Diocèse de Cerreto Sannita - Telese - Sant'Agata De' Goti
HISTOIRE
Cerreto, pur essendo dimora stabile dei vescovi sin dal 1577, divenne sede giuridica della diocesi solo nel 1612, conservando la denominazione diocesi di Telese. Perché Cerreto? La cittadina – le cui origini possono farsi risalire al momento dell’incastellamento del X sec. con la testimonianza della chiesa di San Martino, dipendenza di Santa Sofia di Benevento – divenuta feudo dei Sanframondo dal 1151 al 1461 e poi dei Carafa, era alla fine del Cinquecento emergente nella diocesi sul piano religioso per la presenza di chiese, di un convento di francescani conventuali dal 1244, di un monastero delle clarisse dal 1369, di un seminario sorto nel 1593. Sul piano economico e socioculturale era prospera per la presenza di nobili, uomini di cultura, funzionari del regno. L’allevamento delle pecore, a decine di migliaia, alimentava un fiorente artigianato con la relativa produzione di «panni-lana», esportati anche fuori del regno. Nel 1596 Eugenio Savino indiceva la prima visita pastorale e dava il via alla formazione dell’archivio diocesano. Ma nel 1688 un terremoto distruggeva completamente Cerreto, che però per volere dei Carafa, dei vescovi De Bellis e Gambaro, dei ricchi mercanti di lana e con il contributo di papa Innocenzo XI, venne ricostruita a valle secondo un piano regolatore a scacchiera, con piazze, splendide chiese e palazzi (tra cui il complesso episcopio- cattedrale-seminario). Risorgevano anche l’industria e l’artigianato, specie quello della ceramica che raggiunse grande notorietà. A metà Settecento contava già quattromila abitanti, con cinquanta sacerdoti, alcuni dei quali dottori in legge e medici, e tre case religiose francescane. La diocesi raggiunse circa 25.000 abitanti, 24 parrocchie, 108 chiese, 14 comuni, 312 sacerdoti, 190 chierici, 7 cenobi. Diversi centri assunsero notevole rilievo sul piano religioso e sociale tra i quali Solopaca, Guardia Sanframondi con i suoi riti settennali dell’Assunta, caratterizzati da incappucciati flagellanti a sangue, Cusano Mutri, San Lorenzello e Cerreto con le loro botteghe di ceramica; Pietraroia è assurta a notorietà per il recente ritrovamento del famoso Scipionyx Samniticus e per il relativo parco paleontologico. Influì sulla vita religiosa e culturale della diocesi anche il seminario, che conservò i corsi teologici fino al 1921 e filosofici fino al 1936 e che, insieme al ginnasio-liceo parificato «Sodo», sorto nel 1938, formò alunni di varie diocesi meridionali, offrendo alla Chiesa i cardinali Maglione e Castaldo, diversi vescovi e alla società civile illustri professionisti. Con la morte di Vincenzo Luppoli, docente di diritto civile nell’università di Napoli e traduttore in latino delle «leggi ferdinandee», la diocesi rimase senza pastore fino al 1822. Con il concordato tra Pio VII e Ferdinando di Borbone, riebbe il vescovo ma le fu unita aeque principaliter quella di Alife. Intanto insorgeva una controversia tra i due capitoli cattedrali circa la priorità del nome da premettere agli atti ufficiali e a quello del vescovo. Il fatto offrì l’occasione a monsignor Rossi, prefetto della Real biblioteca borbonica, di cui compilò il Catalogus Librorum, di dimostrare la maggiore antichità della cattedra telesina. Nel luglio 1852 anche per intervento di Ferdinando II di Borbone la diocesi telesina diveniva autonoma con la denominazione di Telese o Cerreto. Nelle vicende che caratterizzarono il trapasso al Regno d’Italia, la diocesi visse momenti drammatici: il vescovo Luigi Sodo, accusato di essere filo-borbonico e amico del famoso brigante locale Cosimo Giordano, fu arrestato, condotto a Napoli e processato. Assolto dall’accusa, tornò in diocesi e la governò fino al 1895, morendo in odore di santità. Suo successore fu Angelo Michele Iannacchino, storico della diocesi. Il 30 settembre 1986 la Sacra Congregazione per i vescovi decretava la piena unione della diocesi di Sant’Agata de’ Goti con quella Telesina.
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