Diözese von Chieti - Vasto
GESCHICHTE
I - Una Chiesa che ha radici antiche
La lettera di Gelasio I (492-496) al vescovo Celestino, perché si rechi come visitatore nella civitas Histoniensium per accertarsi dell’idoneità del diacono Giuliano a essere ordinato presbitero e di Felicissimo al ministero diaconale della chiesa di Sant’Eleuterio, attesta inequivocabilmente l’esistenza, nel V sec., nella città di Vasto, di una struttura ecclesiale.Se questa fosse allo stesso tempo sede episcopale, è questione di controversa interpretazione.
Un’altra significativa e preziosa testimonianza riferita alla presenza cristiana nel territorio diocesano, tra il V-VI sec., è data dalla basilica di santo Stefano in rivo maris, edificio classificato paleocristiano dagli archeologi, situato nella zona dell’attuale Casalbordino.
Per la tradizione popolare san Giustino è ritenuto il primo evangelizzatore della Chiesa teatina, venerato come vescovo e protettore dell’intero centro abitato; l’Ughelli lo qualifica come suo primo vescovo, sebbene una documentazione storica valida dalla quale desumere notizie particolareggiate sulla sua vita non esiste, e molto è frutto di racconti leggendari del XV-XVI . Per il Lanzoni, le passioni di san Giustino e compagni e di sant’Eusanio permettono di individuare in costoro, tra III e IV sec., gli apostoli dell’evangelizzazione dei vestini, dei marrucini e di ampie zone della valle dell’Aterno.
La prima notizia dell’esistenza in Chieti di una chiesa cattedrale sede vescovile ci è offerta dalla Institutio de clericis ad normam vitae canonicae redigendis, deliberata dal sinodo teatino del vescovo Teodorico il 12 maggio dell’840, che vi fa riferimento al suo predecessore, senza specificarne il nome.
Questo atto sinodale delinea con chiarezza l’impegno di ricomposizione e di ristrutturazione dell’organizzazione ecclesiastica nella città e nel suo territorio.
Infatti, centro della organizzazione ecclesiastica cittadina fu la chiesa di San Giustino, sede del vescovo, presso la quale venne costruita l’abitazione per i canonici (sono indicati tredici nominativi) dedicata a san Tommaso apostolo.
Il vescovo teatino ebbe il suo punto di forza nella chiesa cattedrale e nella comunità canonicale ivi costituita, ben organizzata per il funzionamento di una scuola scrittoria in funzione del servizio liturgico e dotata di un notevole complesso patrimoniale.
Se la conquista longobarda e gli eventi bellici che l’accompagnarono, con lo spopolamento di alcune città, ebbero come esito la destrutturazione completa dell’istituzione episcopale, nel IX . nell’ottica della politica carolingia Chieti assurse a centro politico ed ecclesiastico di tutto il territorio.
Con la nuova organizzazione civile la diocesi di Chieti inglobò l’intero territorio di Ortona (antica diocesi) e quello di Vasto (e la sua struttura di Chiesa).
In questo stesso periodo l’Abruzzo fu terra di conquista dei grandi monasteri dell’Italia meridionale: la presenza benedettina, con le rispettive grange e chiese annesse e i possedimenti fondiari, distribuiti nel territorio a macchia di leopardo e in molti casi intersecantisi, se per un verso fu determinante per l’evangelizzazione del territorio della diocesi di Chieti, dall’altro rappresentò l’inizio del suo smembramento, essendo questi monasteri esenti dalla giurisdizione del vescovo locale.
II - Una diocesi di piena vitalità
L’ampiezza della diocesi teatina e la distribuzione nel suo territorio dei vari monasteri benedettini saranno evidenti in una lettera, del 2 maggio 1059, inviata dal papa Niccolò II ad Attone, vescovo di Chieti.In essa i confini citati, definiti sicut antiquis et iustis limitibus determinantur, andavano dalla località Tremonti sul Pescara, sotto Popoli, per il Morrone (monte de Ursa), salivano a Coccia, gola angusta fra Sulmona e Palena, e scendevano al fiume Aventino passando fra Lettopalena e Palena per poi salire lungo i monti Pizzi e raggiungere il fiume Sinello; proseguivano quindi fino al monte di Treste, dove nasce il fiume omonimo, e passavano al monte degli Schiavi fino al fiume Trigno; seguendo il Trigno arrivavano al mare e dalla foce del Trigno, lungo la costa adriatica, giungevano alla foce del Pescara per tornare, risalendo il fiume, fino a Tremonti.
L’annessione dell’Abruzzo adriatico ai normanni, se negli anni delle campagne di conquista della contea teatina rappresentò un ulteriore disgregazione del territorio diocesano, dopo la disfatta e resa definitiva di Trasmondo III e i suoi alleati nella battaglia di Ortona del 1076 contro Roberto di Loritello comportò una profonda ristrutturazione dell’assetto sociopolitico del territorio con la sua radicale feudalizzazione, e il riconoscimento del controllo, di diritto e di fatto, del vescovo teatino sulla città e la facoltà di esercitare la giurisdizione civile di appello.
L’atto pubblico e solenne con il quale Roberto di Loritello, nel 1095, riconsegnò a Rainulfo, vescovo di Chieti, i beni usurpati nella bassa val Pescara durante la guerra di occupazione, sancirà il riconoscimento della signoria episcopale sulla città.
Signoria che, dopo la monarchia normanna, sarà confermata da quella degli svevi e degli angioini.
Nel XII-XIV . il vescovo di Chieti, attraverso il succedersi di varie donazioni di castelli, avrà il titolo, conservato fino al concilio Vaticano II, di barone di Villamagna, Orni, Forcabobolina (San Giovanni Teatino) e Astignano o Cerratina, e molto più tardi (XV-XVI sec.) anche quello «onorifico» di conte di Chieti.
Tuttavia proprio queste donazioni di terreni e feudi (si pensi a quella accordatagli in perpetuo, nel 1227, dell’ampio territorio fluviale e boscoso intorno a Spoltore e Montesilvano) caratterizzarono questi secoli in lotte continue a difesa di quei beni contro l’usurpazione operata dai signori locali.
Tra il Due e il Trecento, nella diocesi si diffusero i cisterciensi, i celestini, gli agostiniani, i domenicani e i francescani, le benedettine e le clarisse.
I celestini meritano una citazione a parte, sia perché fra Pietro del Morrone, futuro Celestino V, identificato semplicemente in alcuni documenti del 1259 come «eremita della Maiella», fondò proprio nel territorio teatino, precisamente a Roccamorice, l’eremo di Santo Spirito a Maiella, il nucleo originario dell’ordine fino al 1293; sia perché si diffusero molto in diocesi costruendo chiese e monasteri.
La diocesi teatina fu certamente penalizzata, tra XV e XVI sec., dall’istituto delle commende affidate a prelati non residenziali.
Tra i vescovi commendatari è da ricordare Gian Pietro Carafa che il 30 luglio 1505, con il consenso di Giulio II, ricevette dalla zio Oliviero Carafa il vescovato di Chieti.
Gian Pietro aveva ventinove anni quando fu nominato alla cattedra vescovile di Chieti, e qui fece il suo ingresso il 20 giugno 1507.
Nel 1513 lasciò Chieti e continuò ad amministrare la diocesi fino alla rinuncia, data probabilmente il 24 giugno 1524, quando fu eletto primo superiore dell’ordine dei teatini da lui fondato nello stesso anno.
Creato cardinale da Paolo III nel concistoro del 22 dicembre 1536, il 20 giugno 1537 fu nominato arcivescovo di Chieti.
In questo periodo la diocesi fu guidata dal suo vicario, il vescovo Scipione Rebibba.
Era già stato trasferito a Napoli dal 22 febbraio 1549, quando il 23 maggio 1555 fu eletto papa con il nome di Paolo IV.
Durante il suo primo episcopato, il 27 giugno 1515 avvenne l’elezione di Lanciano a diocesi.
Questa decisione rappresentò, senza dubbio, un esplicito ridimensionamento della sede teatina per la perdita di una parte importante del suo territorio.
Grazie al nuovo arcivescovo Felice Trofino, vir integer et singularis probitatis, ab intimo cubiculo Clementis VII, e alla considerazione di Teate regia Metropolis utriusque provinciae princeps, la diocesi di Chieti, il 1° giugno 1526, con la bolla Super universas, fu elevata da Clemente VII a sede metropolitana negli Abruzzi ed ebbe come suffraganee Lanciano, Penne e Atri.
Queste si adoperarono subito a non essere dipendenti dalla sede teatina e tutte e tre, a cominciare da Penne (1539), poi Atri e infine Lanciano (elevata a sede arcivescovile il 9 febbraio 1562), furono assoggettate direttamente alla Santa Sede.
Così la Chiesa metropolitana teatina si trovò a non avere suffraganee.
Pio V, per ovviare a questo vuoto, il 20 ottobre 1570 eresse Ortona a sede vescovile e la rese suffraganea di Chieti.
Le rendite di quest’ultima, però, erano piuttosto scarse, e allora Clemente VIII a essa unì, il 12 maggio del 1600, la nuova diocesi di Campli, costituita con paesi della diocesi di Teramo e di Montalto, quest’ultima nello Stato della Chiesa.
Ortona e Campli diventarono quindi suffraganee di Chieti.
Le spinte innovatrici del concilio di Trento inaugurarono, nella seconda metà del Cinquecento, una maggiore attenzione alle visite pastorali, l’istituzione del seminario arcivescovile (uno dei primi in Italia fondato agli inizi del 1568 dall’arcivescovo Giovanni Oliva), l’epoca dei sinodi diocesani (il primo del 1581 scritto in italiano, e poi 1584, 1588) e una nuova e più forte presenza nella città e nella diocesi degli ordini religiosi, con una maggiore presenza dei carmelitani, dei gesuiti, dei cappuccini, dei filippini, dei camilliani, dei minimi, degli scolopi e infine dei lucchesi.
La diocesi teatina, in questo periodo storico, annovera tra i suoi figli diversi «uomini santi» che offrirono un grande contributo personale alla riforma della Chiesa cattolica: da Camillo de Lellis a Francesco Caracciolo; dal venerabile Antonio Caracciolo dei chierici regolari teatini, al gesuita Alessandro Valignano.
III - Capacità di superare contrasti e turbolenze
Durante il XVII-XIX . si ebbe il passaggio alla giurisdizione della diocesi teatina di non poche grange e prepositure appartenenti o a istituti monastici o al capitolo di San Pietro e, nel 1818, delle abbazie e diocesi nullius soppresse per legge (delle 114 chiese parrocchiali esistenti a fine Ottocento nelle due diocesi, circa 41 erano appartenute a istituzioni monastiche).Nella prima metà dell’Ottocento, quando l’intero attuale territorio diocesano, fatta eccezione di quella esigua parte dipendente dalla diocesi di Montecassino, si era ricostituito intorno all’unica giurisdizione di fatto del presule teatino, due nuove decisioni pontificie mutarono profondamente il quadro appena ricomposto.
La prima fu operata da Pio VII quando, con la bolla di circoscrizione del 27 giugno 1818, stabilì che la Chiesa arcivescovile di Chieti rimanesse senza Chiese suffraganee.
La seconda si riferisce alla decisione con la quale Pio IX, con la bolla In apostolica omnium ecclesiarum sollecitudine del 23 luglio 1853, eresse la diocesi di Vasto, assegnandole come territorio «il distretto di Vasto», nella sua circoscrizione territoriale civile allora esistente, separandolo dalla diocesi teatina.
La bolla, eseguita il 14 giugno 1857, oltre a istituire come cattedrale la collegiata, sotto il titolo di san Giuseppe, stabiliva che la Chiesa di Vasto fosse unita alla stessa Chiesa metropolitana teatina.
Così il governo della nuova diocesi, composta da 34 comuni e da 38 parrocchie, fu dato all’arcivescovo di Chieti che prese anche il nome di «amministratore perpetuo di Vasto».
Gli eventi rivoluzionari di inizio Ottocento e l’applicazione della legge del 7 luglio 1866 portarono a un forte ridimensionamento e, in molti casi, alla scomparsa di alcuni ordini religiosi maschili e femminili presenti nelle diocesi di Chieti e Vasto.
Quando le condizioni lo permisero, si ricostituì in diocesi una minima presenza dei religiosi, a partire dall’ordine francescano (cinque conventi), dei camilliani a Bucchianico, e arrivò l’ordine della penitenza a Roccamontepiano.
Per quanto riguarda le religiose, solo le clarisse di Chieti furono in grado di affermare una presenza significativa che dura fino ai nostri giorni, mentre gli altri monasteri, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, furono tutti chiusi.
Va notato però che, seppur con molto ritardo, nella seconda metà dell’Ottocento arrivarono le nuove congregazioni femminili (ben sei) caratterizzate da un forte impegno in campo educativoassistenziale.
IV - Tempo di maturità e di sentita comunione
Nella prima metà del Novecento, gli arcivescovi saliti sulla cattedra di san Giustino, Gennaro Costagliola, Nicola Monterisi e Giuseppe Venturi, si sono adoperati per realizzare un severo programma di riforma ecclesiale dell’intero territorio delle due diocesi: promuovere un clero di sicura vocazione e culturalmente preparato; formare un laicato più maturo e quindi consapevole dei suoi compiti di responsabilità (fioriscono ovunque scuole di catechismo e associazioni dell’Azione cattolica); coinvolgere maggiormente nell’opera di evangelizzazione gli istituti religiosi maschili e femminili.Se fino agli anni Sessanta è da registrare un continuo arrivo di congregazioni femminili con l’apertura di nuove case (asili, scuole e laboratori), fu soprattutto durante l’episcopato di Venturi (1931-1947) che si ebbe un incremento significativo della presenza dei religiosi, cui veniva affidata anche, ove necessario, la cura pastorale delle parrocchie.
I lusinghieri risultati ottenuti grazie a una penetrante e diffusa azione pastorale rischiarono di essere travolti dagli eventi bellici della seconda guerra mondiale, che procurarono ingenti danni materiali e spirituali in tutto il territorio diocesano, più deleteri nei paesi della diocesi teatina, dove si dovette lamentare la distruzione di molte chiese e, in alcuni casi, anche dei relativi archivi parrocchiali.
Va sottolineato come, durante il periodo dell’occupazione tedesca, la Chiesa diocesana fu impegnata in prima fila, con il suo pastore Giuseppe Venturi, a difesa degli sfollati e dei cittadini tutti, fino a ottenere dal comando tedesco il singolare privilegio della dichiarazione di Chieti «città aperta».
Nella seconda metà del Novecento, la diocesi di Chieti fu soggetta a decisioni che hanno visto revisionati i suoi confini territoriali: con l’erezione della nuova diocesi di Pescara-Penne, avvenuta il 1° luglio 1949, le chiese parrocchiali di Pescara (San Cetteo, Villa del Fuoco, Fontanelle, San Silvestro e Stella Maris) sono passate in giurisdizione alla nuova diocesi; il 10 gennaio 1973 l’abbazia di Montecassino ha rilasciato alla diocesi di Chieti i paesi di Fara Filiorum Petri, Ripacorbaria di Manoppello e Serramonacesca.
Intanto con il decreto Fructuosae ecclesiae del 2 marzo 1982, Giovanni Paolo II assegnava alla Chiesa metropolitana teatina come Chiese suffraganee quelle di Lanciano e Ortona (unita a Lanciano aeque principaliter) e Vasto.
Il 24 agosto 1982, la circoscrizione ecclesiastica di Vasto cessava di essere in regime di amministrazione perpetua unita alla diocesi di Chieti, per essere costituita come diocesi autonoma.
Allo stesso tempo Vincenzo Fagiolo, arcivescovo di Chieti, venne nominato primo vescovo di Vasto.
L’autonomia non è durata molto, perché, con il decreto Theatinae et Vastensis de plena diocesium unione del 30 settembre 1986, ancora la Congregazione per i vescovi stabiliva la piena unione delle due diocesi di Chieti e di Vasto.
La nuova diocesi denominata «Arcidiocesi Teatina- Vastese» avrà sede nella città di Chieti, ove la chiesa cattedrale metropolitana conserverà questo titolo, mentre la chiesa cattedrale della città di Vasto assumerà il titolo di concattedrale.
L’arcivescovo Antonio Valentini rese esecutivo tale decreto il 2 febbraio 1987.
All’arcidiocesi di Chieti-Vasto fu conferita la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, con decreto del ministro dell’Interno del 31 gennaio 1987 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 7 marzo 1987.
Attualmente l’arcidiocesi, che ha come suffraganea la Chiesa di Lanciano-Ortona, è costituita da 157 parrocchie, delle quali 136 in 79 comuni della provincia di Chieti, e 21 in 13 comuni della provincia di Pescara, ed ha come arcivescovo Bruno Forte.
Bibliographie
Lanzoni I 365-370, 374-376;Mansi I 898;
Ughelli VI 667-772;
Regesto delle pergamene della Curia arcivescovile di Chieti (1006-1400), I, a c. di A. Balducci, Casalbordino 1926;
F. Lanzoni, La presunta antica lista episcopale di Chieti, «Bullettino della Regia Deputazione Abruzzese di Storia Patria», XVIII, 1927, 7-12;
L. Gatto, Chieti e il suo territorio fra comitato e vescovi, in Ricerche di storia abruzzese offerte a Vincenzo Monachino, Chieti 1986, 17-41;
L. Pellegrini, Istituzioni ecclesiastiche e Abruzzo Adriatico nel Medioevo, in Contributi per una storia dell’Abruzzo adriatico nel Medioevo, a c. di R. Paciocco- L. Pellegrini, Chieti 1992, 11-45;
G. Liberatoscioli, L’Arcidiocesi di Chieti-Vasto. Quadro storico-amministrativo- pastorale, Chieti 2000;
G. Liberatoscioli, Nicola Monterisi Arcivescovo di Chieti-Vasto (1920-1929), Chieti 2002, 21-45;
A. Tanturri, Episcopato, clero e società a Chieti in età moderna, Chieti 2004.
Es werden nur die Gebäude angezeigt, für die eine exakte Georeferenzierung vorhanden ist×
Karte wird geladen...
Caricamento dati georeferenziati in corso...
Mappa
Diözese von Chieti - Vasto
Chiesa di San Giustino
-
La facciata della cattedrale di San Giustino -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Il presbiterio della cattedrale -
Il pallotto dell’altare maggiore, attribuito a Giuseppe Sanmartino (Napoli, 1720 – Napoli, 1793) -
La cripta della cattedrale di San Giustino -
Veduta dell’aula dall’ingresso
Diözesen
QUELLE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.