Diözese von Capua
GESCHICHTE
Diocesi della provincia di Caserta, il cui territorio coincide con l’antica Terra di Lavoro, confina a est con la diocesi di Caserta, a ovest con le diocesi di Calvi e Sessa, a nord con le diocesi di Caiazzo e Calvi, a sud con la diocesi di Aversa.Dedicata al protomartire Stefano e alla martire Agata, la tradizione vuole che l’episcopato sia stato istituito da san Pietro quando, durante il viaggio verso Roma, sostando in Capua ne consacrò quale primo vescovo, circa nell’anno 46, il discepolo Prisco.
Questi secondo il breviario capuano pare appartenesse ai settantadue discepoli di Gesù, e in particolare si trattasse di colui che aveva messo a disposizione la propria casa perché Gesù potesse celebrarvi la Pasqua.
Dopo il martirio di Prisco e del successore Sinoto (66-80?) seguì nell’episcopato Rufo (80-83?).
Ma anche grandi anime di santi segnarono la diocesi nella sua storia antica.
Il Mallardo nella ricognizione del calendario marmoreo napoletano recupera, per la Campania, venti santi.
Per Capua ne attesta sei: Rufo, Nicandro, Prisco, Adiutore, Vitaliano e Marcello.
Dell’età di Costantino sappiamo che l’imperatore, dopo il cosiddetto «editto», emanato a Milano, nel 313, a firma anche di Licinio, con cui si ridava liceità al culto cristiano dopo gli anni di persecuzione, ordina in diverse province dell’impero la costruzione di cattedrali per il culto al vero Dio.
Anche nell’antica Capua fu edificata una basilica, dedicata ai Santi Apostoli, e Costantino ne dotò l’edificio di ogni cosa necessaria, assicurando una rendita a tutti i sacerdoti e clero.
L’importanza e la rilevanza storica della diocesi crebbe proprio nel IV sec., con il vescovo Proterio (304-326?) presente, pare, al concilio del 313 convocato da papa Milziade (311-314).
Il IV . segna anche l’inizio di una cronotassi ufficiale dei vescovi capuani.
Tra questi va ricordato Vincenzo (336?-365) e l’importante quanto delicato ruolo da lui svolto nella chiesa a cavaliere tra la prima e la seconda metà del secolo.
Fu presente con forte probabilità, ancora prete, al concilio Romano del 340; nel 342, già vescovo, lo troviamo quale portavoce di papa Giulio I (337-352) alla corte di Costante.
Partecipò al concilio di Serdica e ne sottoscrisse diversi documenti.
Dopo Vincenzo la successione episcopale trova ancora un vuoto che Gabriele Iannelli, dopo aver registrato una vacanza di diciotto anni, riprende con san Panfilo (385?-409).
Nel 391 Capua fu sede del concilio che dibatté l’eresia di Bonoso che negava la perpetua verginità di Maria.
Tale evento ebbe una presidenza d’eccezione nel vescovo di Milano, Ambrogio.
La Chiesa capuana era matura ed esprimeva, fin dagli albori della sua storia, un cristianesimo adulto e responsabile, cosa che confermerà nei secoli perché sempre inserita e partecipe dei grandi dibattiti, teologici e non, apertisi nella Chiesa universale.
Capua sarà sede di altri due concili convocati, rispettivamente, nel 1087 e nel 1118.
L’antica Capua fu distrutta dalle incursioni saracene e con essa la cattedrale costantiniana.
Nell’856, dopo alterne vicende e spostamenti sul territorio, i capuani, scampati alla rappresaglia e alla distruzione dell’antica città, iniziarono a edificarne una nuova sulle sponde del fiume Volturno.
La città fu governata dai conti longobardi e si attribuisce al conte Landone Cirruto (842-861) l’inizio della costruzione della nuova cattedrale, portata a termine dal vescovo conte Landulfo I (851- 879), perché il governo del primo non durò più di sei mesi dell’anno 861.
Il Cirruto apparteneva alla dinastia dominante, per questo assunse anche il potere civile sulla città.
Oltretutto, secondo il Pratilli, nella mente di Landone altro intento non vi era se non quello di costruire l’episcopio per dare al vescovo e al clero una sede ufficiale.
Uomo di fine acume politico, Landulfo seppe orientare la politica meridionalistica dell’imperatore franco Ludovico II, così come aveva fatto papa Giovanni VIII.
Dopo la morte di questo vescovo pare che il principe di Salerno, Guaiferio (856- 880), governante dall’879 anche la contea di Capua, chiedesse a papa Giovanni VIII (872-882) di consacrare Landulfo II vescovo, da lui stesso già nominato.
Tra il 942 e il 944 il vescovo Sicone, appartenente anch’egli alla dinastia comitale al potere, usurpò ai monaci cassinesi i territori di Sant’Angelo in Formis.
In questa località sorgeva in epoca romana un tempio dedicato a Diana tifatina; con la cristianizzazione, sulle rovine del tempio fu edificata una chiesa dedicata, con molta probabilità dai longobardi, all’arcangelo Michele.
In epoca normanna, nel 1072 Riccardo I la donò ai monaci cassinesi, che misero mano alla sua ricostruzione terminandone i lavori nel 1087.
Personaggio di spicco e anima di tutta l’opera fu l’allora abate Desiderio, dei duchi longobardi di Benevento, futuro papa Vittore III (1086-1087).
La fine dell’episcopato di Sicone coincise con l’inizio del governo del principe Pandolfo I, Capodiferro, che governò Capua dal 943 al 981.
Personalità di spicco, con lui fu riconosciuta al principato e alla stessa città una grande dignità; a lui si deve il tentativo di unificazione della Longobardia meridionale, che avverrà soltanto nell’XI . per mano dei normanni.
Anche la Chiesa capuana risentì degli effetti benefici di questo governo, tanto è vero che le si riconobbe dignità di metropolia da papa Giovanni XIII nel 966.
Da quel momento il metropolita capuano ebbe la giurisdizione sui vescovi di Aquino, Venafro, Isernia, Calvi, Caiazzo, Caserta, Sessa e Teano.
Dopo il Mille s’incontra, durante il pontificato di Innocenzo III (1198-1216), il caso dell’arcivescovo Rainaldo (1204- 1221), eletto dopo l’intervento diretto del pontefice perché alla Chiesa capuana non mancasse il pastore.
Nel frattempo l’imperatore Federico II aveva provveduto, nel 1206, a confermargli il possesso del feudo di Castel-Volturno, così come, precedentemente, i suoi genitori lo avevano assegnato all’arcivescovo Matteo (1183-1202).
In età moderna Capua contava la presenza di circa dodicimila abitanti, come risulta dalle Relationes ad limina Apostolorum dell’ultimo arcivescovo capuano del XVI secolo, il maceratese Cesare Costa (1572- 1602), che nella Relatio del 1590 registra esattamente 12.000 abitanti e ventidue parrocchie nella sola città.
Circa questi dati demografici il cardinale Roberto Bellarmino (1602-1605), successore del Costa, avrà le sue perplessità.
Contando egli 23.000 abitanti nell’arcidiocesi agli inizi del Seicento, confessava di ignorare donde Costa avesse attinto tali notizie.
Ci conforta nell’accettare i dati del Bellarmino quanto il successore, cardinale Antonio Caetani (1605-1624), denuncerà nella propria relazione, registrando 25.000 abitanti per tutta la diocesi, di cui 6000 a Capua.
Nel 1572 l’arrivo dell’arcivescovo Cesare Costa determinò un ulteriore passo in avanti per ciò che riguarda l’aspetto culturale della città.
Egli dedicò grande cura alla sistemazione del seminario affidandolo, per la Ratio Studiorum, a sacerdoti quali Michele Monaco, umanista e storico, il dotto Marc’Antonio Lauro e il padre gesuita Giulio Mancinelli.
Ma più di tutto il Costa si rese conto che andava rinvigorita l’esperienza culturale.
Con la stessa sollecitudine con cui si adoperò per il seminario volle per la città, utilizzabile anche da tutto il territorio diocesano, un luogo dove si potesse esercitare la mente con quegli strumenti che non erano alla portata di tutti.
Così grazie alla sua promozione culturale fu creata in Capua una biblioteca.
Questa istituzione, alla quale il vescovo donò tutti i suoi libri e che sistemò in locali adatti allo scopo, lo vide impegnato economicamente con una spesa di oltre quattrocento ducati.
L’istituzione ebbe una eco tale da richiamare l’attenzione di papa Clemente VIII (1592-1605) che il 30 dicembre 1597 la lodò con un beneplacito apostolico.
Nella bolla numero 168 del quarto anno di pontificato, il papa comminò, addirittura, la scomunica per chi avesse osato sottrarre, tanto laico quanto sacerdote, di qualsiasi ceto, grado, ordine, condizione e dignità, libri dalla detta biblioteca, e plaudiva anche un’altra iniziativa del Costa: l’erezione, in Santa Maria Capua Vetere, di un gerontocomio.
La fine del XVI . vide la città pronta ad affrontare una nuova epoca e a scrivere una nuova pagina della sua storia.
Si concludeva un’epoca e l’episcopato capuano più lungo del periodo postridentino (circa un trentennio).
I tempi, evidentemente, erano maturi perché la diocesi ricevesse la grazia di una ennesima santità nella figura e nell’opera del gesuita Roberto Bellarmino, che inaugurò il XVII secolo.
Patrizio di Montepulciano in Toscana, nipote di papa Marcello II per parte di madre, già rettore dei penitenzieri di San Pietro e poi cardinale presbitero di Santa Maria in Via Lata, fu eletto arcivescovo di Capua il 25 marzo 1602.
Il 21 aprile papa Clemente VIII lo consacrò personalmente e due giorni dopo, il 23 aprile, gli conferì il pallio arcivescovile.
Il 4 maggio, vigilia della festa della traslazione del patrono della diocesi santo Stefano, fece l’ingresso in Capua, anche se è verosimile il suo arrivo in forma privata il 1° di quel mese.
Dopo tre anni papa Paolo V lo richiamò a Roma ed egli, il 1° marzo 1605, rinunziò alla sede di Capua, Partì da Capua il 7 marzo 1605.
Morì a Roma il 17 settembre 1621 e fu sepolto nel vacuo sepolcro di sant’Ignazio.
Gli avvenimenti bellici, politici e religiosi del XIX secolo non trovarono Capua assente dalla scena.
Papa Pio IX fu accolto e ospitato dall’arcivescovo Francesco Serra di Cassano (1826-1850), il 5 aprile 1850, durante l’esilio nel Regno delle Due Sicilie.
Dopo gli anni del filoborbonismo, espresso dalle Chiese del Mezzogiorno e, a Capua, in particolare dai cardinali Giuseppe Cosenza (1850-1863) prima e dal nipote, Francesco Saverio Maria Apuzzo (1871-1880) poi, si aprirono per la diocesi orizzonti nuovi illuminati dalla guida del cardinale Alfonso Capecelatro (1880- 1912).
Presumibilmente, nel corso di questo episcopato, Capua ebbe un ruolo, visti i contatti che il pastore ebbe con le diocesi del nord dell’Italia, con esponenti della cultura contemporanea e con la curia romana, di coordinamento nelle vicende che caratterizzarono la Chiesa nazionale dall’età leonina alla crisi modernista.
Con l’avvento del fascismo e lo scoppio della seconda guerra mondiale, Capua fu interessata direttamente dalla tragedia bellica.
Il 9 settembre 1943, giorno successivo all’armistizio, la città fu bombardata dagli aerei alleati.
Più della metà degli edifici crollarono – tra questi la cattedrale, l’episcopio e l’antica biblioteca – e si contarono circa duemila morti tra i civili.
A monsignor Salvatore Baccarini (1930-1962) il compito di ridare fiducia e sostegno spirituale a un popolo fortemente avvilito.
La fine degli anni Settanta ha segnato il momento della piena rinascita della vita e della cultura religiosa della diocesi con l’arrivo dell’arcivescovo Luigi Diligenza (1978-1997), oggi arcivescovo emerito.
A lui si deve la riapertura al pubblico della biblioteca e dell’archivio storico, l’istituzione dell’Istituto superiore di scienze religiose della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale e quella di due musei diocesani.
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Diözese von Capua
Chiesa di Maria Santissima Assunta in Cielo
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La facciata principale della cattedrale di Maria Santissima Assunta in Cielo -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Veduta dell'aula dal presbiterio -
Interno dopo la ricostruzione post bellica (1958)
Diözesen
QUELLE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.