Diocesi di Asti
STORIA
I - Le origini
È attestata nel 451 dalla presenza del vescovo Pastore tra i sottoscrittori della lettera di Eusebio, metropolita di Milano, a Leone Magno.Il vescovo Maiorano è menzionato al concilio di Roma del 455, presieduto da papa Leone I.
Tuttavia, secondo l’opinione oggi più accreditata, la diocesi risalirebbe alla fine del IV-inizio del V . e la prima evangelizzazione all’epoca costantiniana.
Asti fu tra le prime città conquistate dai longobardi (569) e notevole fu l’importanza della sua sede ducale.
Primo duca conosciuto fu Gundoaldo, fratello di Teodolinda, bavaro e cattolico.
Anche Ariperto, pronipote di Teodolinda, diventato re (652-662), fu duca di Asti.
Il vescovo Benenato nel 679 partecipò al concilio di Milano, presieduto dall’arcivescovo Mansueto, a rendere visibile la comunione ecclesiale ritrovata dopo le vicende del cosiddetto scisma dei Tre Capitoli.
II - Dal Medioevo al concilio di Trento
Con l’inizio dell’età franco-carolingia il comitato di Asti venne a trovarsi quasi al centro del Piemonte, in grado di controllare le strade che lo attraversavano in tutte le direzioni.Nel IX . la diocesi presentava un buon impianto di pievi.
Con l’episcopato di Bruningo (937-964) si attuò la trasposizione dei poteri fra il conte e il governo vescovile.
Bruningo valorizzò il culto di san Secondo, patrono.
Per la conoscenza dei confini diocesani tra X e XI sono rilevanti i diplomi di Ottone I e Enrico III, rispettivamente del 20 maggio 969 e del 26 gennaio 1041.
Comprendeva gran parte del Piemonte meridionale: la odierna diocesi di Mondovì e notevoli porzioni di quelle di Cuneo, Fossano, Alba, Casale e Alessandria.
Venti erano le pievi che dipendevano dal vescovo di Asti.
Di fronte alla minaccia delle scorrerie saracene i vescovi svolsero un’intensa attività politica e religiosa.
Anche la diocesi di Alba venne unita temporaneamente a quella di Asti (985-992).
Uno dei primi diritti acquisiti dai vescovi di Asti, a beneficio dei cittadini, fu quello di istituire mercati con il permesso, per i negotiatores astigiani, di svolgere liberamente la loro attività ovunque volessero.
Con il diploma di Enrico III del 1041 anche le tre grandi abbazie benedettine astigiane diventarono vescovili: l’abbazia dei Santi Apostoli oltre il Borbore; l’abbazia di San Bartolomeo di Azzano, oltre il Tanaro; l’abbazia femminile di Sant’Anastasio in centro città.
Il 1° luglio 1095 papa Urbano II, accompagnato da san Bruno astense, consacrò la cattedrale romanica dedicata a Santa Maria.
La nascita del comune di Asti avvenne con l’atto di cessione, il 28 marzo 1095, da parte del vescovo Oddone del castello di Annone «ad consules Astensis civitatis… tam pro ipsis quam pro omnibus civibus Astensibus».
Fu il commercio la base della potenza del comune.
Per la chiesa di Asti si apriva un nuovo periodo.
Il nuovo vescovo, il beato Landolfo da Vergiate (1105-1132), in sintonia con la riforma gregoriana, interpretò al meglio l’evolversi della vita della città e della chiesa di Asti.
A una società che si diversificava veniva incontro una molteplicità di esperienze religiose.
Nuove esperienze spirituali venivano alla ribalta e nascevano nuovi ordini religiosi.
Era la religiosità delle opere, quasi un nuovo monachesimo, che prendeva vita e consistenza.
La città di Asti accoglieva gli antoniani, gli umiliati e le umiliate, i crociferi; i canonici di Santa Croce di Mortara e, in seguito, i canonici lateranensi.
Al 1159 risale la prima attestazione certa di una domus ospedaliera dei gerosolimitani, denominati in seguito cavalieri di Malta.
Dal 1180 è attestata la presenza dei vallombrosani e dal 1215 prese vita un monastero di monache cisterciensi.
Il Duecento per Asti segnò l’apice dello sviluppo.
I nuovi ordini mendicanti, attraverso la scelta esplicitamente urbana, rappresentarono in larga misura una risposta sia alla domanda di rinnovamento spirituale sia alle esigenze di pacificazione.
Asti accolse i domenicani (già attestati nel 1235), i francescani (1237), le clarisse (1244).
Nella seconda metà del XIII . si insediarono in Asti e negli immediati dintorni gli eremitani di Sant’Agostino, i carmelitani e i Servi di Maria (1273).
Il Trecento si aprì con l’episcopato del beato Guido Valperga (1295-1327), che nel 1316 convocò un sinodo, nella città di Cherasco, a sottolineare la sollecitudine pastorale verso le pievi del vastissimo territorio, al fine di una più omogenea e diffusa restaurazione della disciplina ecclesiastica.
Alla prima metà del secolo risale l’imponente cattedrale gotica, sulla precedente romanica.
Nel 1387 i certosini subentrarono ai vallombrosani con una prestigiosa certosa.
Urbano VI con bolla dell’8 giugno 1388 eresse la diocesi di Mondovì.
Per Asti si trattò di un vero e proprio smembramento.
Già nel 1145, con l’erezione della diocesi di Alessandria, le erano state tolte le pievi di Quargnento e Ovilio.
Altre riduzioni di territorio si verificarono con l’erezione delle diocesi di Casale nel 1474, di Saluzzo nel 1511 e di Fossano nel 1592.
I minori francescani espressero personalità di rilievo: l’Astesano, autore della Summa Astensis, terminata nel 1317 e stampata a Norimberga nel 1482; il beato Enrico Alfieri, dal 1387, per diciotto anni, ministro generale dell’ordine e primo a propugnarne la riforma; Bernardino d’Asti, «Padre Asti», padre della riforma cappuccina (1489 ca-1554/1557).
«Fuori mura », si insediarono i minori osservanti (1470-1473) e i cappuccini (1539-1540).
Nel 1525 venne fondato un monastero di clarisse osservanti, che nel 1549 diedero vita in città al monumentale monastero del Gesù.
Nel 1517 è la volta degli agostiniani de observantia, della congregazione di Lombardia.
Emergeva un rinnovamento all’insegna della «osservanza» che era non solo evento della «vita religiosa» in Asti, ma anche evento della Chiesa di Asti.
Lo conferma il fatto che in quindici anni i vescovi convocarono ben quattro sinodi: Scipione Graziano (1470-1473) nel 1471, Vasino Malabaila (1473-1476) nel 1474, Pietro Damiano (1476-1496) nel 1476 e nel 1485.
III - Dal concilio di Trento al 1817
Le riforme tridentine presero avvio dall’episcopato di fra Domenico della Rovere, domenicano (1568-1587), anche per il fatto che Asti, nonostante la promozione di Torino a sede metropolitana (1515), restò suffraganea di Milano.Grazie a Carlo Borromeo, che «imprestò» un rettore, nel 1575 si aprì il seminario diocesano.
Della Rovere partecipò ai concili provinciali di Milano del 1569, 1573, 1576, e nell’aprile 1578, dopo due visite pastorali, celebrò il suo quarto sinodo diocesano e ne promulgò le costituzioni, che crearono le vicarie foranee.
Nel 1585 ebbe luogo la visita apostolica di Angelo Peruzzi e le riforme tridentine assunsero le caratteristiche di un progetto organico che si rapportava, con aderente concretezza, a tutto il territorio diocesano.
Sfogliando l’imponente raccolta dei verbali delle visite pastorali e relative relazioni dei parroci, in parallelo con la serie delle costituzioni sinodali pubblicate dai singoli vescovi, da Domenico della Rovere (1568-1587) a Paolo Caissotti (1782-1786), emerge una continuità di linee pastorali, tra ideale di riforma ed efficienza amministrativa, che fanno perno sulla parrocchia.
La nomina dei vescovi portava il timbro sabaudo.
Comprensibili tensioni con la Santa Sede determinarono alcune lunghe vacanze di sede: la più lunga, tredici anni (1714-1727), seguì l’episcopato Milliavacca.
Attenzione costante fu riservata dai vescovi al Seminario diocesano; Paolo Maurizio Caissotti nel 1775 ne fece costruire il monumentale edificio, capolavoro di Benedetto Alfieri.
La vita religiosa, dopo Trento, si arricchì con l’arrivo di barnabiti (1601), cistercensi riformati o foglianti (1606), carmelitani scalzi (1660) e filippini (1696), soprattutto presenti nel capoluogo e dintorni.
Tra Sei e Settecento emerse Innocenzo Milliavacca (1693-1714): fu il vescovo che lasciò più tracce di munificenza artistica, a iniziare dalla cattedrale, e incoraggiò un rinnovamento nell’edilizia e nella suppellettile sacra che contagiò, per tutto il Settecento, pressoché la totalità delle parrocchie.
Anche le numerosissime confraternite e compagnie, sovente in emulazione tra loro e con la parrocchia, espressero il meglio della loro presenza sia nel culto eucaristico, sia nella pietà popolare.
Le soppressioni napoleoniche di monasteri e conventi del 1801-1802 mutarono il volto della città e della chiesa di Asti, che nel 1803 incorporò la diocesi di Alba e parrocchie di diocesi vicine.
Di conseguenza, Giuseppe Benedetto Cottolengo, nato a Bra, frequentò gli studi teologici nel seminario di Asti e con l’ordinazione (1811) divenne membro del presbiterio astigiano; Giuseppe Cafasso e Giovanni Bosco, nati a Castelnuovo d’Asti, rispettivamente nel 1811 e nel 1815, «sono nati in diocesi di Asti».
Nel 1809 a Piovà d’Asti (ora Piovà Massaia) nacque il cardinale Guglielmo Massaia.
Nel 1857 a Mondonio d’Asti, paese della sua famiglia, morì san Domenico Savio.
IV - Dal 1817 al Vaticano II
Nel 1817 la diocesi fu ridimensionata agli attuali confini, con 106 parrocchie, e divenne suffraganea di Torino.Con la Restaurazione solo i barnabiti ritornarono in Asti.
Allontanati monaci e frati, le parrocchie divennero le protagoniste della pastorale.
Nel Risorgimento si ebbe il caso del vescovo Filippo Artico (1841-1858) che, per intemperanze anticlericali, nel 1847 fu costretto ad allontanarsi da Asti e a risiedere nel castello di Camerano d’Asti, che nel 1842 aveva acquistato come sede del seminario minore.
In questo clima, a partire dal 1857, in alcuni paesi si costituirono piccole assemblee delle Chiese cristiane dei Fratelli; una perdura ancor oggi.
Alla morte di Artico, nel 1859, la diocesi rimase vacante fino al giugno 1867, quando fece ingresso in diocesi Carlo Savio, già docente alla facoltà teologica della regia università di Torino.
Rimase vescovo fino al 1881.
Con lui iniziò una linea pastorale che, attraverso successive evoluzioni e arricchimenti, sostanzialmente perdurò fino al Vaticano II.
Assunse come segretario don Giuseppe Marello (1844-1895) che nel 1878 fondò in Asti gli oblati di san Giuseppe e nel 1887 divenne vescovo di Acqui (beatificato nel 1993 ad Asti e canonizzato nel 2001 a Roma).
Savio chiamò a insegnare ad Asti il moralista Bertagna, successore del Cafasso.
Le ultime scorie rigoriste furono superate.
Nel sinodo del 1896 il vescovo Ronco (1882-1898) confermò la nuova linea pastorale.
Don Giuseppe Gamba (1857-1929), figlio di poveri mezzadri, poi cardinale arcivescovo di Torino, nominato parroco del duomo nel 1884 a ventisette anni, costituì la figura emblematica del parroco «nuovo stile»: catechismo a forma di scuola, istruzione parrocchiale agli adulti, associazionismo laicale, opere caritative.
Il vescovo Giacinto Arcangeli (1898- 1909), già vicario generale di Bergamo, propiziò un più chiaro e maturo impegno sociale.
Il 25 novembre 1899 fondò l’attuale settimanale «Gazzetta d’Asti».
Il 5 giugno 1902 benedì la prima pietra del nuovo monumentale santuario diocesano della «Madonna del Portone».
Promosse in Asti la fondazione delle suore domenicane del Santo Rosario.
I numerosi istituti di suore chiamati in diocesi diedero vita, in particolare nelle parrocchie rurali, ad asili, ricreatori e laboratori femminili, che nel 1955 raggiunsero il numero di 68 asili, 35 laboratori, 23 oratori.
Nella città di Asti si affermarono gli oratori maschili Don Bosco e Fulgor.
Nel decennio 1901-1910 si ebbe un «picco» di 110 ordinazioni sacerdotali, in una diocesi di 107 parrocchie, per cui anche le borgate poterono avere un cappellano residente, il quale non infrequentemente svolgeva le funzioni di maestro di scuola.
Il vescovo Luigi Spandre (1909-1932), già parroco nella città di Torino, promosse capillarmente nelle parrocchie l’Azione cattolica, che dal primo dopo guerra al concilio divenne elemento portante dell’azione pastorale.
Il vescovo Umberto Rossi (1932- 1952), nel drammatico periodo della Resistenza, con comportamento eroico universalmente riconosciuto, salvò la popolazione di diversi paesi da disastrose rappresaglie e sommarie esecuzioni.
Nel 1946, interprete del comune sentimento, in segno e pegno di generale pacificazione ottenne da Pio XII la proclamazione della Madonna del Portone a compatrona della diocesi, sotto il titolo Porta Paradisi.
Anche nel dopo-concilio le parrocchie rimasero il perno dell’azione pastorale, smorzando però alcune rigidità di autonomia e autosufficienza e muovendosi su una linea di unità pastorali.
Nel 1986 fu possibile una prima riduzione, per cui le parrocchie da 142 furono ridotte a 128 e con decreto vescovile del 4 marzo 1992 furono riunite in 23 unità pastorali.
Bibliografia
Savio I 109-157;G. Bosio, Storia della chiesa d’Asti, Asti 1894 (rist. anast. Asti 2003);
L. Vergano, Storia di Asti, Asti 1951-1957 (rist. anast. Cavallermaggiore 1990);
R. Bordone, Città e territorio nell’alto 129 ASTI A 27-02-2008 14:11 Pagina 129 Medioevo: la società astigiana dal dominio dei Franchi all’affermazione comunale, Torino 1980;
G. Visconti, La diocesi di Asti fra ’800 e ’900, Asti 1995;
D. Ferro (a c. di), La visita apostolica di Angelo Peruzzi nella diocesi di Asti (1585), Roma 2003;
G. Visconti, Diocesi di Asti e Istituti di vita religiosa, Asti 2006.
Sono visualizzati solo edifici per i quali si dispone di una georeferenziazione esatta×
Caricamento mappa in corso...
Caricamento dati georeferenziati in corso...
Mappa
Diocesi di Asti
Chiesa di Santa Maria Assunta
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.