Diócesis histórica de Pienza
HISTORIA
I - Le origini e l’età medievale
Il più antico polo religioso dell’area poi ricompressa nella distrettualizzazione diocesana di Pienza e di Montalcino era stato in Valdorcia l’abbazia di Sant’Antimo o di Valle Starcia, come la si designava nel lessico altomedievale, quando essa sorse entro il confine della diocesi di Chiusi.Fondata tra la fine dell’VIII . e gli inizi del IX, conosciamo il suo vastissimo patrimonio da un diploma di Ludovico il Pio nel quale si ricordavano come appartenenti al suo governo tutta una serie di beni compresi tra l’Ombrone, l’Orcia e l’Asso, oltre a una rilevante porzione del litorale maremmano.
Nell’877 Carlo il Calvo l’affidava ai vescovi di Arezzo, nelle cui mani essa sarebbe rimasta fino al 938, quando Lotario II destinava una vasta parte del suo patrimonio (mille predi o mansi) alla moglie Adelaide quale dono di nozze.
Fu però agli inizi dell’XI . che le ricchezze e il potere degli abati di Sant’Antimo andarono crescendo e consolidandosi grazie anche alla concessione di diritti e di immunità – particolarmente con l’esenzione dall’autorità diocesana e con l’immediata soggezione alla Santa Sede – con cui sia i pontefici sia gli imperatori intesero salvaguardare la sua vastissima signoria territoriale, estesa sui contadi delle attuali Chiusi, Siena, Grosseto, Firenze, Pistoia, Pisa.
In qualità di conti palatini, gli abati ebbero funzioni e poteri pubblici sulla terra di Montalcino, diritti che essi mantennero fino alla fine del XIII sec., anche se in modo e forme assai ridotte rispetto all’età precedente; già dalla fine del XII . infatti Clemente III aveva assoggettato la pieve di San Salvatore di Montalcino alla giurisdizione dei vescovi di Siena, sottraendola a quella dei loro colleghi aretini ai quali essa comunque sarebbe tornata di lì a non molto, prima che Pio II decretasse l’erezione di quella terra in città episcopale (1462) rendendola contitolare con Pienza della nuova dignità.
II - L’età moderna
Nel borgo del territorio dell’antico pievanato di Corsignano il pontefice avviò la costruzione di una chiesa cattedrale (tanto magnifica artisticamente, quanto sempre in procinto di franare), dotata di un capitolo canonicale articolato su una dignità – la prepositura – e otto canonicati (alla fine del Seicento erano saliti rispettivamente a tre dignità e quattordici prebende, che però si ridussero a undici nel corso di un secolo), dotò la mensa vescovile, la massa capitolare, le prebende e l’Opera, e riservò alla sua famiglia il giuspatronato su tutti questi uffici, compreso il diritto di nomina dei canonici e la licenza di possesso dei vescovi.Il 23 maggio 1594 papa Clemente VIII separò le due diocesi di Pienza e di Montalcino, fra di loro unite, perché ognuna avesse il suo vescovo.
Nel 1631 la mensa episcopale rendeva millecinquecento scudi fiorentini: una somma che rimase sostanzialmente inalterata anche successivamente.
Nella città, in cui abitavano circa seicento abitanti, vi erano un convento maschile di francescani e un monastero femminile, e la diocesi comprendeva sedici località fra la val di Chiana, la val d’Asso e la val d’Orcia, fino alle propaggini del monte Amiata: un territorio che attraversò fra Sei e Settecento una lunga crisi demografica.
In quest’area la Chiesa pientina subì, anche per il suo carattere «artificiale», di creatura nata per il capriccio di un papa umanista, la concorrenza centrifuga di altri centri urbani, come Sinalunga, Scrofiano, San Quirico d’Orcia e Torrita, che riuscirono a far elevare le proprie chiese madri in collegiate.
Ma la più grave limitazione ai poteri del vescovo di Pienza veniva dall’abate nullius di Monte Oliveto Maggiore, alle cui dipendenze stava la parrocchia di San Michele Arcangelo di Chiusure: qui si realizzava una pericolosa coincidenza fra la figura del parroco e quella dell’amministratore della grancia, con la conseguenza che nei momenti di più grave crisi economica il malcontento popolare coinvolgeva direttamente anche l’istituzione ecclesiastica.
Nel Seicento delle pestilenze e delle carestie l’unico sommovimento popolare verificatosi nella Toscana medicea scoppiò a Chiusure e si concluse con il linciaggio di due monaci olivetani: il parroco-granciere e il viceparroco-vicegranciere.
Il 17 giugno 1772, dopo l’espulsione dal granducato del vescovo Francesco Maria Piccolomini, papa Clemente XIV soppresse la diocesi di Pienza, che venne annessa aeque principaliter alla diocesi di Chiusi.
Le due diocesi dipendevano da autorità superiori differenti: la cattedrale di San Secondiano di Chiusi era suffraganea della Chiesa metropolitana di Siena, mentre la Chiesa di Pienza era, dall’atto della sua fondazione, soggetta direttamente alla Santa Sede.
Il valore della mensa episcopale di Chiusi e Pienza era di circa mille e cento ducati romani.
Con lo stesso atto, il papa ridisegnò anche i confini con le diocesi di Siena e Montalcino.
Pienza cedette da una parte a Siena la parrocchia di Percenna e alcune case vicino a Buonconvento e dall’altra a Montalcino i paesi di Montegiovi, Campiglia d’Orcia, San Quirico d’Orcia, Vignoni con Bagno e Rocca d’Orcia.
A sua volta, anche Chiusi cedette a Montalcino alcuni paesi della sua diocesi: Monticello, Montelaterone, Castel del Piano e Arcidosso.
Bibliografía
G. B. Mannucci, Pienza, i suoi monumenti e la sua Diocesi, Montepulciano 1915;G. Greco, La diocesi di Pienza fra XVII e XVIII secolo, in La Val d’Orcia nel medioevo e nei primi secoli dell’età moderna, Convegno internazionale di studi storici, Pienza, 15-18 settembre 1988, Roma 1990, 447-490;
I. Polverini Fosi, La diocesi di Pienza e Montalcino fra privilegio e riforme, ivi, 411- 446;
L’Archivio diocesano di Pienza, inventario a c. di G. Chironi, Siena 2000.
Diócesis
FUENTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.