Diocesi di Reggio Calabria - Bova
STORIA
I - Le origini
La Chiesa reggina vanta origini apostoliche, essendo registrato categoricamente negli Atti degli apostoli: «Costeggiando giungemmo a Reggio» (At 28,13).A partire da questa attestazione esiste una costante tradizione che parla della predicazione di san Paolo ai reggini, delle prime conversioni alla fede cristiana e del primo vescovo, Stefano da Nicea, lasciato dall’apostolo a guida della Chiesa reggina.
Giovanni Paolo II, il 7 ottobre 1984, affermava: «Nel toccare il suolo di questa città, provo una viva emozione al considerare che qui approdò, quasi duemila anni fa, Paolo di Tarso, e che qui l’apostolo delle genti accese la prima fiaccola della fede cristiana: da qui il cristianesimo ha iniziato il suo cammino in terra calabra, espandendosi in ogni direzione, sia verso la costa ionica sia verso la costa tirrenica».
Per conoscere il nome di un altro vescovo dobbiamo però aspettare il VI . quando san Gregorio Magno, in una lettera al vescovo Bonifacio, accenna al suo predecessore Felice.
I secoli intermedi, tuttavia, non sono totalmente privi di notizie.
San Girolamo, nel 385 in viaggio verso la Palestina, si fermò nei dintorni di Reggio, là dove si favoleggia di Scilla e Cariddi.
E nel 400 scriveva: «Dovunque vi è un vescovo, a Roma, ad Alessandria, a Reggio, uguale è la dignità, uguale è il sacerdozio ».
Su un frammento di terracotta del 450, trovato dentro il perimetro urbano di Reggio, si legge in greco: «Ricordati, Signore, del corpo di lei»; nella stessa area sono state ritrovate anche due lampade catacombali.
Gli studiosi ritengono che molte altre testimonianze simili siano custodite nel sottosuolo della città.
Magno Aurelio Cassiodoro (circa 490-583) dimostra buona conoscenza del territorio reggino e interviene anche a favore della sua gente.
Ma è Gregorio Magno a farci sapere che la Chiesa reggina è abbastanza vivace, anche se non priva di difetti.
E al suo vescovo Gregorio affidò l’amministrazione della Chiesa di Carini, di incerta localizzazione.
Fra l’altro il papa prende atto delle difficoltà della visita ad limina e portò gli anni utili da tre a cinque.
II - Dai bizantini al concilio di Trento
Nel 536 i bizantini, guidati da Belisario, sbarcarono a Reggio, che per più di cinquecento anni visse nella lingua e cultura greche; per alcuni secoli rimase quindi sotto la gerarchia di Costantinopoli, praticando il rito greco.Furono secoli in cui Reggio subì vicende alterne: intanto, essendo di lingua greca, si trovò a essere veicolo della cultura orientale, sia profana che teologico-patristica; da un lato splendida sede del governo bizantino in Calabria, ricca perciò dell’economia bizantina e araba, e dall’altro povera e desolata a causa delle frequenti incursioni e depredazioni arabe.
Dopo Gregorio Magno, abbiamo circa due secoli avari di notizie.
Nel 692 Giovanni, vescovo latino di Reggio, e Abbondanzo, vescovo di Tempsa, furono scelti come legati papali al VI concilio ecumenico.
Nel 708 passava da Reggio papa Costantino, proveniente dalla Sicilia.
Nel 787 Costantino, arcivescovo greco di Reggio, partecipò al concilio Niceno II che restaurò il culto delle immagini.
Nell’813 papa Leone III, in una lettera a Carlo Magno, comunicò che l’11 novembre sette navi arabe depredarono un sobborgo di Reggio.
Nell’869 l’arcivescovo greco Leonzio di Reggio e altri quattro vescovi calabresi erano presenti al concilio Costantinopolitano IV.
Intorno all’820-840 l’arcivescovo di Reggio fu elevato alla dignità di metropolita della Calabria; in qualche occasione era indicato come metropolita anche della Sicilia, in quel tempo occupata dagli arabi.
Altra straordinaria ricchezza è la presenza sul territorio di monaci di spiritualità orientale detti basiliani.
I monaci, più eremiti che cenobiti, furono presenti a Reggio fin dai tempi di Gregorio Magno.
Egli ci parla di un abate, Giovanni di Reggio, mandato a restaurare la disciplina in un monastero dell’isola di Vulcano.
Erano monaci che pregavano e leggevano la Sacra Scrittura.
Nei principali monasteri, esistevano attrezzati scriptoria.
Molti i codici copiati nel monastero di San Nicola di Calamizzi di Reggio.
Uno scriptorium si trovava anche in arcivescovato.
In essi si confezionavano le penne, gli inchiostri e le membrane; i copisti producevano libri liturgici, opere dei padri e, qualche volta, anche libri di letteratura come l’Iliade e l’Odissea.
I monaci lavoravano anche la terra e si prendevano cura delle popolazioni che vivevano attorno ai loro monasteri.
Spesso, anche dopo la scomparsa del monastero, sopravvivevano i paesi che erano sorti nei loro dintorni, conservandone il ricordo nella toponomastica.
In questo contesto fiorirono numerosi santi tra cui san Cirillo, vescovo di Reggio (VIII sec.), sant’Elia da Enna e sant’Elia lo Speleota (IX-X sec.), san Cipriano da Reggio (XI sec.).
I normanni giunsero a Reggio nel 1060 e s’impegnarono a far ritornare la lingua e il rito latino in Calabria.
Costruirono anzitutto la cattedrale latina, dove si officiava secondo il rito gallicano fino al 1571, quando si ritornò al rito romano.
Lasciarono, invece, la cattedrale greca come parrocchia protopapale.
Gli svevi riconobbero anch’essi le due cattedrali, latina e greca.
Ma il monachesimo greco ebbe come veri avversari gli angioini, che si impadronirono di Reggio dopo la battaglia di Benevento nel 1266.
Furono circa ottant’anni duri in quanto la guerra tra aragonesi e angioini si combatté sulle coste della Calabria meridionale.
Ebbe inizio allora il sistema della commenda, per cui i beni delle abbazie greche venivano dati in godimento a personaggi estranei alla Calabria.
Gli angioini, insieme alla «schiavitù avignonese » e allo «scisma d’Occidente», determinarono una crisi profonda anche nella istituzione ecclesiale.
Il clero secolare era diviso, i fedeli erano con gli aragonesi di Sicilia, l’arcivescovo Gentile invece si schierò con gli angioini e si salvò con la fuga.
Morto il Gentile, venne eletto vescovo Roberto Castiglioni il quale, insieme ai suoi diocesani, parteggiava per gli aragonesi contro gli angioini.
Costoro riuscirono a farlo dichiarare dal papa inabile e incapace per «difetto di scienza».
Al suo posto venne eletto Tommaso Ruffo, dispensato dal difetto di età.
Per un certo periodo vi furono contemporaneamente due arcivescovi, entrambi abitualmente assenti e in contrasto tra loro.
Doveva essere molto dura la vita civile a Reggio, e molto triste anche quella religiosa.
Tutto questo era agevolato anche dal fatto che dopo la dominazione bizantina, e fino all’epoca angioina, il titolare dell’arcidiocesi reggina veniva eletto dal capitolo metropolitano e confermato dal papa.
L’arcivescovo Antonio Ricci (1453- 1490), dopo aver restaurato la cattedrale, lasciò a essa un prezioso bacolo-pastorale.
In questo periodo il vescovo Girolamo Centelles invitò i religiosi di san Francesco d’Assisi, che avevano un convento nella valle del Tuccio, a trasferirsi a Reggio, nella zona di Eremo-Botte.
A essi affidò una chiesetta in cui era molto venerata un’icona mariana denominata della Consolazione che, nei secoli seguenti, sarebbe stata proclamata patrona della città.
Secondo gli studiosi locali, alcuni di questi religiosi hanno contribuito alla riforma che diede origine all’ordine cappuccino.
Nel 1475 la piccola e vivace comunità ebraica, raccolta nella Giudecca, diede alle stampe, in caratteri mobili ebraici, nella tipografia di Abramo ben Garton, il Pentateuco con commento del rabbino Salomone Jarchi; si tratterebbe in assoluto del primo libro ebraico stampato nel mondo.
III - Dal concilio di Trento al Vaticano II
L’arcivescovo Gaspare Del Fosso (1560-1592), dei minimi di san Francesco di Paola, si rende benemerito per l’attiva partecipazione al concilio di Trento dove tiene la prolusione alla terza sessione, per la fondazione del seminario (24 agosto 1565), per i sinodi diocesani e provinciali celebrati, per l’incoraggiamento dato ai suffraganei, per le opere di carità (monte di pietà), per il coinvolgimento dei religiosi (francescani, carmelitani, minimi, gesuiti, domenicani) che si rivelarono assai preziosi anche nei secoli successivi nella vita della diocesi.L’arcivescovo Annibale D’Afflitto (1593- 1638), palermitano, fu un tenace realizzatore dei decreti del concilio Tridentino.
Compì otto visite pastorali lasciando negli atti una messe di notizie preziosissime per tutti i centri della diocesi, anche perché i turchi nella scorreria del 1592 avevano incendiato tutte le carte dell’archivio diocesano.
Celebrò diciassette sinodi diocesani e uno provinciale.
La sua opera pastorale fu paragonata a quella di san Carlo Borromeo per l’arcidiocesi di Milano.
Le sue virtù umane e cristiane furono esemplari, tanto da indurre i contemporanei ad avviare un processo per la sua canonizzazione, mai giunta in porto.
Dalla dominazione spagnola all’unità d’Italia, Reggio e la Calabria vissero tra una feudalità anarchica, ignorante, oziosa e avida, un esoso fiscalismo con oppressione della popolazione analfabeta e misera, e ricorrenti calamità tra cui le incursioni dei turchi.
La Chiesa reggina, dopo alcuni decenni fervorosi a opera di arcivescovi riformatori, proseguì nell’ordinarietà quotidiana.
Il 5 febbraio 1783 si verificava un disastroso terremoto.
Illuminismo, massoneria, carboneria e anticlericalismo intanto operavano subdolamente nel corpo sociale, disgregandone principi e valori religiosi e morali.
Fra gli uomini di santa vita di questo periodo merita di essere ricordato il cappuccino venerabile fra Gesualdo Melacrinò da Reggio (1725-1803).
All’avvento dell’unità d’Italia il clero era diviso.
I garibaldini costrinsero all’esilio (1860-1866) l’arcivescovo Mariano Ricciardi.
Il canonico Filippo Caprì fondò successivamente i periodici «L’Albo Bibliografico», «La Zagara » e infine «Fede e Civiltà».
In diocesi si avviava una certa attività catechistica e, timidamente, l’Azione cattolica nelle sezioni dell’Opera dei congressi.
Tra gli arcivescovi del Novecento una particolare citazione merita il cardinale Gennaro Portanova (1888-1908) che, dopo l’elevazione alla porpora, scelse di rimanere in diocesi.
Cardinale è stato anche il reggino Luigi Tripepi; ha diretto l’importante rivista «Il Papato» e nel 1900 ha organizzato in Vaticano il primo congresso mondiale dei giornalisti.
Alcuni sacerdoti diocesani, dopo aver brillato per cultura e zelo apostolico, sono stati nominati vescovi: Antonio De Lorenzo e Giuseppe Morabito alla diocesi di Mileto, Domenico Scopelliti a quella di Oppido Mamertina e Demetrio Moscato a Salerno.
Anche il laicato era impegnato: basti pensare al Congresso cattolico regionale del 1896.
Il terremoto del 28 dicembre 1908 causò circa ventimila morti, ma contemporaneamente suscitò energie meravigliose: oltre a laici e religiosi, venuti da fuori come Umberto Zanotti Bianco e san Luigi Orione, furono attivi come fondatori di istituti religiosi san Gaetano Catanoso con le suore veroniche del Volto Santo, madre Brigida Postorino con le immacolatine, più tardi monsignor Giuseppe Cognata con le oblate del Sacro Cuore.
Intensa anche l’opera di san Pio X che, tra l’altro, dotò tutte le parrocchie di chiesa e casa canonica in legno.
Numerose le famiglie religiose femminili operanti in diocesi nel corso del Novecento.
Alle clarisse, le cappuccinelle, le agostiniane, le domenicane e le benedettine dei secoli passati, si sono affiancate le monache di santa Maria della Visitazione che recentemente hanno edificato un grandioso monastero a Orti sulle prime balze dell’Aspromonte.
Enrico Montalbetti, milanese, è giunto a Reggio da Trento nel 1938, alla vigilia della seconda guerra mondiale.
Insigne pedagogo e catechista, ha inaugurato il Pontificio Seminario Regionale Pio XI (1933).
È morto sotto i bombardamenti inglesi, ad Annà di Melito Porto Salvo, il 31 gennaio 1943, unico tra i vescovi della gerarchia cattolica.
Antonio Lanza (1943-1950), «magis ostensus quam datus», di profonda scienza teologica in campo morale e sociale, ha suscitato grandi speranze anche nel resto d’Italia, ma è morto improvvisamente dopo appena sette anni di episcopato.
A lui si devono le lettere collettive dell’episcopato calabro del periodo e la stesura dell’importante lettera collettiva dell’episcopato meridionale del 1948 su «I problemi del Mezzogiorno».
Giovanni Ferro (1950-1977), piemontese, è stato ricostruttore della Chiesa reggina dalle rovine materiali e spirituali della seconda guerra mondiale, e altresì traghettatore prudente dopo il concilio Vaticano II.
È rimasto nel cuore dei fedeli per la sua santa vita, permeata di carità evangelica.
Aurelio Sorrentino (1977-1990), calabrese, ha continuato la riforma liturgica, catechistica e delle istituzioni ecclesiali volute dal Vaticano II.
Fra l’altro ha organizzato il primo convegno regionale delle Chiese di Calabria (Paola, 1978); la prima visita pastorale del papa in Calabria (ottobre 1984); il XXI congresso eucaristico nazionale dal 5 al 12 giugno 1988 con la seconda visita di Giovanni Paolo II.
L’ultimo sinodo, indetto e celebrato sotto Vittorio Mondello (1990, ancora in carica) ha inteso porre la Chiesa reggina nella linea delle nuove esigenze pastorali ma anche nel solco della cura sempre avuta nel passato.
Con la ridisegnazione delle nuove metropolie (2001) Reggio ha visto ridotto un primato avuto per secoli (dall’VIII sec.) come una delle due metropolie più estese della Calabria.
Attualmente, infatti, la metropolia di Reggio Calabria-Bova comprende le diocesi di Locri-Gerace, Oppido Mamertina- Palmi, Mileto-Nicotera-Tropea.
Bibliografia
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Il vescovo meridionale nell’Italia Repubblicana (1950-1990) tra storia e memoria, a c. di A. Denisi, Soveria Mannelli 1998;
N. Ferrante, Santi Italogreci. Il mondo bizantino in Calabria, Reggio Calabria 1999.
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Diocese of Reggio Calabria - Bova
Chiesa di Maria Santissima Assunta in Cielo
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La facciata principale della cattedrale di Santa Maria Assunta a Reggio Calabria -
Il presbiterio -
La cappella del Santissimo Sacramento del XVII sec. -
Veduta dell’aula dall’ingresso
Diocese
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.