Diocesi di Trento
STORIA
I - Le origini
Nel I e II . a.C.il Trentino protostorico, di civilizzazione retica, venne raggiunto dalla romanizzazione, veicolata essenzialmente dagli scambi commerciali e di norma pacifica.
In epoca romana la via Claudia Augusta, con i suoi due rami padano e altinate, più altri percorsi minori, segnavano la vocazione di questa terra a essere membro di passaggio e di collegamento tra nord e sud delle Alpi.
Dal punto di vista religioso appaiono presenti sul territorio i culti più diffusi in ambito italico e mediterraneo, da quelli del pantheon classico, come quello di Saturno (Anaunia), a quelli più recenti come i culti misterici di provenienza orientale, segnatamente quello della divinità solare, Mitra (Mauls/Mules presso Sterzing/Vipiteno, Sanzeno).
Tridentum era la civitas cui faceva capo l’omonimo municipium, costituito dalla valle dell’Adige da Merano ad Avio e da quelle dei suoi affluenti Noce, Avisio e Fersina.
I territori percorsi dal Sarca (Giudicarie) e dalla Brenta (Valsugana) appartenevano ai municipia di Feltre e di Brescia.
Una Chiesa cristiana organizzata è presente in regione a partire dalla metà del IV secolo.
I suoi primi vescovi, come appare dal Catalogo del Messale di Udalrico II e da altre testimonianze, furono Giovino, Abbondanzio, Vigilio.
Vigilio diede l’impulso decisivo all’evangelizzazione della città e del territorio.
Fino alla fine del IV . faceva da garante per questa nuova fondazione in riva all’Adige il vescovo di Milano, Ambrogio.
Dopo d’allora Trento fece parte dell’ambito metropolitano di Aquileia.
Tre asceti della Cappadocia, Sisinio, Martirio e Alessandro, rispettivamente diacono, lettore e ostiario, collaborarono con il vescovo Vigilio all’evangelizzazione dell’Anaunia.
Il 29 maggio 397 i tre missionari vennero chiamati alla prova suprema del martirio a causa di uno scoppio di fanatismo dei rustici nel contesto di culti primaverili a Saturno.
Vigilio mise in salvo a Trento le reliquie dei tre martiri e le depose in una basilica cimiteriale da lui appositamente costruita fuori porta Veronensis.
Le lettere del presule a Simpliciano di Milano e a Giovanni Crisostomo di Costantinopoli informano sui fatti e cercano di penetrarne il mistero.
Il fatto, ormai in epoca teodosiana inoltrata, suscitò molto scalpore nel mondo romano mediterraneo.
Nell’anno 400 (o 405) venne a morte anche Vigilio.
Una tardiva Passio, attribuibile all’epoca longobarda, vuole il presule a sua volta martire in Rendena.
Il completo silenzio delle fonti antiche su questo particolare induce a ritenere che vengano applicati al presule modelli biografici e cultuali di tipo martiriale nel frattempo divenuti quasi canonici, a interpretare il suo effettivo ruolo di grande missionario di questo territorio e di padre della Chiesa tridentina.
L’associazione della sua sepoltura a quella dei tre martiri segnò l’inizio del suo culto.
II - Tra longobardi e franchi
L’epoca tardoantica vide i confini dell’impero romano sempre più fortemente minacciati dalle popolazioni che premevano dall’esterno.Si susseguirono sul territorio goti, franchi e longobardi (569).
Queste presenze indussero a riutilizzare l’antico castello rifugio della città, il Verruca, che lungo il VI . venne a ospitare anche un edificio sacro cristiano.
Nello stesso tempo, pur nel quadro di una contrazione del tessuto cittadino antico, si riscontra la presenza di una chiesa (ecclesia) matrice residenziale del vescovo dentro la cerchia urbana, localizzabile nell’area dell’attuale Santa Maria Maggiore.
Sulla tomba dei martiri di Anaunia e di Vigilio fuori porta Veronensis è sorta nel frattempo la basilica santuario.
Contro la temibile e a tratti rovinosa presenza franca che incombeva da nordovest, i longobardi insediarono a Trento un ducato tra i più importanti del loro sistema politico-militare.
I vescovi e le rispettive Chiese apparivano sempre più i testimoni della stabilità e i custodi di preziose risorse culturali e politiche.
Così figurano Agnello di Trento e Ingenuino di Sabiona alla fine del VI . Nel quadro dell’adesione del Nord Italia allo scisma tricapitolino, la sede di Trento, e segnatamente il monaco Secondo di Val di Non, appaiono referenti importanti per le avances di Gregorio Magno presso la corte longobarda in vista di un’attrazione della stessa nell’orbita romano-cattolica.
In epoca longobarda la missione cristiana sul territorio trentino venne completata e sorsero le prime chiese battesimali dislocate.
I confini diocesani si allargarono ora a inglobare le Giudicarie, il basso Sarca e la bassa Vallagarina: una situazione destinata a durare per più di mille anni.
Quando i franchi di Carlo Magno liquidarono i longobardi (774), la Chiesa vescovile trentina continuò anche nel nuovo quadro la sua funzione politica di polo di aggregazione del territorio.
Il controllo dei nuovi sovrani sulla Chiesa locale appare in maniera eloquente nell’estrazione interamente franco-germanica dei presuli tridentini di quest’epoca.
Nella nuova situazione la residenza vescovile si trasferì nelle adiacenze della chiesa cimiteriale di San Vigilio, che acquistò così il carattere di chiesa cattedrale.
In epoca carolingia venne costituendosi la rete delle pievi dislocate sul territorio con forte autonomia pastorale.
III - Il Medioevo centrale
La coesione di spirituale e temporale si codifica nell’attribuzione di poteri politici ai vescovi.Gli imperatori germanici Enrico II e Corrado II conferirono ai vescovi la contea di Trento e altri territori civili (nel 1004 e/o 1027).
Sorse in tal modo il principato vescovile.
Ampi restauri nella cattedrale vigiliana a opera del vescovo Udalrico II (1022-1055) e la confezione di un sacramentario ricco di memorie liturgiche locali e imperiali contrassegnano questa fase di consolidamento ecclesiastico- politico.
Dopo la lotta per le investiture il vescovo Altemanno (1124-1149) appare promotore convinto della riforma ecclesiale.
Nell’opera di consolidamento del controllo politico e della pace sociale del territorio il vescovo Adelpreto cadde per mano di una congiura di feudatari il 20 settembre 1172.
Il prestigio del principato vescovile all’epoca del vescovo Federico Vanga (1207-1218) si riflette nel progetto e nell’inizio della costruzione della nuova cattedrale, eretta da maestri comacini.
Nella seconda metà del XIII . il terribile conflitto politico e militare con il conte del Tirolo Mainardo II diminuì sensibilmente i possedimenti e i diritti vescovili nella valle dell’Adige.
Nel 1255 i vescovi trasferirono la loro residenza dal palazzo presso il duomo al castello, da loro chiamato del Buonconsiglio.
Il sistema pastorale pievano appare ormai completato (elenchi del 1295/1296), anche se contrassegnato da vistose disomogeneità.
Istituzioni monastiche in regione nel primo millennio quasi non esistono.
Verso la metà del XII . vennero fondate l’abbazia benedettina di San Lorenzo presso Trento e le canoniche agostiniane di San Michele e Augia (più tardi Gries, presso Bolzano), tutte di orientamento riformistico.
Seguirono nel XIII . gli insediamenti dei frati mendicanti (francescani, domenicani, agostiniani) nelle città di Trento, Bolzano, Rovereto e Riva.
Caratteristica era la fitta rete di piccoli monasteri laicali abitati da comunità di fratelli (e sorelle) sotto l’autorità di un priore confermato dal vescovo.
Alcuni di questi esplicavano funzioni di ospizi di strada e di passo.
IV - Travaglio di riforma, 1300-1563
Dal punto di vista politico, lungo il tardo Medioevo il principato vescovile continuò a viaggiare come un vaso di coccio tra vasi di ferro, che si chiamavano di volta in volta, lungo il XIV sec., casa di Lussemburgo, di Baviera, infine, con successo definitivo, casa d’Asburgo: tutte in lotta per il controllo del Tirolo e per la carica imperiale tedesca.Con i conti del Tirolo il vescovato dovette sottoscrivere a varie riprese dal 1363 in poi onerosi vincoli politico- militari («compattate»).
Il papato avignonese e poi quello romano del XV . intervenne più volte in difesa dell’autonomia del principato vescovile nei confronti dei potentati laici.
Ma cercò anche il proprio vantaggio con pesanti ingerenze nella nomina dei vescovi e nell’assegnazione delle più cospicue prebende diocesane.
L’episcopato di Enrico III di Metz (1310- 1336) si segnala per un genuino accento riformistico, che si espresse in alcuni sinodi diocesani sotto di lui e sotto il suo successore Nicolò da Brno.
L’organizzazione pastorale registra il moltiplicarsi di stazioni pastorali minori (curazie) per iniziativa delle comunità civili, senza che ciò intacchi, per il momento, la giurisdizione delle sedi pievane.
Nello scisma papale i vescovi di Trento stettero in una prima fase (con gli Asburgo) dalla parte del papa romano, poi dalla parte dei concili di Costanza e di Basilea (Alessandro di Masovia anche contro il papa Eugenio IV).
Come mecenati si distinsero i vescovi Giorgio di Liechtenstein- Nikolsburg (1390-1419) e Giovanni Hinderbach (1465-1486).
Sotto quest’ultimo, e non senza sua responsabilità, nella Pasqua 1475 gli ebrei di Trento vennero accusati di presunto omicidio rituale del bambino Simone e subirono una sanguinosa repressione.
L’applicazione del concordato di Vienna (1448) assicurò al capitolo cattedrale, fino ad epoca napoleonica, l’elezione dei principi vescovi.
Nel 1476 il collegio dei canonici dovette però accettare dalla casa d’Asburgo una costituzione che imponeva, riguardo alla composizione del capitolo stesso, il rispetto di una proporzionale etnica a favore dell’elemento tedesco.
Il principe vescovo Bernardo Clesio (1514-1539), cancelliere supremo del re Ferdinando, ricoprì ruoli politici che andavano ben al di là delle dimensioni locali.
Si confermava la tradizionale vocazione dei principi vescovi di Trento al servizio dell’imperatore, ora però con la novità di un più deciso collegamento con le corti italiche e con quella romana.
Il Clesio preparò politicamente e urbanisticamente la città di Trento a ospitare il celebre concilio (1545-1563).
V - L’epoca tridentina, 1564-1803
L’episcopato di Ludovico Madruzzo (1567- 1600) fu contrassegnato dalla promozione della riforma cattolica, impegno che il prelato assolveva anche da Roma come cardinale di curia nei confronti delle diocesi tedesche.La visita pastorale del 1579-1581 e il sinodo del 1593 posero i binari per il cammino della diocesi nei due secoli successivi.
L’organizzazione pastorale si perfezionò ulteriormente, mentre in quasi tutte le valli sorsero lungo il XVII e XVIII . conventi di frati minori e cappuccini.
A Trento nella prima metà del Seicento si insediarono anche carmelitani e gesuiti; dal collegio cittadino di questi ultimi uscirono i grandi missionari Martino Martini (†1661 in Cina) ed Eusebio Francesco Chini (†1711 in Messico).
La vita religiosa popolare si dispiegava nelle modalità classiche della religiosità barocca, con gli ordini terziari, le confraternite, le numerose fondazioni religiose e pie, i pellegrinaggi a santuari mariani (a Civezzano, a Piné, a Pietralba/Weissenstein) e al Simonino di Trento.
San Vigilio e il beato Adelpreto furono oggetto di una rigogliosa devozione cittadina espressasi nel 1740 nel monumentale altare maggiore del duomo.
Il chierico roveretano Girolamo Tartarotti (†1761) sul piano culturale, e l’amministratore plenipotenziario del vescovato Leopoldo Ernesto Firmian (1748-1755) su quello del governo temporale ed ecclesiale cercarono di far passare stimoli di rinnovamento e di riforma in un ambiente che reagì con scarso entusiasmo e che, attorno alla metà del secolo, vide il prevalere di un deciso rigurgito immobilistico- patriottico nell’episcopato di Francesco Felice Alberti d’Enno e del ceto patrizio cittadino a lui collegato.
L’episcopato di Cristoforo Sizzo (1763-1776) testimonia l’onda lunga, nonostante tutto, del rinnovamento pastorale tridentino e la presenza, nel clero, di energie spirituali non del tutto inette a reggere il cambiamento che incombeva.
Il successore Pietro Vigilio Thun (†1800) si limitò a gestire il tramonto di un’epoca, di cui la sua famiglia era stata uno degli esponenti più tipici.
Nel 1785 Giuseppe II ottenne dalla Sede romana una sensibile modifica di confini diocesani nel senso dell’adeguamento di quelli ecclesiastici a quelli civili (acquisizione, da Feltre, della Valsugana e del Priniero e, da Verona, dei decanati di Avio e Brantonico).
Dopo il tramonto di Aquileia (1751), per il secolo in questione Trento rimase immediatamente soggetta alla Sede romana.
VI - Rivoluzione, Restaurazione e ritorno all’ecclesialità, 1803-1918
Rivoluzione francese e guerre napoleoniche introdussero anche in Trentino una cesura profonda con gli assetti tradizionali precedenti.Nel 1803 venne soppresso il principato vescovile e, dopo una movimentata altalena di brevi governi di obbedienza di volta in volta francese, austriaca, bavarese e italica, il congresso di Vienna attribuì definitivamente il Trentino alla casa d’Austria e alla provincia del Tirolo (1816).
Le riforme promosse da bavaresi e italici, di forte matrice illuministica e statalistica, furono di breve durata, ma ebbero un rilevante significato storico nel senso della rottura col passato.
Molti conventi e confraternite vennero soppressi e non tutti rinacquero in epoca di Restaurazione.
Al fine di stabilire un saldo nesso del Trentino con la provincia del Tirolo venne sensibilmente ampliata la parte tedescofona della diocesi di Trento (1818) e questa stessa aggregata alla provincia ecclesiastica di Salisburgo (1825).
La nomina dei vescovi venne assegnata da Roma all’imperatore d’Austria (1822).
Nelle questioni ecclesiastiche il governo austriaco si ispirava a un giuseppinismo rigido e burocratico.
In questo quadro, con la sostanziosa collaborazione finanziaria e normativa dello Stato, la diocesi poté rapidamente ricostruire una struttura pastorale funzionante: un processo che il vescovo Francesco Saverio Luschin (1823- 1834) guidò con competenza e successo.
Al suo successore, beato Giovanni Nepomuceno de Tschiderer (1834-1860), si deve una zelante opera di ricostruzione spirituale, con particolare attenzione a disperdere i fumi dell’illuminismo e del razionalismo.
Riprese intensa, e con le caratteristiche nuove di proiezione sul sociale e sull’apostolico, la vita consacrata sia maschile che femminile.
Il progetto culturale e l’opera pastorale del prete roveretano Antonio Rosmini incontrarono dapprima qualche interesse, poi però, anche a causa dei vincoli imposti ai vescovi dallo statalismo ecclesiastico austriaco, incontrò freddezza e opposizione.
L’episcopato di Benedetto Riccabona (1861-1879) vede riprodursi anche in diocesi di Trento i dibattiti e gli scontri tra ultramontanismo e liberalismo, mentre maturava progressivamente la questione nazionale.
Gli indirizzi e le esigenze giuseppine prima, poi gli impulsi di rinnovamento spirituale, infine la polemica antiliberale determinarono lungo il secolo la maturazione di un clero trentino formato e civilmente responsabile che, a partire dagli ultimi decenni del secolo, giocò un ruolo decisivo nell’avviamento di un vivace e diffuso movimento cooperativistico cattolico per il riscatto economico del Trentino.
In questo contesto maturò anche la sensibilità sociale e il servizio politico di Alcide De Gasperi.
La diocesi raggiunse a cavallo dei due secoli e sotto la guida di Celestino Endrici (1904-1940) un grado di compattezza e di efficienza pastorale mai conosciuto prima.
Non raccolse invece né elaborò in maniera tempestiva i sintomi di cambiamento e di secolarizzazione che serpeggiavano nella società europea del nuovo secolo.
VII - Il XX sec.
La guerra europea e il passaggio del Tirolo meridionale e del Trentino all’Italia determinarono in regione assetti e problemi nuovi sia dal punto di vista politico-sociale che religioso, per la cui soluzione la Chiesa trentina e il vescovo Endrici profusero ingenti energie.Nel 1920 la diocesi tornò a essere immediatamente soggetta alla Sede romana e nel 1929 venne promossa al rango di arcidiocesi.
La già realizzata riorganizzazione di un integrale sistema cattolico venne presto aggredita dallo squadrismo fascista (inizio novembre 1926).
Se il Trentino non può fregiarsi di molte azioni di resistenza antifascista clamorosa, si mantenne però tra la sua popolazione per tutto il ventennio una tenace e diffusa sordità verso il sentire e i metodi fascisti, una resistenza che proveniva direttamente dalla locale tradizione civile e religiosa.
In un ambiente ecclesiastico che sulla fine dell’episcopato Endrici e negli anni del generale consenso al regime rischiava pericolosamente la stagnazione, la nomina e l’apostolato di Enrico Montalbetti, vescovo coadiutore di Endrici con diritto di successione dal 1935 al 1938, significò una ventata di aria nuova, da qualcuno in verità mal sopportata.
Il vescovo Carlo de Ferrari (1941-1961) fu politicamente più remissivo verso il regime imperante e in generale più concentrato e quasi ripiegato sulla cura pastorale ordinaria, con particolare riguardo alla devozione eucaristica, alla pietà mariana e alla promozione della catechesi.
In generale nel secondo dopoguerra il cattolicesimo trentino conobbe una stagione di forte espansione e impatto sociale e politico grazie alla forza dell’Azione cattolica e del partito cattolico.
Il carattere chiuso dell’economia e della società trentina fino a tutti gli anni Cinquanta, il suo radicamento in una forte tradizione cattolica e la logica di blocco impostasi durante gli episcopati di Endrici e di de Ferrari fecero sì che il sopravvenire ineluttabile, negli anni Sessanta, della modernizzazione (industrializzazione, turismo, università, mass media), grazie anche ai potenti strumenti economici e politici dell’autonomia regionale (Statuti del 1948 e del 1971), avessero qui, a livello sociale, culturale ed ecclesiale, delle modalità più accelerate e delle ripercussioni più violente che in altri territori confinanti.
Il 6 agosto 1964 l’arcidiocesi di Trento cedette a quella di Bressanone i decanati tedeschi, che costituivano circa un terzo del suo territorio e della sua popolazione.
Nella stessa occasione venne eretta la provincia ecclesiastica di Trento, con sede metropolitana Trento stessa e unica suffraganea l’ampliata e rinominata diocesi di Bolzano-Bressanone.
Il compito dei vescovi di Trento dell’epoca conciliare e post conciliare (Josef Gargitter 1961- 1963, Alessandro M.
Gottardi 1963-1988; Giovanni M.
Sartori 1988-1998; Luigi Bressan dal 1999) è stato quello di portare l’antica Chiesa di Trento da una situazione di «cristianità» su una più adeguata frontiera di «nuova evangelizzazione».
Bibliografia
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Storia del Trentino, I-VI, Bologna 2000-2005 (tutti i volumi contengono saggi sulla storia religiosa, del cristianesimo e della Chiesa). Saggi nelle riviste: «Studi Trentini di Scienze Storiche», Sezione I, Trento 1920 ss.;
«Civis. Studi e testi», Trento 1977 ss.
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Diocesi di Trento
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FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.