Diocèse de Brindisi - Ostuni
HISTOIRE
Definire con precisione quali siano le origini del cristianesimo in terra di Brindisi è compito alquanto arduo benché non manchino ipotesi e congetture ardite, aventi come obiettivo quello di legare l’effettiva antichità della diocesi con il periodo apostolico.A questo scopo, fin dall’antichità si è diffuso il culto a san Leucio, compagno dell’apostolo Pietro che, secondo le Cronache di Paolo Diacono, approdò su queste coste.
Di certo c’è che il culto di un san Leucio martire era conosciuto già dal papa Gregorio Magno (†604) che, mediante due lettere del 595 e del 601, invitava il vescovo di Otranto Pietro a visitare la chiesa vacante di Brindisi e a donare parte delle reliquie del santo, custodite in città, all’omonimo monastero di San Leucio presso Roma.
Tuttavia, la presenza di floride comunità ebraiche e l’importanza della rete di comunicazione (via Appia, via Traiana) hanno sicuramente favorito la diffusione della nuova religione già in età antichissima.
A questo proposito, è bene ricordare un’altra importante tradizione che attribuisce al vescovo Marco la partecipazione al concilio di Nicea del 325.
Ipotesi questa verosimile perché negli elenchi dei vescovi partecipanti viene associato al nome di provenienza Calabriae, come veniva chiamata anticamente la regione nella quale era situata Brindisi.
Infine non possiamo non menzionare la vicenda del martirio di san Pelino, vescovo di Brindisi, che fu deportato e ucciso presso Corfinio (Aq) nel 662 a causa della sua opposizione al Typos monotelita emanato dall’imperatore Costante II nel 648.
Ciò nonostante fino all’VIII . la storia della Chiesa brindisina ricade nell’oscurità a causa delle rovinose incursioni saracene, della guerra greco-gotica e della conquista longobarda.
In questo frangente le reliquie di san Leucio furono traslate prima a Canosa e poi a Benevento per essere risparmiate da possibili profanazioni.
Durante alcuni restauri svoltisi presso il castello federiciano di Oria nel 1932, venne rinvenuta un’architrave sulla quale era incisa la prima attestazione della presenza di un vescovo in Oria, Magelpoto, probabilmente di origine longobarda.
Verosimimente sarà colui che, da una Brindisi spopolata, trasferirà la sede episcopale a Oria, situata nell’entroterra.
Il suo successore Teodosio morto intorno all’895 si occupò di costruirvi luoghi di culto e dotarla d’importanti reliquie, quali quelle dei martiri Crisante e Daria e di san Barsanufio di Gaza che divenne successivamente patrono della diocesi.
Per la Chiesa brindisina recuperò da Benevento le reliquie di san Leucio e si prodigò a disciplinare la vita del clero mediante un sinodo celebrato in Oria nell’887.
Il problema più impegnativo che egli dovette affrontare fu cercare di far coesistere il rito greco-bizantino con quello latino.
Probabilmente a motivo di ciò fu inviato a Costantinopoli dal papa Stefano V in qualità di apocrisario.
Si trattava di una questione di non poco conto in quanto le vicende politico- militari influivano molto sull’organizzazione ecclesiastica, causando spesso gerarchie parallele con differenti obbedienze oppure cambi repentini di riti.
Per cercare di arginare questo fenomeno si pensò bene di non nominare i titolari delle sedi che erano rimaste vacanti, ma di affidarle a vescovi di provata fedeltà, anche se residenti in luoghi lontani, cosicché durante il X . la diocesi oritana-brindisina fu associata alla metropolia bizantina di Santa Severina, o passò sotto la giurisdizione dei vescovi canosini, o ricevette i vescovi direttamente dal patriarca scismatico di Costantinopoli, divenendo essa stessa sede metropolitana e quindi sede arcivescovile.
A proposito di ciò, c’è da registrare l’omicidio nel 979, in un territorio prevalentemente di rito latino, del vescovo oritano-brindisino Andrea per mano del protospatario imperiale Porfirio.
Quest’ultimo avvenimento provocò probabilmente il momentaneo allontanamento dei vescovi dalla sede oritana; infatti il successore di Andrea, Gregorio (987-996), nei suoi atti s’identificò come vescovo di Brindisi, Monopoli e Ostuni cominciando a dare così rilievo a queste due ultime sedi che verso la fine dell’XI . divennero anch’esse sedi vescovili.
La confusione di riti e obbedienze ebbe finalmente termine nel 1071 quando il normanno Roberto il Guiscardo arrivò a Brindisi legando le diocesi e quindi anche i vescovi alla tradizione latina, pur tollerando anche nei secoli successivi la presenza di un clero greco custode dei riti bizantini.
In questi anni, sotto l’episcopato del vescovo Godino (†1098), la città di Brindisi nel 1089 si fregiò della visita del pontefice Urbano II (1088-1099) che dal concilio di Melfi si recò appositamente per consacrare la cattedrale intitolata alla Vergine Maria e a San Giovanni Battista.
Con questa visita è Goffredo conte di Conversano signore di Brindisi che spinse, forse anche rivolgendosi al papa, il vescovo Godino a ritrasferire la sede vescovile da Oria a Brindisi dando vita a una contesa plurisecolare delle due Chiese riguardo la sede del vescovo.
A Godino, per tutto il XII sec., si succedettero vescovi di origine francese che furono promotori dell’esperienza di vita comune dei canonici e, in qualità di legati del papa come nel caso del vescovo Pellegrino (†1222), s’impegnarono nell’assistenza alle truppe crociate che s’imbarcavano da Brindisi verso la Terrasanta.
Da questo momento in poi la chiesa brindisina visse un periodo di relativa tranquillità durante il quale, per tutto il XV sec., gli ordini mendicanti poterono costruire i loro conventi e le chiese, come il bellissimo santuario di Santa Maria del Casale, che divenne talvolta la dimora preferita di alcuni vescovi, come a esempio Bartolomeo (†1319).
Forte fu la presenza anche dei cavalieri dell’ordine di San Giovanni Gerosolimitano che con le sue ricchezze contribuì all’ampliamento del porto e alla costruzione, sul finire dell’XI sec., della chiesa del Santo Sepolcro edificata seguendo il modello dell’omonima chiesa di Gerusalemme.
Lo scisma d’Occidente, con il fenomeno della doppia obbedienza, le incursioni turche che durarono fino a tutto il XV sec., e il terribile terremoto del 1456 furono fattori destabilizzanti per una Chiesa che trovò, a partire dal XIV sec., un mezzo per rafforzare la propria identità: la devozione al santo patrono Teodoro di Amasea, soldato martire del IV sec., le cui reliquie giunsero a Brindisi dall’Oriente probabilmente in età federiciana.
La consapevolezza di questa identità provocò fino a tutto il XVI . aspri conflitti di giurisdizione con la sede oritana che continuava ad apparire nel titolo della diocesi, e quindi mai rassegnata ad aver perso la residenza del vescovo.
Infatti, fino al 1591 la diocesi ebbe sempre un unico vescovo, ma la presenza di due cattedrali con i rispettivi capitoli lo costringeva a nominare due vicari generali e a firmare i suoi decreti anteponendo il titolo di vescovo oritano a quello di brindisino e viceversa.
Questa situazione divenne incandescente quando alla sede vescovile fu nominato il vescovo Francesco Aleandro (1542-1560) al quale fu impedito dal clero oritano, appoggiato dal marchese Gian Bernardino Bonifacio, di compiere la visita pastorale a Oria a motivo di alcuni contrasti riguardanti la materia beneficiale.
Successivamente, in maniera paradossale, gli oritani furono appoggiati nella loro causa di separazione dalla Chiesa brindisina dal vescovo di origine ostunese Gian Carlo Bovio (1564-1570), colui che dopo aver preso parte al concilio di Trento si fece carico d’introdurre attraverso una visita pastorale i decreti conciliari.
Egli risiedette in diocesi quasi sempre a Brindisi, ma negli ultimi anni del suo episcopato a causa di un incidente con le autorità cittadine si trasferì a Oria dove fece costruire a proprie spese un episcopio, decorandolo con pregevoli affreschi tuttora visibili.
A quest’ultimo successe il vescovo Bernardino Figueroa (1571-1586), anch’egli vescovo tridentino, che si preoccupò di disciplinare meglio la vita dei chierici e dei religiosi; egli però dovette sempre fare i conti con l’astio della comunità oritana sostenuta dall’influente umanista Quinto Mario Corrado.
La successiva vacanza della sede brindisina e oritana permise a questi ultimi di perseguire la causa della separazione che effettivamente avvenne il 10 maggio 1591 con bolla di Gregorio XIV Regimini universae ecclesiae, nella quale si disponeva che alla diocesi brindisina passassero cinque paesi, fino ad allora appartenuti a quella oritana, e che quest’ultima facesse parte della metropolia di Taranto.
Proprio in quest’arco di tempo a Brindisi nacque Lorenzo Russo (1559-1619), beatificato nel 1783 da Pio VI, canonizzato da Leone XIII nel 1881, proclamato infine da Giovanni XXIII dottore della Chiesa nel 1959 con il titolo di doctor apostolicus.
Questo santo esimio appartenente all’ordine dei frati minori conventuali, conosciuto più comunemente come Lorenzo da Brindisi, si distinse non solo per le sue capacità dottrinali e diplomatiche che mise al servizio della corte spagnola, ma anche per la sua profonda spiritualità eucaristica e mariana, accompagnata spesso da rivelazioni mistiche.
Egli fu promotore in Brindisi della costruzione di un convento di clarisse intitolato a santa Maria degli Angeli.
Fino alla seconda metà del XVII . sulla cattedra brindisina si succedettero una gran quantità di episcopati caratterizzati generalmente dalla loro brevità.
C’è da dire che la maggior parte di essi furono di stampo tridentino, sempre attenti a difendere le prerogative della loro Chiesa sia dalle autorità locali sia a volte dall’azione del proprio capitolo.
Generalmente ognuno di essi ebbe a cuore la diocesi sostenendo o introducendo i numerosi ordini religiosi, nati nel periodo della riforma cattolica, due fra tutti, la Congregazione delle Scuole Pie intorno al 1680 e la Compagnia di Gesù nel 1752 ad opera dell’arcivescovo Giovanni Angelo Ciocchi del Monte (1751-1759).
Intensa fu inoltre l’attività sinodale specialmente nella prima metà del XVII . a opera dell’arcivescovo Giovanni Falces che durante i trentuno anni di episcopato dal 1605 al 1636 ne celebrò ben nove.
Allo stesso arcivescovo sono da attribuire le istituzioni di alcuni monti di pietà e la prima erezione del seminario diocesano nel 1608.
Nel corso degli anni successivi questa istituzione fu più volte rilanciata da alcuni dei suoi successori, specialmente da Francesco Ramirez (1689-1697) e da Paolo De Vilana Perlas che nel 1720 pose la prima pietra del nuovo edificio portato a termine dall’arcivescovo Antonio Sersale nel 1744.
Un’altra fase della vita della diocesi si apre tra il XVIII e il XIX sec.; in questo periodo anche a Brindisi cominciarono a diffondersi le istanze risorgimentali che riuscirono a influenzare parte del clero, arrecando spesso non pochi problemi ai vescovi.
Proprio in quest’arco di tempo Brindisi si fregiò della presenza di un pastore integerrimo e intelligentissimo: Annibale de Leo (1798-1814).
Egli riuscì a conciliare la scienza con la pietà dando vita non solo alla più completa raccolta di diplomi e di fonti storiche della diocesi brindisina, ma anche a tutte quelle opere di carità finalizzate a sostenere i ceti più poveri della sua diocesi, in particolare le donne traviate e orfane.
Riuscì a compiere tutto questo durante l’occupazione francese che sconvolse l’ordine civile e morale, colpendo specialmente gli ordini religiosi che subirono la soppressione e il conseguente incameramento dei beni.
Restaurati i Borbone con il trattato di Terracina del 16 febbraio 1818, si provvide a una risistemazione territoriale delle diocesi del regno, cosicché sotto il governo dell’arcivescovo Antonio Barretta (1818-1819), napoletano, che per motivi di salute non raggiunse mai la sua sede, la diocesi di Brindisi, allo scopo di aumentare le proprie rendite che si erano rese insufficienti inglobò la sua suffraganea di Ostuni che fu soppressa.
Tale soppressione durò appena tre anni, perché il capitolo ostunese, il 14 maggio 1821, riuscì a far ripristinare la sua autonomia, anche se la diocesi fu affidata in amministrazione perpetua all’arcivescovo di Brindisi suo metropolita.
Per ciò che riguarda la diocesi di Ostuni, il primo a utilizzarne il titolo fu il vescovo Gregorio (†996) quando si titolò come vescovo di Brindisi, Monopoli e Ostuni, intendendo queste due ultime città come facenti parti della diocesi brindisina.
Dobbiamo attendere il 1071 per conoscere il primo vescovo che si fregiò di questa sede: Datto, che intervenne alla solenne consacrazione della chiesa di Montecassino.
Nel XV . l’identità della diocesi si rafforzò con l’ampliamento della cattedrale ad opera del vescovo Nicola de Arpono (1437-1470), mentre nel secolo successivo la presenza in Ostuni dei vescovi Pietro (1530-1557) e Gian Carlo (1546-1564) della famiglia Bovio, originaria di Bologna, non solo diede vita a una delle rare dinastie episcopali in Terra d’Otranto, ma anche all’inizio dell’attuazione dei decreti di riforma discussi al concilio Tridentino.
A seguito dei pessimi rapporti tra Regno di Napoli e Santa Sede, anche la diocesi ostunese, verso la fine del XVIII sec., attraversò un lungo periodo di sede vacante che si sbloccò solo nel 1792 quando Pio VI (1775-1799) confermò il vescovo Giovan Battista Brancaccio (1792-1794) già di nomina regia, che fu l’ultimo pastore della Chiesa di Ostuni prima dell’amministrazione perpetua dell’ordinario brindisino del 1821.
Da questo momento in poi le due diocesi guidate dagli arcivescovi Giuseppe Rotondo (1850-1855) e Raffaele Ferrigno (1856-1875) fronteggiarono insieme il tormentato passaggio risorgimentale.
La prima metà del XX . le vide unite ad arginare le conseguenze dei due conflitti mondiali che provocarono, anche a causa dei bombardamenti, numerosi profughi.
Il concilio Vaticano II ha visto la partecipazione attiva dell’arcivescovo Nicola Margiotta (1953-1975), che con il suo successore Settimio Todisco (1975-2000) hanno traghettato le due Chiese nel non facile passaggio postconciliare.
Dal 20 ottobre 1980 l’arcivescovo di Brindisi non è più metropolita, divenendo suffraganeo dell’arcivescovo di Lecce.
Finalmente il 30 settembre 1986 con decreto della Congregazione per i vescovi le due diocesi sono state unificate nell’arcidiocesi di Brindisi- Ostuni con sede in Brindisi, dando ottima prova di generosità durante gli anni Novanta nella gestione dell’emergenza dell’esodo albanese.
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Mappa
Diocèse de Brindisi - Ostuni
Chiesa di San Giovanni Battista
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La facciata della cattedrale di San Giovanni Battista e della Visitazione a Brindisi -
Il Fonte Battesimale -
Il presbiterio -
La cappella del Santissimo Sacramento
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.