Diocèse de Crema
HISTOIRE
I - Le origini
Crema apparteneva al dominio veneto e contava quaranta parrocchie, già sottoposte alla giurisdizione dei vescovi di Cremona (22), di Piacenza (17), di Lodi (1).Questi vescovi, per non creare contrasti, di fatto si disinteressavano del territorio ma, al tempo stesso, si opponevano alla creazione della diocesi.
L’interessamento del doge di Venezia e l’appoggio di san Carlo Borromeo spinsero papa Gregorio XIII, l’11 aprile 1580, a erigere la diocesi di Crema (Cremensis), con la bolla Super universas, e ad attribuirle come patrono san Pantaleone.
Crema fu suffraganea di Milano dal 1579, di Bologna dal 1582 e di Milano dal 1835.
Il primo vescovo, Gerolamo Diedo (1580-1584), veneziano, quattro mesi dopo la nomina si ammalò e la diocesi rimase senza vescovo (dal 1582 al 1584), sino alla nomina di Gian Giacomo Diedo (1584-1616), nipote di Gerolamo.
II - Il Seicento
La nuova diocesi andava ora organizzata attraverso la creazione di strutture adeguate.Nell’ultimo ventennio del XVI . diede avvio alla curia diocesana, venne risistemato il capitolo della cattedrale (trasformato presto da sodalizio cultuale in un organismo più vicino al vescovo e alla pastorale attiva), si istituì il seminario e, in aggiunta alle parrocchie esistenti, se ne crearono altre dieci.
Lungo tutto il Seicento, due furono le preoccupazioni principali dei vescovi di Crema: consolidare la struttura organizzativa della diocesi e applicare i decreti del concilio di Trento.
Questo percorso incontrò forti resistenze, non solo interne alla Chiesa cremasca, ma anche esterne: essendo la sede metropolitana di Bologna troppo lontana, il vescovo poteva, di fatto, contare su uno scarso affidamento su di essa.
Inoltre la politica ecclesiastica di Venezia, cui Crema era politicamente soggetta, era sovente in contrasto con quella della Santa Sede.
Tuttavia, per tutto il Seicento e il Settecento, Crema ebbe dei buoni vescovi (quasi tutti veneziani o sudditi veneziani) che osservarono l’obbligo di residenza e furono pastori attenti, tanto che la Chiesa di Crema non ebbe a soffrire di uno dei grandi mali di cui era ancora afflitta la Chiesa sotto il pontificato di Paolo V, l’assenteismo.
Gian Giacomo Diedo (1584-1616), considerato il «san Carlo di Crema», fu un vescovo attento alla vita spirituale della popolazione: celebrò sette sinodi; portò a termine dieci visite pastorali; favorì la presenza di religiosi e di numerose confraternite sul territorio.
Tra i vescovi di questo secolo vanno segnalati Pietro Emo (1616-1629) che cercò di alleviare le sofferenze del popolo invaso dagli spagnoli durante la guerra tra la Repubblica di Venezia e l’impero; Marco Antonio Bragadin (1629-1633), nipote dell’eroe di Famagosta, che si distinse per la carità nei confronti della popolazione colpita dalla peste del 1630 che ridusse la popolazione di Crema da 11.000 abitanti a circa 6000; Alberto Badoer (1633-1677) che fu vescovo per quarantaquattro anni, governando con saggezza ed effettuando numerose visite pastorali; Marcantonio Rollio (1678- 1702), che cercò di ripristinare la decaduta disciplina ecclesiastica.
III - Il Settecento
Anche in questo secolo Crema – la popolazione era salita a 9000 abitanti e quella del territorio a circa 30.000 – ebbe dei buoni vescovi; tra essi Faustino Griffoni (1702-1730), il «vescovo santo»: la sua vita fu contraddistinta da un’intensa attività caritativa (elargiva denaro a piene mani a persone e istituzioni, dando ai poveri anche i vestiti e le suppellettili della casa), da una costante sofferenza (affetto da obesità sin dagli anni giovanili e poi dalla gotta, portò con amore la sua croce) e dall’umiltà (abolì i suoi titoli e stemmi, ridusse la servitù).Devoto della Passione di Cristo, promosse la devozione del venerato Crocifisso del duomo: nel giugno del 1708, allorché piogge torrenziali stavano compromettendo la raccolta del grano, decise di indire solenni suppliche al Crocifisso disponendo di esporlo sull’altare maggiore; appena ciò avvenne, le piogge cessarono.
Alla sua morte si ebbe un concorso enorme di popolo e, nei giorni in cui la salma fu esposta in cattedrale, avvennero guarigioni giudicate miracolose.
Gli successe Lodovico Calini (1730-1751), erudito e zelante, che incrementò la pratica degli esercizi spirituali per il clero e per il popolo.
Si trovò al centro di due controversie: una, determinata dall’ampliamento del seminario, lo pose in conflitto con il vicino convento delle cappuccine tanto da indurlo, nel 1751, a lasciare la diocesi e a ritirarsi a Roma; l’altro è la nota controversia conosciuta come la «questione di Crema» relativa all’Eucaristia.
IV - L’Ottocento
La ventata rivoluzionaria partita dalla Francia trovò nei fedeli e nel clero cremasco una forte ostilità.Il vescovo Tommaso Ronna (1808-1828), pur dando prova di fedeltà incondizionata a Bonaparte, si impegnò a elevare la condotta di vita del clero e dei laici: lottò contro «l’infame vizio del vino e dell’osteria, universale in questa nostra diocesi », chiedendo ai confessori di non dare l’assoluzione a chi non si fosse realmente pentito di questa condotta; obbligò i preti a indossare la veste talare e a curare le celebrazioni liturgiche, soprattutto quelle funebri; fece obbligo ai parroci di non tralasciare la spiegazione del Vangelo e cercò di correggere gli abusi della religiosità popolare.
Quando, il 20 aprile 1814, ritornarono gli austriaci, monsignor Ronna non esitò a esprimere incondizionata fedeltà all’imperatore Francesco I d’Austria, tanto che il nome del nuovo sovrano venne introdotto nel canone della messa dopo i nomi del papa e del vescovo.
Il vescovo, più che servo di due padroni – anche se i suoi atteggiamenti sono stati chiaramente contraddittori – è stato un fedele seguace dell’alleanza fra trono e altare tipica della Chiesa del primo Ottocento.
Alla sua morte, avvenuta il 23 aprile del 1828, iniziava una seconda e lunga vacanza episcopale, chiusa con la nomina di Carlo Giuseppe Sanguettola (1835- 1854), che ricalcò le posizioni del suo predecessore, schierandosi – all’interno del processo risorgimentale – prima con i piemontesi e poi con gli austriaci, quando questi ritornarono padroni del territorio.
Voleva tenere la Chiesa fuori dall’ingerenza della politica e si impegnò quasi esclusivamente nell’educazione cristiana della gioventù: volle la presenza in diocesi delle canossiane e delle Ancelle della Carità; nel 1847 l’oratorio di San Luigi.
Pietro Maria Ferré (1857-1867) fu aperto ai nuovi problemi sociali.
Il vescovo Francesco Sabbia (1871-1893) promosse la presenza delle suore del Buon Pastore nel 1871 e si caratterizzò per la strenua difesa del potere temporale del papa.
V - Il Novecento
Il vescovo Ernesto Fontana (1894-1910) lasciò una traccia profonda nella vita della diocesi mediante lettere pastorali puntualmente inviate all’inizio di ogni Quaresima e l’esempio di una fedeltà incondizionata verso il papa, al quale era legato da stretta amicizia.Appoggiato da monsignor Andrea Cappellazzi, acuto studioso tomista, curò la formazione del clero e, nella questione modernista, si schierò su posizioni estremamente rigide.
Con Carlo Dalmazio Minoretti (1915-1925) la Chiesa di Crema superò il dramma della guerra e il difficile inizio del fascismo, nei confronti del quale il vescovo tenne un atteggiamento distaccato, così come il successore Giacomo Montanelli (1928-1930).
Marcello Mimmi (1930-1933) dovette invece affrontare lo scontro con il fascismo per difendere l’Azione cattolica.
Tuttavia evitò sia una fiera opposizione sia una compiacente accondiscendenza, atteggiamento che, in parte, non fu possibile a Francesco Maria Franco (1933-1950) il quale accettò un modus vivendi, giungendo fatalmente a un «quasi ossequio» al fascismo pur di salvaguardare le prospettive spirituali e religiose della popolazione.
Giuseppe Piazzi (1950-1953) creò il «Cuore di Crema» (splendida casa di accoglienza per i poveri); con Placido Maria Cambiagli (1953-1963), la Chiesa di Crema si avviava verso il concilio che però venne seguito nel primo periodo da Franco Costa (1963- 1964) e, successivamente, da Carlo Manziana (1964-1981).
Particolarmente attento alla liturgia, si fece promotore di innumerevoli iniziative per formare sia il clero sia i laici a questa sensibilità; aperto ai problemi sociali (avendo vissuto la prigionia nel campo di concentramento di Dachau, era particolarmente attento ai problemi della democrazia economica e politica), introdusse la «visita pastorale» alle industrie del territorio portando ogni anno la sua parola in oltre cento unità produttive; delicato verso i sacerdoti, di cui si considerava «padre e fratello maggiore», ebbe particolare attenzione alla loro formazione culturale e spirituale; ultimo rampollo di una ricchissima famiglia bresciana strettamente legata a Paolo VI, profuse in carità tutti i suoi beni lasciando, anche in questo, una traccia luminosa.
Bibliographie
G. Solera-A. Zavaglio, I Vescovi di Crema (1589- 1926), Crema 1926;A. Zavaglio, Storia dei paesi del Cremasco, Crema 1946, rist. anast. 1980;
G. Degli Agosti, S. Pantaleone medico e martire, Crema 1983;
Diocesi di Crema, a c. di A. Caprioli-A. Rimoldi-L. Vaccaro, Brescia 1993;
P. Elli, La partecipazione di Benedettini Cassinesi alla controversia di Crema (1732-1752), Montecassino 1993.
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Diocèse de Crema
Chiesa di Santa Maria Assunta
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.