Diocèse de Catania
HISTOIRE
La presenza di una comunità cristiana a Catania sembra possibile attestarla solo a partire dal III sec., grazie a epigrafi che documentano sepolture cristiane pro foribus Martyrum Christianorum.Durante la persecuzione di Decio ricevette il martirio Agata (251) e in quella di Diocleziano il martire volontario Euplo (304): il verbale del suo interrogatorio giunto fino a noi è tra i pochi casi di testi originali.
Per la sede episcopale di Catania non si hanno notizie certe se non fra gli inizi del IV e le soglie del VI . Tuttavia la tradizione consolidatasi in seguito alla conquista bizantina ha individuato come primo vescovo un certo Berillo di Antiochia, ritenuto appositamente inviato dall’apostolo Pietro a evangelizzare Catania nel 42.
Se non può negarsi la presenza di ministri ordinati e di vescovi dal III-IV sec., soltanto con il VI si può ricostruire con sufficiente certezza la cronotassi episcopale.
I primi sono Fortunato, Elpidio e Leone attestati tra VI e VII . Il prestigio di Catania nell’ambito ecclesiastico dell’isola emerge dalle lettere di papa Gregorio Magno indirizzate al vescovo Leone.
Vescovi di Catania parteciparono a concili e sinodi.
Particolare menzione merita l’intervento del vescovo Teodoro (785-787) al VII concilio ecumenico, il Niceno II (787).
Concilio al quale prese parte un diacono della Chiesa catanese, Epifanio, in qualità di legato di Tommaso arcivescovo dell’isola di Sardegna, che pronunziò un solenne encomio del concilio.
Ben poco ci resta della Catania cristiana di età bizantina.
E meno ancora del periodo saraceno.
La ricostituzione delle diocesi siciliane si avviò dopo la riconquista dell’isola da parte dei normanni: Catania venne riconquistata nel 1071 dopo circa 170 anni di dominazione saracena.
Ruggero il Normanno fondò l’abbazia benedettina di Sant’Agata, nel 1091, ed eresse la città a sede di diocesi, canonicamente istituita nel 1092 da Urbano II.
L’estensione territoriale si snodava dal mare verso la sommità dell’Etna e nell’entroterra fino al centro dell’isola, inglobando Castrogiovanni (Enna) e Piazza Armerina con i paesi a essi limitrofi.
All’abate dei benedettini Ruggero conferì dignità e potere episcopale: il primo abate-vescovo fu il bretone Angerio (1091-1124), non solo abate e vescovo, anche signore feudale, con ampi poteri sulla città, sul territorio e sul mare.
Nel 1094 venne aperta al culto la cattedrale, eretta secondo la concezione della ecclesia munita.
La fisionomia di Catania come città cristiana si definì con il rientro, secondo la tradizione, delle reliquie di sant’Agata da Costantinopoli il 17 agosto 1126, dove le aveva portate nel 1040 il generale bizantino Giorgio Maniace.
Dalla seconda metà del XII . si avviò un lungo periodo di conflitti tra il vescovo e la città, che tese a scrollarsi la fisionomia feudale e assumere quella demaniale.
Situazione aggravatasi con il mutato clima politico conseguente al passaggio dell’isola alla casata sveva.
Federico II privò il vescovo dei diritti feudali sulla città e la elevò al rango di città demaniale.
Nel 1267, tuttavia, il vescovo esercitò ancora la giurisdizione criminale, la custodia portus e introitò un terzo della dogana della città.
Le vicende seguite al Vespro siciliano (1282) videro Catania aderire alla rivolta antiangioina, con conseguenti riflessi sulla struttura ecclesiastica: il capitolo della cattedrale elesse vescovo il frate domenicano Giacomo (1282) su indicazioni di Pietro III d’Aragona, in contrapposizione al vescovo legittimo, il romano Angelo Boccamazza (1273-1289) filoangioino.
Nei conflitti baronali del XIV . entrarono in gioco i vescovi, i benedettini, i francescani e i domenicani da poco introdotti in città; ma un ruolo determinante fu assegnato alla patrona Sant’Agata, alla quale si demandò la difesa della città.
Il compito di aggregazione contro i nemici esterni non impedì però di strumentalizzarla in appoggio a una delle fazioni cittadine a opera del vescovo, il domenicano Simone del Pozzo (1378-1396), deposto da Martino I con il consenso dell’antipapa Benedetto XIII.
A periodi di serenità tra vescovo e aristocrazia si susseguirono occasioni di conflittualità.
Tra questi va annoverata anche la fondazione dell’università degli studi e l’attribuzione dei fondi per la sua gestione, da desumersi dagli introiti ecclesiastici.
Rimasto senza effetto il placet di re Alfonso il Magnanimo del 1434, fu con la bolla di Eugenio IV, del 18 aprile 1444, che il Siciliae Studium Generale venne formalmente eretto e iniziò la propria attività, grazie alla mediazione del benedettino Giovanni de Primis, in seguito vescovo di Catania (1447-1449) e cardinale, e del domenicano Pietro Geremia (1399-1452).
Il vescovo venne costituito gran cancelliere e ricoprì questo ruolo sino alla fine del XVIII . Ultima propaggine del potere feudale dei vescovi catanesi fu il titolo di conte di Mascali, assegnato da Carlo V nel 1540 al vescovo Nicola Maria Caracciolo (1537- 1568), con il privilegio personale del mero e misto impero sul territorio.
Titolo di cui si sono fregiati i vescovi di Catania fino al 1951, quando Pio XII tolse dalle insegne episcopali i titoli nobiliari.
Due istituzioni ecclesiastiche segnarono la vita della diocesi per diversi secoli.
Il capitolo della cattedrale, dalla sua fondazione, era composto da soli monaci benedettini dell’abbazia di Sant’Agata.
Non riuscendo ad assicurare il prescritto servizio religioso e sacramentale ai fedeli, e a causa del persistere di abusi e irregolarità, il vescovo Nicola Maria Caracciolo ne ottenne da Pio V la secolarizzazione: operazione che non era riuscita al legato apostolico Gerardo da Parma, inviato a Catania da Bonifacio VIII.
La bolla del 1568 venne resa esecutiva sotto il governo del successore del Caracciolo, Antonio Faraone (1568-1572) al quale si deve la fondazione del seminario (1572).
Nel 1446, frattanto, il clero catanese aveva ottenuto da Eugenio IV che la chiesa di Santa Maria dell’Elemosina venisse eretta a chiesa collegiata.
Non sono mancati motivi di conflitto tra i canonici dei due capitoli in difesa di rispettivi privilegi.
L’altra istituzione riguarda la cosiddetta parrocchialità universa: il vescovo unico parroco della città e della diocesi, con la chiesa cattedrale unica parrocchia, mentre il clero in cura d’anime svolgeva le mansioni di vicari sacramentali amovibili ad nutum episcopi.
Privilegio rimasto intatto nonostante la riforma intrapresa dal vescovo Caracciolo, in ossequio ai decreti del concilio di Trento cui aveva preso parte, e l’azione di suoi successori.
Le prime parrocchie vennero erette nei comuni della diocesi nel 1919 e in città nel 1944.
Sulla vita della diocesi hanno esercitato un forte influsso terremoti e colate laviche.
Il terremoto del 1169 in città su 23.000 abitanti provocò circa 15.000 morti, tra essi il vescovo Giovanni Aiello, 44 monaci e gran numero di fedeli riuniti in cattedrale per i vespri di Sant’Agata.
Nel 1329, 1381 e 1408 tre eruzioni distrussero gran parte dei boschi proprietà della mensa vescovile, dati in enfiteusi agli abitanti di paesi pedemontani.
La colata lavica del 1381 giunse fino a Catania, come pure quella del 1669, dopo aver distrutto diversi centri abitati.
L’apocalittico terremoto del 1693 in Sicilia orientale provocò solo in città intorno a 17.000 morti su 25.000 abitanti.
La ricostruzione fu segnata dall’opera del vescovo Andrea Riggio (1693- 1717) e dalle comunità religiose maschili e femminili; ricostruzione che ha determinato l’attuale fisionomia urbanistica e architettonica della città.
Eventi naturali, persistente condizione di indigenza materiale di larghe fasce del popolo e necessità di dotare la città e la diocesi di strutture assistenziali hanno indotto clero secolare e religiosi, in epoche diverse, a dar vita a una geniale e copiosa opera di carità, che ha visto il sorgere di numerose istituzioni di beneficenza e di assistenza.
Due opere furono destinate al sostegno del clero: nel 1634 la società di mutuo soccorso dei preti sotto il titolo dei Santi Apostoli Pietro e Paolo; nel 1710 la congregazione di mutuo soccorso dei sacerdoti secolari sotto titolo dei Sette Dolori della Vergine Santissima.
Per la recezione dei decreti di riforma del concilio di Trento furono celebrati sinodi dai vescovi Caracciolo nel 1565, Giovanni Torres de Osorio (1619-1624) nel 1622 e Michelangelo Bonadies (1665-1686) nel 1668.
La stagione sinodale, a causa soprattutto della legazia apostolica, non ha avuto seguito e il terzo sinodo diocesano è stato celebrato nel 1918.
Tra i vescovi di età moderna merita particolare menzione Salvatore Ventimiglia (1757-1771): redasse un catechismo in siciliano, rimasto in vigore fino alla riforma catechistica di Pio X; favorì l’ingresso dei nuovi fermenti culturali; installò una tipografia in seminario che stampò il Nuovo Testamento in greco, classici latini e greci; fondò un’opera pia per l’assistenza dei poveri; sostenne la nascita e il primo sviluppo degli eremiti di sant’Anna fondati dal laico Rosario Campione.
Immutato dall’età normanna, il territorio della diocesi cambiò nella prima metà del XIX . e assunse la sua attuale fisionomia: Catania, Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Camporotondo, Gravina di Catania, Maletto, Maniace, Mascalucia, Misterbianco, Motta Sant’Anastasia, Nicolosi, Paternò, Pedara, Ragalna, Sant’Agata li Battiati, San Giovanni la Punta, San Gregorio di Catania, Santa Maria di Licodia, San Pietro Clarenza, Trecastagni, Tremestieri Etneo, Viagrande, Zafferana Etnea.
Ampie parti del territorio della diocesi di Catania nel 1818 vennero destinate alle nuove diocesi di Caltagirone, Nicosia e Piazza Armerina, e nel 1844 a quella di Acireale.
Nel 1859 Catania fu promossa al rango di arcidiocesi immediatamente soggetta alla Santa Sede.
Felice Regano (1839- 1861) fu il primo a fregiarsi del titolo di arcivescovo e del privilegio del pallio, indossato però solo sul letto di morte a causa delle vicende connesse con l’unità d’Italia: titolo e privilegio già ricevuti da alcuni vescovi in età medievale.
Dopo la riforma di Paolo VI, del 1978, non essendo metropolita l’arcivescovo di Catania non ricevette più il pallio.
Gli venne conferito di nuovo nel 2000 a seguito del riordino delle circoscrizioni ecclesiastiche della Sicilia: promossa a sede metropolitana con suffraganee Acireale e Caltagirone.
Influenti sul piano religioso, sociale e culturale furono gli ordini religiosi: carmelitani, domenicani, francescani e gesuiti.
Su tutti preponderante quella dei benedettini: dopo l’abbazia di Sant’Agata e altre fondazioni alle pendici dell’Etna, dettate dal desiderio di alcuni di vita monastica osservante, dal 1558 si insediarono in città nel monumentale monastero di San Nicola l’Arena: ingombrante presenza con la quale tutte le realtà cittadine hanno dovuto misurarsi.
Delle numerose comunità femminili dopo il terremoto del 1693 ne rimasero soltanto sei: cinque benedettine e una di clarisse.
Scomparse tutte con la legge del 7 luglio 1866, tranne quella di San Benedetto, rivitalizzata nel 1910 dall’arcivescovo Francica Nava con l’innesto delle benedettine dell’Adorazione perpetua del Santissimo Sacramento.
La svolta socio-politica del 1860 causò circa sei anni di sede vacante.
Il rinnovamento pastorale e spirituale della diocesi fu sostenuto e guidato dall’arcivescovo, il benedettino Giuseppe Benedetto Dusmet (1867-1894), tuttora vivo nella memoria del popolo catanese per l’eroicità della sua carità.
Favorì la ripresa di comunità religiose maschili soppresse e l’immissione di nuove fondazioni religiose femminili sorte in Italia e in Francia.
Fu voluto cardinale da Leone XIII e beatificato da Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988.
Il successore, il catanese Giuseppe Francica Nava (1895-1928), anche lui promosso cardinale ma per il servizio diplomatico prestato alla Santa Sede, orientò a un impegno sociale più intenso: casse rurali, banche popolari e di mutuo soccorso, difesa della classe operaia, ruolo sindacale svolto da preti come Giuseppe Di Stefano (1883-1924) a Catania e Vincenzo Bascetta (1879-1959) ad Adrano.
Garantì una dimensione culturale di ampio respiro con l’invio di giovani preti a studiare a Lovanio, a Beirut e presso università pontificie romane: tra costoro Carmelo Scalia (1889-1936) e Giuseppe Scalia (1882-1964).
Sollecitò la catechesi, tese a purificare le forme della religione popolare, pur favorendo devozioni e pratiche di pietà, in special modo centrate sull’eucaristia (nel 1905 il primo congresso eucaristico diocesano e nel 1959 il congresso eucaristico nazionale).
Formazione del clero, sviluppo di opere caritative e sociali, valorizzazione della struttura dell’Azione cattolica, segnarono la vita della comunità diocesana negli anni dell’episcopato di Carmelo Patanè (1930-1952).
La recezione del Vaticano II fu mediata dall’arcivescovo Guido Luigi Bentivoglio (1952-1974) ma soprattutto dal successore Domenico Picchinenna (1974-1988) con la promozione degli organismi di partecipazione e le nuove forme associative laicali, continuata dall’arcivescovo Luigi Bommarito (1988-2002) anche con una particolare apertura al sociale.
Nel 1994 la diocesi ha ricevuto la visita pastorale di Giovanni Paolo II.
Nuove prospettive pastorali in continuità con il cammino finora compiuto vanno delineandosi con Salvatore Gristina (2002-).
Centrale nella vita religiosa della diocesi è la devozione a sant’Agata, espressa con modalità dovute alla lunga dominazione spagnola.
Lungo la sua storia la diocesi ha visto uomini e donne, laici e consacrati, esemplari per virtù cristiane, alcuni dei quali sono stati proclamati santi o beati e per altri è avviato il processo canonico: l’eremita di Adrano san Nicola Politi (1117-1167), il benedettino eremita san Guglielmo (1284-1404); tra i beati: il domenicano Bernardo Scammacca (1430- 1487) e la salesiana Maddalena Caterina Morano (1847-1908); tra i venerabili Servi di Dio: la monaca benedettina suor Agata Platamone (†1565), il gesuita Bernardo Colnago (1545-1611), il prete brontese Ignazio Capizzi (1708-1783).
È in corso la causa di beatificazione per la giovane Giuseppina Faro (1847-1871) di Pedara, la superiora delle domenicane del Sacro Cuore Giuseppina Balsamo (1887-1969), l’orsolina Lucia Mangano (1896-1946), il francescano Gabriele Maria Allegra (1907- 1976) che, nei lunghi anni della sua missione in Cina, ha tradotto per primo il testo biblico in cinese.
Per esemplarità di vita sono da ricordare il frate minore Giuseppe Guardo (1791-1874), monsignor Francesco Castro (1824-1893) anima della pastorale giovanile in città e formatore, fra gli altri, del sacerdote Tullio Allegra (1862-1934), apostolo della spiritualità eucaristica e fondatore delle suore sacramentine.
La diocesi annovera diversi santuari, la gran parte di titolo mariano; un ruolo speciale svolge quello dedicato alla Madonna della Sciara (termine che designa la lava eruttata dall’Etna).
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Diocèse de Catania
Chiesa di Sant'Agata Vergine e Martire
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.