Diocesi di Montepulciano - Chiusi - Pienza
STORIA
I - L’età moderna
In epoca moderna, le vicende delle diocesi di Chiusi, Pienza e Montepulciano si dipanarono a lungo su percorsi diversi, per poi giungere, alla fine del Settecento, a una prima tappa del processo di unificazione che si concluderà solo in tempi a noi più vicini.Sotto il governo dei primi Medici, Montepulciano compì il gran salto: da «Terra» in «Città», da «Collegiata» in «Cattedrale».
Già pievanato della diocesi aretina e poi elevata al grado di collegiata sotto la guida di un arciprete, con una bolla di Bonifacio IX del 9 aprile del 1400 all’arcipretura della collegiata era stato conferito il titolo abbaziale, con l’uso della mitra e del baculo.
Poi, su pressione del giureconsulto poliziano Fabiano di Bartolomeo di Bartolomeo d’Agnolo Benci, suddiacono apostolico e abate, nunzio papale, chierico di Camera, che da lungo tempo operava al servizio dei papi e che era anche arciprete della collegiata, questa fu separata con il suo piviere dalla diocesi aretina e venne promossa in prelatura nullius dioecesis, soggetta immediatamente alla Santa Sede.
Nei decenni successivi seguirono altri privilegi concessi dai pontefici: dalla possibilità per l’arciprete di impartire gli ordini sacri minori (che abilitavano i chierici ad assumere gli uffici sacri con le relative prebende) all’aumento progressivo dei seggi canonicali nel capitolo.
Infine, grazie alle pressioni dello stesso Cosimo I, nel 1561 papa Pio IV eresse questa Chiesa in episcopale, accorpando al territorio dell’antica pieve undici chiese parrocchiali della diocesi di Chiusi (da San Giovanni a Villanuova a San Vincenzo a Castelnuovo, da San Vittorino d’Acquaviva a San Pietro all’Abbadia dei Caggiolari, da Sant’Egidio a Gracciano Vecchio a Sant’Andrea di Cervognano e Santa Mustiola a Caggiole) e altre otto della diocesi di Arezzo.
Al successo dell’operazione non furono certo estranei i buoni uffici del potente cardinale Giovanni Ricci da Montepulciano, già vescovo «resignatario» della stessa Chiusi e nominato in quel frangente amministratore apostolico della nuova diocesi.
Ma anche sul posto non mancò un contributo importante.
L’arciprete Spinello Benci offrì alla mensa episcopale i beni del suo arcipretato, mentre l’abbadia di San Pietro a Ruoti in val d’Ambra, già commenda del Ricci, andò ad arricchire la dotazione iniziale, la cui rendita nel secolo successivo oscillava fra i milleottocento e i duemila scudi l’anno.
A sua volta il Benci fu premiato con la nomina a primo vescovo titolare, anche se il Ricci al momento della rinuncia si riservò la metà dei frutti della mensa, la collazione dei benefici della diocesi e il regresso nella titolarità, in caso di premorte del Benci.
Questi, però, gli sopravvisse e riuscì a trasferire l’episcopato al nipote Sinolfo (anch’egli arciprete della cattedrale), figlio del colonnello Giustiniano Benci.
Alla sua precoce morte gli successe Sallustio Tarugi: un poliziano maestro generale dell’ordine ospedaliero di Santo Spirito in Sassia, a lungo attivo nella curia di Roma e persino ambasciatore dei Medici.
Altri poliziani ressero la cattedra della loro città: il cardinale Roberto Ubaldini, e poi Marcello e Antonio Cervini (zio e nipote) dal 1652 al 1706.
Meritano una menzione, perché, pur trattandosi di un centro minore della Toscana granducale, nel corso dell’età moderna Montepulciano ha espresso un solido gruppo di dirigenti tanto in ambito civile quanto in ambito ecclesiastico.
Personalità affermate a livello dello Stato e della Chiesa, capaci di garantire il governo locale ai propri concittadini, nonostante le ridotte dimensioni della loro patria: nel 1623 la cattedrale di San Giovanni, direttamente soggetta alla Santa Sede, contava tre dignità e dieci canonicati, cresciuti nel secolo successivo rispettivamente di una e di due unità; nella città, che aveva circa duemila abitanti (cresciuti di un migliaio nel giro di un secolo), vi erano tre chiese parrocchiali, tre conventi maschili e tre monasteri femminili.
II - L’età contemporanea
La storia contemporanea di queste Chiese locali deve fare i conti con le vicende politico-istituzionali che toccano tutto il territorio nazionale, ma anche e soprattutto con il progressivo schiarirsi delle linee di tendenze dello sviluppo economico della zona.Le caratteristiche rurali e piccolo-borghesi cittadine vengono fortemente segnate dalle trasformazioni strutturali che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento investono l’area: la linea ferroviaria prima, l’ampliarsi e il consolidarsi dell’asse viario in un secondo momento producono ricadute significative sul tessuto sociale andando ad alimentare l’indotto industriale e la produzione agricola già tradizionalmente ricca della val di Chiana.
In questo scenario fortemente disomogeneo, la Chiesa locale, pur nella diversità di conduzione, punta a conservare alla religione il posto che tradizionalmente ha mantenuto di supporto all’ordine e alla stabilità dei rapporti sociali, in cambio di un riconoscimento pubblico ormai meno scontato e continuamente da contrattare.
Soprattutto in presenza di mutazioni sociali che incidono profondamente sullo stato religioso delle popolazioni.
È comune per tutto l’Ottocento la lamentela verso i costumi giudicati «in peius»: la bestemmia, l’inosservanza del riposo festivo, una generale indifferenza alle norme sulla partecipazione elettorale, la presenza della massoneria, una pratica cultuale sostanzialmente a carattere femminile e infantile.
Appare evidente come in simile contesto risulti urgente approntare strumenti da una parte di difesa delle prerogative ecclesiastiche e della fede dei «buoni» e dall’altra di approccio «missionario» per la riconquista di un territorio ormai considerato in preda alla scristianizzazione.
La struttura ecclesiastica parcellizzata, caratterizzata da una significativa presenza di collegiate sul territorio a forte dominio laicale, rese di fatto complesso il rapporto con le popolazioni, specie quelle rurali.
Se da una parte infatti, la civiltà contadina si prestava efficacemente a fornire forme ipotetiche di garanzia di tradizione e conservazione, dall’altra lo stretto legame tra gli apparati ecclesiastici e il sistema padronale della proprietà agraria si rese obiettivamente complice della perdita di credibilità della Chiesa.
I primi scioperi a carattere generale dell’inizio del Novecento nella val di Chiana segnarono uno smacco: operai e contadini riuscirono a saldare i loro interessi e la Chiesa non seppe presentarsi preparata.
Anzi.
La pletora di personale ecclesiastico, spesso scarsamente dotato di mezzi di sussistenza, mise in primo piano il delicato e grave problema della formazione sacerdotale e dell’assistenza.
Nascono proprio in questo contesto, sulla falsariga di quanto altrove si cominciava, forme mutualistiche e associative tra il clero con il preciso scopo di andare incontro alle effettive difficoltà economiche e garantire un livello di socialità trasversale.
Quale ricaduta di tale situazione, anche il movimento associativo laicale stenta.
Solo più tardi, a partire dal secondo decennio del XX sec., si giunse alla creazione, spesso coordinata fra gli attivisti delle tre diocesi, di istituti di credito nel tentativo di andare incontro ai bisogni di liquidità, di distribuzione equa e di raccolta organizzata da parte dei ceti agrari meno protetti.
Furono progetti però che non ressero alle difficoltà che le successive crisi evidenziarono spesso in maniera violenta.
In questo senso, l’anticomunismo e la scelta dell’ordine finirono per diventare le due direzioni di marcia fondamentali per cercare di salvare identità e stabilità del corpo ecclesiale, in tutte le sue componenti.
Nel 1964 monsignor Baldini, vescovo di Chiusi e Pienza, fu nominato amministratore apostolico di Montepulciano.
Alla sua morte (1970), Alberto Giglioli fu nominato vescovo ausiliare di Siena per Montepulciano e amministratore apostolico per Chiusi e Pienza.
Nel 1975, monsignor Giglioli, vescovo titolare di Montepulciano, mantenne l’amministrazione di Chiusi e Pienza, e infine nel 1986 le diocesi vennero fuse.
Bibliografia
S. Benci, Storia della Città di Montepulciano, Firenze 1641;Notizie del cardinale Roberto Nobili, degli altri illustri poliziani e della città di Montepulciano, Bologna 1974;
D. I. Marcocci, I Vescovi di Montepulciano 1561- 1964, Siena 1975;
A. Maroni, Prime comunità cristiane e strade romane nei territori di Arezzo-Siena-Chiusi, Siena 1990;
Umanesimo e Rinascimento a Montepulciano, a c. di A. Sigillo, Montepulciano 1994;
A. Benvenuti, La Storia, in Montepulciano e la Valdichiana senese, a c. di L. Martini, in I Luoghi della fede in Toscana, Firenze-Milano 2000;
Raimondo da Capua, Legenda beatae Agnetis de Monte Policiano, a c. di S. Nocentini, Tavarnuzze 2001
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Mappa
Diocesi di Montepulciano - Chiusi - Pienza
Chiesa di Santa Maria Assunta
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La facciata della cattedrale di Santa Maria Assunta a Montepulciano -
Il Fonte Battesimale -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Il presbiterio -
La cappella del Santissimo Sacramento
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.