Diocesi storica di Rapolla
STORIA
I - Dalle origini all’unione con Rapolla
La sede di Melfi fu eretta nell’XI . in seguito all’arrivo dei normanni, nell’ambito di una politica tendente a far leva sull’ordinamento ecclesiastico per il consolidamento della conquista e nel tentativo di far coincidere, laddove possibile, le sedi vescovili con le contee.I normanni dotarono la sede dei feudi di Gaudiano e Sassolo, donati da Ruggero nel 1068, pertanto i suoi vescovi ebbero il titolo di conte e barone.
Che la diocesi sia stata istituita qualche anno prima della conquista normanna dipende dall’autenticità o meno attribuita a un documento del 1037 nel quale si afferma che Nicola, arcivescovo di Canosa, avrebbe fondato la diocesi e l’avrebbe concessa a Giovanni.
Ugualmente incerti sono i diritti metropolitani rivendicati su questa circoscrizione vescovile dagli arcivescovi di Bari, ma la celebrazione di cinque concili e la visita di sette pontefici fecero di questa diocesi un centro di fede e di cultura.
Sicuramente papa Niccolò II convocò a Melfi il concilio del 1059, in cui fu vietato il concubinaggio ai preti, fu approvata la guerra contro i musulmani e consacrata la grotta dell’arcangelo Michele a Monticchio.
Vi intervenne il primo vescovo, Balduino, sospeso qualche anno dopo da Gregorio VII per i suoi eccessi e reintegrato nelle sacre funzioni nell’anno 1075.
Il secondo concilio fu tenuto nel 1067 alla presenza di Alessandro II, di altri cento vescovi con Roberto il Guiscardo e suo fratello Ruggiero.
In questo centro papa Urbano II nel 1089 regolò i benefici ecclesiastici, sancì il celibato dei preti, iniziò la predicazione della prima crociata.
Pasquale II concesse a Guglielmo, successore di Balduino, il privilegio della dipendenza diretta della diocesi dalla Sede romana e l’assunzione del titolo della vicina diocesi di Lavello, soppressa dal papa nel 1101 quindi unita aeque principaliter con la sede melfitana.
Egli procedette pure alla conferma di alcuni diritti tra cui il censo che erano tenuti a versare gli ebrei (Census Iudeorum).
Il quinto concilio fu iniziato a Melfi nel 1137 alla presenza di papa Innocenzo II e di insigni padri della Chiesa, sebbene alcuni considerino come tale il concistoro convocato da Onorio III nel 1221, allo scopo di discutere questioni relative alla vendita dei beni della Chiesa.
Nella città, celebre per l’imponente castello svevo dove Federico II nel 1231 promulgò le «Constitutiones Augustales», si avvicendarono come vescovi alti prelati, tra i quali Rodolfo, che partecipò al concilio Lateranense, e Guglielmo che nel 1261 intervenne alla consacrazione di Santa Maria della Valle nella diocesi di Bovino.
La cattedrale di Santa Maria Assunta, edificata tra il 1073 e il 1076 da Roberto il Guiscardo o, secondo altre fonti, nel 1153 da Guglielmo il Malo, famoso per aver sconfitto a Brindisi nel 1156 i bizantini che tentavano di riconquistare la Puglia, è dotata di un artistico campanile fatto costruire da Ruggero II.
Essa era servita dal capitolo formato da quattro dignità e vari canonici ed esistente già nel settembre del 1149, anno in cui un atto di donazione del vescovo Stefano agli ospedalieri di San Giovanni di Dio fu sottoscritto dai canonici Assalonna, Giovanni, Petracca, Ranaldo, Sebastiano, Ugone e dallo stesso arciprete.
Nel 1289, il vescovo Sinibaldo stipulò una convenzione con il capitolo circa la destinazione ai suoi membri e al clero melfitano di un pranzo serotino, tale accordo rinnovato il 13 maggio 1376 dal vescovo Francesco Scondito.
Nella città è documentata nel 1324 anche l’esistenza di una chiesa collegiata, con la sola dignità dell’archipresbiter, capo del collegio dei chierici, spesso indicati con il termine di canonici.
Nel XIII . erano poi presenti «clerici» officianti chiese e cappelle diverse dalle chiese collegiate, confraternite laicali e ospedali se, in un documento del 1224, si rileva come l’allora vescovo Richiero, volendo procedere alla costruzione di un ponte sull’Ofans, di un ospedale e di un ospizio per viandanti nella città di Melfi, con l’assistenza del capitolo indica i luoghi in cui essi dovevano sorgere.
Da un inventario di beni della mensa vescovile del 1358 risulta l’esistenza dell’ospedale di San Nicola, un altro pio istituto era stato fondato dai giovanniti sin dal 1149 e, poiché appariva insufficiente, nel maggio 1358 il vescovo Nicola Caracciolo concesse a Busone da Fabriano un suolo fuori della cinta urbana ove costruire l’ospedale dell’Annunziata per accogliere i poveri e gli infermi, insieme a una cappella dedicata alla Vergine.
Questo vescovo nel 1354 aveva ottenuto dalla regina Giovanna la riconferma delle donazioni fatte alla Chiesa dai normanni.
Nel periodo dello scisma l’antipapa Clemente elevò all’episcopato di Melfi il vescovo Elia, mentre il papa Urbano VI elesse nello stesso anno 1384 Antonio di Samudia che fu consigliere di re Ladislao.
Dei prelati che si avvicendarono nel corso del XV sec., Onofrio Sanseverino nel 1441 fece edificare il convento dei minori osservanti; Gaspare Loffredo fu eletto da Sisto IV nel 1472, ornò la cattedrale e ampliò il palazzo vescovile; Giovanni Borgia, nipote di Alessandro VI, tenne questa chiesa in commenda fino al 1498, anno in cui la lasciò a Giovanni Ferrieri di Tarragona, cubicularius dello stesso papa, per essere trasferito in Francia.
Lorenzo Pucci di Firenze, che ebbe questa chiesa in commenda nel 1519, chiuse la serie dei vescovi melfitani e aprì la strada a una dinastia episcopale che regnò per diversi anni in questa sede vescovile.
Dalla metà del XIV . la città, data in feudo prima al fiorentino Nicola Accaiuolo, gran siniscalco del Regno di Napoli, sostituito poi dai Marzano, fu donata da Giovanna II a Giovanni Caracciolo.
Quella casa principesca ne fu proprietaria finché Giovanni III non parteggiò per Francesco I nella guerra contro Carlo V, che attribuì il feudo ad Andrea Doria, «famosus Oceani domitor».
Nel pieno del conflitto tra Francia e Spagna, dopo la presa e il saccheggiò di Melfi perpetrato dall’esercito francese capeggiato da Lautrec, il 16 maggio 1528 alla diocesi fu annesso il vescovato di Rapolla.
II - Dall’unione della Chiesa di Rapollaal concilio di Trento
La circoscrizione diocesana di Rapolla era costituita dalla città con la cattedrale intitolata alla Vergine Assunta e da cinque «castra», due di rito latino (Ripacandida e Atella) e tre albanesi di rito greco e latino (Barile, Ginestra, Rionero) che saranno ricondotti al rito romano dal vescovo Deodato Scaglia.Dopo l’unione della Chiesa di Rapolla il primo vescovo detto di Melfi e Rapolla fu Giannotto Pucci di Firenze, nipote del cardinale Lorenzo.
Egli, eletto già nel 1521, governò la diocesi fino al 16 maggio 1528 in parallelo con il fratello Antonio, che da Clemente VII aveva avuto in commenda la Chiesa vescovile rapollense alla morte del vescovo Gisberto.
Antonio subentrò per poco tempo nell’episcopato melfitano passato qualche anno dopo al padre, cardinale Roberto, vescovo di Pistoia.
Il nobile romano Marino Ruffino, imparentato con Paolo III, fu eletto nel 1547 e fece costruire una cisterna nell’episcopio.
Suo fratello Alessandro, designato nel 1548 come coadiutore, gli subentrò nella carica undici anni dopo e celebrò un sinodo al fine di ricondurre il clero alle norme del Tridentino.
Per attuare le disposizioni conciliari Gaspare Cincio, promosso a questa sede da Gregorio XIII, riunì un’assemblea sinodale nel 1574, come fece il napoletano Placido Marra, il quale tenne la sua adunanza nel 1598, dopo aver emanato le Regole per disciplinare il seminario, probabilmente già funzionante in quegli ultimi anni del XVI . Melfi ha dato i natali ai poeti Felice e Sebastiano Facciuta che fecero parte della corte di Lorenzo il Magnifico e fu patria dell’inquisitore Benedetto Medina, operante a Napoli nel corso del XVI sec.
III - Dal concilio alla fine del XVIIIsec.
Nell’età della Controriforma, l’inquisitore Desiderio Scaglia, fatto cardinale da Paolo V, non venne mai in diocesi, ove nel 1609 fu costruito il convento dei carmelitani scalzi e nel 1621 il collegio dei padri somaschi.Il cremonese Lazzaro Caraffino entrò solennemente in città nell’aprile del 1622, aumentò il numero dei canonici, restaurò l’ospedale, riattivò l’anno dopo il seminario, tenne un sinodo nel 1624 e collocò in cattedrale le reliquie portate da Roma dal vescovo Scaglia, fra cui il corpo di sant’Alessandro martire, protettore della diocesi con san Bartolomeo apostolo, san Tommaso d’Aquino e san Biagio.
Il dotto Deodato Scaglia (1626-1644), nipote di Desiderio, fu elevato al vescovato di Melfi e Rapolla da Urbano VIII, visitò la diocesi e prese provvedimenti per ripristinare la disciplina del clero, collocò in una cappella le reliquie dei santi martiri.
Egli ravvivò il culto del Rosario, ricondusse al rito latino gli abitanti dei casali greco- albanesi, concluse una lunga lite con l’abate di Sant’Angelo in Vulture.
Il prelato sostenne contro il governatore dello Stato di Melfi, l’università, il clero e il popolo delle antiche controversie relative ai diritti di preminenza, di disciplina e amministrazione dei beni, quindi emanò una serie di decreti nel sinodo celebrato l’anno 1635.
Una nuova assemblea sinodale fu tenuta da Luigi Branciforte nel 1660, ma durante il suo episcopato Melfi fu preda della terribile epidemia di peste che ne decimò la popolazione.
Molte opposizioni da parte dell’università e dei ministri baronali sopportò il vescovo Tommaso de Franchis, traslato in questa sede nel 1696; uno dei successori, Antonio Spinelli, istituì un monte frumentario a Rapolla.
Mundilla Orsini nell’ottobre del 1725 celebrò un sinodo, in cui impose ai parroci di costituire un piccolo archivio con tutte le scritture relative ai luoghi pii, emanò editti per la disciplina del coro e le Regole del seminario di Melfi.
Teodoro Basta, eletto dal capitolo nel 1748, istituì una piccola biblioteca per uso dei seminaristi e dei laici e fece visitare la diocesi dai missionari redentoristi; qui venne a predicare anche Alfonso Maria de Liguori.
Nell’età napoleonica Melfi partecipò alla rivoluzione del 1799 e l’allora vescovo Filippo d’Aprile (1792-1811), che già nel 1801 aveva sostenuto una lite con il capitolo e clero di Rapolla per la concattedralità, proclamata la repubblica, scrisse una lettera pastorale favorevole al nuovo gogoverno, di conseguenza fu perseguitato dalla giunta di Stato e carcerato nel monastero dei Paolotti di Napoli.
IV - Dall’età napoleonica all’unità
Nel corso del XIX . la diocesi, ricca di confraternite, monti di pegni, monti frumentari e pecuniari, dotata di conservatori, monasteri e conventi, come quelli dei minori osservanti di Melfi (1441), degli osservanti (1439), dei riformati (1706) e delle clarisse (1358) di Atella, subì le leggi di soppressione napoleoniche.Nel 1809 fu chiuso il convento di Sant’Antonio appartenente ai conventuali di Melfi, che operavano già al tempo dell’infeudamento della città al fiorentino Nicolò Acciaiuolo (1350), nel 1811 fu soppresso anche l’altro convento dei cappuccini fondato nel 1582.
I successivi interventi post-unitari colpirono altresì il monastero delle clarisse di San Bartolomeo, istituito negli anni compresi fra il 1565 e il 1574.
La diocesi soffrì pure la furia dei terremoti del 1851 e del 1857, ma la vita religiosa nell’intera circoscrizione fu ravvivata dalla celebrazione di congressi eucaristici e mariani.
Gli avvenimenti politici che accaddero dalla Restaurazione all’unità ebbero i loro riflessi sui comportamenti nella diocesi, ove la popolazione insorse per ottenere la quotizzazione delle terre demaniali e per realizzare l’unificazione.
A Melfi vi fu un forte contrasto fra il vescovo Ignazio Maria Selliti, legato al giuramento di fedeltà ai Borbone e il clero diocesano in maggioranza liberale, difatti, i componenti della giunta rivoluzionaria che preparò l’insurrezione dell’agosto 1860 furono tre sacerdoti.
In seguito a tali vicende monsignor Selliti dovette abbandonare Melfi, che continuò a dirigere attraverso i vicari e sempre in contrasto con il clero delle due diocesi, dove nel 1861 scoppiò una nuova ribellione filoborbonica iniziata a Lagopesole a opera del pastore-brigante Crocco.
Nonostante l’impegno delle locali autorità per evitare il ritorno del vescovo, il 2 dicembre 1866 egli entrava nuovamente in una città che fu particolarmente interessata negli anni seguenti dal fenomeno del brigantaggio.
La diocesi di Melfi e Rapolla è suffraganea di Potenza dal 1976.
Le sedi furono unite pienamente insieme a Venosa ed ebbero una nuova denominazione il 30 settembre 1986.
Da allora è la sede dell’attuale Melfi-Rapolla-Venosa, suffraganea di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo.
Bibliografia
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Diocesi di Rapolla
Chiesa di Maria Santissima Assunta
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La facciata principale della Chiesa di Maria Santissima Assunta a Rapolla -
Veduta dell’aula dal presbiterio -
L’area presbiteriale
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.