Diocèse historique de Sansepolcro
HISTOIRE
Sorta in diocesi di Città di Castello attorno all’omonimo monastero benedettino (documentato dal 1012; camaldolese dal XII sec.), Sansepolcro (già Borgo Sansepolcro) nel corso del XIII . assunse caratteristiche demografiche, urbanistiche, economiche e sociali di tipo urbano, come attesta anche, nel 1203, l’edificazione di una pieve intramuraria voluta dal vescovo tifernate (di Città di Castello) e dai consoli del comune.Con questa erezione si avviava tra l’abate – che nei due secoli precedenti aveva esercitato diritti signorili – e l’ordinario diocesano una lunga vertenza giurisdizionale destinata, nel corso del XIV sec., a coinvolgere anche il comune.
Occorrerà però attendere il XVI . per il raggiungimento della definitiva autonomia biturgense rispetto alla «mater» tifernate: già nel 1441, con la cessione alla Repubblica fiorentina, il comune chiedeva a papa Eugenio IV l’elevazione di Sansepolcro al rango di città e la conseguente autonomia ecclesiastica.
Rimasta inesaudita allora, questa richiesta, con la prospettiva di un accorpamento alla diocesi di Sarsina, fu favorevolmente accolta nel 1515 da Lorenzo de’ Medici.
Il 23 settembre di quell’anno papa Leone X stabiliva di erigere la nuova diocesi scorporando da quella di Città di Castello tutte le parrocchie che facevano parte dello Stato fiorentino.
Rimasto lettera morta per un lustro, il provvedimento fu attuato cinque anni dopo (18 settembre 1520), mentre la presa di possesso del primo vescovo, Galeotto Graziani, già abate dell’abbazia camaldolese, avvenne l’8 aprile dell’anno successivo.
Al Graziani, morto il 5 aprile 1522, succedeva Leonardo Tornabuoni (1522-1539), con il quale si apriva la «dinastia episcopale » di questa famiglia fiorentina.
Egli dotava la nuova diocesi delle necessarie strutture, celebrando nel 1523 il primo sinodo diocesano e compiendo due anni dopo (1525) la prima visita pastorale mentre affidava (1538) al predicatore cappuccino Giuseppe da Fermo la pacificazione delle fazioni cittadine.
A Niccolò Tornabuoni (1560-1598), nella seconda metà del secolo, sarebbe spettato l’avvio delle riforme tridentine: nel 1566 egli disciplinava il servizio liturgico nella cattedrale; nel 1568 riorganizzava la confraternite cittadine; nel 1569 erigeva la collegiata di Pieve Santo Stefano; nel 1591 promulgava le nuove costituzioni del capitolo cattedrale; convocava e presiedeva quattro sinodi diocesani (1574, 1578, 1583, 1590) e compiva ben dieci visite pastorali tra il 1563 e il 1593.
Nel 1583 Angelo Peruzzi, vescovo di Sarsina, compiva la visita apostolica alla diocesi.
A questo periodo risale anche l’istituzione della pratica delle Quarantore in cattedrale (1538) e la nascita di nuove confraternite in città (Santa Maria delle Grazie nel 1518; Santissima Annunziata nel 1545; Visitazione nel 1564; Volto Santo nel 1565).
Per quanto riguarda la vita regolare, negli anni Trenta i frati minori cappuccini si erano insediati nell’eremo di Montecasale, mentre nel 1555 i due monasteri clariani di San Leo e Santa Maria della Strada venivano unificati per dare vita al nuovo grande monastero urbano di Santa Chiara.
All’inizio del XVII . l’azione riformatrice sul clero parrocchiale e sulla catechesi proseguiva con il vescovo Girolamo Incontri (1605-1615); i suoi successori, Filippo Salviati (1619-1634), Dionisio Bussotti (1638-1654) e Lodovico Malaspina (1672-1695) si interessarono della riforma dei monasteri femminili e della riorganizzazione delle confraternite laicali, mentre, grazie all’apporto di nuovi ordini e congregazioni, si rinnovava in profondità anche la vita regolare: nel 1605 si fondava il convento dei cappuccini – che una ventina d’anni dopo si insediavano anche a Pieve Santo Stefano – il monastero delle cappuccine (1622) e il collegio dei gesuiti (1638).
Nel 1710 il vescovo Lorenzo Tilli (1704-1724) erigeva il seminario – dopo il fallimento di precedenti tentativi nel 1610 e nel 1658 – e nel 1752, con la scuola delle Maestre pie, si inaugurava anche il primo istituto religioso femminile di vita attiva.
Sul finire del XVIII . la diocesi era interessata da quel processo di ridefinizione delle circoscrizioni ecclesiastiche che costituiva uno degli obiettivi delle riforme del granduca Pietro Leopoldo: tra il 1779 e il 1785 si aggregavano alla diocesi i territori di alcuni enti soppressi, come l’arcipretura nullius dioecesis di Sestino, l’abbazia di Bagno di Romagna, le due abbazie nullius dioecesis di Sant’Ellero di Galeata e di Santa Maria in Cosmedin all’Isola.
Nello stesso periodo i conventi cittadini degli ordini mendicanti venivano scorporati dalle province umbra o romana e aggregati a quella toscana.
Governò questa fase di ampliamento e ristrutturazione della diocesi il vescovo Roberto Costaguti (1778-1818), celebre predicatore, che si impegnò in una profonda azione di riforma delle strutture istituzionali e pastorali diocesane, ottenendo anche l’approvazione del culto prestato ai beati Ranieri e Andrea da Sansepolcro.
Negli anni dell’occupazione francese (1799) pure Sansepolcro fu toccata dal moto controrivoluzionario del «Viva Maria».
Il periodo napoleonico comportò altre soppressioni al tessuto delle istituzioni regolari biturgensi (1808), nonostante la «resistenza» del Costaguti che si manifestò anche nel rifiuto del giuramento di fedeltà a Napoleone (1810).
Nell’intervallo tra la restaurazione del governo granducale e l’avvio del governo italiano alcuni dei monasteri vittime dell’età leopoldina e napoleonica vennero riaperti, salvo poi essere nuovamente soppressi nel 1866.
Negli ultimi decenni del XIX . si verificò un periodo di crisi, caratterizzato da un calo delle ordinazioni sacerdotali e dalla scarsa rilevanza del movimento cattolico.
La tensione tra la Chiesa e i gruppi dirigenti locali, di area socialista e massonica, si espresse chiaramente nei disordini seguiti, nel 1893, alla processione del Corpus Domini.
Per ridare vigore alla vita diocesana fu eletto vescovo, nel 1911, Pompeo Ghezzi, del clero di Milano, che rimarrà in carica fino al 1953: in questo lungo arco di tempo egli sarebbe riuscito a rilanciare la pastorale diocesana attraverso le organizzazioni laicali (Unione popolare, Azione cattolica, confraternite e, successivamente, Acli) e il potenziamento delle strutture diocesane e del seminario.
Nel corso del secondo decennio del XX . il movimento cattolico conobbe un momento di grande vigore, dando vita anche a organizzazioni politiche e cooperative sia in città che in altri centri della diocesi.
Durante il ventennio fascista si verificarono alcune tensioni tra la diocesi e il regime, specialmente a motivo del controllo esercitato sulle associazioni, senza però giungere a scontri aperti.
In questi anni si diffuse largamente la vita religiosa femminile sia nei paesi che nei piccoli centri montani.
Nel secondo dopoguerra, con l’episcopato di Domenico Bornigia (1954-1963), la diocesi fu dotata di nuove strutture pastorali (settimanale diocesano, cinema cattolico, casa di esercizi spirituali, rilancio dell’Azione cattolica, pastorale del lavoro) e di un nuovo assetto territoriale (riforma dei vicariati e istituzione di nuove parrocchie nei quartieri periferici della città).
Negli anni immediatamente successivi al concilio Vaticano II il vescovo Abele Conigli (1963-1967) promosse una rapida applicazione delle decisioni conciliari, attraverso l’istituzione dei consigli presbiterale e pastorale e di una serie di commissioni, il coinvolgimento di laici nella pastorale diocesana, la rapida applicazione della riforma liturgica, l’organizzazione di giornate di studio, la promozione di comunità presbiterali, la riforma del seminario, l’apertura della Chiesa diocesana alla missione.
In questi anni, inoltre, cominciava a diffondersi il movimento di Comunione e liberazione e anche l’associazionismo giovanile degli scout dell’Agesci.
Dopo il concilio Vaticano II, nel quadro della riorganizzazione territoriale della Chiesa cattolica in Italia, la diocesi di Sansepolcro, ritenuta troppo poco popolata e geograficamente disomogenea (comprendendo territori toscani e romagnoli), fu privata del vescovo e affidata all’amministrazione apostolica del vescovo di Arezzo (1967).
Nel 1975, dopo che le parrocchie in Romagna furono attribuite alle diocesi di Cesena e di Forlì, il vescovo aretino assunse il titolo episcopale anche per Sansepolcro.
La creazione della nuova diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro fu decretata nel 1986, dopo aver escluso, per incongruenza con la morfologia amministrativa delle regioni Toscana e Umbria, la possibilità di ricomporre l’unità ecclesiale dell’alta valle del Tevere fondendo in unica diocesi quelle di Città di Castello e di Sansepolcro (ipotesi della quale si discusse tra il 1967 e il 1972).
Diocèse de Sansepolcro
Chiesa di San Giovanni Evangelista
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La facciata principale della Chiesa di San Giovanni Evangelista a Sansepolcro -
Veduta dell’aula dall’Ingresso -
L’area presbiteriale -
Il fonte battesimale
Diocèse
SOURCE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.