Gebäude für den Gottesdienst
- Milano (MI)
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Parrocchia dei Santi Apostoli e Nazaro Maggiore
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Diözesen
Milano
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Kirchenregion
Lombardia
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Ambito culturale
- maestranze lombarde (costruzione)
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Typologie
chiesa
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Qualifizierung
sussidiaria
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Denominazione principale
Chiesa di Sant'Antonio
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La chiesa di Sant'Antonio si presenta con una facciata tardo neoclassica (1832) inserita, senza soluzione di continuità, nella cortina di edifici del compatto versante orientale dell'omonima via. La fronte, sobria e con ordine gigante al piano terreno, prelude a un interno, frutto, invece, di una fase di ricostruzione voluta dall’ordine dei Teatini, affidata a Dionigi Campazzo e completata tra il 1582 e il 1584 a discapito di più antiche preesistenze. La chiesa si sviluppa su un’aula unica, con tre cappelle per parte, transetto con due cappelle terminali e profondo coro monastico rettangolare; un ordine di paraste, con capitello corinzio e fusto scanalato, inquadra le cappelle della navata e regge un fregio che percorre, unificandoli, gli ambienti interni; cappelle, navata, transetto e coro sono coperti con volte a botte ad eccezione dell’incrocio dei bracci del transetto, dove si sviluppa una volta a padiglione, centrata da cartiglio. Per l’“articolazione dello spazio [e la] scelta dei motivi architettonici”, la chiesa, così come uscita dalla riforma tardo cinquecentesca, si presenta dunque come esito compiuto di “quella tipologia della basilica della Riforma [che] si era venuto definendo in quegli anni e che aveva avuto proprio a Milano la sua prima formulazione da parte dell’Alessi in San Barnaba” (Fiorio). L’impianto cristallino proposto da Campazzo fu arricchito, grazie a una sapiente campagna di relazioni con alcune famiglie milanesi promossa dall’ordine dei Teatini, in un ricco palinsesto di sculture e dipinti, portato a sostanziale compimento entro il 1654, anno della consacrazione. Già elogiata dai contemporanei come vera e propria “Galleria di squisite pitture […] delle prime opere de' più plausibili pittori, che colorirono in Europa", infatti, la chiesa di Sant’Antonio ha rappresentato un vero e proprio laboratorio per la precisazione di una via lombarda alla pittura, alla scultura e all’architettura a cavallo tra XVI e XVII sec. e poi per tutto il corso del Seicento. L'edificio di culto è inserito in un complesso le cui componenti restituiscono una maggiore complessità alla storia dei luoghi, già noti nel XIV sec. come sede ospedaliera dove i padri Antoniani si dedicavano al caritatevole soccorso di ammalati di “fuoco sacro”. Ne fanno parte: i due chiostri, testimonianza della fase commendataria della chiesa, restituiti, dopo una campagna di restauri novecentesca, all’ossatura originaria degli inizi del XVI sec. (con ricca decorazione in cotto) e alla pubblica fruizione, come sede dell’Azione Cattolica e, oggi, anche della Casa card. Ildefonso Schuster; il campanile, unico testimone del primitivo insediamento degli Antoniani, risalente al XIV sec.; l’oratorio dell’Immacolata, addossato al fianco meridionale della chiesa.
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- Cicli affrescati
- I temi portanti del culto della Santa Croce e dell'Immacolata, cari all'ordine dei Teatini, si sviluppano nelle cappelle laterali, sulle volte, in controfacciata e nel coro grazie a un ricco repertorio di cicli affrescati, dipinti e sculture. La portata spirituale e artistica del tema della Santa Croce è evidente nel complesso e scenografico ciclo che, all’indomani della “peste manzoniana”, tra il 1631 e il 1632, i fratelli Giovanni e Giovan Battista Carloni affrescarono sulla controfacciata, le volte della navata, la tazza del transetto e l'arco trionfale. Incorniciati da cartigli in stucco dorato, la cui paternità è stata da poco riconosciuta all'intelvese Francesco Sala, poco dopo la sua opera nel santuario di Saronno, le scene sviluppano il tema del rinvenimento della sacra reliquia nelle tre campate del piede di croce (Apparizione a Costantino, Sant’Elena ritrova la Croce e Costantino porta la Croce al tempio di Gerusalemme) e culminano nella tazza del transetto con il Trionfo della Croce. “Per l'ambiente milanese gli affreschi dei Carloni, esponenti di primo piano della ‘grande decorazione’ genovese, costituiscono un esempio precoce di una tipologia destinata a consistente fortuna nel Sei e nel Settecento, con l'affermazione della corrente barocca: l'interno della chiesa viene interamente coinvolto da un discorso per immagini che sviluppa organicamente, in una sinergica e dinamica interazione fra spazialità architettonica e figuratività pittorica” (Coppa). Contemporanei ai Carloni, e pure incorniciati da stucchi di Francesco Sala, sono gli affreschi di Tanzio da Varallo nel transetto destro e di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, sulla volta del coro, questi ultimi dedicati alle storie dei santi Antonio abate e Paolo a completamento “di un ciclo di tele del medesimo soggetto opera di Domenico Pellegrini (pareti laterali) e Camillo Procaccini” (Coppa), con Estasi di sant'Antonio abate sulla parete di fondo.
- Cappelle laterali
- Strettamente collegata al culto della Santa Croce, la cappella delle Sacre Reliquie, nel transetto sinistro, fu tra le prime interessate all'opera di abbellimento della chiesa promossa dall'ordine in accordo con alcune famiglie milanesi. Patronato Trivulzio dal 1610 (per eredità della fase commendataria della chiesa), la cappella conserva sacri resti della Santa Croce, portati dai Teatini a Milano, ma celati alla vista dalla pala d’altare. Il tema generale della cappella è, pertanto, ispirato al sacrificio di Gesù Cristo ed è sviluppato sull’altare (Andata al Calvario, copia da Palma il Giovane) e ai lati, con un’Incoronazione di spine e una Flagellazione, “entrambe databili alla fine del XVI sec.” (Fiorio). Altre reliquie (santi Teodoro e Maurizio) sono visibili nella mensa grazie al risparmio nel paliotto decorativo in scagliola policroma. Poco dopo (1612), nel transetto di sinistra fu collocata una tela di Enea Salmeggia dedicata alla Cattura di Cristo.
- Cappelle laterali
- La fronteggiante cappella dell’Ascensione, in capo al braccio destro del transetto, fu completata nel 1610 grazie a una convenzione con Emanuele Dal Pozzo che si impegnò a sostenere la decorazione a stucco e in pittura. Sull’altare, una pala (Ascensione di Gesù Cristo) di Giovan Battista Trotti, detto il Malosso; alle pareti, Resurrezione del Cerano (a sinistra) e Venuta dello Spirito Santo di A. Vajani, detto il Fiorentino, risalenti ai medesimi anni. A quest’ultimo sono riferite (Fiorio) anche le scene sulla volta (Circoncisione, Incoronazione di Maria e Trasfigurazione). Attorno al 1630 la cappella fu decorata ad affresco da Tanzio da Varallo (Cristo in gloria sulla volta), cui sarebbero da attribuire anche i due profeti con cartigli ai lati del finestrone (Fiorio). Completano cappella e braccio di transetto: un’Adorazione di pastori, di Ludovico Caracci (1611-12), recentemente attribuita grazie al raffronto con un bozzetto preparatorio agli Uffizi; Natività e Adorazione dei Magi di Pier Francesco Mazzuchelli, detto il Morazzone (1611), quest’ultima considerata tra i vertici della produzione artistica del pittore varesino già dalla prima letteratura artistica del XVII sec.
- Cappelle laterali
- La terza cappella a sinistra della navata, dell’Annunciata, è nota anche come cappella Acerbi e rappresenta uno dei fulcri artistici e spirituali della chiesa. Fu completata grazie alla prima convenzione tra i Teatini e Lodovico Acerbi (1609), che l’ottenne come mausoleo famigliare in cambio di ricche commesse decorative, secondo uno schema di convenzione che stabilì quasi una sorta di protocollo replicato nei decenni a venire. Altare e cappella furono completati entro il 1612 e arricchiti grazie alla commissione a Giulio Cesare Procaccini dell’Annunciazione, sull’altare, di una Visitazione e una Fuga in Egitto sulle pareti laterali, di una tela con tre angeli sopra la pala centrale e di un “Eterno in Gloria”, a tempera, sulla volta. Già elogiato dai contemporanei (“Non evvi effigie che non paia uscita dal Paradiso”, secondo il Torre, 1674), e coinvolgente per gli intimi accenti domestici, il ciclo è stato datato tra il 1610 e il 1611 da Simonetta Coppa; la stessa studiosa ne ha evidenziato l’evolversi “del linguaggio artistico del Procaccini verso ritmi compositivi più morbidi, caratterizzati da più fuse e sottili avvolgenze chiaroscurali” e “dall’impreziosirsi delle irridescenze nella gamma cromatica”, secondo una linea parallela che la medesima bottega stava sviluppando per i “Quadroni” nel Duomo di Milano. Completano l’ambiente, il pavimento a intarsi policromi di marmo e l'esuberante balaustra con angeli a tutto tondo alternati a stemmi.
- Cappelle laterali
- La seconda cappella a sinistra, dedicata al fondatore dell’ordine dei Teatini, Gaetano da Thiene, segue, in ordine cronologico, le precedenti. Fu portata a completamento grazie a un lascito privato del 1657, che rese possibile la radicale trasformazione del primitivo ambiente. A una prima fase, infatti, risale l’Estasi del beato Gaetano del Cerano (esordi del XVII sec.), ricollocata come pala dell’altare disegnata da Gerolamo Quadro, impegnato (entro il 1674) nella riconfigurazione generale dell’architettura della cappella. La canonizzazione di Gaetano da Thiene, nel 1671, diene un nuovo impulso allo sviluppo del tema legato alla vita del santo, tradotto in scultura da Giuseppe Rusnati: Fede e Provvidenza nelle nicchie delle pareti; angeli sul timpano dell’altare e paliotto con Morte di san Gaetano. Tra il 1683 e il 1689, lo stesso Rusnati fu incaricato di sei medaglioni con episodi della vita del santo, dove, per il “modellato fluido e pittorico” e la composizione delle scene si ravvisa già un’apertura a “ritmi compositivi oramai settecenteschi” (Fiorio).
- Cappelle laterali
- La cappella di fronte (seconda cappella a destra) fu l’ultima aggregata al complesso decorativo della chiesa perché dedicata ad Andrea Avellino, primo rettore dell’ordine dei Teatini a Milano, canonizzato nel 1712. Sull’altare, Svenimento del Andrea Avellino, di Francesco Cairo, opera del 1630 ca. di qualche anno successiva alla beatificazione (1624). Il completamento del programma iconografico risale al 1712, dopo la canonizzazione di Avellino e fu affidato a Filippo Abbiati, per i quadri a olio sulle pareti laterali, e, per le sculture, probabilmente ancora a Giuseppe Rusnati.
- Cappelle laterali
- La terza cappella destra, già dedicata al Suffragio, è oggi intitolata all’Immacolata per via della riunificazione, qui, di opere provenienti dall’attiguo oratorio della confraternita eponima, soppresso nel 1798 e, di seguito, ulteriormente alterato. La cappella, del resto, nonostante un patronato affidato a Giuseppe Diviziolo nel 1656, ha rappresentato nei secoli il luogo prescelto per messa a dimora di un patrimonio che, altrimenti, sarebbe andato disperso. Qui, infatti, fu collocata in origine la pala di Bernardino Campi (Madonna con bambino e i santi Paolo, Barbara e Giovannino), commissionata nel 1565 dalla fam. Trivulzio durante la fase commendataria della chiesa e riadattata, in occasione del trasferimento, con un ampliamento superiore di Camillo Procaccini. In seguito, nel 1637, vi fu alloggiato un dipinto di Ambrogio Figino (Natività della Vergine, inizi del XVII sec., parete sinistra), proveniente da una donazione di Ercole Bianchi, figlio della sorella del pittore. Sull’altare maggiore, opera di Carlo Buzzi a espletamento del patronato, trovò collocazione definitiva un bel tabernacolo datato 1659 e originariamente collocato nella cappella di San Gaetano. Nella nicchia dell’ancona, una candida statua dell’Immacolata e, nella mensa, Cristo morto vegliato da due angioletti, già nell’oratorio dell’Immacolata e tra i vertici della produzione artistica dello scultore di Gallarate.
- Opere d'arte
- Completa, ma non esaurisce un itinerario artistico nella chiesa, l’Adorazione del bambino di Camillo Procaccini, oggi restaurata e collocata nella prima cappella destra, e il campionario di intagli lignei seicenteschi (entro la metà del secolo) rappresentato dagli stalli del coro e dai confessionali. Del patrimonio di Sant’Antonio fa parte anche una Madonna con Gesù bambino, opera di Ambrogio Figino. Più nota come "Madonna della serpe", per via dell'atto simbolico compiuto dalla sacra coppia raffigurata nello sforzo congiunto di schiacciare il male, la pala fu eseguita attorno al 1583 per la chiesa di San Fedele a Milano. Giunta in Sant'Antonio nel 1637, insieme all'altra opera di Figino oggi nella cappella dell'Immacolata e nell'ambito della donazione voluta dall'erede della sorella del pittore, la Madonna del Figino è oggi conservata nel soppresso oratorio dell'Immacolata attiguo alla chiesa. Ne è stata da poco riconosciuta l'importanza come possibile fonte di ispirazione per la celebre Madonna dei Palafrenieri di Caravaggio ora alla Galleria Borghese di Roma.
- Campanile
- Il campanile, restaurato alla fine del XIX sec., è “raro esemplare dell’arte delle terrecotte, vanto del medioevo tramontante […]. Torre quadrata, di nudo mattone attraversata da cornice frangiata di archetti intrecciati sotto la loggia campanaria; loggia con bifore a colonnette di pietra: archi minori trilobati compresi in un maggiore arco a sesto acuto con oculo nel timpano. Smalto di intonaco bianco tra la ghiera dell’arco e la cornice sovrastante a formelle di cotto ad archetti pensili. Sopra si erge la cuspide a cono cestile, dominata dalla croce foggiata a tau, emblema degli Antoniani” (Mezzanotte).
- Impianto strutturale
- Edificio retto da murature d'ambito a sezione normalizzata composte di inerti legati da giunti di malta e laterizi, rivestiti di intonaco. Copertura interna composta da un sistema articolato di volte e pseudo cupole in laterizi. Copertura esterna con falde di tetto rette da ordito ligneo principale e secondario.
- Cicli affrescati
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- 1127 ‐ XIV (origine e fondazione complesso)
- Nel 1127, grazie a un lascito privato, sorse, nell’area del brolo arcivescovile verso S. Nazaro (oggi in parte corrispondente con la via Sant’Antonio), un ospedale sotto la cura dei canonici di S. Nazaro. Attorno al 1272, vi si insediò l’ordine di Sant’Antonio abate che vi gestì dal principio un ospizio per pellegrini. Come in altre città, l’ordine godeva del privilegio di far circolare liberamente i maiali, contrassegnati solo con una T (dall’impugnatura del bordone di sant’Antonio, monaco vissuto nel III-IV sec.). Proprio il grasso ricavato da quelle bestie consentì agli Antoniani di specializzarsi nella cura del “fuoco sacro” e di riavviare un ospedale documentato nella prima metà del XIV sec. e noto come “hospitale porcorum”. Da qui la fortuna del culto e il progressivo precisarsi dell’iconografia del santo guaritore: con maiale ai piedi, campanello sul bordone (dall’obbligo per gli infettivi di segnalare la loro presenza), T sul petto e fiamma, simbolo del “fuoco di Sant’Antonio”
- XIV ‐ XIV (costruzione intero bene)
- Del nucleo originario dell’insediamento degli Antoniani, certamente dotato di chiesa o cappella, si ha traccia solo documentale. Fu ampliato nel corso del XIV grazie a lasciti e protezioni, sia al tempo di Bernabò Visconti sia, soprattutto, sotto il duca Gian Galeazzo, particolarmente devoto al santo.
- 1438 ‐ 1438 (ricostruzione intero bene)
- Recenti approfondimenti (Ribaudo, Coppa) hanno permesso di fare chiarezza sulle fasi quattrocentesche di chiesa e ospizio. Negli atti della visita pastorale di Carlo Borromeo del 1567, infatti, si tramanda il testo di un’iscrizione del 1438 secondo la quale il complesso “inceptum fuit a fundamentis anno domini MCCCC XXX VIII die VI madij”. Il testo menziona anche il promotore dell'iniziativa, il precettore Filippo Provani. La data coincide con una fase di cantiere protratta ancora nel 1442, quando furono concessi numerosi privilegi all’ordine da parte di Filippo Maria Visconti. Nel volgere di pochi anni, tuttavia, l’attività ospedaliera era destinata a cessare a causa della riforma sanitaria promossa da Francesco Sforza nel 1451 che avrebbe portato alla creazione di un’unica sede cittadina nel grande fabbricato della Cà Granda, proprio alle spalle del complesso di Sant’Antonio. Poco dopo, nel 1452, una bolla papale stabilì che la chiesa e tutti i beni venissero dati in commenda.
- 1510 ‐ XVI (ricostruzione chiostro)
- La fase quattrocentesca del complesso è oggi testimoniata dalla mensa dell’altare maggiore (riscoperta nel 1931) e dal campanile, la cui datazione, anche se controversa, è stata riferita da Luciano Patetta “al primo ’400”. Ai primi anni di commenda (nella cui titolarità si avvicendarono prima i Landriani, poi i Trivulzio), invece, tutte le fonti concordano nell’attribuire la ricostruzione del primo chiostro adiacente alla chiesa, in bilico tra il “gusto […] legato al secolo precedente” (Patetta), per i fregi in terracotta, e le novità pienamente rinascimentali espresse dalla corretta sovrapposizione degli ordini nei due piani loggiati (dorico e ionico). Ulteriori studi hanno precisato quelle intuizioni con il ritrovamento del testo di un’iscrizione del 1510 che assegnava ad Antonio Trivulzio, vescovo di Como, la definizione di "huius sacrae aedis conditori munificentissimo” (Ribaudo, Coppa).
- 1582 ‐ 1584 (ricostruzione intero bene)
- Nel 1575 un breve pontificale pose fine al periodo commendatario. Nel 1577 chiesa, complesso e beni furono assegnati all’ordine dei chierici Regolari Teatini che furono così ricompensati, grazie all’interessamento di Carlo Borromeo, di una dignitosa sede centrale per l’abnegazione dimostrata nel soccorrere i malati durante la peste del 1576. Tra il 1582 e il 1584 l’architetto Dionigi Campazzo – attivo anche nel cantiere della Cà Granda – terminò la ricostruzione pressoché integrale della chiesa, secondo l’impianto che conserva tutt’oggi; nell’occasione, l’edificio fu ampliato di una campata verso la strada pubblica a discapito di una piazzetta che si apriva davanti alla facciata.
- 1584 ‐ XVI (decorazione transetto sinistro, cappella delle Reliquie)
- Finito il cantiere, si avviò una fase decorativa destinata a fiorire nel XVII sec. e a conferire alla chiesa l'assetto di una “Galleria di squisite pitture […] delle prime opere de' più plausibili pittori, che colorirono in Europa ", come rilevato nel 1674 da Carlo Torre in" Ritratto di Milano". Il nucleo di partenza era costituito da una pala commissionata nel 1565 a Bernardino Campi dalla fam. Trivulzio (ricollocata in una cappella laterale) e dalla cappella delle Reliquie nel transetto sinistro dove, ancora per interessamento dei Trivulzio che ne avevano mantenuto il patronato, fu eretto l’altare, furono poste le reliquie (tra cui quella della Santa Croce portata dai Teatini) e furono collocate due tele raffiguranti un Incoronazione di spine e una Flagellazione.
- 1609 ‐ 1612 (costruzione altare e decorazione cappella dell'Annunciata)
- Fu Andrea Avellino, alla guida dell’ordine nei primi anni dell’insediamento a Milano, a giocare un ruolo cruciale nell’avvio di un indirizzo che contrassegnò l’azione della congregazione per tutto il secolo successivo e oltre: “amico personale di san Carlo”, l'Avellino “seppe intrecciare una rete di rapporti con famiglie della nobiltà locale (i Borromeo, i Trivulzio, i Visconti, i Cusani), nel quadro di un'azione pastorale indirizzata in prevalenza al ceto aristocratico […] con conseguenze importanti per il volto artistico del complesso" (Ribaudo, Coppa). L’esito di questo orientamento si colse già nel 1609, quando fu stipulata una convenzione con il giureconsulto Lodovico Acerbi per il completamento della cappella dell’Annunciata (altare, su disegno di A.M. Corbetta, decorazione, galleria di dipinti), peraltro già avviata dallo stesso qualche tempo prima. L’opera fu terminata nel 1612.
- 1610 ‐ 1612 (costruzione altare e decorazione transetto destro, cappella dell'Ascensione)
- Una convenzione analoga fu siglata nel 1610 tra l’ordine dei Teatini e Emanuele Dal Pozzo, presidente del Magistrato Ordinario e regio ducal consigliere, per la definizione estetica della cappella dell’Ascensione in campo al transetto destro. Presero così avvio i lavori per la decorazione in pittura e in stucco della cappella che culminarono nella posa della pala d’altare e di alcuni dipinti destinati alle pareti laterali. A questa fase, conclusa nel 1612 circa, ne fece seguito una seconda che, attorno al 1630, portò alla decorazione ad affresco della cappella e a un ulteriore arricchimento della quadreria del corrispondente braccio di transetto.
- 1610 ‐ 1616 (decorazione e cicli affrescati e dipinti coro e transetto sinistro)
- Nel 1610 un munifico intervento di Olimpia Trivulzio fu d’ausilio per l’impegnativo abbellimento del coro che consentì l'intervento del Moncalvo negli affreschi con le Storie dei santi Antonio abate e Paolo, proseguì con i medaglioni e si concluse con la posa, al centro, della tela di Sant’Antonio di Camillo Procaccini. Dopo il 1616 due opere di Fede Galizia (Sant’Antonio e San Paolo eremita) furono collocate ai lati delle finestre del coro. Meno documentate sono i successivi momenti di completamento decorativo del transetto sinistro, ancora probabilmente affidati al Moncalvo per le scene ad affresco sulle volte.
- 1631 ‐ 1632 (decorazione e cicli affrescati volte di navata e transetto)
- L’assidua e caritatevole opera di soccorso prestata dai Teatini durante la terribile ondata pestilenziale del 1629-30 fu ampiamente ricompensata dai milanesi. Grazie alle generose donazioni Alessandro Porro, a capo della congregazione dal 1630, poté ingaggiare i fratelli Giovanni e Giovan Battista Carloni per il completamento della decorazione ad affresco, sulla volta della navata e su quelle del transetto. Il tema prescelto, con schema iconografico suggerito probabilmente dal medesimo Porro, portò a raffigurare tra il 1631 e il 1632 episodi legati alle Storie della Croce, dalla leggenda della Santa Croce sulla volta della navata al Trionfo della Croce al centro del transetto. Contemporaneamente, fu intrapresa la ricca e preziosa incorniciatura per le scene dipinte, con “stucchi dorati che si prolungano anche sulle pareti delle navate, del transetto, del coro” (Fiorio). Entro quelle date, la gran parte degli abbellimenti erano completati; la chiesa fu così consacrata nel 1654.
- 1656 ‐ 1656 (altare cappella della B.V. del Suffragio (ora Immacolata))
- Rispetto alle cappelle dell’Annunciata e del transetto, la cappella della B.V. del Suffragio subì una serie continua di rimaneggiamenti, sia durante le prime fasi di riconfigurazione seicentesca, sia nei secoli successivi. La cappella, infatti, fu per qualche decennio priva di patronato e solo a partire dal 1656, per conto di Giuseppe Diviziolo, l’architetto Carlo Buzzi vi costruì un altare; una lapide nel pavimento ricorda l’opera di Diviziolo “SIBI ET SUIS” e reca la data MDCLVIII. Nei decenni precedenti, l’ambiente era stato disorganicamente arricchito di opere, dalla pala cinquecentesca di Bernardino Campi commissionata dei Trivulzio (e riadattata in occasione del trasferimento con un ampliamento superiore di Camillo Procaccini), a dipinti di Ambrogio Figino provenienti da una donazione privata del 1637.
- 1659 ‐ 1689 (altare, decorazione e ricostruzione cappella di San Gaetano da Thiene)
- Con un piano più organico, invece, fu portata a compimento la cappella dedicata a san Gaetano da Thiene, fondatore dell’ordine. Le vicende presero avvio nel 1657 ancora grazie a un lascito privato, questa volta devoluto da Gerolama Dardanona Rho. La cappella, in realtà, aveva ricevuto una prima veste durante interventi eseguiti agli esordi del Seicento, quando era stata ornata con una tela del Cerano raffigurante l’Estasi del beato Gaetano. I nuovi lavori si protrassero nel tempo: nel 1659 fu collocato un tabernacolo (poi trasportato nella cappella del Suffragio); nel 1663 Gerolamo Quadrio fu incaricato di disegnare l’altare, terminato in quell’anno. La canonizzazione di Gaetano da Thiene nel 1671 diede, però, un impulso per ulteriori rifacimenti: entro il 1674 la cappella fu integralmente riconfigurata nell’architettura, ancora per mano del Quadrio; tra la fine degli anni Settanta e il 1689, invece, Giuseppe Rusnati fu incaricato del ricco apparato scultorio.
- 1683 ‐ 1686 (costruzione oratorio dell'immacolata)
- Tra il 1683 e il 1686, su disegno di Andrea Biffi, fu costruito l’oratorio dell’Immacolata, addossato al fianco meridionale della chiesa e destinato a sede di confraternita. Il piccolo edificio subì in seguito numerose modifiche: molte delle opere di scultura e pittura che ne ornavano l’interno sono oggi riunite nelle cappelle laterali della chiesa.
- 1712 ‐ XVIII (completamento cappella di Sant'Andrea Avellino)
- L'ultima cappella mancante per il completamento dell'ambizioso piano, dedicata ad Andrea Avellino, fu interessata da lavori già alla fine del XVII sec., ma la canonizzazione del primo reggente dell'ordine in Milano, nel 1712, consentì di portare a termine un più preciso programma iconografico affidato alla pittura (Filippo Abbiati), all’architettura (altare) e alle sculture (due angeli di coronamento sull’ancona), ancora, forse, di Giuseppe Rusnati. Rimase sul posto la tela di Francesco Cairo con Svenimento del beato Andrea Avellino, databile al 1630.
- 1832 ‐ 1832 (costruzione facciata)
- Con le soppressioni napoleoniche, la chiesa fu chiusa al culto e adibita a magazzino; non diversa sorte toccò ai chiostri adiacenti, trasformati in sede per la Guardia Nazionale, per il tribunale militare, con il ritorno degli austriaci, e, con l'Unità, per la pretura. In seguito, il tempio fu riaperto al pubblico e, nel 1832, l’architetto Giacomo Tazzini fu incaricato di costruire la facciata della chiesa, sino ad allora rimasta al rustico. Le quattro colossali statue nelle nicchie ai lati del portale (una raffigurante Andrea Avellino) furono donate dal medico chirurgo Giambattista Palletta, promotore delle arti a Milano e nella natia Angera, dove aveva commissionato a Carlo Amati la riforma della propria villa.
- 1903 ‐ 1903 (restauro interno)
- La conversione a magazzino aveva compromesso il ricco apparato dipinto e scolpito interno alla chiesa. Una prima campagna di restauri fu dunque intrapresa nel 1903 sotto la direzione dell’ingegnere Cesare Nava e la supervisione dell’architetto Gaetano Moretti, direttore dell’Ufficio Regionale dei Monumenti di Lombardia: ne furono interessati in maniera particolare le superfici affrescate e gli stucchi.
- 1999 ‐ 1999 (restauro statico campanile)
- Nel 1999 il campanile fu sottoposto a un intervento di consolidamento statico. Un precedente restauro della torre era stato promosso nell'ultimo decennio del XIX sec., per interessamento della direzione regionale ai monumenti e con un mai confermato intervento di Luca Beltrami riportato solo da alcune fonti (Ponzoni). Nel corso del XVII sec. il campanile era stato già rimaneggiato da Francesco Maria Richini, in concomitanza con un piano generale di revisione estetica dei chiostri rinascimentali.
- 2006 ‐ 2007 (restauro conservativo interno)
- Nel 2006 fu avviata una campagna di restauro conservativo (architetti Annamaria Navone e Sonia Sganzerla) rivolta, in particolare, alle superfici dipinte e decorate, agli stucchi e, in misura minore, a tele e opere scultorie. I lavori terminarono nel 2007.
- 1127 ‐ XIV (origine e fondazione complesso)
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Data di pubblicazione
19/05/2022
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Fonte dei dati
Scheda di Censimento dei beni architettonici (Diözese von Milano)