Diocesi di Jesi
STORIA
L’origine della Chiesa, nel municipio di Aesis, è attestata da lucerne fittili cristiane del IV . per la città, e da una tessera a croce latina riconducibile all’epoca delle invasioni di Alarico (406-409) per il territorio.Il primo documento risale al 680, quando il vescovo Onesto si sottoscrisse nel sinodo romano di papa Agatone, ma prima di lui la tradizione enumera altri tre vescovi, primo dei quali il patrono Settimio (V . ca).
Dal 680 in poi troviamo i nomi di altri quattordici vescovi con cadenze irregolari fino al 1219.
Tra quelli degni di nota nell’826 il vescovo Giovanni, presente al concilio Romano indetto da Eugenio II, al cui episcopato risale la nascita del capitolo della cattedrale.
Poco si conosce della vita locale dei secoli che precedono il Mille, eccettuata la diffusione di abbazie benedettine (fino a ventotto nel XIII sec.) che divennero il perno del sistema feudale.
Altro pilastro della vita religiosa è quello delle pievi, che diedero vita all’organizzazione parrocchiale con circa settanta chiese.
Al 1119 risale il primo documento che parla di una cattedrale dedicata a san Salvatore e a san Settimio, onorato (con certezza dal 1227) insieme al patrono della comunità civile san Floriano, introdotto dai longobardi.
A contrastare la crisi delle istituzioni ecclesiastiche, attestataci dal «ritmo laurenziano» contro il vescovo Grimaldesco (1197) accusato di circondarsi «di una corte più feudale che monacale», intervenne la riforma camaldolese, che fece sorgere tredici monasteri ed eremi, molti dei quali in cura d’anime.
Nello stesso periodo si definiscono i confini del territorio diocesano entro la media Vallesina.
Nelle vicende che portarono all’evoluzione comunale, la Chiesa rimase in disparte, anche di fronte alla nascita in Jesi di Federico II, il 26 dicembre 1194: data a partire dalla quale la città si colloca perennemente in campo ghibellino.
Nel 1208 il vescovo Dago provvide alla realizzazione di una nuova cattedrale, in sostituzione delle due precedenti del V e IX-X sec., successivamente arricchita di una facciata su disegno di Giorgio da Como.
Il XIII . si caratterizza per la progressiva conquista dell’autonomia da parte della società civile.
Nel 1245, a seguito di contrasti, e della cacciata dei capi del partito guelfo, la diocesi si ritrovò con due vescovi, rimossi poi da Innocenzo IV, e nella successiva vacanza della sede fino all’ingresso di Crescenzio II nel 1252.
Anche dopo la morte di Federico II continui furono gli scontri della città, al fianco di Percivalle Doria (luogotenente di Manfredi), con il potere pontificio.
Tanto che nel 1259 Alessandro IV la colpì con l’interdetto e con la privazione della sede vescovile.
La città restò comunque fedele a Manfredi, ed elesse podestà, nel 1263, il ghibellino Guido da Montefeltro, protagonista di imprese terribili nella Vallesina, e che, fattosi religioso, fu celebrato da Dante.
Il 31 gennaio 1264 l’occupazione delle truppe papali segna la fine del comune, e con la rinuncia alle prerogative feudali da parte del vescovo Leonardo (1301) anche del sistema feudale.
Al chiudersi del secolo XIII la chiesa di Jesi appare strutturata e funzionale, avanza la presenza di silvestrini, agostiniani, e ordini mendicanti, in particolare francescani, con una vasta e profonda diffusione specialmente tra le classi popolari.
Nel XIV . le contese tra famiglie per la signoria della città determinarono condizioni difficili per la vita della Chiesa.
Nel 1311 si aprì l’episcopato di Francesco Alfani, sotto il quale avvenne la calata di Ludovico il Bavaro, e la diffusione del movimento dei fraticelli.
Contemporaneamente si assiste all’affermarsi della signoria e al passaggio dall’organizzazione in abbazie e pievi a quella in parrocchie.
Jesi fu tra le città delle costituzioni egidiane del 1357.
Presa dal crudele Francesco Sforza, capitano al soldo di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, questi da qui lanciò nel 1433 l’invito alla rivolta contro il potere pontificio, dando il via ad anni difficili durante i quali domenicani e conventuali, oggetto di continue violenze, si trasferirono dentro la città.
Con la partenza dello Sforza cessa il periodo della signoria e inizia la Restaurazione.
Jesi fu inserita nello Stato della Chiesa.
Degno di nota è il fenomeno dei fraticelli nei centri collinari.
A combatterli nel 1425 Martino V inviava il francescano Giacomo della Marca, che intervenne con la predicazione e i processi.
La lotta venne portata avanti anche con azioni militari come la spedizione del 1428, comandata da Astorgio degli Agnesi, che distrusse Maiolati, i cui superstiti, scampati nei paesi vicini, si vendicarono con l’assassinio del monaco camaldolese beato Angelo Urbani l’anno successivo.
Durante l’episcopato di Innocenzo De Conti, in un documento del 1439 compare per la prima volta il nome di san Settimio come titolare della cattedrale, e di nuovo nel 1441, in testa al catasto comunale, insieme a san Floriano, con la qualifica di confessore.
Nella peste del 1456 la gente di Jesi ricorse a un’edicola della Vergine attorno alla quale fu costruita in un giorno una cappella, che si trasformò presto in santuario della «Madonna della Misericordia », poi «delle Grazie», a custodire il quale furono accolti nel 1486 i carmelitani.
Nel 1464 fu promosso all’episcopato lo jesino Tommaso Ghislieri, diffusore del clima rinascimentale.
Fu una delle stagioni più felici per l’arte nella Chiesa locale, con una grandiosa opera di ricostruzione della cattedrale, durante la quale, nel 1469, veniva rinvenuto il corpo di san Settimio: da allora il culto del santo divenne dominante in diocesi.
Il XVI . è epoca di rinnovamento, con figure di vescovi come Angelo Ripanti, committente di Lorenzo Lotto, e il grande Gabriele Del Monte, che riformava la diocesi nello spirito del concilio di Trento cui aveva partecipato.
A lui si deve la nuova organizzazione della città in parrocchie.
Nel 1563 veniva fondato, tra i primi in Italia, il seminario.
Sotto di lui si annoverano ventitré visite pastorali e la celebrazione di dodici sinodi.
Sempre nello stesso secolo va ricordato il biennio di episcopato del cardinale Camillo Borghese (1597) poi eletto al soglio pontificio con il nome di Paolo V.
In questo secolo si assiste alla diffusione di confraternite e di comunità frutto della riforma degli ordini religiosi, in particolare femminili.
Il Seicento, secolo di crisi, vede una serie di grandi vescovi: il già ricordato Tiberio Cenci, il cardinale Alderano Cybo, cui si deve il XXI sinodo con proposte di soluzione al problema della proprietà fondiaria della Chiesa, il rinnovamento del seminario e la promozione dell’oratorio dei filippini.
A succedergli nel 1672 fu il venerabile Lorenzo Cybo, uomo di profonda carità.
Celebri sono le vicende del cardinale Pier Matteo Petrucci, vescovo dal 1681, vicino all’ambiente quietista francese e italiano, e per questo processato dall’Inquisizione a causa di scritti sospetti che accettò con piena sottomissione di bruciare.
Agli inizi del XVIII . il vescovo Antonio Fonseca abbatteva la cattedrale gotica, affidandone la ricostruzione a Domenico Borrigioni, visitò dieci volte la diocesi e convocò due sinodi, fece una notevole opera di rinnovamento nell’edilizia di culto e volle, nel 1743, un grandioso ospedale per la città.
Alla fine del secolo la Rivoluzione francese squassò le strutture ecclesiali e sociali.
Le popolazioni locali si sollevarono in insurrezioni di fronte ai soprusi napoleonici.
Grande vescovo fu il cardinale Giovanni Battista Caprara, che volle la costruzione della villa del seminario per la promozione degli esercizi spirituali tra il clero, e il riordino dell’archivio diocesano, e che fu poi artefice, con Napoleone, del concordato con la Francia.
Gli succedette Antonio Maria Odescalchi che, rifiutatosi di giurare fedeltà al Regno d’Italia, nel 1804 fu arrestato e deportato a Milano.
La «Restaurazione» venne realizzata a Jesi con gesti pastoralmente validi e costruttivi, particolare è il merito del cardinale Francesco Cesarei Leoni, che cercò di recuperare i beni confiscati, e di ricostituire le comunità religiose disperse, e che fondò nel 1821 il ginnasio pubblico cittadino.
Nel fermento risorgimentale spiccano le figure del cardinale Cosimo Corsi con il suo impegno in ambito sociale, e il cardinale Carlo Luigi Morichini, insigne latinista, consigliere della politica «liberale» di Pio IX, che si ritrovò al centro di un caso internazionale quando venne incarcerato per aver fatto negare l’assoluzione al pretore regio della città, in difesa del quale intervenne Napoleone III.
La situazione politica, determinatasi a seguito della caduta dello Stato pontificio, portò i cattolici jesini a organizzarsi in associazioni che, sin dal 1870, preparano i grandi movimenti socio-economici dell'inizio del XX . Notevole è l’opera di monsignor Battistoni, costretto all’esilio da Jesi per la sua opposizione al fascismo (1926), e monsignor Cappannini insieme ai quali il vescovo Giuseppe Gandolfi (1907) ha accompagnato e fatto nascere iniziative sociali dirette al mondo del lavoro e all’impegno dei cattolici come il circolo Ferrini più volte oggetto della violenza fascista.
Il vescovo Carlo Falcinelli (1934) dava un’impronta di intensa vita spirituale e liturgica alla diocesi.
Giovanni Battista Pardini (1953) ne modernizzava le strutture pastorali, quasi intatte dal XVI sec., creando parrocchie e il nuovo seminario minore.
Nel 1978 inizia l’episcopato del francescano Oscar Serfilippi, la cui opera volta all’attuazione delle intuizioni conciliari ha visto frequenti visite pastorali, la celebrazione del XXX sinodo, due congressi eucaristici, l’attenzione costante alla diffusione del sapere teologico, alla promozione del laicato e alla catechesi attraverso l’arte fino alla nomina del 76° vescovo di Jesi, Gerardo Rocconi (2006).
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Diocesi di Jesi
Chiesa di San Settimio Vescovo e Martire
Diocesi
FONTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.