Diócesis de Crotone - Santa Severina
HISTORIA
I - Le origini
L’origine della diocesi di Crotone risalirebbe al I . dell’era cristiana.Una tradizione leggendaria afferma che a operare la conversione della città fu Dionigi l’Aeropagita, discepolo di san Paolo, il quale intorno al 97, approdato a Crotone, vi predicò il Vangelo e divenne il primo vescovo della città.
Indizi documentari sull’esistenza della diocesi potrebbero far pensare al V . Di certo è attestata nel VI sec.: il suo vescovo Iordanes si trova a Costantinopoli accanto a papa Vigilio (537-555) nel 551 nella controversia sulla questione dei Tre Capitoli.
Papa Vigilio, nella condanna di Teodoro di Mopsuestia, ricorda Decio di Milano, Zaccheo di Squillace e Iordanes di Crotone, «fratres et corepiscopi nostri».
La diocesi e i suoi vescovi sono successivamente ricordati più volte nell’Epistolario di Gregorio Magno (590-604) che intervenne nel 592 perché i cristiani di Crotone, con l’aiuto di Giovanni vescovo di Squillace, eleggessero tra di loro un uomo sapiente come pastore della loro Chiesa.
Pur ricadendo il territorio nella sfera d’influenza bizantina, la diocesi di Crotone rimase fedele a Roma fino al 756, quando con i provvedimenti emanati da Leone III Isaurico (717-741) nell’VIII . Crotone fu assoggettata al patriarca ecumenico di Costantinopoli e inserita nella provincia ecclesiastica di Reggio Calabria.
Vescovi crotonesi sottoscrissero importanti concili: Teodosio il concilio Lateranense del 649; Pietro quello di Costantinopoli del 680; Teotimo il concilio di Nicea II del 787; Niceforo fu tra i protagonisti di quello tenuto a Costantinopoli nell’869.
Egli, nella questione foziana, fu un indomito difensore del patriarca Ignazio contro le pretese di Fozio, per cui, fra tutti i vescovi della Calabria, unicamente lui fu ammesso alla prima sessione di questo concilio, in quanto era stato tra quelli che «laboraverunt et certaverunt pro verbo veritatis».
I bizantini inflissero un duro colpo alla diocesi con la creazione nel IX . della diocesi metropolitana di Santa Severina che sottrasse buona parte del territorio di giurisdizione dell’antica diocesi crotonese che, rimasta alle dipendenze di Reggio Calabria, si ridusse alla sola città con l’aggiunta di alcuni casali.
Frattanto le condizioni generali della Calabria peggiorarono seriamente in seguito alla conquista della Sicilia da parte degli arabi (824).
La regione fu preda di feroci scorrerie, incendi e deportazioni.
L’imperatore Ottone II, sceso in Calabria per arginare il fenomeno, si scontrò, nel 981, con gli arabi nella piana di Capo Colonna, a pochi chilometri da Crotone.
In questo periodo la cronotassi dei vescovi di Crotone ricorda un pastore, di nome ignoto, ucciso dai saraceni nella sua cattedrale, dove si era rifugiato assieme al popolo.
II - Dal Medioevo al concilio di Trento
Verso il 1060 la città di Crotone passò sotto i normanni che iniziarono una progressiva latinizzazione del territorio.Tuttavia, la vicinanza a Santa Severina contribuì a ritardare il processo, perseguito dagli Altavilla; il rito greco sopravvisse nella diocesi crotonese accanto a quello latino fino al XIII . Greco è il vescovo Atanasio (1121) che nel 1122 accompagnò il conte Ruggero al Patirion; greco è pure il vescovo Filippo (1179) che così si firma al sinodo romano del 1179: «Philippus Crotonis episcopus Graecus».
Il vescovo Giovanni (1217-1220) il 9 aprile del 1217 ottiene l’autorizzazione da parte di papa Onorio III (1216-1227) a celebrare in lingua greca nella Chiesa di Crotone, mentre nel 1221 gli fu conferita una precisa missione di riforma presso i monasteri greci, in progressiva decadenza dopo la conquista normanna.
Il vescovo Nicola Durazzo (1254-1284) nel 1264 è scelto per una particolare missione presso l’imperatore di Costantinopoli Michele Paleologo, per la sua profonda conoscenza del greco e del latino.
Si registra in questo periodo l’importante visita di papa Callisto II (1119-1124) in Calabria (per porre fine all’inimicizia tra il duca Guglielmo e il conte Ruggero in lotta per la spartizione di alcuni territori) e a Crotone in particolare, dove nel gennaio 1122 celebra un sinodo.
Un dato numerico molto significato lo si ricava dalla tassazione della decima: nel 1310 i sacerdoti della diocesi di Crotone sono in totale cinquanta.
La guerra del Vespro e il conseguente scontro tra aragonesi e angioini segnò l’inizio di una progressiva decadenza della diocesi crotonese.
A completare il quadro delle difficoltà, bisognerebbe aggiungere i conseguenti abusi e tirannie dei signorotti locali, la peste del 1348, la dispersione ecclesiastica in seguito all’esilio avignonese (1309-1378) e allo scisma d’Occidente (1378-1414), durante il quale il Regno di Napoli parteggiò per i papi avignonesi, con non poco danno e confusione da parte dei fedeli.
Il fiscalismo degli aragonesi, succeduti in tutto il regno dal 1435 in poi, provocò violente rivolte da parte dei crotonesi, le cui condizioni economiche peggiorarono sempre più.
La diocesi rimase in uno stato d’abbandono tale che il 17 dicembre del 1492 Ferdinando, re di Sicilia, invitava il governatore Loyse de Loffredo a trovare soluzione per l’incresciosa situazione che vi si era creata.
Una serie di lamentele giunte al sovrano la dipingevano così: «lo episcopato de quella cita non e altro per lo malo governo che ce e, si non una spelonca di latri ».
Di conseguenza il re invitava il governatore: «per nostro amore serrite incontinente con lo episcopo de cotrone et li dicate voglia providere de uno bono vicario et subito: et che non ne habeamo ad sentire altri disordini, che se ipso non providera, li declarerite, chence provideremo Noi».
Non migliori furono le condizioni sotto il lunghissimo viceregno spagnolo, durato complessivamente dal 1503 al 1734: malgoverno centrale, fiscalismo esagerato, prepotenza impunita dei baroni, delittuose imprese dei banditi, azioni terroristiche dei pirati.
Non mancano in questo periodo figure di eminenti pastori: Antonio Lucifero (1510-1521), vescovo colto e molto generoso con i poveri.
A lui si deve l’abbellimento del palazzo vescovile e la riedificazione dalle fondamenta della cattedrale odierna (costruita intorno al XII-XIII sec.) dedicata a Santa Maria Assunta, dove ancora oggi è custodita l’effige della Beata Vergine di Capocolonna (risalente a un periodo non anteriore al XV sec.), patrona dell’arcidiocesi, il cui altare privilegiato fu arricchito di indulgenze da parte di papa Gregorio XIII (1572-1585); Giovanni Matteo Lucifero (1524-1551), nipote di Antonio, vescovo prudente e saggio, consigliere di Carlo V; Francesco Aguirre (1557-1564), spagnolo, uomo di grande cultura, prescelto dai prelati calabresi a intervenire al concilio Tridentino; Cristoforo Beroral (1574-1578), presule caritatevole che eresse a proprie spese il monte di pietà; Tommaso Delli Monti (1599-1608), appartenente ai chierici teatini, che impose una rigorosa disciplina al clero e indusse i fedeli a una vita di maggiore santità.
Prima di morire divise le sue rendite e le sue sostanze tra i poveri.
III - Da Trento al 1818
Il vescovo Girolamo Carafa (1664-1683) costruì nel 1669 il seminario che i suoi predecessori spesso avevano tentato di costituire ma, a causa della scarsità delle rendite, erano ben presto stati costretti a recedere dall’iniziativa.Il seminario doveva essere posto sotto la vigilanza di un rettore, gli alunni, inizialmente in numero di dieci, dovevano indossare vestiti di color violaceo e partecipare alle lezioni impartite dal maestro di grammatica e di canto gregoriano.
I Borbone, che avevano conquistato il Regno delle Due Sicilie nel 1734, furono temporaneamente cacciati da Crotone da una violenta sollevazione popolare, manovrata dai francesi, nel 1799.
Fu issato l’albero della libertà, bruciati gli archivi vescovili e nobiliari.
Ma la parentesi fu breve.
Le truppe sanfediste del cardinale Fabrizio Ruffo, ministro di Ferdinando IV di Sicilia, riconquistarono la città il 22 marzo del 1799.
Lo stesso vescovo Rocco Coiro (1797-1818) – insigne canonista, che richiamò il clero crotonese a maggiore osservanza canonica specie riguardo all’abito ecclesiastico e alla celebrazione dell’ufficio divino – fu schiaffeggiato dal cardinale per eccessiva debolezza nei confronti dei rivoluzionari.
Monsignor Coiro pagò caro il suo «liberalismo»: dovette scolparsi dei manifestati segni di liberalità e rimase per qualche tempo lontano dalla diocesi, che fu amministrata dal 1802 al 1805 dal vicario reggente Giuseppe Primicerio Della Luna.
Nel frattempo la Chiesa crotonese si sforzò di dare maggiore impulso alla vita pastorale della diocesi tramite l’indizione di ben cinque altri sinodi: nel 1665 celebrato dal vicario apostolico Alessandro Boscarello durante il pontificato di Alessandro VII (1655-1667); nel 1693 dal vescovo Marco Rama (1690-1709); nel 1729 dal vescovo Gaetano Costa (1723-1753) che ne fece stampare gli atti nel 1732; nel 1775 dal vescovo Giuseppe Capocchiani (1774-1788) – oratore eloquente, ebbe l’incarico da papa Clemente XIII di regolare gli statuti del clero romano – che fece stampare nel 1785 i lavori del sinodo, che purtroppo andarono perduti nel 1799 a causa del saccheggio dei giacobini.
Dalla relazione ad limina del 1775 di monsignor Capocchiani risulta evidente che gli avvenimenti degli ultimi anni avevano lasciato i segni anche nel clero.
Egli denuncia alcuni gravi abusi tra cui: il continuo allontanarsi dei preti dalla diocesi; la fretta e la sciattezza nel celebrare la messa; l’invecchiamento delle specie eucaristiche; la mancata recita del breviario; la cattiva condotta del clero.
IV - Dal 1818 al concilio Vaticano II
Il decennio francese (1806-1815) ebbe il merito di far saltare molte strutture feudali, ormai sorpassate.Al medesimo tempo sparirono anche organismi protettivi come le «chiese recettizie», fenomeno che contribuì al peggioramento delle condizioni del clero e delle Chiese.
Alcune piccole diocesi del comprensorio (Belcastro, Cerenzia, Strongoli, Umbriatico), in seguito al concordato del 1818 tra Santa Sede e Regno di Napoli, furono soppresse e divennero così parrocchie inserite nella diocesi di Cariati e di Santa Severina.
La diocesi di Isola fu pure soppressa e incorporata a quella di Crotone, sempre suffraganea di Reggio Calabria.
È l’inizio di quel processo di allargamento della diocesi di Crotone, culminato nel 1979 con il decreto Quo Aptius di Giovanni Paolo II.
Nel 1845 il vescovo Leonardo Todisco Grande (1834-1849) celebrò il settimo sinodo della diocesi crotonese mediante il quale intese dare il primato all’evangelizzazione, richiamò il clero all’osservanza dei canoni del concilio di Trento, esortò i fedeli a non lasciar intercorrere molto tempo tra il matrimonio civile e la celebrazione del matrimonio religioso.
Nella relazione ad limina del 1867 di Luigi Maria Lembo, vescovo di Crotone dal 1860 al 1888 e uno dei padri del concilio Vaticano I, è molto interessante la descrizione «de populi moribus» che ci dà un quadro abbastanza fosco della situazione morale, con una larga diffusione della prostituzione e della lussuria.
Nel 1876 indice la visita pastorale della diocesi per «annunziare i doveri e le virtù che si addicono ad ogni cristiano, per ammonire e correggere gli erranti, per animare ed accendere i cuori di vera carità».
Il secolo si chiude con l’incameramento di molti conventi, per opera delle leggi eversive piemontesi, con la conseguente distruzione di molte opere d’arte e con la memorabile incoronazione dell’immagine della Beata Vergine di Capocolonna, per decreto del capitolo vaticano, nel 1893 durante l’episcopato di Giuseppe Cavaliere (1883-1899).
Con Carmelo Pujia (1921-1927), zelante vescovo di Santa Severina, iniziò l’unione in personam dell’arcidiocesi di Santa Severina con quella di Crotone, da quando nel 1921 venne nominato amministratore apostolico di Crotone e successivamente, dal 1925 al 1927, vescovo della medesima diocesi, che fu dichiarata immediatamente soggetta alla Santa Sede.
La situazione rimase invariata anche con il successore Antonio Galati (1927-1946) al quale, nominato arcivescovo di Santa Severina nel 1927, fu affidata ad personam anche la diocesi di Crotone nel 1928.
Si pose termine a tale situazione nel 1946 con l’elezione episcopale di Pietro Raimondi, che governò la sola diocesi di Crotone fino al 1971.
Durante il ministero episcopale di Giuseppe Agostino – eletto il 21 dicembre 1973 da papa Paolo VI, con tre distinte nomine, arcivescovo di Santa Severina, vescovo di Crotone e vescovo di Cariati – con decreto della Congregazione per i vescovi del 30 settembre 1986 le due diocesi divennero un’unica realtà, con l’«unione piena».
La denominazione della nuova diocesi era «arcidiocesi di Crotone-Santa Severina », con sede nella città di Crotone dove l’attuale chiesa cattedrale conservava questo suo proprio titolo ed era suffraganea di Reggio Calabria-Bova.
Il primo arcivescovo della nuova diocesi fu Giuseppe Agostino, che il 29 ottobre del 1984 nella cattedrale di Santa Severina indisse un sinodo, inizialmente interdiocesano, che divenne il primo della nuova arcidiocesi e si concluse il 30 giugno del 1989 nella cattedrale di Crotone che nel frattempo, nel 1982, fu elevata alla dignità di basilica minore.
A monsignor Agostino, promosso alla sede arcivescovile di Cosenza- Bisignano il 5 giugno 1998, il 21 novembre dello stesso anno succedette Andrea Mugione che, secondo quanto prescritto dalla bolla Maiori Christifidelium del 30 gennaio 2001, è diventata suffraganea della metropolia di Catanzaro-Squillace.
Attualmente è vescovo dell’arcidiocesi Domenico Graziani, che ha iniziato il suo ministero episcopale il 14 gennaio 2007.
Bibliografía
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Diócesis de Crotone - Santa Severina
Chiesa di San Dionigi
Diócesis
FUENTE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.