Diocèse de Benevento
HISTOIRE
I - Epoca antica e medievale
Secondo gli atti del concilio provinciale del 1599, la Chiesa beneventana sarebbe stata eretta in «cattedrale» nel 285.La prima sicura notizia tuttavia è posteriore di circa un ventennio e risale propriamente al 19 settembre 304 o 305, quando fu martirizzato in Pozzuoli il protovescovo Gennaro.
Se ne hanno quindi sparse testimonianze sino alla fine del V sec. nella lista dei vescovi, che comprende non più di cinque nomi storicamente certi: Teofilo (313), Gennaro II (343-344), Emilio (406), Doro (448) ed Epifanio (494-499).
Nonostante la sua frammentarietà, l’accennata serie vescovile induce comunque a congetturare che in età tardo-antica già esisteva una domus ecclesiae o sede cattedrale con un suo clero organicamente strutturato.
Nelle lettere Iudicium quod di Leone I al vescovo Doro (8 marzo 448) e Frater et coepiscopus di Gelasio I al vescovo Epifanio (496) si hanno esplicite attestazioni di una specifica struttura organizzativa, caratterizzata dall’esistenza di ecclesiae septa (con connesso diritto d’asilo) e di un organico presbyterii ordo.
Se ne perdono però le tracce dopo il 499.
Fin dai primordi del VI secolo, infatti, sulla vita ecclesiastica beneventana cala una cappa d’insondabile oscurità, determinata sia dalle devastazioni della guerra greco-gotica, sia dalla posteriore invasione dei longobardi, che tra il 571 e il 576 s’insediano in Benevento dando origine all’omonimo ducato (comprensivo, nella prima metà del VII sec., di quasi tutta l’Italia meridionale continentale, esso permarrà sostanzialmente inalterato per cinque secoli fino alla seconda metà dell’XI sec.).
È probabile che, a causa dell’odio religioso connaturato al paganesimo o arianesimo degli invasori, la struttura ecclesiastica del novello ducato sia stata ben presto annientata o, piuttosto, ridotta a un verisimile status di clandestinità.
Da tale stato essa riemerge intorno agli anni Settanta del VII sec., in coincidenza con la liberazione di Benevento dall’assedio delle truppe bizantine dell’imperatore Costante II (663), avvenuta secondo la Vita Barbati episcopi per l’intercessione della Madre di Dio.
Conseguenza immediata di quell’evento miracoloso furono la conversione del popolo invasore e la contemporanea restaurazione della sede diocesana, che estese la sua giurisdizione sulla Chiesa di Siponto e sul santuario di San Michele del monte Gargano.
Nel mutato clima di rapporti tra Chiesa e potere ducale, promosso dal vescovo Barbato, s’iscrive la fondazione del cenobio femminile di San Pietro foras muros a opera della duchessa Teoderada (675 ca); sul suo esempio, a partire dai primordi dell’VIII sec., succede una rigogliosa fioritura di monasteri, che nell’arco di quattro secoli si concretizzerà in una ventina di comunità sia maschili sia femminili.
Di siffatti cenobi il più famoso è quello di Santa Sofia, originariamente femminile, che fu fondato dal duca Arechi II intorno al 770 e che si trasformò in maschile intorno al 945.
Contemporaneamente si ha notizia d’una diffusa organizzazione plebanale della diocesi, che appare specificamente attestata durante gli episcopati di Munoaldo (743) e di Alfano I (781).
All’ultimo quarantennio dell’VIII sec., inoltre, si può attribuire la piena fioritura di specifici usi liturgici beneventani, di cui sono esempio la festa mariana del 18 dicembre (nota anche alla liturgia mozarabica) e soprattutto il cosiddetto «canto beneventano ».
Tra la fine dell’VIII sec. e la prima metà del X si distinguono le figure dei vescovi Davide (782-796), Orso (830-840) e Pietro I (886-914).
Di Davide si ricordano in particolare un sermone per la festa del 18 dicembre e, soprattutto, l’istituzione di una specifica cancelleria vescovile, la cui piena fioritura s’affermerà a partire dal XII sec. con l’adozione di moduli e usi propri della cancelleria pontificia, quali la rota, il benevalete e il sigillo plumbeo.
Merito di Orso sono, invece, l’ampliamento della lipsanoteca della cattedrale, con non poche traslazioni di «corpi santi», tra cui quella di san Bartolomeo dall’isola di Lipari, la costruzione dell’oratorium dedicato all’Apostolo (838-839) e l’istituzione della scuola episcopale.
Il nome di Pietro, infine, è legato al ruolo di defensor civitatis da lui svolto alla fine dell’occupazione bizantina di Benevento (891-895) mediante l’assunzione diretta del governo della città nell’896 e ancora nel 903.
La parabola ascendente del processo d’egemonia ecclesiastica avviato da Davide tocca il suo vertice con l’erezione del vescovato in arcivescovato metropolitano, decretata da Giovanni XIII con la bolla Cum certum sit del 26 maggio 969.
E per effetto della decisione pontificia si viene a creare una provincia ecclesiastica «più grande, più degna e più eccellente di tutte le altre Chiese metropolitane» (come dirà nel 1374 l’arcivescovo Ugo Guidard), che, nonostante la separazione della Chiesa sipontina (1063-1064 ca) e dopo il frazionamento e la conseguente normalizzazione degli assetti diocesani dell’XI e XII sec., giungerà a contare ben ventiquattro diocesi suffraganee, tutte comprese nelle odierne province di Benevento, Caserta, Avellino, Foggia e Campobasso.
A siffatta congiuntura si deve forse ascrivere l’adozione d’un tipico signum papale, il camauro o tiara (documentato per la prima volta tra XII e XIII sec. in una formella della porta bronzea), che l’arcivescovo indossava in particolari cerimonie liturgiche ad modum summi pontificis e in palese concorrenza con «la consuetudine della Chiesa romana» (come rilevava nel 1446 Paolo II nel motu proprio con cui ne interdisse l’uso all’arcivescovo Niccolò Piccolomini).
Successivamente, a causa della deditio dei beneventani alla Sede apostolica (1051) e del conseguente trapasso della città nel patrimonium Beati Petri, ha inizio per la cattedra beneventana la serie degli arcivescovi di nomina pontificia, che annovera pastori prevalentemente estranei all’ambiente locale.
Uniche eccezioni a tale estraneità sono Roffredo I (1076-1107), Landolfo II (1108-1119, iniziatore del nuovo oratorio o basilica di San Bartolomeo e dei lavori di ristrutturazione e ampliamento della cattedrale), Roffredo II (1120-1130) e Romano Capoferro (1252-1280).
Degli arcivescovi «forestieri» vanno ricordati: Udalrico (1053- 1069); Milone (1074-1075), già decano della Chiesa di Parigi e preteso maestro di santo Stefano de Muret; il suddiacono romano Enrico (1156-1170), durante il cui episcopato fu ideata la porta di bronzo della cattedrale, poi realizzata al tempo di Ruggero Sanseverino (1179-1221); il cardinale Lombardo (1171-1179), dotto canonista, già discepolo di san Tommaso Becket; Giovanni di Castrocielo (1282-1295), protettore di san Pier Celestino e difensore delle libertà statutarie beneventane contro la politica prevaricatrice della curia romana; Arnaldo de Brussac (1332-1344), che nel 1338, completata dopo più di due secoli la costruzione della basilica di San Bartolomeo, vi trasferì il corpo dell’Apostolo.
In Benevento celebrarono concili tra il 1059 e il 1117 i papi Niccolò II, Vittore III, Urbano II e Pasquale II.
Più che questi, tuttavia, meritano d’essere ricordati i concili provinciali celebrati dopo l’istituzione della metropoli dagli arcivescovi Udalrico (1061), Milone (1075), Landolfo II (1119), Monaldo Monaldeschi (1331), Ugo Guidard (1374 e 1378), Corrado Capece (1470) e Giovanni della Casa (1545).
Del pari non va dimenticata l’istituzione dei sinodi diocesani, che si celebravano nella vigilia della festa di san Bartolomeo (24 agosto) con l’intervento dei vescovi suffraganei, tenuti a compiere annualmente la visita ad limina beati Bartholomei (uso mutuato, anch’esso, dalla consuetudine della Chiesa romana e documentato a partire dall’ultimo ventennio del XIII sec.).
Va ricordato infine che dalla seconda metà del XIII sec. è attestata la presenza di insediamenti conventuali domenicani, agostiniani e soprattutto francescani (del primo e secondo ordine e anche del terzo ovvero dell’ordine della penitenza).
II - Epoca moderna e contemporanea
Nel settembre del 1943, sotto i bombardamenti anglo-americani l’arcidiocesi di Benevento perde, quasi completamente, l’archivio storico diocesano.Lo si tenta di ricostruire raccogliendo negli archivi parrocchiali alcune fonti edite come le costituzioni sinodali e gli atti dei concili provinciali e dei sinodi diocesani, gli editti e le notificazioni.
La perdita danneggia particolarmente il periodo storico moderno e contemporaneo, già poco studiato.
Salvo sporadici casi mancano studi appropriati sia generali che settoriali su questo periodo.
Dal XVI sec. all’unità d’Italia (1860) la città di Benevento con il suo circondario fu isola dello Stato pontificio nel Regno di Napoli e sede della arcidiocesi beneventana, che si estendeva alle regioni del Principato Ultra, della Capitanata e del Molise, corrispondenti alle postunitarie province civili di Avellino, Benevento, Campobasso e Foggia. La città papale era retta da un governatore pontificio nominato dal papa. Ne regolavano la vita gli statuti, emanati da papa Sisto V nel 1588.
Aveva la magistratura in un Consilium civitatis composto di quarantotto membri, dodici per ogni ceto: nobili, mercanti, artigiani e agricoltori. Non sempre i rapporti tra l’arcivescovo e il governatore furono idilliaci.
Gli arcivescovi tentavano di scrollarsi di dosso il giurisdizionalismo, imperante nel Regno di Napoli, e di affrancarsi dall’autorità del governatore di Benevento.
Durante il XVI sec. la vita cittadina fu travagliata da enormi conflitti interni, generati da antagonismi personali e da preminenza familiare, spesso alimentati dal governo napoletano.
Esistevano due fazioni, che ponevano a dura prova l’autorità dei governatori, quella da bascio della Rosa rossa o della Fragola e quella di sopra della Rosa bianca o del Castello.
Per tutto il XVI sec. il ducato beneventano fu funestato da continue rivolte interne, tanto che il 28 febbraio 1530 nella chiesa cattedrale, alla presenza del governatore Diomede De Beninbene, i cittadini di ogni ceto e condizione stipularono la pace perdonandosi le offese, ma la convivenza cittadina era appesantita anche dalla protezione e dall’asilo che i fuorusciti del regno trovavano nella enclave beneventana.
Il 13 novembre 1600 papa Clemente VIII ordinò alla comunità beneventana di espellere i banditi, i ladri, i falsari, i ribelli, gli eretici, gli assassini, i grassatori, i banditi e altri scellerati provenienti dal Regno di Napoli.
La parte della diocesi situata nel Regno di Napoli seguì le vicende e le condizioni dettate dalla nobiltà baronale, alla quale appartenevano i feudi.
I primi dati statistici della arcidiocesi di Benevento sono del 1581, rilevati dal vescovo di Gaeta Pietro Lunello di Barbastro, visitatore apostolico inviato da papa Gregorio XIII.
La città di Benevento aveva 73 luoghi di culto: 13 parrocchie, 16 monasteri, 42 chiese, una chiesa cattedrale e un seminario.
La diocesi invece aveva 91 paesi con 210 chiese, 7 monasteri e diverse cappelle.
L’opera riformatrice degli arcivescovi Savelli e Palombara si avverte non solo sul clero ma anche nella ricostruzione e abbellimento degli edifici di culto.
Giunse in Benevento agli inizi del XVI sec. la scultura lignea della Madonna delle Grazie, opera del maestro napoletano Giovanni Miriliano da Nola, le tavole dipinte del maestro Donato Piperno, ancora poco conosciuto, adornarono le chiese.
Nacquero anche le Accademie dei Rozzi, di Santo Spirito e nel 1550 dei Ravvivati, rilanciata poi dall’arcivescovo Francesco Pacca (1752-1763).
Eminenti furono anche il poeta e letterato Vincenzo Bilotta (XVI sec.), il teologo Antonio Raguccio, teologo e canonico della cattedrale (fine XVI sec.), il giurista ed erudito Ottavio Bilotta (1614-1650) e gli eruditi Mario La Vipera (1566-1636), autore di una cronologia dei vescovi della diocesi, Giovanni de Nicastro (1659-1738), vescovo di Claudiopoli e autore della Beneventana Pinacotheca, e Giovanni De Vita (1708-1774), vescovo di Rieti, archeologo, storico e letterato.
Persio della Porta diresse la cappella musicale del duomo sul finire del Seicento. Il XVII sec. si caratterizza per le sciagure che funestarono l’intera area.
Si ricorda l’assedio della città nel 1633 da parte del viceré del regno, conte Monterey, la rivolta popolare di Masaniello in Napoli tra il 1647 e 1648, il terremoto del 1627, la peste del 1630 e la peste del 1656 che ridusse gli abitanti di Benevento da 18.000 a soli 4000, il terribile terremoto del 1688 che distrusse quasi totalmente la città e i paesi della diocesi, con 2106 morti, il terremoto del 1702 che apportò notevoli danni alle abitazioni, con 150 morti in città e migliaia nel Sannio.
Questo secolo si caratterizza anche per la nascita della letteratura sulle streghe, sull’occulto e sulla superstizione.
Il filosofo e medico Pietro Piperno pubblicò in Napoli un volume sul noce di Benevento, seguito dal figlio Niccolò.
La città e la diocesi di Benevento nella sua lunga storia ha sempre avuto un centro di cultura ecclesiastica: nella chiesa cattedrale e nelle parrocchie durante il Medioevo, nel seminario diocesano dal concilio di Trento a oggi.
Il seminario arcivescovile di Benevento fu fondato nel 1567 dal cardinale Giacomo Savelli, che ne dettò anche le Regole e lo dotò, insieme al successore Palombara, di un cospicuo patrimonio per il buon funzionamento e l’ospitalità a ventiquattro giovani, otto della città e sedici della diocesi, per lo studio di grammatica, retorica, logica, dottrina cristiana, catechismo, musica, teologia, morale e riti sacri.
In particolare ne ebbe cura il cardinale Vincenzo Maria Orsini, il quale lo ricostruì dopo i terremoti del 1688 e del 1702, ne rivalutò la dote e ne dettò le Regole.
Rimase chiuso per venti anni dopo l’unità d’Italia, poi ottenne con papa Leone XIII nel 1898, su richiesta del cardinale Donato Maria Dell’Olio, l’Ateneo teologico giuridico e successivamente nel 1933 il Pontificio seminario regionale Pio XI sul viale degli Atlantici, che ha ospitato i seminaristi fino al 1977.
La metropolia beneventana anche dopo il concilio di Trento contava trentadue chiese, cioè sedici con sede episcopale e sedici unite alle sedi episcopali: Sant’Agata de’ Goti con Suessola, Alife e Ariano, Ascoli, Avellino con Frigento, Acquaputrida e Quintodecimo, Boiano con Sepino, Guardialfiera, Larino con Lesina, Limosano e Tocco, Lucera con Fiorentino e Tortivoli, Monte Marano, San Severo con Civitate, Dragonara, Telese, Termoli, Trevico e Volturara con Montecorvino, Troia e Vicari, e infine Benevento, centro della metropolia, retta da un cardinale arcivescovo.
L’arcivescovo di Benevento come metropolita, aduso a portare il camauro o la mitra triregnale, a farsi precedere dal Santissimo Sacramento nelle visite alla diocesi e ad usare sui documenti il sigillo di piombo, che perse nel 1466 con la proibizione di papa Paolo II, confermata da san Pio V nel 1569, aveva il potere di convocare il concilio provinciale, di visitare le diocesi suffraganee, nell’ambito della provincia ecclesiastica era investito di poteri giurisdizionali di carattere amministrativo e giudiziario e di poteri di controllo e di sostituzione.
Uno strumento particolarmente usato dal metropolita beneventano per la riforma e la formazione permanente della regione ecclesiastica sannita e della propria chiesa locale era la celebrazione dei concili provinciali, ai quali partecipavano i vescovi e i superiori maggiori della regione e i sinodi diocesani per la propria Chiesa locale beneventana.
I concili provinciali, celebrati dal XVI sec. a oggi, sono dieci; i sinodi diocesani invece sono numerosissimi.
Celebrano il concilio provinciale in Benevento nel 1545, nono della serie, in nome dell’arcivescovo Giovanni della Casa, l’arcidiacono e vicario generale Tommaso Conturberio, nel 1567, decimo della serie, il cardinale Giacomo Savelli, il quale si propone di «depravata reformarentur et errores corrigentur» secondo quando disposto nel concilio di Trento, nel 1571, undicesimo della serie, ancora il cardinal Giacomo Savelli, presenti otto vescovi e dieci vicari o procuratori, nel 1599, dodicesimo della serie, l’arcivescovo Massimiliano Palombara i cui atti accolgono anche la relazione della santa visita ai luoghi pii e ai monasteri della città e della diocesi di Benevento, fatta da Pietro Lunello, visitatore apostolico, nel 1656, tredicesimo della serie, l’arcivescovo Giovanni Battista Foppa, nel 1693, quattordicesimo della serie, il cardinale Vincenzo Maria Orsini, nel 1698, quindicesimo della serie, sempre l’Orsini, nel 1729, sedicesimo della serie, celebrato in Benevento sotto la presidenza di papa Benedetto XIII, nel 1895, diciassettesimo della serie, il cardinale Camillo Siciliano Di Rende e nel 1927, diciottesimo della serie, l’arcivescovo Luigi Lavitrano.
Lo studio dei decreti dei concili provinciali accompagna il cammino della Chiesa beneventana su temi dottrinali disciplinari e di attualità, come la questione degli albanesi, le immagini dei santi, i falsari delle lettere apostoliche o episcopali, i testamenti, la vendita dei beni ecclesiastici, i bestemmiatori, maghi, usurai, falsi testimoni, la residenza, le feste di precetto, i religiosi, la clausura, la giurisdizione dei vescovi e dei sacerdoti, l’obbligo di partecipare al concilio provinciale, i concubinari, l’omelia domenicale e la sepoltura dei morti.
Anche lo strumento dei sinodi diocesani fu molto utilizzato.
Rimangono gli atti sinodali del 1567 del cardinale Giacomo Savelli, del 1598 dell’arcivescovo Massimiliano Palombara, del 1646 dell’arcivescovo Giovanni Battista Foppa, di Vincenzo Maria Orsini (1686-1730) per quarantaquattro sinodi, di Sinibaldo Doria del 1731 e del 1732, cinque di Serafino Cenci degli anni 1734-1738, otto di Francesco Pacca dal 1755 al 1762, nove di Giovan Battista Colombini del 1764-1772, uno di Francesco Maria Banditi del 1777, quattordici di Giovan Battista Bussi dal 1825 al 1843, uno di Domenico Carafa del 1855, tre sinodi, gli atti e i decreti del concilio provinciale e un metodo per la sua celebrazione di Camillo Siciliano di Rende del 1881, 1888 e 1892, uno di Benedetto Bonazzi del 1905, il concilio provinciale del 1927 con relativo metodo di Luigi Lavitrano e uno di Agostino Mancinelli del 1956.
Durante il periodo del cardinale Orsini (1686-1730) fu celebrato ogni anno anche il Sinodo delle Litanie, il 24 ottobre, in preparazione alla festa della traslazione dei sacri resti di san Bartolomeo apostolo da Lipari a Benevento (25 ottobre), con la promulgazione delle costituzioni sinodali dell’anno.
Papa Leone XIII con l’Istruzione della Sacra Congregazione per i vescovi e regolari del 24 agosto 1889 istituisce la regione ecclesiastica sannitica, estesa al territorio delle province civili di Benevento, Campobasso, Avellino e Foggia, che comprende quattordici diocesi: Benevento, sede della regione, Avellino, Ariano, Sant’Agata de’ Goti, Cerreto e Telese, Alife, Boiano e Campobasso, Lucera, San Severo, Troia e Foggia, Ascoli Satriano e Cerignola, Larino e Termoli, Bovino, e l’abbazia di Montevergine.
Il 26 ottobre del 1976 la Sacra Congregazione per i vescovi istituisce la conferenza dei vescovi della regione Campania e il 13 aprile 1979 papa Giovanni Paolo II la metropolia beneventana con le diocesi suffraganee di Ariano, Avellino, Sant’Agata de’ Goti, Telese, Lacedonia, Conza, che conserva il titolo di arcivescovile, Sant’Angelo dei Lombardi, Bisaccia, Nusco e l’abbazia nullius di Montevergine sul territorio delle province civili di Benevento e di Avellino della regione Campania.
Il XVIII . è contrassegnato dalla figura eminente del cardinale Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo di Benevento (1786-1730), futuro papa Benedetto XIII (1724-1730), il quale per la sua opera fattiva, viene detto Alter conditor urbis per la ricostruzione della città e delle chiese della diocesi dopo i terremoti del 1688 e del 1702.
Il suo principale impegno fu la riforma del clero, con visite pastorali frequenti, con la celebrazione dei concili provinciali, dei sinodi diocesani, la pubblicazione degli atti e la intimazione con editti e notificazioni.
Ricostruì il patrimonio ecclesiastico, istituì gli archivi parrocchiali e le scuole di catechismo, emanò norme per ogni settore della vita spaziando anche nel sociale con la creazione capillare dei monti frumentari, degli ospedali e la ricostruzione degli edifici ecclesiastici, visitati, consacrati e arricchiti di arredi sacri e di dipinti.
Difese i diritti degli ecclesiastici contro l’autorità civile.
Eletto papa nel 1724 conservò il titolo di arcivescovo e visitò la città nel 1727 e nel 1729.
Durante il suo episcopato e il suo pontificato ottennero il cardinalato e l’episcopato molti sacerdoti e religiosi del clero beneventano.
Sul finire del secolo si accentuarono le dispute per il diritto d’asilo dei rifugiati, per la libertà di commercio e al tempo della soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 la città, occupata dal generale dell’esercito reale Bartolomeo Falconcini, ritornò a papa Clemente XIII il 23 marzo 1774.
Nel XVII e XVIII sec. quasi in ogni paese dell’arcidiocesi venne fondata una casa religiosa per la formazione catechetica, per la vita liturgica, per le missioni popolari, per la crescita morale e per l’opera di accoglienza e di solidarietà verso i poveri e i pellegrini.
Dopo il temporaneo sovvertimento delle istituzioni seguito alla occupazione francese dal 1799 al 1815, e con l’unità d’Italia nel 1860, il territorio ebbe un nuovo assetto.
Nacquero le province civili di Avellino, Benevento, Campobasso e Foggia e i paesi della vasta arcidiocesi.
Il mandamento di Benevento all’inizio del XX sec. si componeva di 35 comuni, raggruppati in sette mandamenti amministrativi, per una superficie di 771 km2 e 105.501 abitanti.
Nel 1860 terminò il dominio dello Stato pontificio su Benevento.
La città e la diocesi soffrirono per l’esilio dell’arcivescovo Domenico Carafa dei duchi di Traetto, che si adoperò a ricostruire la chiesa locale, anche in conseguenza della soppressione degli ordini religiosi e dell’incameramento dei beni ecclesiastici.
Con l’unità d’Italia, sulle ceneri delle famiglie feudali nacque una nuova borghesia, che si appropriò della politica dei beni della Chiesa e dei nobili.
Poi sul finire del secolo si assistette a un rinnovato slancio ecclesiale, specie per la risoluzione dei problemi emergenti, messi in luce dalla questione operaia e sociale.
Il cardinale Camillo Siciliano Di Rende (1879-1897) riaprì il seminario, avviò l’ateneo beneventano teologico-giuridico e la ripresa del clero e del laicato con iniziative sociali e culturali, come la stampa, il congresso della gioventù meridionale, la costituzione di casse rurali e di banche popolari.
La guerra mondiale prima e il fascismo poi interruppero questi fermenti innovativi e benefici, anche se gli arcivescovi Dell’Olio (1898-1902), Bonazzi (1902-1915) e Ascalesi (1915-1924) continuarono a essere presenti con le visite pastorali all’arcidiocesi e a sorreggere il clero e i fedeli.
Durante l’episcopato del cardinale Adeodato Giovanni Piazza (1930-1935) l’arcidiocesi comprendeva 106 comuni delle province di Campobasso, Benevento e Avellino, 590.000 abitanti, 156 parrocchie con 463 chiese e cappelle, 550 preti secolari e 140 seminaristi, 59 religiosi sacerdoti, 34 religiosi laici e 236 religiose, appartenenti a 20 diverse famiglie regolari.
Nel secondo conflitto mondiale la città di Benevento, snodo essenziale nelle comunicazioni dal sud al nord, venne distrutta dai bombardamenti anglo-americani del settembre del 1943.
Rimase rasa al suolo la parte bassa della città dal rione Ferrovia a piazza Roma con le sue chiese e le sue opere d’arte, con i suoi ponti e le sue strade, i magazzini e le industrie. Rimasero sotto le macerie oltre 2000 morti. La chiesa cattedrale fu irrimediabilmente distrutta.
L’arcivescovo Agostino Mancinelli avviò il recupero del patrimonio culturale e artistico e si adoperò per una pronta ricostruzione, portata a termine dall’arcivescovo Raffaele Calabria.
Nel 1954, per il centenario dell’Immacolata Concezione e al termine del congresso mariano regionale, il 20 ottobre in piazza Risorgimento consacrò l’arcidiocesi alla Madonna delle Grazie, già patrona della città e ora con decreto papale del 2 ottobre elevata a Regina del Sannio.
Traghettò con polso fermo la chiesa beneventana nel dopo concilio Vaticano II l’arcivescovo Raffaele Calabria (1962-1982) mantenendo ferma la tradizione a discapito della riforma, avviata poi dal successore Carlo Minchiatti (1982-1991).
Visitano la città tre papi: Benedetto XIII nel 1727 e nel 1729, Pio IX nel 1839 e Giovanni Paolo II nel 1990.
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Mappa
Diocèse de Benevento
Chiesa di Santa Maria Assunta
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La facciata principale e il sagrato della cattedrale di Santa Maria Assunta a Benevento -
Porta aurea -
Il prospetto laterale -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Veduta dell'aula dal presbiterio -
Cartolina dell'interno del duomo (ante 1942)
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.