Diocesi di Belluno - Feltre
STORIA
Non si conoscono le origini della sede vescovile di Belluno.A fronte di un vescovato che i locali cataloghi vescovili (tardivi, in quanto compilati all’iinizio del Cinquecento, e pretenziosi) vorrebbero presente fin dal II sec., si hanno le prime attestazioni sicure nel VI . Nel 1762 in località Valdenere a nord di Belluno venne rinvenuto un sarcofago con l’iscrizione «+ FELIX EPS» che ragioni epigrafiche attribuiscono al VI sec.; con ciò si può dire che trova conferma un dato della cronachistica locale che riferisce di un vescovo Felice vissuto a metà del VI . Problematica in quanto priva di qualsiasi attestazione, se non quella di una cronaca locale stilata nel Seicento, la figura di un vescovo Giovanni che sarebbe stato perseguito dai bizantini per la sua contrarietà alla condanna dei Tre Capitoli.
Priva di ogni incertezza invece la figura del vescovo Lorenzo, il cui nome ci è tramandato dalle liste dei partecipanti ai concili del patriarcato aquileiese nei quali si rigettò la condanna dei Tre Capitoli decretata al secondo concilio di Costantinopoli (553).
Egli fu presente al sinodo di Marano del 591.
Tre anni più tardi sottoscrisse una lettera di risposta a papa Gregorio Magno che aveva preteso con fermezza l’adesione alla condanna dei Tre Capitoli.
A quel tempo Belluno si trovava sotto il dominio dei longobardi e dal punto di vista istituzionale era una sculdascia soggetta al Ducato di Ceneda.
E nomi longobardi portano i successori di Lorenzo: Alboino, Arimberto e Altoprando, appartenenti alla seconda metà del VII . Dopo la definitiva vittoria dei franchi sui longobardi (776) Belluno divenne sede di una contea carolingia, che in seguito fu collegata alla marca del Friuli.
Un buon numero di frammenti scultorei di carattere sacro appartenenti all’VIII-IX sec., ritrovati nei dintorni di Belluno, attestano la presenza di numerose chiese: Bolago, Cadola, Paderno, San Gregorio, Sospirolo, Travazzoi.
Della fine del IX . è la prima attestazione documentaria di un capitolo di canonici della cattedrale bellunese, che in tal modo risulta uno dei più antichi d’Italia.
Con l’età dei carolingi iniziò il lento processo con il quale prese forma e si consolidò il potere temporale dei vescovi bellunesi, che per altro già nell’età precedente erano divenuti punto di riferimento degli abitanti per questioni di ordine secolare.
Re italici e imperatori fanno ai vescovi bellunesi importanti concessioni di terre e di diritti da esercitarsi sulle stesse.
Nel 923 Berengario concesse al vescovo Aimone una curtis in territorio di Ceneda e diritti di decima ad Agordo e in Cadore.
Nel 963 Ottone I concesse in feudo al vescovo Giovanni ampi territori del demanio regio a Oderzo, Polcenigo e sul Cansiglio e gli riconobbe il diritto di costruire torri e castelli su questi territori e di amministrarli.
Con una serie di campagne militari condotte con particolare abilità, il vescovo Giovanni assoggettò al suo dominio i feudi concessigli e soprattutto allargò i suoi domini ad ampi territori della pianura veneta.
La pace di Staffolo del 998 stabiliva i confini tra il territorio soggetto a Venezia e quello soggetto al vescovo bellunese.
Giovanni, che si faceva chiamare conte, era in effetti il signore incontrastato di Belluno, che munì di una nuova cinta muraria, e del territorio assoggettato.
L’imperatore Corrado II, con diploma imperiale rilasciato nel 1031 al vescovo Ezemano, riconosce al vescovo la signoria territoriale vietando a qualsiasi altra autorità qualsiasi atto di governo nei territori a lui soggetti.
Nella seconda metà del XII sec., Belluno e Feltre furono bersaglio di ricorrenti scorrerie militari da parte del fiorente comune di Treviso; nel 1197 il vescovo Gherardo de Taccoli cadde in battaglia ucciso dalle milizie trevigiane.
Affinché i due potentati ecclesiastici potessero meglio difendersi il papa stabilì che a capo delle due città vescovili vi fosse un unico vescovo, pur restando le due diocesi indipendenti tra loro.
L’unione avvenne poco prima del 1200, anno al quale risale la più antica attestazione documentaria di un vescovo di ambo le sedi: Anselmo di Braganze.
L’aristocrazia cittadina ostacolò ed emarginò sempre più l’autorità temporale del vescovo.
Nel corso del XIII e del XIV sec., la città cadde in potere di forze esterne che si alternarono (da Camino, Ezzelino da Romano, da Camino, Scaligeri, duchi d’Austria, Visconti) finché nel 1404 si diede spontaneamente alla Repubblica veneta.
Pur nell’agitato scenario civico, vi era una particolare vitalità religiosa.
Nel 1232 si insediavano i francescani e un secolo più tardi veniva consacrata la chiesa gotica di San Pietro annessa al loro convento, il quale nel 1423 ospitò san Bernardino da Siena.
Dal XIII . si trova un monastero di monaci cisterciensi e un altro di monache cisterciensi.
Nel 1468 venne decisa la costruzione di un convento in cui accogliere i Servi di Maria.
Presero vita confraternite laicali, la più fiorente delle quali è quella dei Battuti, sorta nel 1310.
Nel Quattrocento i bellunesi aspiravano a riavere un proprio vescovo e che la loro diocesi venisse divisa da quella di Feltre; trovarono un valido aiuto nel cardinale Niccolò Cusano che appoggiò la loro richiesta presso papa Pio II.
Nel 1460 la richiesta dei bellunesi venne soddisfatta: il papa stabilì la cessazione dell’unione in persona episcopi delle due sedi di Belluno e Feltre.
Il provvedimento pontificio divenne operativo due anni dopo, alla morte del vescovo Francesco Da Legnamine.
Tra i vescovi che si avvicendarono negli anni seguenti emerge e si distingue l’eminente figura di Pietro Barozzi (1471-1487), annoverato dagli storiografi tra i grandi riformatori dell’epoca pretridentina.
A differenza dei suoi immediati predecessori si impegnò a risiedere in diocesi, svolse la visita pastorale raggiungendo anche le località più disagiate, portò avanti una preziosa attività pacificatrice tra le classi sociali, si preoccupò della formazione culturale della gioventù.
Diede inizio ai lavori di riparazione della cattedrale che era stata seriamente danneggiata da un incendio scoppiato nel 1471, nel corso del quale erano andate distrutte le sacrestie.
Nel 1517 si prese la decisione di costruire una nuova cattedrale e i lavori ebbero inizio due anni più tardi su disegno dell’architetto Tullio Lombardo: nel 1587 erano terminati il tetto e la cupola dell’imponente edificio, a fianco del quale, a partire dal 1732, l’architetto Filippo Juvara innalzerà un campanile barocco.
La morte del vescovo Galeso Nichesola, avvenuta nel 1527, aprì un grave contenzioso tra la Repubblica veneta e la Sede apostolica per la nomina del successore: il governo veneto aveva assegnato la diocesi a Giovanni Barozzi e impediva l’accesso in città al bolognese Giambattista Casalio, nominato vescovo di Belluno dal papa.
La contrapposizione raggiunse un livello di particolare tensione quando Paolo III fulminò l’interdetto sull’intera diocesi.
L’intricata matassa si dipanò in modo felice quando nel 1536 Paolo III decise di assegnare la diocesi a Gasparo Contarini che, giusto un anno prima, era stato creato cardinale quando era ancora laico.
Tale scelta soddisfaceva pienamente il governo veneto dal momento che per la Repubblica il Contarini aveva svolto missioni diplomatiche e retto importanti magistrature riscuotendo sempre la stima del governo.
Il cardinale Contarini, oberato dalle discussioni sulla Riforma e da incarichi diplomatici, non fu a Belluno che per due brevi soggiorni.
Si preoccupò comunque del governo della diocesi sia mettendo alla guida un vicario assai capace quale Girolamo Nigro, sia attraverso una copiosa corrispondenza con il capitolo dei canonici.
Impartì chiare direttive pastorali miranti all’innalzamento morale del clero, la cui condotta di vita si rivelò essere deplorevole, nonché all’evangelizzazione del popolo che doveva essere preservato dalla penetrazione delle dottrine luterane che nemmeno a Belluno mancavano di serpeggiare.
L’azione riformatrice avviata a distanza dal celebre cardinale, venne continuata dal nipote Giulio Contarini (1542-1575) che subentrò sulla sede vescovile alla morte dello zio.
Per contrastare la penetrazione delle dottrine riformate, il Contarini chiamò a Belluno il celebre teologo gesuita Alfonso Salmeron, che aveva conosciuto durante il primo periodo del concilio di Trento.
Nel corso del 1549 il Salmeron svolse un’intensa attività di predicazione in città e nell’Agordino.
Il Contarini si impegnò a fondo contro i gravi abusi che allignavano tra il clero (colpe morali, non osservanza della residenza); fin dal 1568 organizzò e diede avviò al seminario vescovile; si impegnò a introdurre in diocesi i decreti conciliari.
Figura di particolare spicco fu il vescovo Alvise Lollino (1596-1625).
Appassionato uomo di studio e fine umanista, nei domini d’Oriente della Serenissima (era nato nell’isola di Creta nel 1555) riuscì a raccogliere un considerevole numero di manoscritti e con il passare degli anni costituì una formidabile biblioteca.
Creato vescovo di Belluno, si impegnò in un proficuo lavoro pastorale, svolgendo accurate visite pastorali alle parrocchie, celebrando due sinodi, mettendo in campo iniziative per l’innalzamento culturale della gioventù.
Fedele alla sua missione pastorale non trascurò gli amati studi letterari.
Nel corso del Seicento e Settecento l’attività pastorale si svolse secondo i tratti caratteristici dell’epoca del grande disciplinamento.
I vescovi svolgevano ripetutamente visite pastorali alla diocesi con nutrito seguito di collaboratori e convocavano periodicamente i sinodi diocesani.
Si verificò un’incessante e progressiva qualificazione del seminario: il vescovo Giulio Berlendis (1653-1693) stese un regolamento, intervenne a programmare l’insegnamento, presiedeva abitualmente gli esami dei chierici, inviava i più meritevoli all’università di Padova a completare gli studi.
Il vescovo Giovanni Francesco Bembo (1693-1720) affidò ai somaschi la direzione e l’insegnamento del seminario.
Altro elemento caratterizzante quest’epoca fu l’apertura in città di nuovi conventi: nel 1605 venne inaugurato il convento dei cappuccini, alla cui guida troviamo anche il celebre Marco d’Aviano (1670-1672), animatore della liberazione di Vienna dall’assedio turco; nel 1634, presso la neoeretta chiesa della Madonna di Loreto, s’inaugurava un monastero di clarisse; nel 1703 giunsero i gesuiti, che nel 1714 si trovarono sistemati in un imponente collegio.
Tema ricorrente nel Seicento e Settecento furono i contrasti giurisdizionali in mezzo ai quali i vescovi dovettero svolgere la loro azione.
Contrasti si ebbero sia con l’autorità secolare (il governo centrale della Repubblica e il Maggior consiglio cittadino) sia con il capitolo dei canonici.
Al vescovo Giovanni Dolfin (1626-1634), fatto oggetto di gravi accuse, il doge veneziano ingiunse di lasciare il vescovato e il territorio della Repubblica.
Da parte sua il Maggior consiglio della città attentava ripetutamente ai diritti patrimoniali della mensa vescovile.
Il capitolo dei canonici, che nel corso dei secoli aveva cumulato privilegi, costituiva un’isola di potere geloso nella difesa a oltranza delle proprie prerogative.
Ripetutamente i vescovi si scontrarono con l’intransigenza del capitolo che voleva esercitare in esclusiva il diritto di nomina non solo dei canonici, ma anche dei beneficiati della cattedrale, dei preti in cura d’anime della città e del suburbio; i canonici non mancarono di mettere in campo una vivace opposizione ad alcune iniziative pastorali dei vescovi – quali il finanziamento per il seminario, la riorganizzazione della cura pastorale della città – e ai decreti sinodali sulla disciplina del clero.
Nel 1797 anche su Belluno si abbatté la bufera napoleonica che comportò la chiusura di conventi, la spoliazione di chiese, la dispersione del patrimonio liturgico.
Alla guida della Chiesa bellunese vi era Sebastiano Alcaini (1785-1803), che negli anni precedenti aveva dato prova di pastore attivo, ma davanti all’incalzare dei nuovi avvenimenti fu disorientato: morì a Venezia, nella casa di famiglia, nel 1803.
Seguirono sedici anni di sede vacante.
Con il congresso di Vienna il territorio bellunese si trovò a far parte del Regno lombardo-veneto, al quale rimase soggetto fino al 1866.
Nel 1816 a Vienna si decise di por fine alla diocesi di Belluno e di annettere il suo territorio a quella di Feltre: entrambe le diocesi erano di modeste dimensioni ed erano vacanti da alcuni anni.
Al provvedimento si oppose fermamente il capitolo bellunese, che, al fine di fermare la decisione, si avvalse dei buoni uffici di un nobile bellunese residente alla corte di Vienna.
Nel 1818, nel quadro del riordinamento ecclesiastico del Veneto (bolla De salute dominici gregis), le diocesi di Feltre e Belluno venivano unite aeque principaliter: entrambe conservavano le strutture di governo e avevano pari dignità; il vescovo era tenuto a risiedere sei mesi in una diocesi e altri sei nell’altra.
Vero motivo di entusiasmo fu nel 1831 l’elezione al soglio pontificio del bellunese Mauro Alberto Cappellari, che prese il nome di Gregorio XVI (1831-1846).
Il 30 aprile 1846, papa Gregorio XVI aggregava alla diocesi di Belluno l’intero arcidiaconato del Cadore sottraendolo alla diocesi di Udine, ma a causa della sua morte (avvenuta un mese dopo), il provvedimento venne mandato a effetto all’inizio del 1847.
Il periodo risorgimentale originò non poche tensioni tra il clero, tra le cui file non pochi erano animati da aperta avversione al governo austriaco.
Notevole il caso del cancelliere vescovile Angelo Volpe, acceso antitemporalista, che nel 1862 abbandonò Belluno; alle sue prese di posizioni il patriarca di Venezia reagì sollecitando dai vescovi della regione una sconfessione del Volpe sottoscritta da quasi tutti i sacerdoti diocesani.
Allo spirare dell’Ottocento e all’inizio del nuovo secolo, molti erano i sintomi di una crisi che investiva il vissuto religioso: l’ostilità di un liberalismo di stampo anticlericale, il progressivo attecchire del socialismo, la propaganda antireligiosa di giornali sovversivi, la forte emigrazione.
A questi problemi si cominciarono a dare risposte efficaci a partire dall’episcopato di Giuseppe Foschiani (1908-1913).
Negli ultimi decenni dell’Ottocento e per buona parte del secolo seguente, il territorio provinciale fu interessato dal fenomeno dell’emigrazione che aveva assunto notevoli dimensioni: mete principali di chi partiva alla ricerca di lavoro erano le Americhe e l’Europa settentrionale.
La Chiesa locale si attivò davanti al problema con la costituzione nel 1911 di un segretariato (operante per le due diocesi unite) che svolse una vasta attività: assistenza agli emigranti, promozione di casse rurali, di enti di mutuo soccorso.
Il Foschiani inoltre nel 1909 dava vita al settimanale diocesano «L’Amico del Popolo», che doveva servire come organo di informazione per entrambe le diocesi: nella nuova testata si può veder confluire una serie di benemerite esperienze editoriali, ancorché di breve durata, animate dalla Chiesa locale.
Lo scoppio della prima guerra mondiale portò devastazioni al territorio bellunese, zona di frontiera.
Il vescovo Giosuè Cattarossi (1914-1944) fu particolarmente vicino alla popolazione stremata.
Non tanto uomo di governo capace di organizzare iniziative di ampio respiro, il Catarossi era piuttosto una forte figura carismatica: uomo di intensa vita spirituale, predicatore affascinante, suscitò tra i fedeli una vera venerazione.
Il giovane cappuccino Girolamo Bortignon (1944-1949) mostrò particolare fermezza davanti agli occupanti tedeschi nel travagliato periodo finale del secondo conflitto, quando la provincia di Belluno venne annessa al Terzo Reich.
Delle molte vicende che attestano la sua presenza coraggiosa in quei momenti difficili, resta memorabile quanto accaduto il 17 marzo 1945 quando, incurante della possibile reazione tedesca, si arrampicò con la scala per porgere l’estremo saluto e impartire l’estrema unzione a quattro condannati impiccati ai lampioni della principale piazza della città (in seguito intitolata «piazza dei Martiri»).
Notevole fu il lungo episcopato di Gioacchino Muccin (1949-1975).
Rinnovò la sede del seminario e ne potenziò il corpo insegnante; nel 1956 celebrò un congresso eucaristico voluto non come semplice manifestazione di culto, ma impostato come occasione di riflessione ed evangelizzazione; fu particolarmente sensibile ai problemi pastorali dell’emigrazione, fenomeno di particolare rilievo nella provincia; diede avvio al rinnovamento postconciliare.
Il 9 ottobre 1963 il disastro del Vajont distruggeva gran parte dell’abitato di Longarone mietendo oltre duemila vittime: Muccin accorse sul luogo stringendosi al dolore dei superstiti; un legame da lui così sentito che alla sua morte chiese di essere sepolto tra le vittime dell’immane tragedia.
Nel 1964, nel contesto del riordino delle circoscrizioni diocesane di Bressanone e di Trento, venivano annessi alla diocesi di Belluno i decanati di Cortina d’Ampezzo e di Livinallongo, prima appartenenti alla diocesi di Bressanone.
Il 26 agosto 1978 fu giorno di particolare esultanza per la Chiesa di Belluno: Albino Luciani veniva eletto papa con il nome di Giovanni Paolo I.
Nato a Canale d’Agordo nel 1912, Luciani era stato ordinato sacerdote nel 1935 e aveva svolto in diocesi l’ufficio di vicario generale e insegnante del seminario, fino al 1958 quando venne nominato vescovo di Vittorio Veneto.
Nel 2003 è stata introdotta la sua causa di beatificazione.
Con decreto del 30 settembre 1986, la Congregazione per i vescovi, nel generale contesto di riordinamento delle diocesi italiane guidato dal criterio che dovevano fondersi insieme le diocesi unite aeque principaliter, stabiliva l’unificazione delle due diocesi di Belluno e di Feltre nella nuova circoscrizione ecclesiastica di Belluno-Feltre.
Dal 2004 la diocesi, affidata alla cura pastorale di Giuseppe Andrich, è stata impegnata nella celebrazione del sinodo, conclusosi nel 2006, il primo dopo il concilio Vaticano II.
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Diocesi di Belluno - Feltre
Chiesa di San Martino Vescovo
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.