La diocesi di Policastro ha una sede dal passato illustre, qual è appunto il sito che in epoca greca si chiamò Pixus, in età romana Buxentum e in quella bizantina Paleocastron. Da Nicola Maria Laudisio, vescovo di Policastro (1824-1862) e autore di una Paleocastren Dioeceseos synopsis data alle stampe nel 1831, si apprende che nel 502 Rusticus, vescovo di Policastro, era presente al concilio Romano III indetto da papa Simmaco; e che nel 649 Sabbazio, vescovo della stessa diocesi, partecipò al concilio Lateranense indetto dal pontefice san Martino I. Ma è dall’XI . in poi che è attestata la presenza dei vescovi in Policastro, a cominciare da Pietro Pappacarbone (1079-1082), monaco benedettino dell’abbazia della Santissima Trinità di Cava, il quale peraltro, come risulta da varie fonti, già nel 1058, non essendo ancora vescovo, si era prodigato nel riorganizzare, su mandato di Alfano I metropolita di Salerno, la chiesa di Policastro.
II – Lo sviluppo storico
La capillare diffusione del messaggio cristiano nella diocesi di Policastro fu attuata in età medievale dai monaci basiliani, che diffusero in tutto il territorio il rito greco ed eressero numerosissimi cenobi, fra i quali quelli più famosi sono certamente San Giovanni a Piro e San Cono di Camerota. In seguito, nella suddetta riorganizzazione della diocesi attuata dal monaco Pappacarbone, il primo obiettivo fu la riconversione al rito latino dei monasteri italo-greci. Sempre in età normanna, nell’ambito dello sviluppo urbanistico di Policastro fu costruita la cattedrale. Due costanti resero difficile e rischiosa la residenza dei vescovi a Policastro nei secoli successivi: da una parte le scorrerie di pirati saraceni e turchi che periodicamente devastavano o addirittura distruggevano la sede vescovile (come accadde, a esempio, nell’assalto alla città a opera di Dragut Pasha nel 1552); dall’altra l’insalubrità dell’aria, che spingeva gli ordinari diocesani a trasferirsi nelle località vicine, a Torre Orsaia o a Lauria. Ma nonostante questa situazione di perenne instabilità, la diocesi di Policastro ebbe la sua continuità storica, come dimostra il regolare succedersi dei vescovi dal XII al XX . Nel 1597 Filippo Spinelli istituì il seminario diocesano, che fu ubicato nel palazzo episcopale di Policastro. Ai primi del Settecento la cattedrale fu sottoposta, per disposizione del vescovo Antonio de Rosa, a un incauto restauro che ne alterò l’originaria struttura basilicale e la ridusse a una sola navata. Di notevole pregio sono, di questa chiesa: l’edicola del portale, datata 1455 e donata dal vescovo Carlo Fellapane; il sarcofago quattrocentesco del barone Giulio Gallotti; la tavola con la Madonna col Bambino, dipinta nel 1555 da Pietro Negroni, e la volta della cupola, con la rappresentazione del Paradiso, dovuta a un ignoto pittore del XVIII sec.
III - Un vescovo santo
Nella lunga sequela di vescovi, la figura che emerge su tutti è certamente quella del citato monaco Pietro Pappacarbone, che dal 1067 al 1082 fu vescovo e subito dopo la morte fu elevato agli onori degli altari e proclamato santo protettore. Dal 1987, in seguito alla suddetta aggregazione delle due diocesi, questo santo è compatrono di Teggiano- Policastro.
Bibliographie
G.
Volpi, Cronologia de’ Vescovi pestani, ora detti di Capaccio, Napoli 1732; N.
M.
Laudisii, Paelocastren Dioecesos historico-cronologica sinopsis erudita, Neapoli 1831 (rist.
a c.
di G.
G.
Visconti, Roma 1976); P.
Ebner, Chiesa, baroni e popolo nel Cilento, Roma 1982; P.
Gaetani, L’antica Bussento, oggi Policastro Bussentino e la sua prima sede episcopale, Roma 1882.
Diocèse
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SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.