Diocèse de Montevergine
HISTOIRE
I - Le origini
L’abbazia di Montevergine, fondata all’incirca nel 1118 da san Guglielmo da Vercelli e intorno al cui santuario si sviluppa presto un forte culto mariano, fu eretta in abbazia nullius con due provvedimenti di Alessandro IV (1261) e Urbano IV (1264).Essi costituiscono il punto di arrivo dell’espansione spirituale e temporale raggiunta dall’abbazia nell’Italia meridionale, arrivando essa a comprendere San Giovanni degli Eremiti in Sicilia ed esercitando, dal 1195, i poteri feudali su Mercogliano.
Montevergine ingloba territori originariamente appartenenti ad altre diocesi, e ciò provoca continui contenziosi con gli ordinari dei luoghi, in primis con il vescovo di Avellino, fino alla promulgazione del Codice di diritto canonico del 1917 che definisce lo statuto giuridico delle abbazie nullius.
Infine, il 29 maggio 2005 i territori di competenza dell’abbazia furono interamente assorbiti dalla diocesi di Avellino.
II - Dal Medioevo alla commenda
Se tra il XIII e il XIV . la diocesi di Montevergine realizzò una buona integrazione tra un centro di riferimento – l’abbazia e il santuario – e una capillare presenza sul territorio, durante il XV . la vita diocesana fu scossa dalle istanze di emancipazione delle municipalità soggette alla giurisdizione spirituale e feudale di Montevergine.Sul finire del XIV . la diocesi subì i contraccolpi negativi di vicende locali conseguenti allo scisma avignonese: Pandullo da una parte e Bartolomeo II dall’altra, nominati l’uno da Urbano IV e l’altro dall’avignonese Clemente VII, si contesero il titolo di abate.
Nel 1430, artefice l’abate Palamite di Lando, Montevergine passò sotto la commenda prima dei cardinali napoletani e poi dei governatori laici della Santissima Annunziata di Napoli.
Il periodo della commenda, che terminò nel 1588, è ritenuto un’epoca di crisi culturale, religiosa ed economica; tuttavia, soprattutto durante la seconda fase, si consolidò uno strettissimo legame con Napoli e con i napoletani, che contribuì in abbondante misura a conferire all’abbazia e al santuario una caratteristica fisionomia sia antropologica sia religioso- culturale.
In questo periodo, per disposizione del cardinale Oliviero Carafa, vennero traslate a Napoli le reliquie di san Gennaro, in precedenza trasferite da Benevento a Montevergine.
III - Dalla commenda al 1810
Dopo la commenda si aprì una fase di lenta e laboriosa rinascita, affidata ad abati di nomina triennale che cercarono di adeguare la cura pastorale alle prescrizioni tridentine.Tra i problemi emerse la gestione del santuario e del grandissimo numero di pellegrini che vi affluivano.
Il sinodo del 1607 dispose l’approntamento di locali per il ricovero e il pernottamento dei pellegrini, così che la chiesa non venisse utilizzata per il bivacco e il pernottamento in promiscuità.
Durante il XVII . la pastorale diocesana si sforzò di improntare la devozione popolare a un maggior rigore morale e spirituale e l’abate Giordano non esitò a indicare come segno di punizione divina l’incendio e il crollo della cattedrale, avvenuti rispettivamente nel 1611 e nel 1629.
Al secolo successivo risale il palazzo abbaziale di Loreto, sede della curia diocesana, notevole esemplare di stile rococò ideato dal Vaccaro.
Nel 1732 Clemente XII concesse agli abati l’amministrazione del sacramento della confermazione: ciò ha attirato – non senza difficoltà di interpretazione della concessione pontificia e contrasti con altri ordinari – e continua ad attirare numerosissimi pellegrini al santuario per ricevervi la cresima.
IV - Dal 1810 al Vaticano II
Dal 1810 al 1815 la diocesi fu soppressa, in conseguenza del provvedimento napoleonico di soppressione degli ordini religiosi che aveva riguardato anche i verginiani: all’abate, ridotto a funzionario civile, venne affidato il compito di custodire l’abbazia e il palazzo di Loreto incamerati dallo Stato.Il sinodo del 1829, convocato dall’abate Morales, si occupò della lotta alle società segrete, guadagnando all’abate l’apprezzamento del re.
Tra i provvedimenti presi dal Morales nel suo lungo governo va menzionata l’organizzazione della curia abbaziale, che mancava finanche dei registri per il protocollo dei documenti.
Come il Morales, anche l’abate de Cesare era dichiaratamente filoborbonico e impegnato a reprimere i fermenti risorgimentali presenti sia nella diocesi sia nella comunità monastica: un gruppo di monaci liberali inviò un saluto a Garibaldi che entrava a Napoli il 1° ottobre 1860, rivolgendosi a lui come «eroico e immortale dittatore dell’Italia meridionale».
La conflittualità, talora sopita ma mai spenta, tra abbazia da una parte e clero secolare e sudditi diocesani dall’altra, emerse nella seconda metà del XIX . nella rivendicazione del titolo di cattedrale per la chiesa madre di Mercogliano e nella vertenza per la composizione del capitolo cattedrale, composto di soli monaci.
La pastorale nel XX . era una delle questioni più urgenti da affrontare, come dichiara la relazione conseguente alla visita apostolica del 1906.
Il popolo era trascurato da un clero non all’altezza del suo compito, a sua volta trascurato dall’abate a vantaggio dei monaci, soprattutto per quanto riguardava la formazione.
L’abate Ramiro Marcone aprì definitivamente il seminario nel 1919, costruì l’orfanotrofio «Maria Santissima di Montevergine » in Mercogliano e pose la prima pietra della nuova cattedrale, benedetta e aperta al culto nel 1961 dal successivo abate Tranfaglia; fondò la congregazione delle suore benedettine della Madonna di Montevergine, di diritto diocesano, che si occupava dell’orfanotrofio; istituì l’Azione cattolica nel 1919 (tuttavia l’associazionismo cattolico, che non nasceva dalla base ecclesiale, in essa non mise radici).
Morales lasciò un ingente numero di lettere pastorali.
Tra le attività diocesane è il caso di menzionare l’opera missionaria, che prendeva le mosse dall’istituzione nel 1940, in diocesi, dell’opera per la propagazione della fede.
Durante gli anni Cinquanta la preoccupazione principale era costituita dal pericolo comunista da contrastare, secondo l’abate Tranfaglia, promuovendo una serie di iniziative tra cui l’istituzione del «Piccolo clero», del «Centro diocesano moralità», la partecipazione al concorso nazionale «Veritas » relativo all’istruzione religiosa e le attività caritative legate alla Pontificia commissione assistenza.
Dopo il concilio Vaticano II gli abati furono nominati amministratori apostolici della nullius dioecesis di Montevergine fino al motu proprio di Paolo VI del 1976, che confermava l’istituto delle abbazie territoriali.
A eccezione dei verginiani, in diocesi non sono presenti ordini o congregazioni religiose maschili.
A occuparsi soprattutto di asili infantili giunsero nel 1890 le suore del patrocinio di san Giuseppe, nel 1930 le suore di san Giuseppe Cottolengo, nel 1935 le salesiane di Maria Ausiliatrice e nel 1941 le Discepole di Gesù Eucaristico.
La cattedrale di Montevergine è un santuario rilevante per il culto mariano.
Si conservano due effigi: la prima raffigura la Madonna delle Grazie che porge la mammella al bambino Gesù e risale alla seconda metà del XIII sec.; la seconda, più venerata e famosa, presenta un volto che secondo la leggenda sarebbe appartenuto all’Odigitria, la Madonna dipinta da san Luca, ed è popolarmente chiamata, per via del suo colorito scuro, «Mamma schiavona ».
In realtà la testa della Madonna risale al XIII . I pellegrini affluiscono al santuario soprattutto a maggio e settembre.
Il pellegrinaggio è vivo non solo nell’immaginario popolare, ma è oggetto di interesse, almeno fino a tutto il XIX sec., per gli intellettuali, tanto da far parlare di una «costruzione letteraria del mito di Montevergine».
Bibliographie
G. Zigarelli, Viaggio storico-artistico al reale santuario di Montevergine, Napoli 1860;G. Mongelli, Storia di Montevergine e della Congregazione Verginiana, I-VIII, Avellino 1965-1971;
P. M. Tropeano, Montevergine nella storia e nell’arte, Napoli 1973;
F. Barra, Chiesa e società in Irpinia dall’unità al fascismo, Roma 1979;
F. Bove (a c. di), Partenio. Storia di un territorio, Roma-Bari 1993;
A. Carfora, Montevergine, in Dizionario storico delle diocesi della Campania, a c. di A. Carfora-C. Galiano-A. Ianniello-G. Liccardo-S. Tanzarella, Palermo 2008.
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Mappa
Diocèse de Montevergine
Chiesa di Maria Santissima di Montevergine
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La facciata principale della cattedrale di Maria Santissima a Montevergine -
Veduta dell'aula dall'ingresso (durante i lavori di ristrutturazione del 2000) -
Veduta dell'aula dal presbiterio (durante i lavori di ristrutturazione del 2000) -
Il presbiterio -
Ancona della Madonna di Montevergine e apparato iconografico retrostante
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.