Diócesis histórica de Feltre
HISTORIA
Non si conoscono le origini della sede vescovile feltrina.Accurate campagne di scavo nella zona antistante la cattedrale portarono alla luce, nel contesto di un’area urbana romana con strutture dal I al IV . d.C., importanti resti archeologici cristiani: una vasca battesimale e le fondamenta di un edificio di culto cristiano a base circolare; la prima attribuzione dei resti al V . e la lettura degli stessi quali tracce di un battistero paleocristiano è attualmente abbandonata; i resti archeologici appartengono a un battistero la cui costruzione è da collocarsi tra l’XI e il XII . Il celebre calice del diacono Orso, rinvenuto nel territorio di Lamon nel 1836, è datato all’epoca giustinianea, cosicché è il più antico calice cristiano dell’Occidente, ma non se ne conosce la provenienza.
Le prime attestazioni certe della sede vescovile feltrina sono della seconda metà del VI sec.; per i secoli seguenti, fino all’inizio del secondo millennio, la scarsità di fonti fa sì che il quadro delle conoscenze sulla vita della diocesi sia frammentario.
Il vescovo di cui ci è stata conservata la più antica memoria storica è Fontejo, il cui nome ci è tramandato dalle liste dei partecipanti ai concili del patriarcato aquileiense nei quali si rigettò la condanna dei Tre Capitoli decretata al secondo concilio di Costantinopoli.
Nel concilio di Grado del 579 Fontejo si fece rappresentare dal presbitero Lorenzo.
Fontejo si tenne fermo nello scisma dei Tre Capitoli e partecipò al sinodo di Marano del 591.
Tre anni più tardi sottoscrisse una lettera di risposta a papa Gregorio Magno che aveva preteso con fermezza l’adesione alla condanna dei Tre Capitoli.
A quel tempo Feltre si trovava sotto il dominio dei longobardi e dal punto di vista istituzionale era una sculdascia soggetta al Ducato di Ceneda.
A differenza di altri vescovi Fontejo non aveva abbandonato la sua sede ed è facile immaginare che in quella situazione di rivolgimenti politici la sua attività si estendesse anche oltre lo stretto settore religioso.
Dopo la definitiva vittoria dei franchi sui longobardi (776), Feltre divenne sede di una contea carolingia che in seguito venne collegata alla Marca di Verona.
Grazie a donazioni, comincia a prendere corpo la proprietà ecclesiastica; il possesso fondiario sarà il punto di forza sul quale fare leva per il costituirsi di una signoria territoriale del vescovo.
Il vescovo Endrighetto nel 781 costituì una dotazione con la quale venne costruito il palazzo vescovile nei pressi della cattedrale.
Nel 796 Endrighetto prendeva parte al sinodo di Cividale in cui venne condannato l’adozionismo spagnolo e si emanarono numerosi provvedimenti di carattere disciplinare.
Nel corso dell’XI . si svolse un processo di progressivo potenziamento politico della sede vescovile che divenne titolare di poteri pubblici.
Un diploma rilasciato nel 1142 dall’imperatore Corrado III è la più antica attestazione dei diritti comitali del vescovo feltrino: in esso si confermano i pubblici poteri che il vescovo esercitava sul comitatus.
L’area geografica di questo (Feltrino, Primiero e Bassa Valsugana) era più ridotta del territorio diocesano; la zona più occidentale della diocesi (Alta Valsugana) era soggetta al principato vescovile di Trento.
Quanto alla vita religiosa il fatto più significativo si registra allo spirare dell’XI . Nel 1096 il vescovo Arbone, in concomitanza con l’inizio della prima crociata, pose la prima pietra del santuario nel quale conservare le spoglie mortali dei martiri Vittore e Corona, patroni della diocesi.
I resti dei due santi, martiri in Siria, erano giunti a Feltre prima del Mille.
Il bell’edificio romanico venne consacrato nel 1101.
Nei secoli seguenti rimase il principale centro di pietà popolare della Chiesa feltrina.
Nella seconda metà del XII sec., Feltre e Belluno furono bersaglio di ricorrenti scorrerie militari da parte del fiorente comune di Treviso.
Affinché i due potentati ecclesiastici potessero meglio difendersi il papa stabilì che a capo delle due città vescovili vi fosse un unico vescovo, pur restando le due diocesi indipendenti tra loro.
L’unione avvenne prima del 1200, anno al quale risale la più antica attestazione documentaria di un vescovo di ambo le sedi: Anselmo di Braganze.
L’aristocrazia cittadina ostacolò ed emarginò sempre più l’autorità temporale del vescovo.
Nel corso del XIII e XIV . la città cadde in potere di forze esterne che si alternarono (da Camino, Ezzelino da Romano, da Camino, Scaligeri, duchi d’Austria, Visconti) finché entrò a far parte della Repubblica Veneta.
Durante il Trecento si avvicendano ben dieci vescovi, alcuni tedeschi, dei quali solo tre superano i quindici anni di episcopato.
Da ricordare almeno i vescovi Alessandro Novello (1298-1320) che Dante cita nel Paradiso addebitandogli un tradimento, accusa che le ricerche hanno dimostrato infondata; Antonio de’ Nasseri (1370-1393) che con la stesura del Catastrum condusse in porto una sistematica ricognizione dei diritti feudali dell’episcopato.
Tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento giunse a termine un periodo di lunghe lotte signorili per il controllo del Veneto settentrionale e si assestarono i confini tra la Repubblica veneta e l’impero: la cosa ebbe una ricaduta importante per la diocesi feltrina il cui territorio da quel momento in avanti si trovò diviso tra le due potenze.
Circa due terzi del territorio diocesano si trovarono definitivamente inglobati nell’impero (Bassa Valsugana e Primiero nella contea del Tirolo; Alta Valsugana nel principato vescovile di Trento) mentre la città di Feltre, con il territorio contiguo, nel 1404 si diede spontaneamente alla Serenissima.
Si assistette in questi secoli al fiorire di fondazioni religiose.
Nel 1236 si stabilisce a Feltre una comunità francescana (in seguito conventuali), mentre nel 1297 venne aperto un monastero di clarisse.
Nuovi conventi si aprirono tra XV e XVI sec.: minori osservanti, agostiniani, fiesolani, un secondo monastero di clarisse, agostiniane.
In seguito alle pressanti insistenze dei bellunesi, che volevano tornare ad avere un proprio vescovo, nel 1460 Pio II stabilì la cessazione dell’unione in persona episcopi delle due sedi di Feltre e Belluno.
Il provvedimento del papa diveniva operativo due anni dopo, alla morte del vescovo Francesco Da Legnamine.
La diocesi venne di seguito assegnata a due autorevoli membri della curia romana che furono a Feltre assai di rado: Teodoro de Lellis (1462-1464), celebre canonista che difese a fondo le prerogative del primato papale sul concilio, negli anni dell’episcopato condusse due legazioni presso la Repubblica veneta e una presso Luigi XI di Francia; Angelo Fasolo (1464-1490) presidente della Camera apostolica, stimato collaboratore di Pio II e amico di Paolo II, alla sua iniziativa si deve l’abside gotica della cattedrale.
In seguito si avvicendarono due vescovi appartenenti a famiglie veneziane che si impegnarono a praticare la residenza: Andrea Trevisano (1494-1504), che in precedenza era stato rettore della città, e Antonio Pizzamano (1504-1512).
All’inizio del Cinquecento la città di Feltre fu travolta dalla guerra della lega cambraica: occupata dalle truppe imperiali, venne parzialmente incendiata nel 1509; l’anno successivo le truppe imperiali si abbandonarono a una feroce strage degli abitanti della città che fu data alle fiamme in un rogo immane.
La cattedrale venne quasi completamente distrutta e la sua ricostruzione durò per tutto il secolo.
Nel Cinquecento la diocesi contava poco meno di 40.000 abitanti, mentre la città, nel suo picco demografico più alto, superò di poco i 5000; tra pievi, parrocchie e curazie si contavano 25 centri di cura d’anime, oltre 200 le chiese.
Al vertice della diocesi si insediò la dinastia dei vescovi Campeggi di Bologna, che si trasmisero la sede vescovile.
Il cardinale Lorenzo (1512-1520), occupato in importanti missioni diplomatiche nell’impero e in Inghilterra, non fu mai a Feltre e governò la diocesi per mezzo del fratello Antonio Maria, senatore di Bologna.
Il fratello Tommaso (1520-1559), che diede un notevole contributo alle discussioni del concilio di Trento, fu presente in diocesi saltuariamente e per tre volte svolse personalmente la visita pastorale; si preoccupò di affidare il governo a vicari generali particolarmente capaci.
Il nipote Filippo Maria (1559-1584), che partecipò all’ultimo periodo del concilio di Trento, diede avvio all’applicazione dei decreti conciliari, svolgendo più volte la visita pastorale; la sua azione non manca di limiti rimarchevoli: non convocò mai sinodi, né mise mano all’organizzazione del seminario.
Seppe però cogliere i problemi più urgenti e si impegnò ad affrontarli: la decadenza della disciplina morale del clero, le limitazioni alla giurisdizione vescovile da parte dell’autorità secolare, la diffusione delle dottrine riformate.
Quanto a ciò, la prima penetrazione della Riforma in diocesi si registra dalla fine degli anni Venti: tra gli officiali tedeschi della Valsugana troviamo una adesione cosciente alle dottrine luterane; si registra qualche seguace dell’anabattismo; tra gli strati popolari attecchisce la ripulsa per le pratiche ascetiche (digiuni, pellegrinaggi), per il culto dei santi e i suffragi dei defunti, occasione talora di mercimonio da parte dei preti in cura d’anime.
Un veicolo efficace di diffusione delle nuove dottrine furono le opere a stampa: oltre cinquanta le opere proibite o sospette, anche possedute da sacerdoti, che vennero rinvenute tra il 1543 e il 1585.
Giacomo Rovellio (1584-1610), già vicario generale del Bollani a Brescia, si profuse in un’intensa attività pastorale con la quale fece penetrare nella diocesi i dettami della riforma tridentina.
Visitò l’intera diocesi quattro volte e celebrò sette sinodi diocesani.
Due le sue principali preoccupazioni: l’evangelizzazione del popolo; l’innalzamento della vita morale e spirituale del clero.
Quanto al primo aspetto istituì le congregazioni per la dottrina cristiana e pubblicò un catechismo, promosse la predicazione domenicale e straordinaria.
Per la formazione del clero nel 1593 diede vita al seminario, stabilì i testi che ogni sacerdote doveva possedere e studiare.
Durante il Seicento e il Settecento la vita della diocesi trascorse senza vicende di particolare rilievo.
I vescovi che si succedettero appartenevano a famiglie di spicco della Repubblica veneta; abbastanza ricorrente era il trasferimento ad altra sede, in alcuni casi sollecitato dallo stesso interessato.
L’attività dei vescovi si svolge nel solco segnato dalle direttive tridentine: visite pastorali, celebrazioni di sinodi; vengono istituite le riunioni dei casi di coscienza per i sacerdoti.
Il vescovo Pietro Maria Suarez (1724-1747) si prese particolare cura di rafforzare l’insegnamento catechistico.
Si nota un impegno costante a incrementare il seminario di nuove vocazioni e a innalzarne la qualità dell’insegnamento; nel 1725 sarà dotato anche di una propria tipografia.
I problemi maggiormente segnalati nelle relazioni a Roma sono la scarsità delle rendite della mensa vescovile e le forti limitazioni poste alla giurisdizione vescovile da parte delle autorità secolari austriache.
A quest’ultimo proposito i vescovi denunciavano che per l’ingerenza dell’autorità austriaca era loro impossibile svolgere vari atti di governo come nominare i parroci nel settore imperiale della diocesi e riscuotere tributi dai benefici per il mantenimento del seminario.
Nel 1725 il consiglio di reggenza di Innsbruck pretese dal vescovo Suarez la nomina di un vicario generale con piena potestà di governo per tutto il territorio imperiale della diocesi: il vescovo si oppose dal momento che il provvedimento avrebbe significato uno smembramento di fatto della diocesi.
A ciò si giunse sul finire del secolo.
L’imperatore Giuseppe II era deciso a incorporare alla diocesi di Trento il territorio imperiale della diocesi di Feltre e diede disposizioni in tal senso, la Santa Sede finì per assecondare la volontà dell’imperatore e il 23 agosto 1785 emanava un decreto in forza del quale la Valsugana e il Primiero erano annessi alla diocesi di Trento.
Il provvedimento venne mandato a effetto nel 1786.
La diocesi di Feltre si ritrovava con un territorio di esigue dimensioni.
Dopo gli sconvolgimenti del periodo napoleonico Feltre si trovò soggetta al Regno lombardo-veneto.
Nel 1816 a Vienna si decise di por fine alla diocesi di Belluno e di annettere il suo territorio a quella di Feltre: entrambe le diocesi erano di modeste dimensioni ed erano vacanti da alcuni anni.
Il provvedimento venne stornato per le opposizioni del capitolo bellunese.
Nel 1818, nel quadro del riordinamento ecclesiastico del Veneto (bolla De salute dominici gregis), le diocesi di Feltre e Belluno venivano unite aeque principaliter: entrambe conservavano le strutture di governo e avevano pari dignità; il vescovo era tenuto a risiedere sei mesi in una diocesi e altri sei nell’altra.
Nel corso del secolo vennero più volte formulate delle istanze per un allargamento dei confini della diocesi; richieste in tal senso vennero presentate a Roma dalla cittadinanza, dal capitolo dei canonici e anche dal vescovo Salvatore Bolognesi, che propose l’annessione di zone soggette alla diocesi di Padova che si incuneano nella diocesi di Feltre.
Tali richieste, che volevano anche allontanare il fantasma di un’eventuale fine della diocesi, caddero nel vuoto.
Durante il periodo risorgimentale, si registra una differenza di indirizzi nel clero tra le cui file si annoverano intransigenti sostenitori del potere temporale e sacerdoti di indirizzo liberale.
Il confronto comunque non raggiungerà mai quel livello di tensione acuta che ebbe nella vicina diocesi di Belluno.
L’annessione al Regno d’Italia (1866) apriva il problema del confronto con lo Stato liberale, i cui rappresentanti non mancarono di prendere decisioni animate da anticlericalismo.
Il fatto più eclatante fu che nel 1869, dopo tre anni di lavorio, la municipalità riuscì a trasformare il seminario in ginnasio-liceo pubblico.
Il vescovo Salvatore Bolognesi (1871- 1899), dopo la guida ondivaga dei suoi due predecessori, prese in mano con fermezza il timone della diocesi puntando alla realizzazione di pochi punti irrinunciabili.
Riorganizzò il seminario che doveva essere comune per le due diocesi di Feltre e Belluno: a Feltre il liceo, a Belluno i corsi teologici.
Puntò a una riorganizzazione delle strutture diocesane attraverso il controllo di ripetute visite pastorali.
Sostenne la nascita e l’organizzarsi in diocesi dei comitati dell’Opera dei congressi che dovevano essere mezzo di una nuova presenza dei cattolici nel mutato contesto sociale.
All’inizio del secolo, il socialismo e un liberalismo di stampo anticlericale esercitavano, in direzioni e in forme diverse, una forte incidenza sul tessuto sociale della città e della diocesi.
Come proposta di una più incisiva presenza dei laici in questo contesto, si andò organizzando l’Azione cattolica.
I primi circoli parrocchiali sorsero a partire dal 1910, mentre la giunta centrale diocesana si costituì sul finire del 1914.
La prima guerra mondiale portò gravi sconvolgimenti nel territorio feltrino che si trovava a ridosso del fronte.
Durante la prima parte del conflitto la città divenne centro di smistamento per le truppe italiane; nel 1917 la città fu occupata dagli austriaci.
I danni materiali subiti dalle chiese e le sofferenze della popolazione furono ingenti; in questa situazione si prodigò in un’opera di sollecito aiuto il vescovo Giosué Cattarossi (1914-1944), che durante il suo episcopato riscosse un vivo sentimento di venerazione da parte dei fedeli.
Nel periodo tra le due guerre, la diocesi conobbe un’epoca di particolare vivacità grazie allo zelo pastorale di alcuni sacerdoti intraprendenti.
Particolarmente incisivi furono i due congressi eucaristici organizzati nel 1922 e nel 1939, vissuti come occasione di evangelizzazione.
Nel 1931 si svolse il congresso catechistico.
Si diede particolare attenzione alla formazione dei seminaristi: il seminario conobbe uno dei suoi momenti più felici sia come numero di allievi che come qualità di insegnanti che ne fecero una scuola che richiamò una buona frequenza di alunni esterni; per gli studenti di teologia venivano organizzati corsi di speciale aggiornamento nel corso dell’estate.
Passata la guerra l’Azione cattolica rifiorì in maniera notevole: nel 1920 si contavano 245 giovani iscritti.
Alla fine degli anni Venti erano organizzate le diverse sezioni per fasce di età.
L’associazione mostrò la sua particolare vivacità anche nella realizzazione di opere materiali che potessero offrire valido sostegno alle iniziative pastorali: nel 1925 venne inaugurata una grande Casa delle opere cattoliche, nel 1932 fu aperta la casa di esercizi spirituali nell’ex monastero di San Vittore.
Il giovane vescovo Girolamo Bortignon (1944-1949) ottenne dalla Santa Sede la deroga all’obbligo (fissato dalla bolla di unione delle due diocesi, nel 1818) di dover risiedere per sei mesi a Feltre e di poter così abitare stabilmente a Belluno.
Il provvedimento venne avvertito come un ulteriore indebolimento delle possibilità di sussistenza della diocesi.
Con decreto del 30 settembre 1986, la Congregazione per i vescovi, nel generale contesto di riordinamento delle diocesi italiane guidato dal criterio che dovevano fondersi insieme le diocesi unite aeque principaliter, stabiliva l’unificazione delle due diocesi di Belluno e di Feltre nella nuova circoscrizione ecclesiastica di Belluno- Feltre.
Diócesis de Feltre
Chiesa di San Pietro Apostolo
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La facciata della Chiesa di San Pietro a Feltre (sotto l’ampio sagrato si trova la cella archeologica con i resti de... -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Veduta dell’aula dal presbiterio -
L’area presbiteriale -
L’altare verso il popolo che riutilizza il paliotto dell’altare maggiore -
La cattedra del vescovo Villalta (XIII sec.)
Diócesis
FUENTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.