Edificios de culto
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- Vignola (MO)
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Parrocchia dei Santi Nazario e Celso Martiri
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Diócesis
Modena - Nonantola
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Región eclesiástica
Emilia Romagna
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Tipología
chiesa
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Cualificación
sussidiaria
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Denominazione principale
Chiesa della Beata Vergine della Pieve
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la Pieve sorge in una posizione isolata ai margini ovest del centro urbano di Vignola, ai piedi dei primi rilievi collinari. La costruzione è rettangolare, dotata di una copertura a due falde con mensole lignee di gronda modanate e paramenti murari intonacati e tinteggiati nel corpo delle navate e, in blocchi di arenaria a faccia a vista nelle absidi. Nella parte anteriore vi è un portico con tre aperture ad arco a sesto ribassato. L’interno, con un vano centrale più ampio coperto con volte a vela, affiancato da due spazi più stretti, assimilabili a due piccole navate laterali, è concluso con il presbiterio proteso nello spazio del coro con la parete di fondo corrispondente all'abside centrale caratterizzata da una muratura in blocchi di arenaria a vista, tre monofore strombate con vetrata in alabastro e una semi-cupola ogivale come copertura. Le due absidi laterali, di dimensione minore, contengono due cappelle delle quali, quella alla destra dell'altare, dedicata alla Beata Vergine col Bambino. Sopra all'ingresso si trova una piccola cantoria in muratura che custodisce un organo settecentesco. In copertura sorge un piccolo campaniletto a vela (cornacchia) con due piccole campane.
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- Impianto strutturale
- la chiesa si presenta esternamente di piccole dimensioni con forma semplice a capanna, un’aggettante portico d’ingresso e tre absidi semicilindriche sulla fronte est. L’impianto planimetrico è longitudinale, schematicamente a croce latina senza transetto e bracci laterali, a tre semplici navate di forma rettangolare col presbiterio in fondo e una piccola sagrestia laterale. L’aula è delimitata da archi a sesto ribassato poggianti su paraste sporgenti dalle pareti laterali ingentilite da sottili capitelli e da una semplice trabeazione classica. I soffitti interni sono a volta a vela.
- Coperture
- il tetto è tradizionale a falde inclinate, con due spioventi a capanna, manto in coppi a canale di laterizio e un piccolo campanile a vela.
- Struttura
- muratura portante continua in blocchi di pietra arenaria e in mattoni di laterizio, intonacata e tinteggiata sia verso l’esterno sia verso l’interno dell’edificio. Due archi in muratura all’interno dell’aula ecclesiastica suddividono, per ogni lato, la navata centrale da quelle laterali. Copertura a falde inclinate con capriate, terzere e travetti di legno, tavolato in tavelle di laterizio e manto in coppi a canale. Soffitto voltato a vela sia sulle navatelle laterali, sia sulla navata centrale.
- Pavimenti e pavimentazioni
- piastrelle quadrate di cotto nel pavimento interno, grosse lastre di pietra arenaria utilizzate nelle soglie e marmo rosso di Verona nei gradini.
- Impianto strutturale
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- XI ‐ XI (preesistenze intorno)
- epoca a cui risale, secondo l’analisi di Enrichetta Cecchi, l’originaria costruzione romanica della Pieve di San Martino in Cento Ripe, precedente all’attuale Santuario, della quale sopravvivono la zona absidale e le basi dei pilastri che scandivano la pianta basilicale. La Plebs S. Martini in Centum Ripis era situata nel fecondo pianoro tra lo Scoltenna e Campiglio – “sopra e sotto ripa” secondo l’antico usuale toponimo – lungo la strada pedecollinare Claudia in collegamento diretto con Bologna e, con Maranello, attraverso la strada Pistoiese, nonché con l’importante snodo del ponte S. Spirito in direzione appenninica, il cui transito rappresentava una notevole fonte di reddito per la Pieve stessa che ne riscuoteva i tributi.
- 1415 ‐ 1415 (preesistenze intorno)
- si definisce l’atto finale di decadenza della Pieve, dopo progressivo abbandono iniziato nel XII sec., con l’edificazione nel borgo, dietro finanziamento e impulso di Uguccione Contrari, della nuova chiesa dedicata ai Santi Nazario e Celso. Il Vescovo di Modena, sempre su esplicita richiesta di Uguccione Contrari, stabilisce di privare l’antica Plebana fuori le mura del culto divino a causa della distanza dal castello e, di unire i suoi beni alla nuova Pieve al pari dei beni delle altre chiese affiliate.
- 1531 ‐ 1531 (degrado intero bene)
- certamente i danni prodotti dalle truppe spagnole al seguito di Carlo V, l’incuria del tempo e degli agenti atmosferici, assieme alla privazione della funzione religiosa e all’esclusione dagli intinerari pastorali del periodo, determinano il grave inesorabile degrado strutturale e culturale del sacro tempio.
- 1615 ‐ 1615 (ricostruzione intero bene)
- viene ricostruito il Santuario con il recupero delle strutture fatiscenti dell’antica Pieve di San Martino in Cento Ripe ad opera del nobile bolognese Gregorio Malvezzi, certamente favorito dal parroco mons. Andrea Vittori. Egli vuole restituire a sue spese, per devozione, una sacra dimora al simulacro di S. Maria “sopra e sotto ripa” abbandonata a lungo in luogo sconveniente a causa della rovina dell’edificio, come viene riportato in un’antica lapide marmorea murata in origine all’interno sulla parete di sinistra e oggi sotto il portichetto d’ingresso.
- 1628 ‐ 1628 (restauri interno)
- l’8 settembre, durante la prima visita pastorale, in significativa concomitanza con la festività mariana, il vescovo di Modena mons. Alessandro Rangoni dispone che l’altare venga allargato e adattato, fornito della pietra consacrata e di tutte le necessarie suppellettili di culto. Concede pure il permesso all’arciprete di Vignola di celebrare e far celebrare le messe, riconoscendo l’indulgenza di 40 giorni a tutti coloro che avessero visitato la chiesa e pregato nei giorni di sabato e festivi. La prima messa viene celebrata il 21 novembre, come riportato da un’annotazione nel registro della Confraternita di San Pietro Martire di Vignola.
- 1661 ‐ 1661 (restauri intero bene)
- le generose offerte da parte dei fedeli che intensificano la fioritura di venerazione mariana fanno nascere l’esigenza di innalzare un tempio più bello ed elegante, ma i lavori, iniziati, non proseguono oltre una porzione delle fondazioni.
- 1670 ‐ 1670 (restauri interno)
- durante la visita pastorale, per la prima volta, viene documentata la realizzazione di un nuovo altare dedicato a Sant’Andrea Apostolo a testimonianza del fatto che, nel corso degli anni, l’oratorio assumeva sempre più le connotazioni del santuario.
- 1675 ‐ 1675 (descrizione storica intero bene)
- di grande interesse è l’inventario redatto da don Domenico Franchini, il più antico rinvenuto, che, assieme alla descrizione coeva della chiesa del Belloj, fornisce una conoscenza dettagliata degli arredi e della struttura. La chiesa, soffittata a volte, presenta nella parte anteriore il sagrato e il portico sul quale si aprono le finestre con grate di ferro che consentono di vedere la statua della Vergine dall’esterno; inoltre le sorge di lato una piccola abitazione riservata al sacerdote addetto alla sua custodia. In seguito, l’assetto strutturale della Pieve – tale forma abbreviata diviene di uso comune già dall’inizio del Settecento – rimane sostanzialmente immutato negli anni e, l’ottimo stato di conservazione persistente grazie alla pratica di una manutenzione costante e scrupolosa.
- 1775 ‐ 1775 (rivisitazione intero bene)
- il territorio di Vignola viene colpito da una grave forma di epidemia che le fonti definiscono “febbri putride” e che ha per tragico antecedente quasi due decenni di carestia con elevati tassi di mortalità: i deceduti risultano ben 78. Il clero e il popolo rinnovarono le preghiere e le processioni alla Pieve per chiedere l’intercessione della Vergine. La cessazione dell’epidemia fece rinverdire l’antica venerazione mariana intensificando l’affluenza di numerosi fedeli alla Pieve.
- 1779 ‐ 1779 (restauri intero bene)
- grazie alle offerte di denaro e di materiali – legno di quercia, di ciliegio, di noce, di pioppo, calce, coppi e tavelle, prende avvio il progetto di restauro generale dell’edificio, diretto dal capomastro Giovanni Baldini, con l’allungamento del corpo di fabbrica in direzione della facciata e l’ampliamento dell’abitazione del sacerdote-custode.
- 1844 ‐ 1844 (descrizione storica interno)
- risulta un inventario che rende conto dello splendore raggiunto all’epoca dal piccolo tempio il quale, ad ogni passaggio di custodia, si arricchisce di attestazioni votive, di monili e oggetti preziosi ad ornamento della statua della Vergine e del Bambino, le gambe, le braccia e gli occhi in lamina d’argento, tavolette dipinte che ricoprono le pareti. Alla sinistra dell’altare maggiore si trova una nuova mensa in “pietra tagliata” con il quadro di Santa Liberata donato da Pietro Soli Muratori e, alla destra, l’altare dedicato a Sant’Antonio di Padova che, successivamente ospiterà anche Sant’Antonio Abate.
- 1966 ‐ 1966 (restauri intero bene)
- importanti restauri promossi da mons. Antonio Tassi per conservare e tramandare l’antico santuario. I lavori hanno riportato alla luce quanto sopravviveva di età romanica. Le tracce archeologiche segnalate tra Sei e Settecento da Domenico Belloj e due secoli dopo da Arsenio Crespellani, che oltre al materiale romano individuava in prossimità dell’ingresso dell’oratorio “una striscia tonda a foggia di coro”, hanno trovato riscontro e più agevole leggibilità nel corso dei restauri del 1966, tanto da lasciar supporre l’esistenza di un edificio di culto altomedioevale. La canonica ho subito un consistente ampliamento e rinnovamento.
- XI ‐ XI (preesistenze intorno)
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- presbiterio ‐ intervento strutturale (1966)
- impianto liturgico adeguato alla riforma del Concilio Vaticano II: l’altare maggiore, in marmo bianco, è posto al centro del presbiterio rialzato di un gradino sull’aula dei fedeli, con la mensa rivolta all'assemblea; la sede è alle spalle del celebrante e l’ambone alla sua sinistra.
- presbiterio ‐ intervento strutturale (1966)
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Data di pubblicazione
14/09/2022
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Fonte dei dati
Scheda di Censimento dei beni architettonici (Diócesis de Modena - Nonantola)