Diocèse de Piacenza - Bobbio
HISTOIRE
I - Dalla prima evangelizzazione ad Avito imperatore e vescovo
Il documento più antico con cui inizia la storia della Chiesa piacentina è la redazione della Revelatio vel Inventio, cioè del ritrovamento del corpo del martire Antonino (†303) a opera del vescovo Savino avvenuto verso la fine del IV . Tale evento sembra collegato al progetto del vescovo per l’evangelizzazione del territorio extraurbano, che coincise con quello dei due municipi romani di Piacenza e Velleia.Il primo vescovo piacentino di cui si conosca il nome fu Vittore (322?-374?), onorato come santo, nominato nel citato testo dell’Inventio di sant’Antonino, da due Privilegi del 744 e del 746, rispettivamente dei re longobardi Ildeprando e Rachis, oltre che da un diploma di Carlo III del 28 dicembre 888, in cui si attribuisce ad Antonino, patrono principale della diocesi, il titolo di martire e a Vittore quello di confessore.
Il secondo vescovo della città fu Sabino o Savino, probabilmente romano di patria, diacono milanese, vescovo per lungo tempo (375-394 o 395?).
La sua nomina con buone probabilità fu influenzata dal niceno Ambrogio, che con questo diacono condivideva l’ortodossia antiariana.
La sua esistenza è confermata da quattro fonti di documenti: gli atti del concilio di Aquileia del 381; le lettere di san Basilio; sei lettere di sant’Ambrogio, da cui appare una sincera e cordiale amicizia fra i due vescovi; i famosi Dialoghi di san Gregorio Magno, al libro III, ov’è riportato il controverso racconto del fiume Po, che si sarebbe ritirato nel suo alveo a un comando di Savino.
A lui si deve l’organizzazione della comunità cristiana di Piacenza, sia sotto l’aspetto geografico, sia spirituale e liturgico.
Frutto della sua opera fu la fioritura del monachesimo femminile, testimoniata da sant’Ambrogio, che narra di giovani piacentine che si recavano a Milano per ricevere il velo.
In campo maschile ebbe un ruolo distinto il diacono Presidio (V sec.), poi monaco e forse vescovo, ricordato da san Girolamo e sant’Agostino, ai quali era unito da amicizia.
Poco sicuri sono i nomi dei successori di Savino.
Fondamento storico ha la nomina di Avito, già imperatore, costretto a cambiare lo scettro con il pastorale, che resse per pochi mesi fra gli anni 456 e 457.
II - Dalla seconda evangelizzazione al vescovo conte
Determinante, nel periodo della dominazione longobarda, che lasciò un segno indelebile in chiese di località ben determinate attraverso la dedicazione ai santi da loro venerati, fu l’arrivo del monaco irlandese Colombano, che per interessamento della regina Teodolinda, nel 610, ottenne da Agilulfo il terreno su cui costruire il monastero di Bobbio.Il cenobio assunse grande rilievo culturale e religioso, iniziando una preziosa opera di rievangelizzazione del territorio piacentino e ligure.
Colombano, assecondando il desiderio di Teodolinda, si adoperò per la cessazione dello scisma tricapitolino che teneva Aquileia lontana dall’ambito romano.
Assieme ai suoi monaci operò alacremente per convertire i longobardi ariani e gli indigeni ridiventati pagani.
La presenza longobarda portò qualche problema nelle relazioni con la Chiesa metropolitana di Ravenna, capitale dell’esarcato bizantino.
La Chiesa piacentina dipese inizialmente dal metropolita di Milano: nell’agostosettembre del 451, il vescovo Maiorano partecipò al concilio radunato in quella città.
Non si conosce la data del distacco da questa metropolia, la certezza della dipendenza di Piacenza da Ravenna si ha nel 680, al tempo del concilio Romano, radunato da papa Agatone, a cui partecipò il vescovo di Piacenza, che firmò dopo il metropolitano ravennate.
La dipendenza continuò nel X sec., nel 988 successe sulla cattedra piacentina Giovanni Filagato, che riuscì a ottenere tutti i privilegi arcivescovili, ma il suo successore Sigifredo ritornò a essere suffraganeo di Ravenna.
Un primo tentativo di liberare la diocesi dalla soggezione metropolitana avvenne da parte di papa Pasquale II nel concilio di Guastalla del 22 ottobre 1106, senza conseguenze.
Il distacco definitivo si ebbe a opera di papa Adriano IV, che nel 1155 assoggettò Piacenza direttamente alla Sede apostolica.
Dal 1520 la diocesi ritornò a essere arcidiocesi senza vescovi suffraganei fino al 1582, quando papa Gregorio XIII la sottomise a Bologna, da lui eretta in metropolitana.
I vescovi piacentini in pratica andarono ai concili indetti in quella città per libera scelta e non per obbligo.
Dal 1806 al 1818 Piacenza fu assoggettata a Genova, Pio VII la riportò ancora alle dipendenze della Santa Sede.
Ora è suffraganea di Modena.
Nel periodo franco l’imperatrice Angilberga, sposa dell’imperatore Ludovico II fondò il monastero di San Sisto (fra l’852 e l’857).
In quegli anni il territorio piacentino extraurbano venne suddiviso in pievi: il primo documento in cui si trova il titolo di archipresbiter risale al 12 febbraio 835, e quello in cui si parla di plebs è del 25 agosto 854.
Intanto la figura del vescovo venne assumendo in città grande prestigio, nell’881 gli fu riconosciuta l’immunità minore, nel 915-920 una parte importante dell’immunità maggiore; il 18 luglio 997 Ottone III accordò al vescovo, Sigifredo, i poteri comitali sulla città di Piacenza e periferia.
A questo presule si deve il merito di avere eretto il «Consorzio o Fraternità dei Cappellani ossia dei Parroci della Città di Piacenza», avvenuta nel 998, benemerito sodalizio con scopi religiosi e assistenziali tuttora esistente.
III - Dal concilio di Piacenza alla dinastia dei Trivulzio
Nell’anno 1001 il vescovo Giovanni Filagato, divenuto antipapa, donò alla cattedrale le reliquie di santa Giustina di Antiochia vergine e martire degli inizi del IV sec., venerata a Piacenza dall’VIII sec., patrona della città e della diocesi assieme a sant’Antonino.Nel 1014 fu eretta la diocesi di Bobbio, che si formò in parte con territorio tratto dalla diocesi piacentina.
Durante la lotta per le investiture, a metà dell’XI sec., fu vescovo Dionigi, forse della casa comitale di Seprio (1048-1082), filo imperiale e avversario di Gregorio VII, che con il piacentino e suo congiunto Gregorio da Fontana, vescovo di Vercelli dal 1044 al 1077, fu fautore nel 1048 dell’elezione dell’antipapa Cadalo.
Successore di Dionigi fu Bonizone di Sutri, legato alla Pataria, orrendamente mutilato, e perciò privato del potere vescovile dai filoimperiali.
Nel 1095 il papa Urbano II alla periferia di Piacenza celebrò un concilio generale, che ebbe inizio il 1° marzo di quell’anno, in cui fra l’altro vennero posti i prodromi della prima crociata, alla quale partecipò anche il presule piacentino Aldo (1098-1122).
Nel 1137 i cremonesi, alleati di Federico Barbarossa, presero e distrussero Crema, riedificata nel 1185, con l’aiuto dei piacentini.
La città e il suo territorio non vollero più appartenere a Cremona da cui dipendevano anteriormente, e furono aggregati alla diocesi di Piacenza, rimanendovi fino all’anno 1581.
Nel 1200 a Piacenza vissero alcuni distinti personaggi elevati agli onori degli altari: san Raimondo Zanfogni (†28 luglio 1200), detto Palmerio perché pellegrino in Terra Santa, oltre che in altri luoghi, predicatore laico rimasto sempre fedele alla Chiesa e protettore dei poveri, dei piccoli e dei malati, per cui fondò un ospedale.
San Fulco Scotti (†26 ottobre 1229), eletto vescovo di Piacenza dal clero e dal popolo, per opposizioni faziose non poté essere consacrato e fu traslato a Pavia, ove si distinse per pazienza, cultura e carità verso i poveri; santa Franca da Vitalta, nobile, religiosa, badessa nel primo monastero femminile cisterciense della diocesi, di vita austera ed esemplare (†25 aprile 1218).
Unito da vincoli di parentela con lei fu il beato Gregorio X, Tedaldo Visconti, nato a Piacenza nel 1210.
Dopo aver ricoperto vari incarichi, fu raggiunto, mentre era ancora diacono e si trovava in Siria, dalla nomina al sommo pontificato dopo la vacanza della Sede apostolica di due anni e nove mesi nel 1271.
Morì il 10 gennaio 1276, ad Arezzo, di ritorno dal concilio di Lione del 1274-1275 da lui indetto.
Il beato Filippo Suzzani (†1306), eremitano scalzo di sant’Agostino, condusse vita esemplare presso la chiesa e convento di San Lorenzo e dal popolo fu venerato subito dopo la morte come santo.
Anche nel secolo seguente, nonostante le molte difficoltà in cui si dibatteva la Chiesa, si riscontra a Piacenza una certa vitalità, data la sua ubicazione all’incrocio di importanti nodi viari.
Il Giubileo del 1300 vi riportò schiere di pellegrini, fra cui san Rocco di Montpellier, morto secondo la tradizione il 16 agosto 1377, presente nella città padana probabilmente nel 1374, ove nell’ospizio di Santa Maria di Betlemme curò i malati di peste, da cui fu egli stesso contagiato; si ritirò allora in una piccola grotta a Sarmato, ove fu curato da un nobile ex feudatario del luogo: Contardo Pallastrelli.
Guarito, ritornò nell’ospizio come infermiere, ove, secondo la tradizione, sarebbe stato riconosciuto come santo ausiliatore.
Infatti, mentre stava pregando nella vicina chiesa, avrebbe ottenuto la liberazione della città dal morbo.
Eremita itinerante fu anche san Corrado di Piacenza, detto dei Confalonieri (1297-1365), ritenuto appartenente all’ordine terziario francescano, morto a Noto in Sicilia, di cui fu dichiarato patrono, dopo una vita di austere penitenze.
Fra i presuli del 1400 si distinse Fabrizio Marliani, già vescovo di Tortona, poi di Piacenza dal 1476 al 1508.
Colto, in stretta relazione con i duchi di Milano, promosse importanti lavori in cattedrale e riedificò il palazzo vescovile.
Nel 1493 prese posizione con prudenza, dolcezza e determinazione contro gli ecclesiastici indegni.
Clero e religiosi infatti attraversavano un periodo di rilassamento, nonostante l’introduzione dei minori osservanti o zoccolanti nel 1421 e dei domenicani osservanti nel 1443.
Una crisi profonda vigeva anche nei laici, irretiti dalla superstizione nel ceto povero e dall’eresia in quello colto.
I cronografi del tempo ignorano questa seconda realtà, confermata anche dall’istituzione della confraternita dello Spirito Santo, eretta in Santa Maria del Tempio, accanto all’antico convento dei domenicani di San Giovanni in Canale, sotto la guida dell’inquisitore, con lo scopo di combattere gli eretici.
La situazione peggiorò nel XVI sec., quando l’eresia serpeggiò fra persone colte, soprattutto giuristi e notai, fra cui il notaio Giovanni Musso e Alessio Ruinagia.
Il credo luterano dovette esprimersi in modo molto cauto, coperto da interessi di carattere culturali, come l’Accademia degli Ortolani (1543-1545), a cui parteciparono personaggi come Antonio Francesco Doni, Ludovico Domenichi e altri.
Mentre la diocesi si dibatteva in problemi così intricati, la sua guida spirituale per mezzo secolo fu in mano alla dinastia dei vescovi di casa Trivulzio di Milano (1518-1559).
Interessati più ai loro interessi che non alle questioni religiose, i tre presuli Antonio (1518-1522), cardinale Scaramazza, vescovo di Como e arcivescovo di Vienne, oltre che abate di vari monasteri (1522-1529), Catelano, vescovo a 15 o 16 anni (1529-1559), furono a Piacenza raramente, abbandonando il governo della diocesi a vicari o ai vescovi suffraganei.
Catelano partecipò con presenza discontinua al concilio di Trento, prendendo la parola in varie occasioni, sempre però in modo pacato e con moderazione.
Ciò nonostante in diocesi fiorirono fermenti di riforma cattolica anteriori al concilio di Trento.
Si distinse in questo una donna illetterata della montagna piacentina: la venerabile Margherita Antoniazzi (1502-1565) che nel 1533 fondò un piccolo austero ordine femminile, dedito alla cura degli appestati, all’assistenza dei poveri e dei bambini, per i quali eresse la prima scuola gratuita nella dispersa località di Costageminiana presso Bardi.
IV - Dal concilio di Trento alla fine del Settecento
Dalla seconda metà del 1500 iniziò una nuova era per la diocesi attraverso l’avvio di una pastorale organizzata, basata sui tre pilastri voluti dal concilio di Trento: visita pastorale, sinodo e seminario.Il grande riformatore fu il cardinale beato Paolo Burali d’Arezzo, teatino, vescovo di Piacenza dal 1568 al 1576, quando fu promosso arcivescovo di Napoli (†1578).
Nella sua breve permanenza svolse un’opera febbrile: visitò per due volte le oltre 400 parrocchie della diocesi, celebrò due sinodi, rispettivamente nel 1570 e nel 1574.
Il 15 ottobre 1569 fondò il seminario.
A lui si devono molteplici iniziative: devozione eucaristica, fondazione di confraternite, fra cui quella del Santissimo Sacramento, scuola della dottrina cristiana, istituti di beneficenza.
Abolì il rito piacentino, prescrivendo i nuovi libri liturgici secondo il rito romano.
Claudio Rangoni (1596-1618), colto, amante delle arti, della storia e della liturgia, compì tre visite pastorali, facendo seguire alle prime due rispettivamente i sinodi del 1599 e del 1610, intesi a migliorare la vita del clero e del popolo.
Ridusse la cattedrale romanica a chiesa barocca, ampliando il presbiterio e ornandola con dipinti e stucchi barocchi.
Fece preparare dallo storico canonico Campi i testi per l’ufficio e il messale propri della diocesi riformati secondo le prescrizioni del concilio di Trento.
Degna di rilievo è anche l’opera del vescovo Alessandro Scappi (1627-1653), durante la peste del 1630; emulo dei cardinali Carlo e Federico Borromeo, si adoperò personalmente all’assistenza degli appestati, animando l’opera dei sacerdoti e religiosi, molti dei quali morirono colpiti dal morbo.
Quasi tutti i vescovi seguenti svolsero visite pastorali e sinodi, di cui si conservano gli atti.
Nella seconda parte del XVII . vennero privilegiati due pilastri della pastorale: il catechismo e le missioni al popolo, soprattutto attraverso l’opera di due celebri predicatori gesuiti, i padri Paolo Segneri e Giovanni Pietro Pinamonti, negli anni 1668-1684, seguiti da folle oceaniche di fedeli.
Nel XVII e XVIII . vissero degli ecclesiastici colti, fra cui il canonico Pier Maria Campi (1569-1648), studioso e pio, autore Dell’Historia Ecclesiastica di Piacenza, in tre tomi; il prevosto della parrocchia urbana di Sant’Agata, Cristoforo Poggiali (1721- 1811), bibliotecario della biblioteca comunale, autore di Memorie storiche di Piacenza, in dodici volumi pubblicati fra il 1757 e il 1766, e di Memorie per la storia letteraria di Piacenza, in dodici volumi editi nel 1789; Ubaldo Cassina (1736-1824), sacerdote, professore di filosofia nell’università di Parma, protonotario apostolico, confinato nella parrocchia di Pomaro per la sua apertura ai problemi contemporanei, autore di opere filosofiche; Giovanni Vincenzo Boselli (1760-1844), compilatore Delle storie piacentine, in tre volumi del 1793.
Di grande rilievo fu l’opera del cardinale Giulio Alberoni (1664-1752), diplomatico, primo ministro di Filippo V re di Spagna, fondatore del prestigioso collegio che da lui prese il nome, per seminaristi poveri e dotati di vivace intelligenza, inaugurato il 23 novembre 1751.
Fra le religiose ebbe grande rilievo l’opera della beata Brigida Morello di Gesù (1610-1679), fondatrice delle suore orsoline di Piacenza, benemerite educatrici di giovani e, nel XIX sec., la beata Rosa Gattorno (1831-1900), fondatrice a sua volta delle Figlie di sant’Anna, dedite all’assistenza dei poveri, malati, orfani e bambini.
Alla fine del XVIII . e all’inizio del seguente fu vescovo il benedettino Gregorio Cerati (1783-1807), benefattore, fondatore di una casa di accoglienza per sacerdoti poveri tuttora esistente.
Pilotò la diocesi con saggezza nel periodo di disorientamento a causa della Rivoluzione francese, che irretì molti.
Il clero ne uscì indenne, non vi furono sacerdoti apostati se non Melchiorre Gioia.
Più attento ai segni dei tempi, almeno nella sua fase giovanile, fu il vescovo Lodovico Loschi (1824-1836).
Ugualmente aperto alle istanze politiche e culturali del tempo, sotto la spinta del suo vicario generale Antonio Silva, fu il suo successore Luigi Sanvitale (1836-1848), durante il cui episcopato, nel 1846, venne eretto il seminario vescovile di Bedonia.
Travagliato fu l’episcopato di Antonio Ranza (1849-1825), chiuso alle istanze e al pensiero del tempo, fedele a Pio IX, contrario ai Savoia, imprigionato e condannato per ben due volte: con lui si chiuse un’epoca dell’episcopato e conseguentemente della Chiesa piacentina.
V - La Chiesa piacentina verso la modernità
Una nuova epoca si aprì con il beato Giovanni Battista Scalabrini (1876- 1905), nato nel 1839, che portò in diocesi un nuovo soffio di vitalità.Transigente, conciliatorista, attento ai problemi sociali: fu il vescovo degli emigrati, per i quali fondò le congregazioni dei missionari di san Carlo Borromeo, il 28 novembre 1879 e delle suore missionarie di san Carlo, il 25 ottobre 1895.
Compì cinque visite pastorali, indisse tre sinodi, dal 14 al 16 settembre 1889 volle a Piacenza il primo congresso catechistico nazionale.
Fondò inoltre l’Istituto Sordomute che da lui prese il nome nel 1879 e incoraggiò le opere di monsignor Francesco Torta (1864-1949) fondatore dell’Istituto per sordomuti Madonna della Bomba, nel 1903, a cui fecero seguito l’Istituto Cieche (1910) e la congregazione delle suore della Provvidenza per l’Infanzia abbandonata (1921).
Il XX . segnò un’epoca felice per la diocesi.
Il vescovi Giovanni Maria Pelizzari (1905-1920), Ersilio Menzani (1921-1961) e Umberto Malchiodi (1961-1969, ma coadiutore del precedente dal 1946), tridentini per formazione, impostarono la loro attività sui pilastri della visita pastorale, dei sinodi della catechesi, aggiungendo una forte attenzione all’Azione cattolica.
Enrico Manfredini (1969-1983), morto arcivescovo di Bologna, spese la sua esistenza ad applicare con passione, attraverso un’attività frenetica, il rinnovamento portato dal concilio ecumenico Vaticano II.
Antonio Mazza (1983-1994) celebrò il sinodo diocesano e durante il suo episcopato si realizzò, nel 1989, l’unione con la vicina piccola diocesi di Bobbio.
Piacenza in questo periodo fu definita la «diocesi dei cardinali»: infatti nel XX . diede alla Chiesa otto cardinali, otto arcivescovi e dodici vescovi.
Bibliographie
PL XVI: Ep. Ambrosii XLV, 1142-1145, Ep. XLVI, 1145, Ep. XLVII, 1145-1151, Ep. XLVIII, 1151-1153, Ep. XLIX, 1153-1158, Ep. LVIII, 1178-1182;P. M. Campi, Dell’Historia ecclesiastica di Piacenza, 3 voll., Piacenza 1651-1662;
C. Poggiali, Memorie storiche della città di Piacenza, 12 voll., Piacenza 1757-1766;
V. B. Boselli, Delle storie piacentine libri XII, 3 voll., Piacenza 1793-1805;
G. Tononi, Notizie intorno alla vita e il culto dei santi Antonino e Vittore raccolte da G. Tononi, Piacenza 1880;
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F. Molinari, Il cardinale teatino Beato Paolo Burali e la riforma tridentina a Piacenza, Piacenza 1957;
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Aa.vv., Storia di Piacenza, 6 voll., Piacenza 1980-2003;
M. Francescani, Giovanni Battista Scalabrini, Roma 1985;
F. Arisi-L. Mezzadri, Arte e storia nel Collegio Alberoni di Piacenza, Piacenza 1990;
L. Mezzadri, La storia della Chiesa Piacentina, Piacenza 1992;
D. Ponzini, Il complesso episcopale paleocristiano piacentino e la sua posizione nell’ambito cittadino, «Strenna Piacentina», 1993, 11-21;
Storia della Diocesi di Piacenza, I*. Guida alle fonti. Archivi e biblioteche di Piacenza, a c. di L. Cerotti- M. Giuranna-I. Musajo Somma-A. Riva;
I**. Guida alle fonti. Repertorio delle pubblicazioni dal 1870, a c. di L. Cerotti, Brescia 2004;
i volumi della storia della diocesi in preparazione.
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Diocèse de Piacenza - Bobbio
Chiesa di Santa Maria Assunta
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.