Diocèse de Santa Maria di Grottaferrata
HISTOIRE
I - Le origini
Nel luogo dove oggi sorge l’abbazia greca di Santa Maria di Grottaferrata c’era una villa romana, forse il Tusculanum di Cicerone, con una cripta sepolcrale, secondo il Cecchelli la tomba di Tulliola, figlia di Cicerone, che, per le inferriate di protezione delle sue finestre, fu chiamata popolarmente, già dall’XI sec., Grottaferrata (lat.Crypta-ferrata), nome poi rimasto a designare il territorio circostante.
Durante l’alto Medioevo su quel terreno, donatogli dal conte Gregorio di Tuscolo (Frascati), san Nilo di Rossano (910-1004) fondò un’abbazia intitolata alla Madre di Dio (1004).
Morto san Nilo, il discepolo e biografo san Bartolomeo nel 1024 ne completò la costruzione e redasse anche un Typikon, o Regola, accentuatamente ascetico, per i monaci.
Dopo la sua morte, avvenuta l’11 novembre 1055, la comunità visse un lungo periodo di perfetta osservanza regolare, soprattutto sotto il governo degli abati (igùmeni) Luca I (†1075), Nicola I (†1098), Nilo II (†1135).
II - Il Medioevo
L’abbazia, la cui giurisdizione intanto si estendeva sul territorio di Tivoli, Albano e Velletri, fino al mare e alle paludi pontine, cresceva di importanza e per questo fu protetta, aiutata e contesa da papi, re e principi.Nel 1122 Callisto II ne sanzionò l’autonomia, in regime di esenzione, sottoponendola alla sola autorità di Roma.
Fu proprio la sua importanza a gettarla in periodi di decadenza e squallore, il primo dei quali ebbe inizio nel 1131, quando Ruggero II di Sicilia conferì all’abate Nicola II l’investitura della baronia (feudo) di Rofrano, territorio di Salerno, che includeva il monastero di San Nazzaro, nel quale san Nilo aveva fatto la professione monastica.
Così infeudata, l’abbazia fu contesa tra i conti di Tuscolo, che avanzarono pretese sui suoi beni, e l’autorità ecclesiastica di Roma, che rivendicò la giurisdizione diretta su di essa.
La guerra tra i due contendenti costrinse i monaci ad abbandonare Grottaferrata e a rifugiarsi a Subiaco (1163): vi tornarono solo nel 1193.
Con il rientro della comunità, la vita monastica rifiorì vigorosa e il suggello di tale rinascita fu la traslazione, il 22 agosto 1230, della icona della Vergine, emigrata dapprima a Tuscolo, poi a Roma.
La devastazione, operata dall’imperatore Federico II nel 1241, lasciava l’istituzione in piena decadenza, proseguita durante il papato avignonese e il grande scisma d’Occidente.
All’inizio del XV . fu contesa dalle famiglie romane dei Colonna, degli Orsini e dei Gaetani e fu occupata dal re di Napoli, Ladislao: in queste circostanze andarono perduti i corpi dei fondatori.
Ciò nonostante, con il governo dell’igùmeno Pietro Vitali (†1467), ultimo abate regolarmente eletto dal capitolo monastico, la vita spirituale e culturale dell’abbazia tornò a rifiorire, anche se non più come alle origini.
Nel 1462 Pio II la diede in commenda al cardinale Bessarione, che la tenne fino al 1472, quando gli subentrò il cardinale Giuliano della Rovere, futuro Giulio II, che trasformò il complesso abbaziale in un castello fortificato.
Il Bessarione accrebbe il numero dei monaci, difese i beni dell’abbazia contro gli usurpatori e fece redigere un inventario delle sue proprietà fondiarie.
Curò la dotazione della biblioteca, nella quale confluirono il suo Eucologio patriarcale e il codice contenente alcuni testi dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo.
III - L’epoca moderna
Tra gli abati commendatari sono da ricordare Giovanni e Fabio Colonna, Alessandro Farnese, Odoardo Farnese, che fece dipingere dal Domenichino la cappella dei fondatori (1609-1610), Francesco Barberini senior, che fece erigere il trono della Madonna di Grottaferrata (1665), Giannantonio Guadagni, che fece restaurare in stile barocco la chiesa abbaziale (1754), Carlo Rezzonico ed Ercole Consalvi, che fu l’ultimo.Dal 1608 la comunità, fino ad allora governata dagli abati commendatari tramite il priore, pur permanendo la carica di abate commendatario, poté eleggersi un superiore per tre anni, che assumeva il titolo di abate, in quanto, a seguito della riforma dei monasteri basiliani d’Italia di Gregorio XIII del 1579, l’abbazia era divenuta la sede della provincia romano-napoletana e uno dei tre noviziati della neonata congregazione basiliana italiana.
In questo periodo parecchi monaci si distinsero in vari campi, soprattutto nella storia, nella liturgia e nella paleografia.
Durante l’occupazione napoleonica di Roma, i monaci lasciarono di nuovo l’abbazia, che però fu risparmiata.
IV - L’epoca contemporanea
Nel 1824 Leone XII soppresse l’istituto della commenda e riunì i poteri spirituali e temporali nelle mani dell’abate Nilo III Alessandrini, ma nel 1834 la carica di abate fu nuovamente sospesa e la comunità fu governata da priori fino al 1869, quando Pio IX ristabilì la dignità abbaziale, conferendola a padre Nicola Contieri (1827-1899), successivamente promosso alla sede arcivescovile di Gaeta.Nel 1870, con la presa di Porta Pia, l’abbazia fu soppressa e divenne proprietà dello Stato italiano: i monaci furono dispersi e poterono far ritorno a Grottaferrata solo nel 1881, mentre il complesso monastico fu dichiarato monumento nazionale e, pertanto, salvato dal degrado.
Al Contieri successe, con il titolo di abate, padre Cozza-Luzi (1831-1905), che riportò la comunità all’osservanza del rito greco (21 aprile 1881) e poté pubblicare il catalogo dei 226 manoscritti greci, anteriori al XVI sec., redatto da padre Antonio Rocchi (1839-1906).
Nel 1882 divenne abate Arsenio Pellegrini (1849-1926), che ottenne da Leone XIII il titolo di basilica per la chiesa, redasse nuove costituzioni, più in sintonia con la regola di san Basilio, fondò la scuola tipografica San Nilo e una scuola di iconografia, paleografia e miniatura, dando avvio all’opera di restauro dei libri antichi con l’istituzione di un nuovo laboratorio per il restauro del libro.
Al Pellegrini successe nel 1920 Romano Capasso, che espanse la presenza dell’abbazia in Sicilia, con l’assunzione della direzione del seminario greco di Palermo e la rifondazione dell’antico monastero di Mezzojuso, e in Calabria, con la costruzione del monastero di San Basilio (Cosenza).
Nel 1930 gli successe Isidoro Croce che, nel 1937, ottenne che l’abbazia venisse eretta dalla Santa Sede in monastero esarchiciso, cioè abbatia nullius (dioeceseos), mantenendo però la denominazione di Santa Maria di Grottaferrata.
Egli divenne, pertanto, il primo igumeno esarca, eletto e confermato dalla Santa Sede, e ottenne la Kirothesia di archimandrita.
Bibliographie
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L. Ferrara, S. Maria di Grottaferrata, EC X 1830-1833;
M. Petta, Grottaferrata, Monastry of, NCE VI 813-814;
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C. Cecchelli, L’Etimasia criptoferratense, Roma 1946;
G. Giovanelli, S. Nilo di Rossano, fondatore di Grottaferrata, Grottaferrata 1966;
P. Minisci, Santa Maria di Grottaferrata, la chiesa e il monastero, Grottaferrata 1976.
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Mappa
Diocèse de Santa Maria di Grottaferrata
Chiesa di Santa Maria
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La facciata principale della cattedrale di Santa Maria -
La fontana del paradiso -
L’aula vista dall’ingresso, l’iconostasi al centro -
L’altare all’interno del santuario -
La facciata principale della cattedrale (da C. Gradara, Una badia orientale in Italia, in ''Arte cristiana'', 8, 1920... -
L'interno della cattedrale (da C. Gradara, Una badia orientale in Italia, in ''Arte cristiana'', 8, 1920,9-10, pp. 18... -
Particolare degli affreschi medievali della navata: Mosè (S. Kambo, Grottaferrata e il Monte Cavo, [Italia artistica,...
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.