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Il telo Sindonico che rimase sei anni nel Santo Sepolcro

Museo diocesano di Agrigento (Agrigento), Agrigento, dal 19/04/2020 al 30/09/2020

Museo diocesano di Agrigento (Agrigento), Agrigento Museo diocesano di Agrigento (Agrigento), Agrigento

Un evento virtuale organizzato dall'Ufficio Beni Culturali e dal Museo Diocesano di Agrigento. In occasione della ostensione della Sindone a Torino per la speciale preghiera per la pandemia anche nella Cattedrale di Agrigento sarà fatta l'ostensione del telo sindonico, reliquia del santo sepolcro portata da mons. Rhini vescovo di Agrigento e già Custode di Terra Santa. La Sindone sarà collocata nel Battistero della Basilica luogo della nascita alla fede da domenica 19 aprile (domenica della Misericordia).
"Sarà un'occasione – dice don Giuseppe Pontillo, parroco della Cattedrale e direttore del MUDIA – per fare memoria della Risurrezione e un invito alla preghiera per il superamento della pandemia."

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Iscrizione: VENUS EFFIGIES SACROSANCTAE SIDONIS D-N-I-XPI SED BINO VENERABILIOR VERA SIIDONIS CONTACTU APUD DUCEM SABAUDIE IODIE EXISTENTIS QUAM REDENTORIS SEPULCRO UN QUO SEX ANNIS REPOSITA IACUERA V. EDUCUTAM F.M.F.R (CUS)M(A) RINI EPUS AGNUS IEROSOLIIMIS DELATAM AGNAE ECCLAE CONCESSIT.

Si deve al vescovo agrigentino Francesco Maria Rhini la riproduzione secentesca del telo che la tradizione considera quello in cui fu avvolto il cadavere di Gesù: la santa Sindone conservata a Torino. Diversificandosi dalle copie fedeli all'originale, il Telo agrigentino si presenta alla pubblica venerazione quale "reliquie da contatto", ove, il suo vero pregio è trascritto sul manufatto stesso "la bellezza di questa rappresentazione risiede nell'essere rimasta a giacere per sei anni presso il Santo Sepolcro e dunque due volte venerabile". La realizzazione della copia integrale del sacro Lino era strettamente connessa alla percezione della fisicità della figura impressa sul Lenzuolo, rendendo la dimensione effettiva dell'immagine sinodica. A rinforzo del ruolo e significato proposto, spesso tali copie venivano poste a contatto con l'originale o con i luoghi Santi, trasformando l'oggetto in un venerabile "brandeum".

Non conosciamo le modalità di fattura del manufatto agrigentino, l'opera si lega con certezza a Francesco Maria Rhini (1676-1696), vescovo agrigentino che "brillò per sublimità di dottrina, per acume d'ingegno e per multiforme copia di scienze". Il Rhini, appartenente alla famiglia dei Regolari Osservanti, il 1 giugno 1664, fu eletto Guardiano del sacro Monte Sion e Custode di tutta la Terra Santa è successivamente nominato dal papa Alessandro VII commissario apostolico per tutto l'Oriente. Fu grande il suo operato in Oriente tanto che, nella qualità di Commissario apostolico, si reca a Costantinopoli e ottiene dal sultano la revoca dell'assegnazione esclusiva della cura del S. Sepolcro al clero ortodosso. Come custode di Terra Santa, nel Capitolo generale celebrato a Valladolid il 24 giugno 1670 viene eletto Ministro generale di tutto l'ordine dei Frati Minori. In occasione di questo suo viaggio, la copia secentesca rimarrà a giacere in Terra Santa per sei anni, verosimilmente dal 1664 al 1672.

Nel 1674, su proposta di Carlo II re di Spagna, Clemente X lo eleggeva vescovo di Siracusa, e dopo due anni nel 1676 Innocenzo XI gli affida la diocesi di Agrigento.




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