L’archivio generale (o generalizio) conserva i documenti prodotti dall’autorità centrale di un ordine religioso.
Mentre tra gli ordini monastici ciascun monastero, godendo di sostanziale autonomia, conserva all’interno del proprio archivio la documentazione prodotta da sé o quella relativa alla eventuale congregazione di afferenza, con gli ordini mendicanti, a partire dal XIII secolo, si sviluppa un’organizzazione centralizzata e corporativa della vita consacrata, che vede al vertice un superiore supremo con pieni poteri, da cui dipendono le realtà subalterne disposte in province territoriali. Negli archivi generali, pertanto, si conservano le scritture prodotte e ricevute dal superiore generale e dalla sua curia, con un’indiretta informazione sulla vita degli enti da lui dipendenti.
Gli archivi generalizi, nati con l’istituzione dell’ordine, in origine seguivano il superiore generale nei suoi itinerari dettati da esigenze di governo o di vita apostolica. In essi, una volta stabilizzatisi in un convento destinato a casa generalizia, si raccolse anche la documentazione prodotta dai vari procuratori dell’ordine, incaricati di curare i rapporti con la Sede Apostolica o con le cancellerie dei vari Stati in cui era presente l’ordine.
DOCUMENTAZIONE CONSERVATA
I documenti prodotti e acquisiti da una curia generalizia riguardano le sue relazioni con le province sottoposte, con i religiosi dell’ordine e i rapporti con le autorità ecclesiastiche e civili, nei quali rivestiva un ruolo particolare il procuratore dell'Ordine.
L’elenco offerto è per categorie possibili, e non intende riassumere o standardizzare la configurazione di un archivio generalizio, in quanto ciascuna curia ha organizzato le proprie carte secondo consuetudini e regole diverse che ne segnano la tipicità.
I documenti conservati si riferiscono a:
l’amministrazione generale: atti del Capitolo e del Definitorio, elezione dei Generali, nomine degli ufficiali di curia (economo, segretario, postulatore, procuratore), religiosi dell’Ordine (professi, defunti, esclaustrati, secolarizzati, dimessi);
l’amministrazione particolare: documenti riguardanti le case dell’istituto e le istituzioni dipendenti (suore, terz’ordine, confraternite e associazioni); registri, inventari dei beni, rendiconti economici, atti notarili, piantine e mappe;
i rapporti con altri enti: rapporti con la Santa Sede, province dell’Ordine e case, vescovi, curie vescovili, autorità civili.
STORIA
Fin dalla loro nascita, nel XIII secolo, gli ordini mendicanti seguirono l’uso ecclesiastico della conservazione dei più importanti documenti relativi a diritti, privilegi e patrimonio in un deposito sicuro o arca con triplice serratura.
Nei testi legislativi degli ordini ricorrono molto presto disposizioni sulla custodia dell’archivio, con l’elenco degli atti fondamentali da conservarvi, come atti di fondazione, facoltà apostoliche, registri di professioni e ordinazioni, atti capitolari e di visite canoniche. Tali indicazioni valevano per i superiori generali, provinciali e locali.
L’attenzione agli archivi e alla documentazione relativa ai diritti dell’ordine e dei suoi membri traspare anche dalla designazione di frati specificamente incaricati della custodia delle chiavi e della trascrizione degli atti notarili più importanti in Regesta o in Registrum. Progressivamente, fin dal Trecento, si introdusse anche l’uso di rimettere in copia al superiore generale i privilegi e i documenti più rilevanti delle province e dei singoli conventi.
La documentazione degli archivi generalizi relativa alle origini dei vari ordini mendicanti è spesso molto lacunosa sia per le vicende storiche di ciascun ordine sia per l’abitudine dei primi tempi di spostare l’archivio al seguito del superiore generale, che non aveva sede fissa. Solo a partire dal XV secolo, con la stabilità della curia generale, gli archivi hanno potuto garantire una buona continuità nella raccolta documentaria. In essi sono generalmente confluiti gli archivi locali dei vari conventi soppressi o accorpati nel corso dell’età moderna dall’autorità ecclesiastica (soppressione innocenziana).
La prevalente concentrazione in Roma dei conventi generalizi degli ordini religiosi ha favorito una buona e continua conservazione della documentazione, almeno fino agli inizi dell’età contemporanea, quando le imprese napoleoniche prima e le leggi eversive dell’asse ecclesiastico in seguito portarono alla dispersione di parte del patrimonio archivistico e all’incameramento statale degli archivi dopo il 1870. In maggioranza, perciò, oggi sono depositati presso gli archivi di Stato, spesso smembrati per la distinzione tra fondi pergamenacei e fondi cartacei.
Ricostituiti in molti casi dal finire del XIX secolo, raccolgono materiali frammentari scampati all’incameramento o recuperati sul mercato antiquario.
BIBLIOGRAFIA
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