Diocesi di Vittorio Veneto
STORIA
Un vasto territorio del Veneto orientale – tra il Piave e il Livenza, tra i monti bellunesi e il mare Adriatico – forma la diocesi di Vittorio Veneto, il cui nome è venuto a sostituire quello antico e originario di Ceneda, in seguito al decreto della Sacra Congregazione concistoriale del 13 maggio 1939.Fu l’allora vescovo Eugenio Beccegato a fare richiesta in tal senso alla Santa Sede, interpretando la nuova realtà che s’era venuta a creare fin dal tempo dell’annessione del Veneto al Regno d’Italia (1866) con la fusione dei due comuni limitrofi – Ceneda e Serravalle – in uno solo con il nome del primo re Vittorio Emanuele II.
Chiesa cattedrale rimase quella che era per l’avanti, in Ceneda.
La fine poi della grande guerra (1915-1918), avvenuta per l’Italia proprio a Vittorio Veneto con la liberazione di queste terre da un anno di tragica invasione nemica, aveva aggiunto un nuovo, più vasto e determinante motivo.
Così il toponimo nome Vittorio si completò con l’aggettivo Veneto.
Già nei bollettini di guerra la città era conosciuta da allora così da tutti gli italiani.
Le prime attestazioni della diocesi di Ceneda risalgono al VI e VII . Ricordiamo in particolare gli scritti di san Venanzio Fortunato (530-600), nato forse proprio nella vallata di Ceneda, ai due Piai di Serravalle.
Nel 568 il territorio di Ceneda fu occupato dai longobardi.
Opitergium cadde nelle mani degli invasori, finì di esistere la diocesi di Oderzo e il suo territorio andò a formare la diocesi di Ceneda dove appunto i longobardi avevano fondato il loro ducato.
Ceneda per il suo inizio di diocesi si rifà al cosiddetto Placito di Liutprando.
In quel testo sembra di leggere l’atto di nascita di questa nuova diocesi.
Da quando è stato pubblicato dallo storico don V.
Botteon nel 1907 si accese una disputa mai conclusa sulla sua autenticità.
Pio Paschini lo dichiara assolutamente falso; Roberto Cessi lo dice sostanzialmente vero.
Oggi la critica sta con Cessi.
La diocesi di Ceneda si sarebbe dunque avviata, dopo la fine della diocesi di Opitergium, negli anni tra il 712 e 713; dopo che lo scisma dei Tre Capitoli s’era felicemente concluso (698).
Il Paschini circa la data proposta non è del tutto d’accordo e pensa che la diocesi di Ceneda sia nata invece (ultima di quelle venete) alla metà del VII sec.; proprio quando erano interrotti i rapporti con Roma...
«e si doveva ritenere legittimo provvedere ai bisogni ecclesiastici di propria autorità».
Il Placito venne datato nel palazzo reale di Pavia il giorno 6 del mese di giugno dell’anno XXXI del regno di Liutprando nell’indizione undecima: quindi nel 743.
Supponendo che la sede vescovile opitergina abbia operato nel territorio per più di tre secoli, è lecito pensare che, via via, il cristianesimo si sia diffuso anche nelle varie piccole località di tutta la zona, perfino verso le colline e le montagne.
Gli abitanti dell’intero territorio erano forse meno di 30.000.
Quando la sede vescovile fu trasferita a Ceneda, ci saranno state almeno alcune pievi in via di formazione.
Probabilmente Ceneda stessa era una pieve con la chiesa di San Pietro; così San Pietro di Feletto, Sant’Andrea di Bigonzo e alcune altre.
A Ceneda, nella cattedrale dell’Assunta, trovarono posto e venerata memoria, e per sempre, i resti mortali di san Tiziano vescovo di Oderzo e oggi principale patrono della diocesi, la cui festa si celebra il 16 gennaio.
Alcuni studiosi sostengono che quando si passò dall’epoca dei longobardi a quella di Carlo Magno, la diocesi di Ceneda fu considerata con una certa freddezza dai nuovi dominatori.
In seguito però a vari diplomi imperiali, il vescovo diventò anche conte di Ceneda e fissò la sua dimora nel castello di San Martino sovrastante l’abitato di Ceneda.
In seguito a rapporti con i Caminesi e a scambio di territori, i vescovi divennero anche conti di Tarzo.
Nella seconda metà del Trecento, con il vescovo Ramponi si hanno gli Statuti di Ceneda.
Dopo il Mille cominciarono a insediarsi in diocesi ordini religiosi maschili e femminili.
I primi furono i benedettini pomposiani.
La città che ebbe il maggior numero di conventi fu Conegliano.
Vennero presto anche i battuti e furono famosi e assai intraprendenti soprattutto quelli di Conegliano e Serravalle.
L’attuale duomo di Conegliano è appunto la splendida chiesa di Santa Maria dei Battuti con la bella sala tutta affrescata e il monumentale campanile.
E si arriva al tempo della dominazione veneziana.
Sembrò a tutti che si potessero avviare giorni meno confusi e meno difficili.
Anche Ceneda, contea vescovile, il 19 dicembre 1388 giurò fedeltà a Venezia.
La vita religiosa ebbe davvero una più ricca dimensione.
Il culto dei santi conobbe splendore e risonanza; negli edifici delle nostre chiese entrò più abbondante l’arte.
Inizia così qui a Ceneda anche la serie dei vescovi scelti dal patriziato veneziano; ma solo a tratti di tempo, questi vescovi furono residenti a Ceneda.
Tutto era affidato ai vicari generali.
Solo dopo il concilio di Trento i vescovi furono obbligati a essere sempre in sede.
Il primo dei vescovi del patriziato veneziano fu Pietro Marcello, eletto nel 1399, poi passato a Padova; l’ultimo fu Giambenedetto Falier, vescovo dal 1792 alla morte avvenuta nel 1821: si tratta di un autentico santo in tempi difficili; era monaco camaldolese già abate del monastero della Vangadizza in Polesine.
Il primo documento di visita pastorale è del vescovo Nicolò Trevisan del 7 novembre 1474 e 13 luglio 1475 ma non riguarda tutte le parrocchie.
L’attenzione è data soprattutto all’arredo liturgico delle chiese, ma si ricava ben poco circa la cultura del clero e la formazione cristiana dei fedeli.
Al tempo della riforma luterana si ebbe qualche adesione alle nuove dottrine tra i giovani studenti di Serravalle per opera di Alessandro Citolini, persona erudita che finì in Inghilterra; si ebbe anche qualche movimento privato in Conegliano.
All’albergo Cappello si svolgevano continue riunioni e «Ricardo Perucolo pitore» finì sul rogo.
In questo periodo merita menzione il cardinale Michele Dalla Torre, vescovo di Ceneda, che partecipò al concilio di Trento.
I cenedesi gli eressero un grande arco che esiste ancor oggi.
Dopo il concilio di Trento vi fu in diocesi una grande ripresa di vita cristiana; soprattutto era bene organizzato il catechismo ai giovani.
Si svolgevano le conclusioni dell’anno catechistico in cattedrale alla presenza del vescovo.
Ormai quasi tutti i sacerdoti giungevano al ministero dopo essersi preparati nel locale seminario.
Infatti fin dal 15 febbraio 1587 la diocesi ebbe il suo seminario.
Si svilupparono le confraternite, particolarmente quelle del Rosario e del Santissimo; si svolsero processioni ben organizzate.
Dopo la grave pestilenza del 1630 nacque la devozione popolare alla Madonna della Salute.
Con la venuta del vescovo Lorenzo da Ponte (1695-1768) si costruì la nuova cattedrale, iniziata nel 1740 e quasi completata prima della morte del vescovo.
Con la di lui morte finì per i vescovi il titolo di conte di Ceneda.
La cattedrale venne solennemente consacrata domenica 26 settembre 1824 dal vescovo Jacopo Monico, poi patriarca di Venezia e cardinale.
All’inizio del Settecento la diocesi contava 90.000 anime, i sacerdoti erano 604.
All’epoca del Regno lombardo-veneto nacque e si sviluppò la scuola elementare obbligatoria per tutti.
I primi maestri (ben preparati) sono stati i parroci e i cappellani, che facevano scuola gratuitamente.
Il 29 giugno 1873, alle cinque del mattino si ebbe un forte terremoto che sconvolse buona parte della diocesi.
A San Pietro di Feletto crollò il tetto dell’antica pievanale, i morti sotto le macerie furono trentotto.
Il secolo appena passato fu per la diocesi di Vittorio Veneto anche il periodo di fioritura dell’Azione cattolica.
Il 5 dicembre 1914 nacque, per impulso del vescovo Rodolfo Caroli, anche il settimanale cattolico che esiste ancora e porta il nome «L’Azione».
Il concilio Vaticano II ebbe tra i padri il vescovo di Vittorio Veneto Albino Luciani, poi patriarca di Venezia, cardinale e, nel 1978, papa per soli trentatré giorni con il nome di Giovanni Paolo I.
Il papa Giovanni Paolo II fu a Vittorio Veneto (era allora vescovo Eugenio Ravignani) nella giornata di sabato 15 giugno 1985, per una singolare visita pastorale nel ricordo di papa Luciani.
Attualmente la diocesi è retta da Giuseppe Zenti.
Nel corso degli ultimi due secoli la circoscrizione diocesana ha subito più volte delle modifiche di confine.
Il 1° maggio 1818, con la bolla De Saluti Dominici Gregis di Pio VII, la diocesi vide allargato il suo territorio con l’acquisizione di tre antichissime pievi (in tutto diciassette parrocchie), quelle di San Cassiano del Meschio e di San Polo (diocesi di Udine) e quella di San Fior (diocesi di Venezia).
Nel 1925 per decreto della Sacra Congregazione Concistoriale fu assegnato alla diocesi di Ceneda un quartiere della cittadina di Motta di Livenza detto «la Riviera», che era in diocesi di Concordia.
Infine nel 1926 venne aggregata alla diocesi di Ceneda la cittadina di Sacile che era allora in diocesi di Udine.
Attualmente la diocesi di Vittorio Veneto confina con quella di Belluno-Feltre, Padova, Treviso, Venezia, Concordia-Pordenone.
Le parrocchie, con la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, sono 162, raggruppate in 12 foranie.
Da alcuni decenni alcuni sacerdoti diocesani prestano il loro servizio pastorale in missione, in Africa e in America Latina.
I missionari e le missionarie sparsi nel mondo e originari della diocesi sono più di 200.
I vescovi originari della diocesi vittoriese sono sei.
Circa gli antichi ordini, vi sono i minori francescani a Motta di Livenza presso la basilica della Madonna e a Vittorio Veneto; i cappuccini a Conegliano; i Servi di Maria nella basilica di Follina; le monache benedettine cisterciensi a San Giacomo di Veglia (Vittorio Veneto).
Le famiglie religiose delle suore presenti negli ospedali, negli asili e in alcune scuole sono una quarantina.
Sono visualizzati solo edifici per i quali si dispone di una georeferenziazione esatta×
Caricamento mappa in corso...
Caricamento dati georeferenziati in corso...
Mappa
Diocesi di Vittorio Veneto
Chiesa di Santa Maria Assunta
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.