Diocèse de Avezzano
HISTOIRE
Fino alla revisione del concordato del 1986, la diocesi di Avezzano ha avuto il nome di diocesi dei Marsi; il 3 settembre ha ricevuto la nuova denominazione.La Marsica è una regione a ovest dell’Abruzzo, confinante con il Lazio.
La sua caratteristica principale è il lago di Fucino, tutto circondato da alti monti, senza affluenti ed emissari, ora prosciugato e coltivato in modo intensivo.
Sempre la vicinanza con Roma influenzò fortemente la vita degli abitanti della zona e anche il cristianesimo ebbe una prima, se pur limitata, diffusione nella Marsica nei primi secoli.
Hanno certamente favorito la conoscenza della nuova religione le continue e facili comunicazioni con l’Urbe attraverso la via consolare Valeria, che attraversava l’intera zona e aveva un punto di riferimento importantissimo nella città di Alba Fucens.
Testimonianze certe (si tratta di iscrizioni) della presenza cristiana risalgono al IV-VI . nei centri di Alba Fucens, Marruvium e Carseoli; si ipotizza che questi tre centri fossero anche i primi nuclei diocesani con un presbitero-vescovo.
Ad Alba Fucens nel . VI si ebbe la trasformazione del tempio pagano di Apollo in chiesa cristiana di San Pietro.
È attendibile che san Rufino, episcopus Marsorum, martirizzato ad Assisi, sia stato missionario nella Marsica nel III sec., sebbene gli edifici di culto a lui dedicati risalgano all’VIII-IX . All’inizio del 400, la provincia Valeria ebbe una prima sede episcopale in Marruvium (San Benedetto dei Marsi).
Il vescovo Joannes Ecclesiae Marsorum accompagnò papa Vigilio a Costantinopoli (551 e 553).
I longobardi invasero la provincia Valeria tra il 570 e il 590 e si ebbe un periodo critico per la vita sociale e religiosa, aggravato dalle lotte fra ariani e cattolici.
Cominciò a diffondersi il monachesimo.
La rinascita e la riorganizzazione della vita religiosa è testimoniata, nel 608, dall’elezione a papa di un prete nato nella Civitas Marsicana (come ora si chiamava Marruvium), Bonifacio IV.
Un Luminosus episcopus Marsorum nel 649 partecipò al concilio Lateranense.
Intorno alla metà dell’VIII . è documentata la presenza di una gastaldia longobarda nella Marsica, che venne conquistata da Carlo Magno nel 774 e annessa al Ducato di Spoleto.
Intanto, in tutta la zona si ebbe una straordinaria diffusione benedettina da Montecassino e da Farfa, che arrivò nei due secoli seguenti a contare oltre cento chiese.
Si consolidò anche la sede permanente della diocesi nella Civitas Marsicana (Marruvium, adesso detta anche Valeria) con la cattedrale di Santa Sabina martire (una basilica sorta su un tempio pagano nel V sec.).
Liderisius vescovo dei Marsi nell’853 partecipò al concilio di Leone IV.
Nel IX-X . invasioni saracene e ungare misero a soqquadro l’intera zona; ma i benedettini, sebbene molto provati, riuscirono a mantenere una forte presenza nella Marsica.
Sul finire del X . arrivarono i franchi.
La Marsica divenne cerniera strategica tra i Ducati di Spoleto, di Benevento e i domini della Chiesa, e fu riorganizzata militarmente, politicamente e religiosamente.
Diversi discendenti dei conti dei Marsi, chiamati «Berardi», furono a capo della diocesi.
Dal 968 a oltre il 990 il vescovo Alberico ottenne privilegi e appoggi, ampliando i confini della diocesi.
Nel 1050, a causa delle rivalità fra i conti Berardi, Attone, uno dei discendenti, creò una diocesi nella Civitas Carseolana, in opposizione a Pandolfo della Civitas Marsicana: lo scisma durò fino al 1057 quando il concilio generale riconobbe unico vescovo dei Marsi Pandolfo e trasferì Attone.
Una bolla di Stefano IX del 1057 tracciò i nuovi confini della diocesi, che comprendevano anche il Carseolano.
Nello stesso periodo iniziò l’occupazione normanna, che mise in crisi i conti Berardi i quali, per salvaguardare il loro potere, cominciarono a fare donazione delle loro proprietà a Montecassino e a creare chiese feudali.
Il forte legame tra Pandolfo e Montecassino è testimoniato da un rotolo pergamenaceo del 1057 (ottimamente conservato) commissionato dal vescovo agli amanuensi del monastero, che riporta il canto dell’Exultet pasquale dove è nominato Pandolfo.
L’istituzione diocesana si consolidò durante il XII . e con il vescovo san Berardo (1113-1130), figlio di Berardo IV conte dei Marsi, alunno a Montecassino, cardinale- prete di San Crisogono, la diocesi ebbe un forte risveglio e un decisivo consolidamento.
Nel 1115 una bolla di Pasquale II indicò nuovi confini (che resteranno su per giù gli stessi fino a oggi), e permise al vescovo di riorganizzare la diocesi, di reprimere gli abusi e di affermare la sua autorità verso i signorotti e i preti indisciplinati.
I confini della diocesi furono confermati da una bolla di Clemente III del 1188 al vescovo Celiano.
Il 3 agosto 1277 Carlo d’Angiò sconfisse Corradino di Svevia nei Piani Palentini presso Tagliacozzo: in ricordo fu eretta la chiesa e l’abbazia benedettina della Madonna della Vittoria.
La politica degli angioini riorganizzò tutta la zona, ma ci furono anche contrasti e lotte.
Tra XIII e XIV . si delineò un nuovo assetto della diocesi, testimoniato da un quaderno pergamenaceo redatto prima del 1397, con l’elenco delle chiese e istituzioni e persone che pagavano un tributo alla cattedrale di Santa Sabina, da cui risulta che la diocesi era ripartita in tre vicarie: Celano, De Medio e Carzeoli.
La diocesi venne direttamente coinvolta nello scisma tra Clemente VII e Urbano IV, dividendo i preti fra le due fazioni.
Si aggravò la situazione già sconvolta dalla peste del 1348 e dal terremoto del 1349.
Il concilio di Trento portò un notevole risveglio e un’organizzazione diversa.
Il vescovo Milanesio (1562-1578), che aveva partecipato al concilio, iniziò la riforma: costruì la cattedrale di Santa Maria delle Grazie in Pescina, celebrò il primo sinodo diocesano.
Matteo Colli (1578-1596) continuò la riforma del predecessore.
Nel 1580 ottenne ufficialmente da Gregorio XIII il trasferimento della sede episcopale a Piscina.
Già da qualche secolo il centro di Valeria (Civitas Marsicana), con la cattedrale di Santa Sabina, era andato decadendo ed era ormai diruto, e i vescovi si erano trasferiti a Pescina e spesso risiedevano nell’uno o nell’altro centro della diocesi: Celano, Cese, Avezzano, Aielli, Ortona dei Marsi.
Colli eresse il seminario, il nuovo episcopio, completò la cattedrale di Santa Maria delle Grazie, ristrutturò il capitolo dei canonici, ridistribuì i benefici ecclesiastici e risolse questioni giurisdizionali.
Nuovi ordini religiosi – cappuccini, riformati, conventuali, carmelitani, agostiniani – favorirono il risveglio della vita di pietà e di carità con le organizzazioni assistenziali, favorita in particolare dalla predicazione dei quaresimali; nacquero molti hospitali e monti di pietà; si moltiplicarono in tutti i paesi le confraternite laicali.
Durante il XVII . la diocesi dovette subire un ripetuto passaggio di milizie mercenarie, con tutti gli inconvenienti che ne derivarono, periodi di siccità, epidemie, terremoti.
All’inizio del secolo il vescovo Peretti (1596-1628) governò la diocesi per trentadue anni: consacrò la cattedrale di Pescina e vi tenne il secondo sinodo diocesano.
Il vescovo De Gasperis (1650-1664) lottò per reprimere abusi tra il clero, affrontò i disagi per la peste del 1656 (più di 4000 vittime), sostenne una lunga diatriba con l’abate di Montecassino per il monastero delle monache di Tagliacozzo.
Tutti i vescovi di questo periodo si lamentarono nelle relazioni ad limina dell’estrema povertà della diocesi e dei soprusi delle autorità secolari, ma evidenziarono la disponibilità del numeroso clero e la religiosità della gente.
Il vescovo Petra (1664-1680) pubblicò postume le Historiae Marsorum Libri Tres di Muzio Febonio, fondamentali per la storia della diocesi.
Il vescovo Corradini (1680-1718) consolidò l’organizzazione diocesana e rivendicò diritti e competenze nei confronti dei feudatari della zona.
Dai verbali delle visite pastorali si rivela una profonda conoscenza della diocesi, governata con passione e competenza.
Il Settecento fu ancora più tormentato.
I padroni locali rivendicavano diritti e arbitri sulle cappelle che erano più di duecento, si verificavano occupazioni di beni ecclesiastici da parte dei laici protetti dalle autorità borboniche, costringendo a redigere catasti e inventari, ora molto interessanti per la ricostruzione storica.
Nonostante tutto continuava con viva partecipazione la vita religiosa della diocesi.
Il vescovo Barone (1731-1741) consacrò chiese, altari, campanili, cappelle in diversi paesi e riaprì il seminario.
Nella seconda metà del secolo terremoto, siccità, carestie, razzie di mercenari continuarono ad affliggere la Marsica: i vescovi ne parlano nelle relazioni ad limina e nei verbali delle visite pastorali.
Il vescovo Mattei (1761-1776) trasferì la sua residenza a Celano, dove era stato preposto, per il cattivo stato dell’episcopio di Pescina, rinfocolando un’antica polemica fra il clero delle due città.
Nel Settecento cominciò il movimento migratorio stagionale degli uomini, braccianti agricoli, dalla Marsica verso la campagna romana e verso la Puglia, che d’inverno impoveriva i paesi di uomini e ne rallentava l’attività, anche religiosa.
Con le nuove idee illuministe, la gente era disorientata dai continui capovolgimenti dei regimi napoleonici e borbonici.
L’inizio dell’Ottocento fu molto incerto, anche se il vescovo Bolognese (1797-1803) metteva in rilievo l’ancora vivo attaccamento del popolo alla fede e alla religione.
Con i decenni si affievolì ulteriormente lo spirito religioso; le chiese e il clero persero importanza e incisività nella vita dei paesi; dai documenti dell’archivio diocesano risulta in notevole aumento il numero di crimini e di immoralità; decaddero le opere di assistenza; le confraternite si misero in contrasto con il clero e assunsero atteggiamenti astiosi fra di loro.
La situazione si deteriorò con l’avvento dell’unità d’Italia.
Dal 1863 al 1872 la diocesi rimase vacante fino all’elezione del vescovo Di Giacomo (1872-1884), che trovò una «situazione disastrosa...
l’intervento dello Stato italiano sulla Chiesa marsicana era stato così rigido e fiscale, da impedire perfino l’espletamento delle normali attività amministrative...
si ha una soffocante presenza di circolari, decreti, lettere, ordini dell’autorità civile di ogni ordine e grado» (A.
Melchiorre).
Da aggiungere la confisca dei beni ecclesiastici, la chiusura dei monasteri, l’occupazione del seminario e dell’episcopio di Pescina ecc.
Il Di Giacomo salvò il salvabile e i successori riuscirono a migliorare la situazione.
Intanto era stato prosciugato il lago Fucino con forti conseguenze sociali, economiche e culturali per la diocesi.
Il XX . è dominato dalle figure di due vescovi dalla forte personalità, Bagnoli (1911-1945) e Valerii (1945-1974), e da due eventi drammatici, il terremoto del 1915 con la prima guerra, e la seconda guerra mondiale, che hanno segnato profondamente la vita della diocesi.
Bagnoli si impegnò nella formazione del clero e del popolo con esercizi spirituali, missioni, rigidi regolamenti e disposizioni.
La sua forte personalità emerse specialmente nel terremoto del 1915: più di 30.000 vittime, tra cui sacerdoti, religiosi e suore; Avezzano completamente distrutta; Pescina, centro della diocesi, crollata in gran parte; molti paesi gravemente danneggiati.
Il Bagnoli prese contatti diretti con il papa e con il governo italiano per far fronte alla catastrofe, a cui si aggiunse l’entrata in guerra.
Distrutti in Pescina l’episcopio, il seminario e malridotta la cattedrale, Bagnoli si rifugiò provvisoriamente a Tagliacozzo; nel 1920 ottenne il trasferimento ufficiale della sede diocesana ad Avezzano, problema che già si agitava da più di un secolo.
Qui fu costruito il nuovo episcopio, il seminario e la cattedrale che prese il titolo di San Bartolomeo apostolo da una chiesa completamente distrutta dal sisma.
Con una serie di tempestivi interventi sollecitati dal vescovo furono ricostruite le chiese distrutte.
La vita diocesana rifiorì con un clero più formato e preparato grazie anche all’istituzione del seminario regionale di Chieti; l’Opera di don Orione, dopo l’intervento per il terremoto, continuò la sua attività in diocesi; le suore apostole del Sacro Cuore, chiamate dallo stesso Bagnoli, incrementarono il loro impegno nella scuola e in altre attività pastorali.
Promosse anche le associazioni di Azione cattolica e le scuole parrocchiali di catechismo.
Con la seconda guerra mondiale, ai disagi che tutti conoscono si aggiunse la distruzione di Avezzano.
Il vescovo dovette sfollare dalla sua sede, dove fece ritorno dopo la liberazione; morì nel gennaio del 1945.
Gli successe Domenico Valerii, che si impegnò intensamente alla ricostruzione spirituale e materiale della diocesi, in sintonia con il clero, consapevole della nuova realtà sociale, culturale, economica.
Valerii ha partecipato al concilio Vaticano II.
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Mappa
Diocèse de Avezzano
Chiesa di San Bartolomeo
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La facciata principale della cattedrale di San Bartolomeo ad Avezzano -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Il presbiterio -
Quadro raffigurante Gesù lavoratore, del pittore-scultore Di Fabio
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.