe messe in chiese vicine ecc.
STORIA
I - Elementi di storia delle Chiese delle Marche
Età antica - Anticamente, la marca di Ancona, o meglio il Piceno, si inseriva nella V Regio di Augusto, zona compresa tra l’Appennino e il mare Adriatico, da ovest a est, e tra i fiumi Esino (che lo separava dall’Umbria) e il fiume Vomano a sud. L’evangelizzazione della regione risultò facilitata dalle vie consolari, militari e commerciali, in modo particolare dalla via Flaminia; i primi nuclei di cristianesimo risalgono al IV sec. e lasciano intuire una diffusione assai lenta, probabilmente non anteriore al III sec. Alcuni nominativi di primi evangelizzatori sono noti dagli atti sinodali e conciliari: Ciriaco di Ancona; Emidio di Ascoli; Venanzio di Camerino; Marone di Civitanova; Paterniano di Fano; Floriano, Settimo e Fiorenzo a Jesi; Dioclezio e Sisinio di Osimo; Decenzio, Eracliano e Terenzio di Pesaro; Catervo di Tolentino. Malgrado alcune tradizioni locali, non risulta documentata una origine apostolica paleocristiana, nonostante eventuali asserzioni agiografiche, che corrispondono a impostazioni dottrinali e letterarie logiche, ma superate da una più attenta interpretazione del genere letterario. Nella penisola italica, l’organizzazione metropolitana fu sistemata nel IV sec.; prima di quell’epoca la giurisdizione, in particolare sulla parte centrale del territorio, competeva unicamente al vescovo di Roma, anche sulla base delle decisioni del concilio di Nicea. A questo rapporto di fedeltà dottrinale alla Sede apostolica romana si accenna spesso negli antichi testi agiografici relativi ai protovescovi. Nel contempo furono istituite le prime pievi battesimali, spesso in regioni rurali. Età medievale - In epoca bizantina, le due pentapoli della Flaminia (Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia, Ancona-Umana; Urbino, Fossombrone, Cagli, Jesi, Osimo) dipendevano dall’esarcato di Ravenna: tutte erano città episcopali. Nel IV-V sec. la divisione ecclesiastica distingueva un Picenum et Flaminia o Picenum Annonarium (con capitale Ravenna) e un Picenum suburbicarium (con capitale Spoleto). Leone Magno (†444) scrisse due lettere circolari a vescovi non meglio definiti della Campania, del Sannio e del Piceno; una è datata 10 ottobre 443. In precedenza, un certo Claudio, vescovo provinciae Piceni, aveva partecipato al conciliabolo di Rimini (359): questa epoca sembra costituire l’inizio sicuro di una circoscrizione ecclesiastica della provincia Picenum et Flaminia, sotto la giurisdizione della sede metropolitana di Roma, cui fu sottoposta l’Italia centromeridionale (Italia suburbicaria). Il 1° novembre 493 Gelasio I (†496) inviò una lettera ai vescovi piceni sul pelagianesimo; in quel secolo il Piceno contava quindici sedi episcopali, delle quali nove sparirono definitivamente durante l’invasione longobarda. Gregorio Magno (†604) fece spedire alcune lettere ai presuli delle Marche. Ovviamente la presenza di vescovi attesta l’esistenza di comunità cristiane stabilite e organizzate. Un aspetto storico e giuridico interessante è il passaggio istituzionale della regione dal Patrimonio di San Pietro allo Stato pontificio (che conserva l’estensione politico-amministrativa definita dal cardinale Egidio Albornoz, nelle Constitutiones ægidianae, ratificate nel 1357). Dentro quella entità territoriale, governata da un legato pontificio, vennero tenuti in vita i precedenti statuti locali. Nell’XI sec. più di una diocesi (per esempio Urbino) adottò la vita comune del clero. Le grandi famiglie feudali medievali esercitarono il potere su determinati settori territoriali: i Montefeltro (Gubbio, Urbino, Cagli, Fossombrone), i da Varano (Camerino), i Chiaveli (Fabriano), i Malatesta (da Pesaro a Osimo). L’orientamento politico delle città, con le famiglie che vi esercitavano il potere, passò successivamente dall’obbedienza guelfa a quella ghibellina, provocando spesso tumulti sociali e politici. Nel Medioevo e in parte fino al Risorgimento le Marche facevano parte dello Stato ecclesiastico, conservando vari statuti locali, sotto il governo di un legato pontificio. Età moderna e contemporanea - Nel 1798 fu occupata da repubblicani francesi, e aggregata al primo Regno d’Italia (1808-1813), divenendo il dipartimento del Metauro; la regione tornò a far parte dello Stato pontificio nel 1815, fino al 21 settembre 1860, quando l’esercito sardo, con la battaglia di Castelfidardo e l’assedio di Ancona, obbligò l’esercito pontificio alla capitolazione. Poco dopo, le Marche divenivano province del nuovo Regno d’Italia. In epoca moderna, le diocesi marchigiane non presentano caratteri particolari. Poche sono le personalità ricordate dalla storiografia; tra queste emerge il cardinale Filippo De Angelis, vescovo di Fermo (1842-1877), arrestato e incarcerato in Ancona (1849), esiliato a Torino dalle truppe piemontesi dal 1860 fino al 1888. Singolare è stato il percorso ecclesiastico del cardinale Carlo Luigi Morichini, già ministro del Tesoro e vice-presidente del Consiglio di Stato di Pio IX, vescovo di Jesi dal 1854 al 1871 (Molinelli 1985, 403- 417). Alcuni influssi modernisti sono difficilmente dimostrabili, a causa dell’inaccessibilità di fondi archivistici riservati; sono riconducibili all’influsso indiretto di un protagonista significativo della sua epoca: il sacerdote marchigiano Romolo Murri (Monsanpietrangeli, Ascoli Piceno 1870- Roma 1944) è stato attentamente studiato. Non si può dimenticare che egli aveva imboccato una strada che, in alcuni settori, divaricava dal magistero ecclesiastico: i suoi rapporti col modernismo, la sua attività culturale e filosofica, il suo dinamismo politico nell’ambito del movimento cattolico (nella duplice esperienza popolare e democratico-cristiana), fino alla sua adesione al fascismo; dopo lo scioglimento dell’Opera dei congressi, nel 1905 diede vita a Bologna alla Lega democratica nazionale e, nel 1906, creò la «Rivista di cultura ». Positiva è la sua iniziativa di fondare, nel 1895, la Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana). Il suo importante ruolo sociale e politico, anche a livello giornalistico, riguarda la storia delle dottrine e dei sistemi politici italiani; la sua biblioteca e il suo archivio sono conservati a Gualdo (Macerata). Il suo influsso negli ambienti ecclesiastici è stato avvertito e documentato (cfr. Guasco 1971, 191-207). Oltre Murri, esistono modernisti marchigiani (Bedeschi 1998, 85-225). Qualche vescovo sostenne Murri (cfr. Bedeschi 1998, 228-266); altri lo osteggiarono (Bedeschi 1998, 186-225). L’atteggiamento dell’episcopato e del clero delle Marche nei confronti del fascismo non è stato finora indagato in modo accurato. Nel corso del secondo conflitto mondiale, il clero marchigiano manifestò spesso eroismo: esemplificativo è don David Berrettini (1904-1944), parroco di Marischio (Fabriano) offertosi vittima per salvare diciannove suoi parrocchiani. La partecipazione diretta dei vescovi marchigiani al concilio ecumenico Vaticano II è registrata dagli atti ufficiali; alla lettera del cardinale segretario di Stato Domenico Tardini in data 18 giugno 1959, che sollecitava il parere consultivo dei vescovi, gli ordinari delle Marche risposero tutti, ad eccezione del vescovo di Fabriano, Lucio Crescenzi (1892), impedito per motivo di grave infermità, e deceduto nello stesso anno (gli atti antipreparatori del concilio non riferiscono il motivo della non avvenuta risposta); il successore Macario Tinti sarà nominato nel 1960. L’epoca ecclesiale è ancora troppo vicina per essere inserita, con apposita documentazione, nella storia, poiché non tutti gli archivi episcopali marchigiani sono accessibili; allo stato attuale, l’informazione frammentaria è riducibile alla cronaca.II - La realtà geografica delle Chiese marchigiane
Per la prima volta nel 1980 l’Annuario Pontificio segnala (p. 972) la seguente distribuzione geografica delle ventuno sedi delle Marche, suddivise in tre sedi metropolitane, con rispettive diocesi suffraganee; si configuravano anche sette sedi immediatamente soggette. Sedi immediatamente soggette: – arciv. Camerino; diocesi Ascoli Piceno, Cingoli, Fabriano e Matelica, Fano, Recanati; prelatura Loreto. Sedi metropolitane: – Ancona; suffr. Jesi, Osimo – Fermo; suffr. Macerata e Tolentino, Montalto, Ripatransone, San Severino e Treia (immediatamente soggetta) – Urbino; suffr. Cagli e Pergola, Fossombrone, Pesaro, Senigallia, Urbania e Sant’Angelo in Vado. All’inizio del 2006, e in attesa di un probabile ulteriore riordino territoriale, vi sono tredici diocesi, suddivise in tre sedi metropolitane, con rispettive diocesi suffraganee (Annuario Pontificio 2006, pp. 1149- 1150): 1. Ancona-Osimo con quattro suffraganee: Fabriano-Matelica; Jesi; Senigallia; Loreto (prelatura territoriale). 2. Fermo con quattro suffraganee: Ascoli Piceno; Camerino-San Severino Marche (arciv.); Macerata-Tolentino-Recanati- Cingoli-Treia; San Benedetto del Tronto- Ripatransone-Montalto. 3. Pesaro con due suffraganee: Fano-Fossombrone- Cagli-Pergola; Urbino-Urbania- Sant’Angelo in Vado (arciv.). Con il rescritto pontificio del 16 ottobre 1952, i tribunali di prima istanza e d’appello nelle cause di nullità matrimoniale nella regione pastorale marchigiana sono Fermo e Firenze. Risulta una profonda differenza sociale, economica e religiosa tra le sedi episcopali situate lungo il versante del mar Adriatico e le sedi ubicate all’interno. Da una parte, una fiorente attività economica, accompagnata dal turismo, prevalentemente estivo, che attira verso i paesi (e diocesi) «di mare» migliaia di villeggianti (per i quali occorrerebbe una pastorale a carattere internazionale, vista la molteplicità delle nazionalità e delle lingue, una pastorale cioè che tenga conto anche dell’approccio con i non cristiani e i non credenti). Tale sforzo pastorale in inverno si rivolge a una popolazione locale ridotta, mentre l’estate richiede un’attenzione più estesa e adeguata alle caratteristiche degli ospiti; basta accennare all’opportunità di alcune modifiche celebrative (per esempio, luogo e orario delle celebrazioni, accoglienza ecc.). All’opposto, le diocesi «interne», condizionate dalle attività lavorative (di giorno, nell’industria; nei momenti liberi, in attività agricole, come secondo lavoro) risultano in una situazione precaria dal punto di vista dell’identità ecclesiale. La ventennale ventilata soppressione o il temuto accorpamento di diocesi, il perdurare anomalo di «sedi vacanti», con la conseguente assenza di direttive autorevoli, provocano una disaffezione e un indebolimento dello spirito diocesano; la continua diminuzione delle vocazioni locali e l’introduzione massiccia di sacerdoti stranieri e extracomunitari (che si inseriscono talvolta con difficoltà nel territorio) rendono problematica la coscienza dell’appartenenza ad una Chiesa locale, senza accrescere, in compenso, il senso ecclesiale universale. In modo consistente, sono arrivati nella regione Marche, spesso attraverso il porto di Ancona, cittadini extracomunitari, molti dei quali di ispirazione musulmana, di varia provenienza: Afghanistan, Kossovo, Maghreb e altre nazioni vicine, Africa centrale; in genere, sono stati bene accolti, e la maggioranza, se non vive in stato di clandestinità, è seriamente occupata in diversi settori lavorativi, per esempio nelle fabbriche, nell’edilizia o come badanti. Non si è presentata fino a oggi l’urgenza di predisporre precisi luoghi di culto (moschee o templi analoghi per culti particolari). Le Chiese locali e le parrocchie, il clero e le comunità religiose aiutano questi immigrati con i servizi offerti da ogni Caritas diocesana, da famiglie e da volontari. Un’importanza singolare, nella storia religiosa della Marca di Ancona, appartiene a Loreto, il cui santuario ospita la Santa Casa, asserita dimora di Maria a Nazareth; fino alla metà del XIX sec., era il principale santuario mariano d’Europa. Ovunque sussistono antichi riti agrari, che si perpetuano in feste popolari: processione dei covoni e delle canestrelle, in onore della Vergine, a raccolto finito; riti singolari sono celebrati nella ricorrenza dell’Ascensione (corsa dei bachezzoli [scarabei]); feste di San Floriano di Jesi (4 maggio), di Sant’Emidio d’Ascoli (5 agosto), di San Ciriaco di Ancona (4 maggio); falò di San Giovanni Battista ecc. Come in Sicilia, anche nelle Marche si vedono i carri dipinti con figure sacre e profane. Vivo successo incontrano i rituali stagionali: i Maggi, le Pasquerelle, con canti ispirati alla civiltà agreste. La popolazione delle piccole città e degli insediamenti abitativi nelle campagne, abituata alla sopravvivenza di singole inveterate tradizioni religiose e liturgiche, non si sente automaticamente capita da un clero extracomunitario o non-europeo formato in ambienti diametralmente opposti. Inoltre, qualche vescovo è percepito lontano, assente, poco attento ai veri problemi umani e religiosi della popolazione; altri vescovi sono in movimento, accoglienti, capaci di instaurare rapporti positivi con il clero e il laicato. Lo stesso vale per i sacerdoti diocesani, i religiosi, le religiose. Il diaconato permanente si diffonde con lentezza, perché finora quella figura ecclesiale non ha individuato un ruolo ecclesiale originale, che sia qualcosa in più delle mansioni dei sagrestani e di un funzionario amministrativo. L’ultimo concilio plenario marchigiano, inaugurato l’8 dicembre 1985 a Loreto, si è concluso il 10 dicembre 1988, con la promulgazione dei decreti conciliari, e la loro pubblicazione nel 1989. La conferenza episcopale marchigiana ha attuato a Loreto, dal 19 al 21 novembre 1993, un primo convegno ecclesiale regionale sul tema «La nuova evangelizzazione » (cfr. La nuova evangelizzazione nelle Marche, Atti del Convegno, Loreto 19/21 novembre 1993, Loreto 1994, 62-75: Le Diocesi Marchigiane in cifre). È stato l’avvenimento più importante della vita della Chiesa nelle Marche negli ultimi decenni. In seguito a tale convegno, i vescovi delle Marche hanno deliberato la costituzione, nel 1994, di un centro pastorale regionale, incaricato dell’elaborazione di contributi di ricerca e di studio su argomenti e aspetti della pastorale regionale. Le vocazioni religiose sono poche; però bisogna tenere presente l’elevato numero di comunità religiose, particolarmente monastiche. Tante comunità si sono insediate nello Stato pontificio: ogniqualvolta avvenivano difficoltà nel Granducato di Toscana o nel Regno di Napoli, le comunità religiose emigravano nello Stato pontificio; ciò spiega la presenza di più di trenta monasteri femminili di clausura nell’odierna regione Marche: comunità che ospitano in genere una quindicina di componenti, di età elevata e in precario stato economico. Lo stesso vale per parecchie comunità maschili, che ormai assicurano soltanto una sopravvivenza stabilita; l’arrivo di qualche cittadino straniero non ha risolto il problema. La mancanza di clero e l’invecchiamento dei sacerdoti ha provocato la soppressione di parecchie parrocchie o la loro unione (con la necessaria inesistenza di un clero residente). La configurazione geografica del territorio, costituito in parte notevole da estese regioni collinari, non facilita gli spostamenti, specialmente in inverno. Da una parte all’altra della regione, i problemi sono distinti e disomogenei; esistono difficoltà psicologiche, create dalla varietà dei temperamenti locali: per esempio, l’arcidiocesi di Ancona è unita al gruppo totalmente diverso di Osimo. Nella progettata fusione di Camerino e di Fabriano- Matelica (già da qualche anno, l’ordinario di Fabriano-Matelica è amministratore apostolico di Camerino) si prospetta l’unione di due realtà ecclesiali quasi incompatibili e situate in due diverse province. Il vescovo di San Marino-Montefeltro non può, a norma della locale Costituzione, risiedere stabilmente nel territorio di quella repubblica, ma dimora a Pennabilli (Pesaro) ed è suffraganeo di Ravenna- Cervia.III - L’evoluzione sociale
La rapida evoluzione sociale e economica della popolazione crea non pochi problemi ai pastori. Per esempio, in pochi anni la diocesi di Fabriano-Matelica, da rurale e agricola, è diventata industriale; la crescita numerica delle industrie, le une di orientamento manageriale internazionale e intercontinentale, le altre limitate al terziario, attira ogni giorno migliaia di lavoratori non residenti, mentre la popolazione stabile invecchia e decresce numericamente. Nelle Marche, il livello della disoccupazione giovanile è basso, perché le possibilità lavorative sono quasi certe, sebbene da qualche tempo si sia dovuto intervenire con il sistema della cassa integrazione anche in industrie di rilevanza nazionale e internazionale, malgrado l’affermarsi della globalizzazione. Il moltiplicarsi degli istituti di credito è segno di un vero benessere, anche se molti nuclei familiari di anziani incontrano notevoli difficoltà finanziarie, perché le Marche sono una delle regioni più costose d’Italia. Sarebbe auspicabile la cosiddetta «pastorale del lavoro», con opportune iniziative, prevalentemente di accoglienza e di ascolto, insistendo anche per non trasformare il clero in operatori sociali e specialisti di problemi psicologici. Nell’entroterra, la scristianizzazione e la secolarizzazione si manifestano in modo immediato. Una delle cause è la non dimenticata realtà dell’ex Stato pontificio, con tutte le implicazioni allora comprensibili. Il Risorgimento aveva provocato delicati problemi di coscienza, visto che fino al 1866-1870 il papa era anche il sovrano territoriale. Attualmente, ad eccezione dei Testimoni di Geova, non si rileva un vistoso proselitismo da parte di minoranze religiose: ebraismo, protestantesimo, islam, buddismo e sette orientaleggianti, ecc. In modo specifico, i rapporti con l’ebraismo, bene radicato nelle Marche, sono ottimi; le autorità ebraiche accettano sempre di aprire le sinagoghe, anche sulla base di interessi culturali e religiosi. Al momento odierno, non esistono difficoltà con l’islam, fede praticata da numerosi lavoratori inseriti nelle attività industriali, edilizie e artigianali locali; i vescovi e i sacerdoti sono attenti nell’insegnare l’inopportunità dei matrimoni misti. L’ospitalità offerta a lavoratori musulmani coinvolti nel terremoto del 26 settembre 1997 è stata generosa; in qualche posto le autorità comunali hanno faticato per sloggiare inquilini musulmani abusivi, che si erano impossessati di container finora occupati da veri terremotati. Le comunità non hanno ignorato tale problema umano e sociale. Attorno alle parrocchie, spesso per benefico influsso pastorale di qualche sacerdote, religioso o suora, esiste un nucleo di praticanti convinti e regolari; altri, anche se non cattolici dichiarati, si dedicano al volontariato o ad attività «alteromondiste », in modo disinteressato. La percentuale dei credenti praticanti regolari non si lascia facilmente percepire; sembra tuttavia che si aggiri attorno al 25-30 per cento dei battezzati. Il servizio civile, già in antitesi al servizio militare di leva, incontra buona accoglienza; molti giovani si prestano generosamente in diverse forme di aiuto e di sostegno; anche con spirito evangelico si orientano verso le situazioni alteromondiste. Significativo è il ruolo svolto dai cappellani militari nelle ultime caserme marchigiane ancora efficienti (le principali sono ad Ancona e a Pesaro): la popolazione delle caserme è ormai costituita unicamente da volontari di provenienza da tutte le regioni: la Chiesa istituzionale non è insensibile in merito, grazie anche all’impegno profuso dall’arcivescovo ordinario militare, che era stato per parecchi anni arcivescovo di Pesaro. La delinquenza non è in crescita, anche se il fenomeno della droga si sviluppa e ha già contagiato anche gli adolescenti. Alcune comunità istituite per il recupero dei tossicodipendenti, grazie al noto don Oreste Benzi esercitano un ruolo positivo e efficace, in contatto con le famiglie; la comunità di San Patrignano, nella vicina Romagna, accoglie diversi giovani marchigiani. A Fabriano, il 23 novembre 1985, don Pierino Gelmini ha istituito con un’identica finalità la «Comunità Incontro». La mafia, anche di provenienza russa, si è insediata nella riviera adriatica (per esempio, a Rimini e negli altri centri balneari dell’Adriatico, sfruttando il vicino aeroporto internazionale), stabilendosi negli alberghi sotto prestanomi inoffensivi. Purtroppo, la prostituzione si diffonde, sfruttando in maggioranza donne provenienti dall’Est europeo e da alcune nazioni africane (Nigeria). Qualche sacerdote svolge un delicato apostolato per il loro ricupero. La presenza di gruppi satanici e spiritistici preoccupa, perché coinvolge talvolta persone di ogni età e cultura. Nelle città universitarie (Ancona, Camerino, Macerata, Urbino, ognuna con sezioni dislocate altrove), il rapporto tra università e parrocchie incontra fasi alterne, che potrebbero occasionalmente definirsi «dialoghi tra sordi». Gli universitari che provengono da altre regioni non percepiscono legami con le Marche, se non a livello epidermico e in modo frammentario; qualche giovane approfitta del periodo universitario per ricevere, dopo preparazione, il sacramento della cresima. Ma, in modo generale, il rapporto università-Chiesa è positivo; la Chiesa non è estromessa: si rispettano le norme del vigente concordato.IV - La presenza formativa, accademica e universitaria
La presenza attiva di importanti università (Ancona, Camerino, Macerata, Urbino), con sedi distaccate (Fermo, Pesaro) e inveterate tradizioni scientifiche e culturali, conduce nelle città predette migliaia di studenti, in parte di provenienza meridionale (per esempio, in Urbino 41 per cento). Quindi questa popolazione occasionale, vivace e motivata, non si sente spesso accolta dalle parrocchie locali, anche perché non vivendo in modo continuativo in loco, non è in grado di partecipare con l’affidamento di qualche funzione specifica. Per mancanza di aggiornamento, o a causa dell’età avanzata, non tutto il clero è capace di svolgere una funzione pastorale a favore della realtà universitaria, tanto in sintonia con l’elemento stabile (personale amministrativo, tecnico, operativo, ausiliare), che verso l’elemento transeunte (docenti, ricercatori, studenti; professori invitati o contrattisti). Per la comunità universitaria, occorre una pastorale adeguata, non limitata all’istituzione di una parrocchia universitaria virtuale (cioè senza collegamento con una parrocchia pienamente diocesana): tale realtà è encomiabile, se affidata a persone competenti e capaci di lavorare senza pregiudizi o preconcetti da crociata. Come dimostrato da qualche realtà locale, la pastorale universitaria non è soprattutto una pastorale adolescenziale e giovanile, perché l’università è una comunità non limitata alla sola didattica (che è una frazione della sua finalità istituzionale). L’intensa attività congressuale nazionale e internazionale delle università, nonché la consistente presenza di studenti provenienti da altre nazioni o da altre università europee (non esclusivamente nel quadro degli accordi didattici Socrates-Erasmus) offrono possibilità di approfondimento culturale e di ricerca, che non sfuggono all’attenzione pastorale sensibile alla nuova evangelizzazione. Il clero anziano si è formato nei seminari allora esistenti in tutte le diocesi e, talvolta, nelle università pontificie; il clero giovane, dopo il concilio Vaticano II e la soppressione di tali seminari diocesani, è stato preparato presso i due seminari regionali: Ancona e Fermo. Qualcuno è stato inviato dal proprio vescovo a Roma, per la formazione seminaristica o per conseguire i gradi accademici. Rarissimi sono i chierici iscritti nelle facoltà statali. La presenza di un sacerdote docente universitario costituisce un valido e discreto apporto alla promozione umana e all’evangelizzazione. Risulta difficile trovare docenti laureati capaci di insegnare nelle scuole diocesane di teologia, ma pure negli Istituti superiori di scienze religiose e nei seminari regionali, con apposito titolo di laurea; a norma di legge non basta un diploma. Delicato è il problema degli insegnanti di religione nelle scuole: non tutti hanno superato la prova imposta dalla vigente legislazione, mettendo anche in difficoltà i vescovi che devono presentare i nominativi alla competente autorità pubblica. L’attività vitale di due Istituti teologici marchigiani regionali (Ancona, Fermo), affiliati alla Pontificia università lateranense, di un istituto superiore di scienze religiose (Urbino, l’unico in Italia a essere inserito nella locale università) e di altri Istituti superiori di scienze religiose, l’esistenza di scuole diocesane di teologia (per esempio, a Fabriano) o di qualche centro di formazione alla dottrina sociale della Chiesa (Pesaro), contribuisce a proporre validi strumenti di formazione e di aggiornamento, anche sotto il profilo vocazionale. L’Istituto teologico marchigiano di Ancona collabora con la locale università (facoltà di economia e di medicina) e con l’università di Macerata, nell’attuazione di iniziative di mutuo interesse. Nei seminari regionali (Ancona, Fermo), le vocazioni sono tutte adulte, e coinvolgono spesso persone già diplomate o laureate, o già attive nel mondo del lavoro. Poche diocesi hanno recentemente riaperto un proprio seminario teologico: è il caso di Fabriano e di Urbino dove per ora la proposta è quella di un periodo propedeutico; a Macerata è attivo un fiorente seminario internazionale «Redemptoris Mater», riservato a vocazioni provenienti dal movimento neocatecumenale. Al momento presente, i seminaristi e i chierici sono dignitosamente formati nelle predette strutture comunitarie, anche se la Santa Sede dovrà forse progettare qualche altro metodo formativo: tale è la convinzione degli attuali docenti e seminaristi, come segnalato nella ricorrenza delle periodiche e normali visite apostoliche. Nelle giornate di sabato e di domenica, i candidati tornano nelle loro rispettive famiglie e parrocchie, con la possibilità di collaborare in precise attività liturgiche e di accompagnamento educativo, d’intesa con i parroci e quasi sempre a favore dei ragazzi (oratorio, scoutismo, movimenti, catechesi). I diaconi invece lasciano il seminario dal giovedì pomeriggio alla domenica sera, per forme analoghe di collaborazione. In modo positivo, il seminario regionale di Ancona promuove mensilmente un cammino personale rivolto ai giovani di tutta la regione Marche e consistenti in quattro momenti di dialogo: accoglienza, proposta, preghiera e festa. Esistono segni di speranza. Per esempio: il Centro diocesano vocazioni di Ancona- Osimo offre frequenti momenti di ascolto per l’orientamento spirituale e vocazionale, nelle cinque zone pastorali della diocesi; il seminario regionale di Ancona organizza «quattro passi», cioè quattro incontri progressivi di discernimento vocazionale. La diocesi di Fabriano-Matelica ha messo a disposizione dei giovani una chiesa fabrianese per la preghiera (comunitaria e individuale), con due sacerdoti bene preparati; una «Missione giovani», organizzata nell’ottobre 2005 con la collaborazione dei seminaristi dell’Istituto teologico marchigiano (Ancona), ha ottenuto una risposta positiva da parte dei giovani, sensibili al convinto progetto elaborato dal vescovo Giancarlo Vecerrica. Si lavora per mantenere efficienti o per iniziare delle convivenze di un mese per giovani in cui, mentre si continua il proprio studio e lavoro, si vive insieme un’esperienza cristiana ed un discernimento vocazionale: ciò succede, per esempio, a Fabriano, a Fano, a Senigallia, sull’esempio di altre diocesi italiane. Purtroppo, per mancanza di tempo o per anzianità, il clero locale non sembra pronto a usufruire dei servizi offerti in continuità dagli istituti teologici e istituti superiori di scienze religiose; tali benemerite istituzioni di alta cultura e professionalità hanno sempre goduto della vigilanza, del riconoscimento e dell’appoggio episcopale (Conferenza episcopale italiana, Conferenza episcopale marchigiana). Inoltre, constatando le richieste dei frequentanti, l’insegnamento dei due Istituti teologici marchigiani dovrebbe aprirsi alle necessità di un pubblico che ormai non è più limitato ai soli futuri chierici, poiché le lezioni sono frequentate anche da laici (uomini e donne) che non sono necessariamente membri di comunità religiose e di istituti secolari o, nell’occorrenza, candidati al diaconato permanente. La competente autorità episcopale non ha finora definito la consistenza di adeguati nuovi programmi formativi. Con una più accurata formazione biblica, teologica e spirituale, delle famiglie e particolarmente degli adulti, l’intera attività ministeriale della Chiesa locale guadagnerebbe in profondità e coerenza: ciò risulta per i catechisti, che preparano i ragazzi ai sacramenti, in particolare alla cresima (gli abbandoni giovanili, dopo la cresima, sono un fenomeno quasi generalizzato: c’è chi assicura trattarsi del 70 per cento). Il numero dei matrimoni civili e delle convivenze aumenta; molte nascite avvengono prima della celebrazione di un matrimonio civile o religioso. Molti conviventi, battezzati in un passato non troppo remoto, non pensano a sposarsi; ciò crea qualche difficoltà, perché esigono talvolta il battesimo dei figli, o pretendono ricevere l’eucaristia, in assenza di segni efficaci di conversione.V - La vita religiosa
Terra illustrata da innumerevoli santi e beati, le Marche sono sempre state un luogo privilegiato di insediamenti di ordini e istituti religiosi. Già nell’alto Medioevo numerosi erano gli eremi, dove vissero santi eremiti: Giovanni da Massaccio (†1303), Angelo da Acqualagna (†XIII sec.), Domenico Loricato (†1060), Saladino d’Ascoli (†1241). Nelle Marche sono stati fondati gli avellaniti (ad opera di san Pier Damiani [†1072] a Fonte Avellana), e i benedettini silvestrini a Fabriano (per iniziativa di san Silvestro da Osimo, morto nel 1267). I cappuccini furono istituiti da Matteo da Basci (†1552) nelle vicinanze di Camerino. In modo particolare, i frati minori in provenienza dalla vicina Umbria hanno costituito nuclei solitari di vita francescana, che sono attestati anche dai Fioretti di san Francesco, che elogiano i frati delle valli marchigiane, dove è stata conservata una preziosa testimonianza relativa al primitivo fervore del francescanesimo spirituale, attestato da parecchi santi e beati di quella «Provincia stellata»: Adamo da Fermo, Benvenuto da Recanati, Compagno da Recanati, Corrado d’Ascoli, Francesco da Petriolo, Giacomo da Massa Fermana, Monaldo da Ancona, Rizzerio della Muccia (Camerino), Tommaso del Vallato-Sarnano ecc. Il celebre predicatore francescano san Giacomo della Marca (†1476) è anche fondatore di numerosi ospedali e case di accoglienza. San Nicola da Tolentino (†1305) offre la testimonianza del suo impegno religioso e sacerdotale. Dopo la beata Mattia Nazzarei da Matelica (†1319), la beata Camilla Battista da Varano (†1524), presso Camerino, è testimone del misticismo che sarà attestato anche da santa Veronica Giuliani (†1727) a Mercatello, in diocesi di Urbania. In epoca moderna, la santità è illustrata da Matteo Ricci da Macerata (†1610), apostolo della Cina, Benedetto Passionei da Urbino (†1625), Giuseppe da Copertino (†1663), Maria Goretti da Corinaldo (†1902). Parecchi Servi di Dio sono già oggetto di una incipiente causa di beatificazione: per esempio, Maria Costanza Panas, monaca cappuccina di Fabriano (†1963). La santità episcopale moderna è attestata da san Vincenzo M. Strambi (†1824), vescovo di Macerata e Cingoli; Pio IX nativo di Senigallia (†1878), Adamo Borghini (†1926) vescovo di San Severino. In passato, prima di Pio IX, dieci furono i papi marchigiani: da Giovanni XVIII (†1009) a Leone XII (Annibale Sermattei della Genga, da Fabriano †1829) e Pio VIII (Francesco Maria Castiglioni, da Cingoli †1830). Attualmente, la vita religiosa è presente in numerosi istituti, conventi, monasteri e strutture analoghe. Le espressioni maschili e femminili della vita consacrata sono state codificate nell’Annuario preparato dalla Cism (Conferenza italiana superiori maggiori, comitato regionale marchigiano) e dalla Usmi (Unione superiore maggiori d’Italia, delegazione regionale marchigiana). L’ultimo censimento risale al 1998, ed ha consentito di individuare 138 ordini/ istituti religiosi (nella presente sede non si citano gli istituti di nuova creazione), 428 case religiose, con attività apostoliche diversificate; da quella data, si è verificato una diminuzione numerica: la rarità vocazionale è maggiormente accentuata nelle Marche che altrove. Un riassunto complessivo della presenza delle predette strutture evidenzia la di - spersione delle forze: – Arcidiocesi di Ancona (con Osimo): sacerdoti secolari: 106; sacerdoti regolari: 69; religiosi: 90; religiose: 132. – Diocesi di Ascoli Piceno: sacerdoti secolari: 92; sacerdoti regolari: 24; religiosi: 27; religiose: 140. – Arcidiocesi di Camerino (con San Severino Marche): sacerdoti secolari: 94; sacerdoti regolari: 27; religiosi: 30; religiose: 130. – Diocesi di Fabriano: sacerdoti secolari: 46; sacerdoti regolari: 28; religiosi: 34; religiose: 96. – Diocesi di Fano (con Fossombrone-Cagli- Pergola): sacerdoti secolari: 107; sacerdoti regolari: 141; religiosi: 167; religiose: 233. – Arcidiocesi di Fermo: sacerdoti secolari: 172; sacerdoti regolari: 72; religiosi: 99; religiose: 344. – Diocesi di Jesi: sacerdoti secolari: 37; sacerdoti regolari: 19; religiosi: 31; religiose: 45. – Diocesi di Loreto: sacerdoti secolari: 3; sacerdoti regolari: 48; religiosi: 54; religiose: 206. – Diocesi di Macerata (con Tolentino-Recanati- Cingoli-Treia): sacerdoti secolari: 123; sacerdoti regolari: 79; religiosi: 100; religiose: 140. – Arcidiocesi di Pesaro: sacerdoti secolari: 66; sacerdoti regolari: 81; religiosi: 47; religiose: 98. – Diocesi di San Benedetto del Tronto (con Ripatransone-Montalto): sacerdoti secolari: 58; sacerdoti regolari: 40 religiosi: 52; religiose: 154. – Diocesi di San Marino-Montefeltro (appartenente alla regione ecclesiastica Emilia-Romagna): sacerdoti secolari: 57; sacerdoti regolari: 26; religiosi: 29; religiose: 64. – Diocesi di Senigallia: sacerdoti secolari: 80; sacerdoti regolari: 21; religiosi: 21; religiose: 134. – Arcidiocesi di Urbino (con Urbania e Sant’Angelo in Vado): sacerdoti secolari: 61; sacerdoti regolari: 9; religiosi: 9; religiose: 126. Le stesse monache benedettine residenti nelle Marche sono divise in tre federazioni inter-regionali: alla federazione dell’Italia settentrionale appartengono i monasteri di Fano, Senigallia e Urbania; alla Federazione Piceno-Marca inferiore si riferiscono i monasteri di Amandola, Ascoli Piceno, Cingoli, Fermo, Monte San Giusto, Monte San Martino, Offida, Potenza Picena, San Ginesio, Santa Vittoria in Matenano, Sant’Angelo in Pontano; alla Federazione Umbria-Marche afferiscono i due monasteri di Fabriano (San Luca, Santa Margherita) e quello di Sassoferrato. Questa situazione mette in risalto una frantumazione giuridica attestata anche in altre famiglie religiose. Illusorio è un elenco di persone, di luoghi e di opere, perché la rapida evoluzione sociale e ecclesiale provoca un confronto tra quantità e osservanza, allo scopo di verificare la valenza teologica e carismatica delle strutture e, prima di tutto, di tante persone (uomini e donne) che, per vocazione, auspicano trasmettere silenziosamente una immagine autentica di Cristo nel mondo odierno, cioè anche nella regione Marche, che si presenta come Chiesa ed entità politica-sociale. L’età media degli appartenenti alle comunità è elevata; le nuove vocazioni sono rare e fragili; tutto ciò provoca l’accoglienza vocazionale di persone in provenienza da nazioni diverse dall’Italia o dalla regione Marche (con tutti i problemi legati al temperamento e alla preparazione catechetica, studentesca e professionale), spesso sotto l’effetto del mito economico europeo trasmesso dai mezzi di comunicazione radiofonica e televisiva. Tante esperienze negative effettuate con persone giunte dall’Europa dell’Est, dall’Africa centrale (Nigeria) o dall’Oriente (Filippine), che in qualche occorrenza erano stati rifiutati da famiglie religiose locali e che sono stati accettati in Italia, invitano alla prudenza, anche dietro esplicita raccomandazione della Conferenza episcopale italiana. Occorrerebbe maggiore chiarezza da parte di qualche responsabile di comunità, al fine di non ingannare questi cittadini esteri o la loro nuova comunità. Se qualche vescovo accetta con entusiasmo alquanto precipitoso chierici stranieri, seminaristi o sacerdoti, se qualche comunità religiosa manifesta un identico comportamento, altri decidono di resistere a proposte e richieste di incardinazione o di accettazione (in seminario o in noviziato), anche nel lodevole intento di salvaguardare l’identità del proprio presbiterio o della propria famiglia religiosa. La Chiesa locale ha diritto a conservare intatta la sua fisionomia, anche se lo scambio di sacerdoti Fidei donum è logico; il trasferimento da una diocesi a un’altra vicina avviene in modo eccezionale. Invece la quasi totalità dei vescovi marchigiani proviene da altre regioni (Liguria, Lombardia ecc.), talvolta dopo un periodo di lavoro a Roma (Università pontificie, burocrazia curiale ecc.); nelle Marche rari sono i vescovi appartenenti a istituti religiosi. Nella regione esiste un importante patrimonio edilizio monumentale, consistente di numerose abbazie benedettine o cisterciensi ormai diventate in maggioranza monumenti da visitare, o trasformate in chiese parrocchiali e canoniche, case coloniche, ville di campagna, agriturismo. I centri monastici benedettini ancora attivi sono: in provincia di Pesaro, tre monasteri (Fonte Avellana; in diocesi di Fano, Monte Giove e un’abbazia femminile); in provincia di Ancona, cinque (in diocesi di Fabriano: San Luca, Santa Margherita, San Silvestro; a Matelica, Santa Teresa; in diocesi di Senigallia, Chiaravalle); in provincia di Macerata, due (Chiaravalle di Fiastra, San Severino Marche); in provincia di Ascoli Piceno, due (Offida, Santa Vittoria in Matenano). Alcuni antichi monasteri sono ormai ruderi in stato di abbandono: Grottafucile, Santa Maria d’Appennino (Fabriano). L’architettura è talvolta stupenda e originale: per esempio, Santa Maria della Rocca (Offida), San Vittore delle Chiuse, in Genga (Ancona). Altri nuclei monastici attivi sono i monasteri femminili agostiniani (per es. Urbino) e francescani cappuccini clariani (per es. Fabriano, Urbino). Il consistente quantitativo di istituti religiosi della regione non deve ingannare: a eccezione di qualche comunità, i conventi sono occupati da poche persone consacrate, generosamente impegnate in molte attività pastorali, spesso in condizioni disa - giate: parrocchie, scuole, centri di spiritualità, ospitalità, case di riposo, colonie, campi-scuola ecc.VI - L’associazionismo cattolico
In genere, nell’odierna regione Marche, non si è rilevata la presenza di associazioni confessionali cristiane non cattoliche, mentre l’associazionismo cattolico è ben radicato. Senza pretesa di completezza, si ricordano alcune associazioni cattoliche: Unione apostolica del clero, Unione missionaria del clero, Apostolato della preghiera, Apostolato del mare, Unitalsi, Medici cattolici, Circolo Maritain, Conferenze San Vincenzo, Convegni Maria Cristina, Cursillos de cristiandad. L’Azione cattolica è ancora attiva e efficace, malgrado un calo numerico identico a quanto si presenta altrove in Italia; comunque essa procede sempre d’accordo con le direttive pontificie e episcopali nazionali; nel suo stile, promuove stimolanti progetti locali. L’associazionismo collegato con l’Azione cattolica – per esempio, le Acli (Associazione cristiana dei lavoratori italiani), l’Associazione italiana maestri cattolici, lo scoutismo, la Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana), il Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale) –, e i nuovi movimenti laicali presenti nella regione Marche non riescono sempre a proporre un messaggio duraturo, recepibile tanto dalla popolazione locale quanto dagli «ospiti»: ciò si verifica in particolare nelle città universitarie. Abitualmente una delegazione di ogni associazione giovanile ha partecipato alle giornate mondiali della gioventù, programmate per volontà di Giovanni Paolo II; alcuni giovani invece si recano a Taizé per gli analoghi raduni giovanili di preghiera e di testimonianza. Lo scoutismo, nelle sue ramificazioni – Agesci, Scouts d’Europa, Masci (Movimento adulti scouts cattolici italiani) ecc. – accoglie ancora molti aderenti e non manifesta segni di invecchiamento. La Fuci, che in passato ha svolto una funzione originale nel mondo universitario, dagli anni Settanta del XX sec. incontra, anche nelle Marche, serie difficoltà di aggregazione, accresciute dalla nuova configurazione dei periodi di insegnamento, concentrati in due semestri, divisi da periodi riservati alle sessioni di esame (pertanto la popolazione studentesca non rimane in sede, ma torna nella regione di provenienza). L’insufficienza dei contatti tra i singoli gruppi e gli uffici della presidenza nazionale accresce la difficoltà organizzativa. Il movimento di Comunione e Liberazione ha esercitato, negli anni scorsi, una attività stimolante; famoso è stato l’annuo pellegrinaggio studentesco da Macerata a Loreto, promosso da don Giancarlo Vecericca, del clero di Macerata, aderente al predetto movimento. Il Rinnovamento nello Spirito, laddove è accettato dai vescovi, agisce con discrezione, a livello di piccoli nuclei ospitati da parrocchie. I gruppi di neocatecumenali non sono graditi da tutti i vescovi marchigiani, a causa della difficoltà ad inserirsi nel dinamismo delle parrocchie: si tratta di una situazione quasi generalizzata in Italia. Malgrado le buone intenzioni dei gruppi, si individua con difficoltà un «presbitero» gradito ai responsabili laici del gruppo e disposto ad accompagnare il cammino in una posizione defilata rispetto ai catechisti; in modo abituale, il clero marchigiano, solidamente ancorato all’organizzazione parrocchiale, non manifesta entusiasmo nei riguardi di quella forma di associazionismo e di approfondimento della fede. Efficace è la Cattedra dei non credenti, nata da una intuizione dell’allora arcivescovo di Milano cardinale C. M. Martini; essa è presente nella diocesi di Fano, con ripetute iniziative svolte in armonia con il Progetto culturale della Cei. Iniziative pastorali centrate sulla lettura comunitaria della Sacra Scrittura trovano appoggio da parte di alcuni pastori, anche se si avverte qualche insensibilità nei confronti di quella forma di formazione permanente. In qualche diocesi (Ancona, Fabriano, Pesaro, Urbino…) sono organizzati momenti di catechesi e di lectio divina destinati prevalentemente ai laici; trovano una buona accoglienza, anche da parte dei giovani. Poche parrocchie, in mancanza di sacerdoti, hanno sostituito il rito eucaristico domenicale e festivo con la proclamazione della Parola e la distribuzione dell’eucaristia, secondo le norme ufficiali. Nelle parrocchie non si verifica una crescita di presenze giovanili: si sono rivelati superficiali e precipitosi gli entusiasmi suscitati dai raduni giovanili annui, dagli eventi straordinari del giubileo 2000 o dai funerali di Giovanni Paolo II. Dal punto di vista sociale e logistico, l’elevato costo degli alloggi crea difficoltà particolarmente alla popolazione studentesca presente nelle città universitarie, in modo esplicito laddove la ricostruzione postsismica (1972, 1997) ha provocato un vistoso aumento dei canoni di affitto, spesso con poca chiarezza e trasparenza nella stipulazione dei contratti e senza effettive possibilità di controllo da parte delle competenti autorità amministrative. Più di un vescovo marchigiano ha preso esplicitamente e pubblicamente la difesa degli studenti. Anche altrove, specialmente le giovani coppie non trovano una sistemazione abitativa decente e adeguata allo stipendio, problema acuito dalla crescente precarietà del lavoro. La compagine familiare è danneggiata da quel problema in cui si intersecano lavoro e sistema abitativo. Le Chiese locali non sono sempre in grado di intervenire direttamente, anche per motivo di opportunità, perché bisogna evitare qualsiasi forma di interferenza in problemi di competenza della regione Marche o delle singole amministrazioni locali. Ma molte parrocchie sono impegnate per venire incontro a necessità di quel genere, anche a favore dei lavoratori immigrati; sussiste un diffuso sentimento di paura, di volta in volta provocato dal comportamento negativo di polacchi, albanesi, rumeni, maghrebini. La delinquenza (non solo giovanile) e la prostituzione sono un doloroso interrogativo per le Chiese delle Marche; perdura ancora la prostituzione di donne in provenienza dall’Est europeo, che giungono nelle Marche attraverso l’aeroporto internazionale di Rimini. Nel novembre 1994 i vescovi marchigiani rilevavano i seguenti aspetti problematici: la disoccupazione diffusa, la difficile condizione degli immigrati e dei terzomondiali, il fenomeno droga, la prostituzione, la magia e lo spiritismo, la denatalità; ma nel contempo incoraggiavano a «alimentare e sviluppare con una congrua prassi e tempestive scelte prioritarie, i semi di verità, le risorse di onestà, di laboriosità, di forza d’animo, di fede e di amore della gente delle nostre Marche» (La Nuova evangelizzazione nelle Marche, cit., 330). Una sintesi conclusiva rischia di non evidenziare gli aspetti più caratteristici delle Marche. Ma un osservatore conoscitore della realtà geografica, sociale e economica che ha segnato l’evoluzione storica del territorio, è in grado di percepire i fermenti di novità e i segni di speranza: punti basilari ripetutamente proclamati dai vescovi. Ovunque la coscienza ecclesiale si è accentuata e si sperimenta in varie forme di collaborazione e di partecipazione alla nuova evangelizzazione.Bibliografia
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S. Anselmi, Nelle Marche Centrali. Territorio, economia, società tra Medioevo e Novecento: l’area esino-misena, I, Jesi 1979;
R. Molinelli, Un vescovo marchigiano dal neoguelfismo alle prigioni dell’Italia unita, in «Fonti e documenti », 14, 1985;
S. Anselmi, La prima grande stagione marchigiana: città e corti tra autoaffermazione, mercato del grano e alta cultura, 1350-1650, in Miscellanea di Studi Marchigiani in onore di Febo Allevi, a c. di G. Paci, Agugliano 1987, 3-12;
Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. Le Marche, a c. di S. Anselmi, Torino 1987;
Dal Patrimonio di San Pietro allo Stato pontificio. La Marca nel contesto del potere temporale, a c. di E. Menestò, Ascoli Piceno 1991;
F. Mariano-S. Papetti, I Papi marchigiani. Classi dirigenti, committenza artistica. Mecenatismo urbano da Giovanni XVIII a Pio IX, Ancona 2000.
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FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.