Diocèse de Orvieto - Todi
HISTOIRE
I - Le origini
Costruita sulla rocca tufacea che domina la valle del Paglia, l’antica città etrusca dal nome incerto, forse Velzna (in latino Volsinii), fiorì tra il VII e il III . a.C.Distrutta dai romani (265 a.C.) e abbandonata per lo spostamento del centro principale del territorio a Volsinii novi (Bolsena, sull’omonimo lago), ricompare nei documenti solo nel VI . d.C.
con il nome di Urbs Vetus (Gregorio Magno 590), poco prima che il territorio venisse conquistato dai longobardi (intorno al 600).
Le prime testimonianze cristiane risalgono al IV-V . Resti di una basilica paleocristiana sono stati trovati sotto la chiesa dei Santi Andrea e Bartolomeo.
Non sono ricordati culti martiriali autoctoni, ma alla fine del VI . esistevano fuori città i monasteri di San Giorgio e dei Santi Severo e Martirio citati da Gregorio Magno, ed è attestata la diocesi con il vescovo Giovanni, citato sempre da Gregorio Magno (590).
Diversi studiosi, come Duchesne e Lanzoni, hanno ipotizzato che la sede vescovile di Orvieto sia erede di quella di Bolsena, città distrutta dai longobardi nel 573-575 e non più rifiorita.
Dell’ampio territorio di quella diocesi la parte appartenente alla Tuscia romana avrebbe costituito la nuova diocesi di Bagnoregio e la parte appartenente alla Tuscia langobardorum quella di Orvieto.
Per qualche tempo i vescovi avrebbero continuato a usare il titolo di Bulsinienses pur risiedendo a Orvieto.
Il secondo vescovo accertato, Candido, al concilio Lateranense (596) si firma infatti Bulsiniensis e così anche Agnello al concilio Costantinopolitano III (680).
Bisogna arrivare al 743 per trovare un vescovo che si firmi Urbevetanus.
II - Età medievale
Donata dai franchi al papa nel 774, probabilmente fu sede di contea dei Farolfingi, ma la loro giurisdizione forse era limitata al contado, perché è accertato che i vescovi esercitarono il potere civile sulla città almeno fino all’inizio del XII . Intanto, accanto agli antichi monasteri benedettini, si fondavano gli insediamenti benedettini femminili di Santa Cecilia, Santa Caterina, San Pancrazio, San Paolo.Il declino dell’autorità vescovile iniziò con l’ascesa del comune documentato dal 1137, che appoggiò il capitolo della cattedrale nei contrasti con il vescovo Ildebrando (1149-1154), ottenendo anche il sostegno del papa.
Più successo ebbe invece il vescovo nella lunga contesa con la diocesi di Sovana.
Essendo il territorio diocesano di Orvieto molto più esteso del suo contado – inglobava infatti territori della Toscana e della Tuscia romana compresa gran parte delle sponde del lago di Bolsena e la città omonima – nelle zone di confine la giurisdizione del vescovo era contestata, tanto da dare luogo anche a conflitti armati, ma i confini della diocesi restarono inalterati fino all’età moderna.
Le ragioni della contrapposizione tra vescovo da un lato e capitolo e comune dall’altro vanno cercate soprattutto nell’impronta nobiliare-ghibellina dei maggiorenti della città.
Essi arrivarono ad accogliere in diocesi un vescovo scismatico, nominato da uno degli antipapi eletti dall’imperatore Federico I (1159-1180) in contrapposizione al papa Alessandro III, e diedero spazio alla predicazione di dissidenti religiosi seguaci dell’eresia catara o patarini davanti alla quale poco successo ebbero la repressione operata dal vescovo Riccardo (1179-1185) e il tentativo del podestà di nomina papale, Pietro Parenzo, ucciso dagli eretici ghibellini nel 1199 e poi venerato come martire.
Le lotte politico-religiose con alterni esiti continuarono anche nel XIII sec., fino a quando, successivamente al 1260, il comune non divenne definitivamente guelfo e finché, dopo l’istituzione dell’Inquisizione (1249 ai domenicani; dal 1260 ai francescani), gli eretici non furono definitivamente sconfitti (1263).
Il XIII . fu il periodo di più forte espansione economica e politica.
La città, alleata di Firenze e Siena, si trovò all’apice della sua estensione territoriale, avendo conquistato anche un tratto di costa del mar Tirreno, con Orbetello (cioè piccola Orvieto), a spese degli Aldobrandeschi, e altri territori nella Tuscia romana e in Toscana.
È anche il periodo in cui i benedettini, in contrasto con il vescovo, vennero allontanati da alcuni antichi monasteri affidati ad altri ordini: la badia dei Santi Severo e Martirio passò ai premostratensi (1226), mentre i guglielmiti si trasferirono a San Giovenale.
Contemporaneamente si insediarono in diocesi gli ordini mendicanti.
I francescani, inizialmente stabilitisi fuori città a San Pietro in vetere (1227), costruirono San Francesco, consacrata nel 1266; i domenicani si stabilirono nella chiesa di Santa Pace e il loro convento divenne il centro operativo della lotta all’eresia, sede dell’Inquisizione (1249-1260) e dello studium dove insegnò anche san Tommaso (1261-1264).
Passeranno poi a San Domenico, consacrata nel 1268.
Intanto gli agostiniani si insediavano a Santa Lucia (1255) e i servi di Maria sostituivano i francescani a San Pietro in vetere.
Nel ramo femminile le clarisse si stabilirono a San Lorenzo inter vineas (1232) e le agostiniane a Santa Maria Maddalena (1286), mentre le domenicane sostituivano le benedettine a San Paolo.
Si diffondeva intanto il movimento della penitenza, di cui sono espressione la beata Vanna d’Orvieto, terziaria domenicana (†1306), e le confraternite dei disciplinati ispirate dai francescani.
La prosperità della città si riverberava nel fervore edilizio, che pure testimoniava le contrapposizioni politico-religiose.
L’autorità civile, mentre edificava il palazzo comunale (1216-1276 ca), volle ricostruire l’antica collegiata dei Santi Andrea e Bartolomeo, che sorgeva sulla stessa piazza, elevandola a chiesa del comune e creando così un secondo polo religioso della città.
Esso veniva a porsi come contraltare alla zona cittadina più decentrata, dove sorgevano la cattedrale, la chiesa capitolare di San Costanzo e il palazzo episcopale, ampliato tra il 1202 e il 1211, e dove si stavano costruendo il palazzo papale e il palazzo del Soliano.
Nella seconda metà del secolo infatti Orvieto diventò sede pontificia con Urbano IV (1261-1264) e ricevette frequenti visite di altri papi.
A fine secolo si decise anche la costruzione della nuova cattedrale, voluta dal capitolo e dal vescovo Francesco Monaldeschi (1280-1296) – primo dei presuli di questa potente famiglia guelfa che diede a Orvieto quattro pastori (1280-1423) –, ma soprattutto dal popolo e dal comune, sotto il cui controllo si costituì l’opera del duomo.
La ragione principale della nuova costruzione doveva essere il fatto che la vecchia cattedrale era da tempo in rovina.
La tradizione popolare invece mette in connessione la costruzione del nuovo duomo – uno degli esempi più riusciti di cattedrale gotica in Italia centrale – con la necessità di conservare degnamente la reliquia del «miracolo eucaristico di Bolsena ».
Sempre secondo la tradizione esso sarebbe avvenuto tra il 1263 e il 1264 nella chiesa di Santa Cristina a Bolsena e la reliquia sarebbe stata portata a Orvieto, sede diocesana, dove allora si trovava papa Urbano IV.
Questo avvenimento sarebbe stato all’origine della decisione, che Urbano IV prese proprio a Orvieto nel 1264, di estendere a tutta la Chiesa la festa del Corpus Domini.
In realtà la fonte più antica che attesta il culto del Corpo di Cristo è del 1298 e alla prima metà del XIV . risale il prezioso reliquiario con la raffigurazione del miracolo (1338): non ci sono quindi testimonianze dirette del miracolo e della sua datazione effettiva.
Il duomo fu costruito entro la prima metà del XIV . e fu poi reso celebre anche dagli affreschi del Beato Angelico e soprattutto di Luca Signorelli (1499-1504) su temi escatologici, oltre che dalla cappella del Santissimo Corporale.
Intanto, soprattutto a causa delle lotte interne per il potere, iniziò il declino economico di Orvieto, che perse il territorio in Toscana (1334-1354) e nel 1354 fu ricondotta sotto la giurisdizione papale dal cardinale Albornoz.
Le lotte interne tra diverse famiglie però non cessarono e solo alla metà del XV . entrò definitivamente nello Stato della Chiesa, sotto cui rimase fino al 1860.
III - Età moderna
Per l’età moderna e contemporanea ben pochi studi sono stati dedicati alla storia religiosa di Orvieto.Si possono comunque ricordare alcuni vescovi distintisi per l’attività pastorale, come Sebastiano Vanti (1562-1570), che partecipò al concilio di Trento; Pietro Paolo Crescenzi (1621-1644), che accolse in diocesi i gesuiti (1621); il domenicano Giuseppe della Corgna (1656-1676), che tenne un sinodo nel 1660, Giuseppe dei conti di Marsciano (1734-1754) e Antonio Ripanti (1762-1780) che si adoperarono per fondare il seminario, che fu inaugurato solo nel 1778, usufruendo dei beni del soppresso collegio dei gesuiti, e affidato ai dottrinari, presenti in diocesi dal 1588.
È significativo inoltre che molti vescovi orvietani fossero insigniti del cardinalato, segno di favore per una diocesi tutto sommato di secondaria importanza, ma anche della nomina a vescovi di uomini di fiducia del papa e quindi spesso assenti per incarichi diplomatici.
Nel corso dell’età moderna la diocesi perse il territorio di Acquapendente, eretta diocesi nel 1649 con il territorio della soppressa diocesi di Castro; rimase invece sempre nella diocesi di Orvieto la cittadina di Bolsena.
IV - Età contemporanea
Sotto Napoleone il vescovo Giovanni B.Lambruschini (1807-1825), per aver rifiutato il giuramento, fu deportato in Francia, insieme al predecessore Cesare Brancadoro (1800- 1803) e a un buon numero di ecclesiastici.
Al ritorno accolse di nuovo i gesuiti.
Per il Novecento si ricordano i lunghi episcopati di Salvatore Fratocchi (1905- 1941) e di Francesco Pieri (1941-1961) il quale, nel periodo difficile della seconda guerra mondiale, cercò di difendere la città dai bombardamenti e si adoperò poi per la pacificazione.
Nel 1986 a Orvieto fu unita pienamente la diocesi di Todi, rimanendo la diocesi immediate subiecta alla Santa Sede, con un territorio non corrispondente ai confini regionali, conservando ancora infatti il territorio di Bolsena, geograficamente appartenente al Lazio.
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Diocèse de Orvieto - Todi
Chiesa di Santa Maria Assunta
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.