Diocèse de Molfetta - Ruvo - Giovinazzo - Terlizzi
HISTOIRE
I - Dalle origini al tardo Medioevo
Le notizie su Molfetta non sono anteriori al X sec.; il suo sviluppo e la sua trasformazione da locus in civitas si compiono durante l’XI sec., con l’avvento e la costituzione del regno normanno nell’Italia meridionale.Molto probabilmente la fondazione della diocesi rappresentò o coincise con l’elevazione di Molfetta, feudo dei conti di Conversano, al rango di città.
L’istituzione della diocesi (nonostante i dubbi sull’autenticità del documento papale) è posta a partire dal giugno 1025, quando Giovanni XIX costituì l’arcidiocesi metropolitana latina di Bari e Canosa e concesse all’arcivescovo Bisantio la potestà di ordinare dodici vescovi suffraganei, scegliendo le sedi episcopali fra diciotto località, tra cui viene enumerata Molfetta, posta dopo Giovinazzo e prima di Ruvo.
Non è certo se essa ebbe subito il proprio pastore, tuttavia un vescovo Melfittensis (indicato fra i vescovi di Bisceglie e di Giovinazzo) fu presente alla dedicazione della nuova basilica di Montecassino il 1° ottobre 1071.
Dalla prima metà del XII . la cronotassi episcopale risulta essere pressoché ininterrotta.
Un documento del marzo 1162 (l’atto di fondazione del santuario cimiteriale extra moenia, dedicato alla Vergine Maria e ai pellegrini «martiri di Cristo», lì sepolti e venerati) offre un quadro abbastanza eloquente della struttura diocesana di quell’epoca, dando notizia delle dignità e degli uffici svolti da alcuni ecclesiastici molfettesi: compaiono l’arcidiacono- rettore dell’episcopio (perché è assente il vescovo), l’arciprete, i due primiceri, alcuni sacerdoti, l’avvocato dell’episcopio, un sacerdote con funzioni di notaio (primiscriniarius) e, infine, i chierici del collegio episcopale.
La fondazione del santuario di Santa Maria dei Martiri, a cui si aggiunse la costruzione di un ospedale per i pellegrini, fissò una tappa significativa lungo la litoranea che congiunge il santuario di San Michele sul Gargano con la basilica di San Nicola in Bari, proiettandosi, oltre l’Adriatico, verso la Terrasanta.
Il santuario diventò meta di pellegrinaggi e nell’ambito diocesano si accostò alla cattedrale romanica (dedicata all’Assunta), che dal XIV . accolse le reliquie di san Corrado (1105?-1126?), monaco cisterciense.
Questi, figlio del duca di Baviera Enrico Welf, detto il Nero, partì pellegrino verso la Terrasanta, morì lungo il tragitto presso lo speco di Santa Maria ad cryptam di Modugno (Bari), e successivamente fu eletto patrono di Molfetta.
Altri poli della vita religiosa della diocesi furono i monasteri benedettini (con gli attigui ospedali) di San Martino (1083), San Giacomo (1139), Santa Maria Maddalena (ante 1316) e dei canonici regolari (Santa Margherita, 1182), e i conventi dei francescani (San Francesco, XIII sec.) e degli osservanti (San Bernardino, 1451); né mancò la presenza dei templari (San Nicola, ante 1216), dei giovanniti (San Primo, ante 1263) e dei teutonici.
Fra i vescovi dei primi tre secoli di vita della diocesi dev’essere menzionato Risandus, personalità nota e stimata dai papi, i quali gli affidarono numerosi incarichi durante il suo episcopato, il più lungo finora registrato nella storia della diocesi (ante 1222-1271).
Altro personaggio di spicco è il vescovo Angelo (1280-1287), appartenente alla famiglia romana dei Saraceni, diramatasi nel XII . dalla famiglia di Innocenzo II, i Papareschi.
Per il XIV . c’è qualche incertezza circa la successione episcopale, tuttavia – all’epoca del grande scisma – sembra che la diocesi sia rimasta sempre nell’orbita dell’obbedienza romana.
Nel 1386, il vescovo Simon Alopa operò all’interno del capitolo la riduzione del numero dei canonici, facendoli passare da trentasei a ventiquattro.
Il 16 settembre 1472, Giovanni Battista Cibo fu trasferito da Savona a Molfetta.
Creato cardinale di Santa Balbina (poi di Santa Cecilia) da Sisto IV (1473), ritenne la sede di Molfetta e nel 1484 diventò camerlengo del Sacro Collegio.
Nel conclave del 14 agosto 1484 fu eletto papa e assunse il nome di Innocenzo VIII.
Egli chiamò a succedergli il suo vicario generale, Angelo de Lacertis (1484- 1508), l’unico vescovo dell’intera cronotassi a essere certamente nativo di Molfetta.
Durante l’episcopato di quest’ultimo, Innocenzo VIII concesse al santuario di Santa Maria dei Martiri l’indulgenza plenaria (1° giugno 1485) e rese il vescovo e la diocesi immediatamente soggetti alla Sede apostolica (1° dicembre 1488).
II - L’età moderna
Dalla metà del Quattrocento ai primi decenni del Cinquecento la popolazione cittadina passò da 464 a 765 «fuochi», raggiungendo circa 3000 abitanti.La rendita della diocesi era valutata per 800 fiorini annui e tassata per 76.
Il tessuto ecclesiastico della diocesi, che territorialmente coincideva con quello cittadino, contava ancora sui due centri principali della vita religiosa locale (cattedrale e Santa Maria dei Martiri), mentre il capitolo si occupava della cura animarum.
Di esso facevano parte soltanto i chierici nativi della città, i quali partecipavano della «massa comune», amministrata dal capitolo.
Altre chiese e cappelle erano disseminate all’interno delle mura o nell’agro circostante, sulle quali veniva esercitato il patronato regio e il patronato laicale.
Altre appartenevano a confraternite (Santissimo Sacramento e Santo Stefano); erano presenti anche i nuovi insediamenti religiosi dei celestini (Santissima Trinità, 1523), dei cappuccini (prima al Pulo, 1536, poi il Santissimo Crocifisso, 1560), delle cisterciensi (Sant’Angelo, ante 1573), e di monaci basiliani (Santa Margherita, XV-XVI sec.), fuggiti da Corone a causa dell’invasione turca.
Nel XVI . le notizie sui vescovi si fanno più ricche e numerose, ma lo stesso secolo continua a conoscere, anche in Molfetta, l’esperienza dell’assenza dei presuli dalla diocesi e il mercimonio dell’episcopato.
Tutti i vescovi prestavano servizio presso la Sede apostolica con diversi incarichi.
L’umanista Alessio Celadeno (1508-1517), greco di nascita ma italiano di adozione, fu segretario papale.
Morì a Roma durante il concilio Lateranense V.
Gli succedettero due membri della famiglia Ponzetti, Ferdinando (1517-1518) e Giacomo (1518-1553), zio e nipote: il primo fu cardinale ed entrambi svolsero l’ufficio di tesorieri generali.
Durante l’episcopato di Giacomo si ha notizia di un primo sinodo diocesano.
Attraverso le note «cessioni», gravate da pesanti pensioni, la diocesi passò al custode della Biblioteca apostolica Nicolò Maiorani (1553-1566) e poi al nipote Maiorano (1566-1597), il quale, per primo, osservò la residenza voluta dal concilio di Trento e dette inizio all’opera di riforma, ma, alla sua morte, fu eletto Offredo Offredi (1598-1605), nunzio apostolico a Firenze e a Venezia, che in sette anni di episcopato non visitò mai la diocesi.
Dei sette vescovi del Seicento, cinque appartenevano a ordini o congregazioni religiose: un carmelitano (Giovanni Antonio Bovio, 1607-1622) e un domenicano (Giacinto Petronio, inquisitore nel regno, 1622-1647) provenienti dalla corte papale, due teatini e un benedettino di Venezia, Pietro Vecchia (1691-1695), già abate di Santa Giustina e vescovo di Andria.
L’ultimo fu Domenico Bellisario de Bellis (1696-1701), chiamato a Roma come vicegerente.
La provenienza dei vescovi rivela un notevole ritardo, rispetto alle altre diocesi, nel processo di meridionalizzazione dell’episcopato pugliese, iniziatosi nella seconda metà del Seicento.
Anche se non appaiono vescovi spagnoli, gran parte dei presuli giungeva dalla corte papale oppure dalle zone centro-settentrionali della penisola, mentre l’epoca dei più aspri conflitti giurisdizionali fra Napoli e Roma segnava senza interruzioni la presenza in sede dei vescovi, strenui difensori delle prerogative rivendicate dalla Santa Sede, altrimenti sudditi devoti dei sovrani borbonici.
Il Settecento comprende soltanto quattro lunghi episcopati, fra i quali il più esteso è del cosentino Fabrizio Antonio Salerni (1714-1754).
Gli successe Celestino Orlandi (1754-1775), abate della congregazione dei celestini, fratello di Giuseppe, vescovo della confinante diocesi di Giovinazzo: dopo quasi due secoli un pugliese tornava a sedersi sulla cattedra di Molfetta.
Dalla fine del Cinquecento la popolazione della diocesi contava circa 8000 anime, mentre il numero dei sacerdoti e dei chierici andava vieppiù crescendo, fino a essere giudicato esorbitante e a richiedere, sul finire del Settecento, l’intervento dei vescovi per porre limiti alla pletora degli ecclesiastici.
Dalla fine del XVI . si succedono le iniziative dei vescovi per dar vita al seminario, che trova una prima sede nel 1655, trasferendosi poi in altre due, per occupare infine un palazzo, opportunamente ristrutturato (1760-1763), attiguo all’episcopio.
L’incremento demografico (6800 anime nel 1671) e l’espansione urbanistica indussero a una diversa impostazione della cura pastorale della popolazione, riflessa nei vari sinodi diocesani.
Essa era affidata al capitolo, che annualmente delegava alcuni suoi membri all’amministrazione dei sacramenti, ma nel 1663 il vescovo teatino Giovanni Tommaso Pinelli (1648-1666) istituì, con il consenso del capitolo, l’ufficio del canonico curato, attribuendo a esso, in forma stabile, la cura delle anime.
Un altro teatino, Carlo Loffredi (1670-1691), nel 1671, senza nessuna opposizione del clero, costituì la seconda parrocchia (Santo Stefano), che raccoglieva la popolazione del suburbio.
Sorsero nuovi insediamenti religiosi: dei gesuiti (Sant’Ignazio e Collegio, 1610), dei domenicani (San Domenico di Soriano, 1636), delle monache di San Pietro (1573, trasferitesi intra moenia dal monastero di Sant’Angelo e poi di Santa Maria de Principe; prima cisterciensi poi benedettine cassinesi) e delle domenicane (Santa Teresa, 1794).
Si moltiplicarono pure le confraternite, gli oratori e le congregazioni di laici e di chierici.
Per opera dei gesuiti si diffusero le congregazioni mariane e nel 1647 fu fondato un conservatorio per orfanelle.
Nella seconda metà del Settecento si succedettero ulteriori mutamenti della compagine diocesana, determinati da vari fattori.
A partire dal 1767, con l’espulsione dei gesuiti dal Regno di Napoli e la successiva scomparsa delle comunità religiose a causa delle soppressioni governative, si rese urgente un nuovo assetto dell’organizzazione diocesana e delle sue strutture, in parte avviato da Orlandi e realizzato dal successore Gennaro Antonucci (1775-1804).
Questi, nel 1785, trasferì la cattedrale, il titolo parrocchiale, l’episcopio e il seminario nella chiesa e nel collegio dei gesuiti, posti nel borgo, all’interno della nuova cinta muraria.
Soppresse, inoltre, la parrocchia di Santo Stefano e distribuì il suo territorio e la sua popolazione fra la parrocchia della nuova cattedrale e la nuova parrocchia di San Gennaro, mentre fece diventare il duomo nuova parrocchia, intitolata a San Corrado, attribuendole la giurisdizione dell’antica parrocchia cattedrale.
Fra i membri del clero furono numerosi i sacerdoti elevati all’episcopato – fra questi il cardinale Nicola Riganti (1744-1822), vescovo di Ancona – mentre si distinsero per la loro valenza culturale l’abate Ciro Saverio Minervini (1734-1805) e l’arciprete Giuseppe Maria Giovene (1753-1837).
III - Dalla Restaurazione alla revisione del concordato Lateranense
Dopo il trentennale episcopato di Antonucci, la sede resta vacante per tutto il periodo del governo francese fino al 1818, quando, siglato il concordato fra Ferdinando IV e Pio VII, furono soppresse le diocesi di Giovinazzo e Terlizzi e assorbite dalla diocesi di Molfetta (che, al contrario di Giovinazzo, si era opposta all’ondata rivoluzionaria).A questa sede fu trasferito il vescovo di Giovinazzo e Terlizzi Antonio Cimaglia (1818-1819).
Gli successe l’oratoriano Filippo Giudice Caracciolo (poi cardinale arcivescovo di Napoli).
Durante il suo episcopato (1820-1833) s’accrebbe la fama del seminario vescovile – erede del prestigio del collegio gesuitico e dello studio filosofico-teologico dei domenicani – per la qualità degli studi e il valore dei suoi insegnanti.
Dopo il trasferimento di Giudice Caracciolo a Napoli, Gregorio XVI ricostituì le diocesi di Giovinazzo e di Terlizzi (4 marzo1836) e le unì aeque principaliter a Molfetta, mentre rimase confermata l’immediata soggezione alla Sede apostolica.
Tuttavia, l’assenza del vescovo e la vacanza della sede si rinnovarono nella metà dell’Ottocento per le vicende politiche che coinvolsero le province napoletane nel lungo processo di unificazione nazionale.
Giovanni Costantini (1837- 1852) fu costretto ad allontanarsi da Molfetta in seguito ai moti del 1848, mentre Nicola Maria Guida (1852-1862), come gran parte dei vescovi di Puglia, dovette lasciare la residenza e morì esule a Napoli.
Trascorsi cinque anni gli successe un altro vescovo pugliese, il barese Gaetano Rossini (1867-1890), anch’egli costretto ad abbandonare l’arcidiocesi di Acerenza e Matera.
Con quest’ultimo la residenza dei vescovi si stabilizzò definitivamente, mentre si rese possibile l’erezione di una nuova parrocchia (Immacolata, 1895), sita nel nuovo quartiere a sud-ovest della città.
Nello stesso tempo cresceva la rinomanza del seminario vescovile, grazie soprattutto all’impegno del rettore Sergio de Judicibus, e sorgevano i primi albori del movimento cattolico.
In questa epoca, figura di spicco del clero locale fu Vito Fornari (1821-1900).
Ritornava ad affacciarsi la presenza delle religiose, dopo che nel 1828 Giudice Caracciolo aveva affidato il nuovo convento di Santa Maria dei Martiri ai frati minori.
Infatti, le suore ancelle del Santuario, fondate nel 1882 da monsignor Giuseppe Sante Masnini De Cornati (1843-1902), con casa madre in Terlizzi, si insediarono presso il seminario vescovile, presso l’ex monastero benedettino di San Pietro e presso l’ospizio di mendicità di Santa Maria dei Martiri.
Con il passare degli anni, altre congregazioni femminili prestarono il loro servizio nell’ospedale civile, nell’istituto per sordomuti Apicella, nell’orfanotrofio Gagliardi Gadaleta e dettero vita a numerosi asili per l’infanzia.
In queste case religiose si svolgeva un’intensa attività catechistica e rappresentarono un punto di riferimento significativo per il coinvolgimento delle donne nella vita ecclesiale diocesana.
Tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento si successero altri quattro vescovi meridionali, fra cui Pasquale Picone (1895-1917, fondatore della locale Banca Cattolica, 1902) e il somasco Pasquale Gioia (1921- 1935, sostenitore dell’Azione cattolica e fondatore del settimanale diocesano «Luce e Vita», 1925).
Infine, il marchigiano Achille Salvucci (1935-1978).
Durante il Novecento – nonostante il fenomeno dell’emigrazione e le gravi ripercussioni dei due conflitti mondiali – si registrò un forte incremento demografico (a Molfetta si contarono fino a 65.000 abitanti) e la creazione di nuovi quartieri.
Per il favore delle leggi successive al concordato del 1929 fu possibile aumentare il numero delle parrocchie (finora sedici), condizione che consentì lo sviluppo della dimensione parrocchiale dell’attività pastorale, il suo rinnovamento secondo lo spirito del Vaticano II e lo scambio del clero fra le diocesi unite.
A Molfetta, dopo la seconda guerra mondiale, sorse il primo oratorio (San Filippo Neri) annesso, poi, a una nuova parrocchia (Cuore Immacolato di Maria, 1954), per opera di don Cosmo Azzollini; i salesiani di don Bosco furono chiamati a curare l’erigenda parrocchia di San Giuseppe (1953) e i frati minori quella di Santa Maria dei Martiri (1959).
La rinomata tradizione culturale del clero locale – rappresentata dal seminario vescovile – fu ulteriormente corroborata dal trasferimento in esso (1915) del Pontificio seminario regionale pugliese (istituito a Lecce nel 1908).
La nuova sede di quest’ultimo fu inaugurata nel 1926 e diventò il centro regionale della formazione del clero pugliese.
Fra i suoi rettori vanno ricordati il servo di Dio Raffaello Delle Nocche (1877-1960) e il cardinale Corrado Ursi (1909-2003), arcivescovo di Napoli.
Presso il seminario regionale, nel 1928, si svolse il concilio plenario apulo, e tuttora esso è sede della Conferenza episcopale pugliese.
Il progresso dell’insegnamento delle discipline teologiche all’interno del seminario trasformò le sue scuole nell’Istituto teologico pugliese (1992), aggregato alla Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale di Napoli, che dal 2005, insieme ad altri due centri di studi teologici presenti in Puglia, ha costituito la Facoltà teologica pugliese.
Dal 1986 al 1990, il seminario accolse anche l’Istituto superiore di scienze religiose, in seguito trasferitosi nella sede di Bari.
Nel corso del secolo ebbero notevole sviluppo le associazioni laicali (specialmente l’Azione cattolica e lo scoutismo), le quali riuscirono a superare, non senza difficoltà, la crisi dell’associazionismo cattolico successivo al Vaticano II, scoprendo nuove forme associative e indossando talvolta la veste dei movimenti.
Si diffuse pure la presenza degli istituti secolari e nacquero nuove congregazioni religiose: le missionarie dell’Oratorio (1936), le oblate di san Benedetto G.
Labre (1945) – quest’ultima fondata dal servo di Dio don Ambrogio Grittani (1907-1951) – e la fraternità francescana di Betania (1982).
Dopo il Vaticano II, si succedettero cinque vescovi pugliesi: Settimio Todisco (1969-1975), amministratore apostolico sede plena (promosso arcivescovo di Brindisi e Ostuni), Aldo Garzia (1975-1982), coadiutore e successore di Salvucci (poi trasferito a Nardò e Gallipoli), Antonio Bello (1982-1993), Donato Negro (1993-2000) (promosso arcivescovo di Otranto) e Luigi Martella (2000).
Con la nomina di monsignor Bello (la cui fama ha superato i confini diocesani soprattutto per la sua testimonianza personale e per il suo magistero, nonché per essere stato presidente nazionale di Pax Christi), la diocesi di Ruvo è unita in persona episcopi a Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi (30 settembre 1982).
Tuttavia gli effetti del Vaticano II continuarono a farsi sentire e a influire sul nuovo sistema dei rapporti stabilitisi fra la Chiesa e gli Stati.
Giunse così a termine l’opera di revisione degli accordi concordatari fra la Santa Sede e la Repubblica italiana e con essa la riduzione del numero delle diocesi poste sul territorio della penisola.
Dapprima Giovanni Paolo II (cost.
ap.
Qui Beatissimo Petro, 20 ottobre 1980) dispose che le tre diocesi tornassero a essere suffraganee del metropolita di Bari, poi il decreto della Congregazione per i vescovi del 30 settembre 1986 sancì la piena unificazione delle quattro diocesi nell’unica denominata Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e attribuì questo nuovo titolo a monsignor Bello.
In realtà l’atto formale della congregazione non fece altro che conferire carattere giuridico a un’opera di unificazione già attuata di fatto, almeno per Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi, a cominciare da monsignor Salvucci.
Attualmente la diocesi si estende sul territorio delle quattro città, conta una popolazione di circa 140.000 abitanti con 80 sacerdoti, 8 diaconi permanenti, 46 seminaristi, 4 comunità religiose maschili e 13 femminili.
Bibliographie
Cappelletti XXI 394-399;EC VIII 1218-1219;
Gams 898-899;
GACI II 98-100;
GADI I 202-205;
Hier. Cath. I 335, II 189, III 241, IV 258, V 265, VI 285-286, VII 262, VIII 379, IX 249;
Kehr IX 351- 353;
Monasticon III 74-76;
Ughelli I 916-920;
G. A. Bovio, Breve historia dell’origine, fondatione e miracoli della devota chiesa de S. Maria de’ Marteri di Molfetta, Napoli 1635 (2a ed. a c. di L. M. de Palma, Molfetta 2000);
A. Damiani, S. Corrado il grande de’ Guelfi, Napoli 1670;
F. Lombardi, Notitie istoriche della Città e Vescovi di Molfetta, Napoli 1703;
G. M. Giovene, Kalendaria vetera mss. aliaque monumenta ecclesiarum Apuliae et Iapigiae, I, Neapoli 1828;
M. Romano, Saggio sulla storia di Molfetta dall’epoca dell’antica Respa sino al 1840, Napoli 1842;
A. Salvemini, Saggio storico della città di Molfetta, Napoli 1878;
G. de Luca, Seguito alla Storia di Molfetta, Giovinazzo 1885;
F. Carabellese, La città di Molfetta dai primi anni del secolo X ai primi del XIV, «Rassegna Pugliese di scienze, lettere ed arti», XVI, 1899, 97-104, 129-133;
P. Mandracchia, Il Concilio Plenario Pugliese, Molfetta 1928 (rist. Roma 2004);
F. Samarelli, Note storiche su i Vescovi della sede episcopale di Molfetta e i Vescovi molfettesi in altre diocesi, Molfetta s.d. (dopo il 1935);
P. Bartoli, Storia del Capitolo Cattedrale di Molfetta dall’origine (secolo XI) al 1937, Giovinazzo 1943;
S. Palese, Controversie giurisdizionali e problemi pastorali nella Molfetta del Settecento. Il Sinodo del 1726, in Molfetta nei secoli. Studi storici, a c. di G. Bellifemmine, Molfetta 1976, 65-109;
L. Palumbo, Le relazioni per le visite «ad limina» dei vescovi molfettesi dalla fine del Cinquecento agli inizi dell’Ottocento, «Archivio Storico Pugliese », 29, 1976, 137-161;
L. M. de Palma, La sede episcopale di Molfetta nei secc. XI-XIII, Molfetta 1983;
Cronotassi, iconografia e araldica dell’Episcopato pugliese, Bari 1984, 229-233;
L. Palumbo, Vescovi e preti a Molfetta nel tardo Seicento, in Ricerche su Terra di Bari tra Sei e Settecento, a c. di G. Poli, Molfetta 1986, 51- 61;
L. M. de Palma, Vescovi molfettesi del ’500 al servizio della Sede Apostolica, Roma 1987;
D. Amato, Primi dati sul clero molfettese fra ‘800 e ‘900, «Luce e Vita Documentazione», 2, 1987, 127-165;
D. Amato, Il Concilio Vaticano II nelle diocesi di Molfetta Giovinazzo e Terlizzi, Molfetta 1988;
M. del Vescovo, Il Seminario di Molfetta nelle ispezioni governative ai seminari del Regno (1865-1876), in Atti del convegno di studio su «Momenti di storia molfettese», Molfetta 11-12 settembre 1982, Bari 1987, 203-265;
L. M. de Palma, Contributo alla storia dell’episcopato meridionale. Cronotassi dei vescovi di Molfetta (1071-1986), «Rivista di Scienze Religiose », III, 1989, 143-161;
L. M. de Palma, L’Oratorio della Visitazione nel Collegio dei Gesuiti di Molfetta. Indagine sull’applicazione del Concilio di Trento nella Chiesa locale, Molfetta 1989;
L. M. de Palma, Forme associative di vita cristiana in età moderna nella diocesi di Molfetta, in Le confraternite pugliesi in età moderna 2, a c. di L. Bertoldi Lenoci, Fasano 1990, 675-685;
L. M. de Palma, Dalla guerra al Vaticano II. Tracce per una «storia diocesana» nelle relazioni «ad limina» di mons. Achille Salvucci vescovo di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi (1935-1978), in Studi in onore di mons. Antonio Bello, a c. di L. M. de Palma, Molfetta 1992, 469-533;
D. Amato, La formazione del clero e l’opera del Seminario a Molfetta agli inizi del Settecento, ivi, 255-282;
A. Ficco, Per la storia del Clero in Terra di Bari in età moderna. Le ordinazioni sacerdotali a Molfetta dal 1700 al 1819, ivi, 201-226;
M. Spedicato, Vescovi e riforma cattolica in Terra di Bari. Le diocesi di Molfetta, Ruvo e Giovinazzo in epoca post-tridentina, ivi, 413-437;
Lettere pastorali dei vescovi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi (1818-1981), a c. di L. M. de Palma-D. Amato, Molfetta 1992;
L. M. de Palma, San Corrado il Guelfo. Indagine storicoagiografica, Molfetta 1996;
L. M. de Palma, Preoccupazioni e speranze di un vescovo meridionale nei decenni della transizione, «Odegitria», V, 1998, 209-245;
L. M. de Palma, Pellegrini martiri di Cristo? Storia e leggenda di un culto medievale sulla costa pugliese, RSCI LII, 1999, 17-38;
Atlante degli Ordini, delle Congregazioni religiose e degli Istituti secolari in Puglia, a c. di A. Ciaula- F. Sportelli, Modugno 1999, 545-550;
Cento anni di storia dell’Azione Cattolica diocesana, a c. di L. M. de Palma, Molfetta 2002;
P. Mandracchia, Il Concilio Plenario Pugliese. Molfetta 1928, Roma 2004. Per un costante aggiornamento si rinvia al Bollettino bibliografico per la storia della diocesi che dal 1983 appare su «Luce e Vita Documentazione» (bollettino ufficiale della diocesi) e può essere consultato sul sito internet www.pop. diocesimolfetta.com.
Seuls sont visualisés les édifices pour lesquels on dispose d'une géoréférenciation exacte×
Chargement carte en cours...
Caricamento dati georeferenziati in corso...
Mappa
Diocèse de Molfetta - Ruvo - Giovinazzo - Terlizzi
Chiesa di Santa Maria Assunta
-
La facciata della cattedrale dell’Assunta a Molfetta -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Veduta dell’aula dal presbiterio -
Il presbiterio
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.