Diözese von Sorrento - Castellammare di Stabia
GESCHICHTE
Alle bellezze naturali e artistiche, Sorrento, che ospita la chiesa cattedrale dell’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, aggiunge una ricca e articolata storia religiosa le cui origini risalgono ai primissimi secoli dell’era cristiana: è ritenuta storicamente fondata la memoria di Marco, Quinto e Compagni, validata da antichi martirologi, martiri di Cristo nel III . La pia tradizione secondo la quale l’apostolo Pietro, procedendo verso Roma, sarebbe sbarcato nell’insenatura di Crapolla, sul versante appena salernitano della penisola – dove poi sarebbe sorta una abbazia della quale si ha traccia almeno dal XII sec., dedicata all’apostolo –, e i riferimenti a tale passaggio nella chiesetta di San Pietro a Mele alle porte di Sorrento, indicano la consapevolezza del legame della Chiesa sorrentina con la Sede apostolica.Non è nota la data di istituzione della diocesi: nella tradizione e nella liturgia della Chiesa sorrentina, quattro antichi vescovi sono venerati come santi: Renato, Valerio, Bacolo e Attanasio: il primo di essi, Renato, che qualche autore considera anche «protovescovo» di Sorrento, si pone al V . Il vescovo sorrentino Rosario, insieme al vescovo stabiano Orso, nel 499 partecipò al sinodo indetto a Roma da papa Simmaco.
Alcune lettere dell’epistolario di Gregorio Magno (PL 77; Capasso 217-221), due delle quali dirette al vescovo sorrentino Giovanni, offrono elementi relativi al culto e alla disciplina ecclesiastica e inducono a ritenere la vita monastica consolidata sul territorio sorrentino.
L’Anonimo Sorrentino (BHL 582), del IX o X sec., narra che il monaco Antonino, in fuga da un monastero assediato non precisato, fu accolto a Stabia dal vescovo Catello con il quale visse sui monti Lattari, dedito alla preghiera e alla contemplazione: entrambi furono confortati dall’apparizione dell’arcangelo Michele.
Sulla vetta più alta (m 1443), chiamata poi monte Sant’Angelo, venne, a richiesta dell’arcangelo, costruito un tempietto.
Antonino in un primo tempo condivise con Catello il servizio alla Chiesa stabiana ed entrambi vissero come «una sola anima in due corpi», desiderosi di camminare verso la perfezione.
Antonino, invitato dai sorrentini, fu poi accolto a Sorrento in un monastero del quale successivamente divenne abate, vivendo santamente e sempre pronto ad aiutare il prossimo.
Antonino, la cui morte, secondo l’Anonimo – il testo pur sembrando destinato alla lettura («legenda») nell’ambito monastico, se non proprio nel corso dell’ufficio divino, non è privo di riferimenti letterari e di indicazioni geografiche e storiche – sarebbe avvenuta consule Probiano, vale a dire al 625, secondo gli storici, fu venerato come santo, principale protettore di Sorrento (festa il 14 febbraio).
Non venne mai trascurata la devozione ai quattro santi vescovi, con lui ritenuti protagonisti di interventi a favore della città, particolarmente in occasioni di assedi, guerre, epidemie e terremoti.
L’Anonimo resta tuttora la fonte più antica e autorevole relativa a sant’Antonino e a san Catello, vescovo e patrono di Stabia: entrambi a partire dal 1986 sono patroni della nuova realtà costituita dall’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia.
Scarsi i dati relativi ai vescovi del primo millennio: è da porre alla prima metà dell’XI sec., nel contesto della breve esistenza del ducato sorrentino, l’elevazione a sede metropolitana della Chiesa sorrentina, anche se non si conosce il nome del primo pastore che indossò il pallio.
La Chiesa sorrentina ebbe come suffraganea la Chiesa stabiana e al loro successivo costituirsi le Chiese equense (Vico Equense) e lubrense (Massa Lubrense); la diocesi di Capri le è appartenuta fino al 1818 – anno nel quale fu inglobata nell’arcidiocesi di Sorrento – alla metropolia di Amalfi.
Giovanni (II) fu il primo pastore del quale si hanno documenti certi che lo qualificano come arcivescovo: partecipò nel 1071 alla consacrazione della nuova chiesa dell’abbazia di Montecassino.
È stato recentemente riconosciuto come presule sorrentino (1185?-1197) il noto canonista Rufino, autore del trattato De bono pacis.
Un arcivescovo che trova posto anche in una più ampia storia della Chiesa è il domenicano Giulio Pavesi (1558-1571) che, giunto in sede appena dopo le tragedie provocate dal terribile sbarco dei turchi, curò la riforma della disciplina ecclesiastica e, in particolare, dei monasteri, convocò il concilio provinciale del 1567, si adoperò per l’educazione religiosa dei fedeli e del clero nella linea del concilio Tridentino.
Anche Giuseppe Donzelli (1574-1588) convocò un sinodo provinciale nel 1584.
A Lelio Brancaccio (1571- 1574) si deve il trono arcivescovile del duomo in marmo; Giovanni Antonio Angrisani (1612-1641), teatino, incrementò lo splendore del culto divino nella cattedrale e le attività delle confraternite; Diego Petra (1680-1699) eresse il seminario.
Filippo Anastasio (1699-1724) fu famoso per la cultura e gli scritti (tra i quali Lucubrationes in surrentinorum ecclesiasticas civilesque antiquitates, 2 voll., Romae 1730-1731), per la cura che dedicò al seminario e anche per una dolorosa polemica nella quale fu coinvolto, al punto di dover lanciare l’interdetto agli amministratori parrocchiali della cittadina di Sant’Agnello.
Il nipote, Ludovico Agnello Anastasio (1724-1758), governò con zelo la sua Chiesa, avendo particolarmente a cuore il seminario: è ancora oggi ricordato per l’opera Animadversiones in librum Pii Thomae Milante de Stabiis (Napoli 1751), nella quale a tutela della Chiesa sorrentina polemizza con il vescovo stabiano Milante che aveva sottolineato l’importanza storica e religiosa della sua sede, non senza strali a monsignor Filippo Anastasio.
Nel 1799, nel contesto delle difficili vicende della Repubblica napoletana sostenuta dalle truppe francesi, fu monsignor Silvestro Pepe (1759-1803) a mediare per la città e a ridurre i danni.
Dal 1818, con il concordato tra la Santa Sede e il Regno delle Due Sicilie, la Chiesa sorrentina risultò notevolmente ingrandita: inglobò le diocesi di Vico Equense, Massa Lubrense e Capri.
La diocesi di Castellammare di Stabia, che a sua volta incorporò la diocesi di Lettere, restò così l’unica suffraganea.
Nel 1849 Sorrento fu visitata da papa Pio IX che, in esilio presso Ferdinando II di Borbone, fu accolto dal vescovo Leone Ciampa (1848-1854).
Francesco Saverio Apuzzo (1855-1871) fu costretto all’esilio a Marsiglia al compiersi dell’unità d’Italia; Mariano Ricciardi (1871-1876) diffuse la devozione al Sacro Cuore e costituì il 9 maggio 1876, aderendo all’iniziativa di Mario Fani e G.
Aquaderni, il circolo «Sant’Antonino».
Giuseppe Giustiniani (1879-1917), dotato di una notevole cultura filosofica e teologica, ha lasciato il ricordo delle sue iniziative sociali e caritative, pur restando legato all’intransigentismo.
È ancora vivo il ricordo della fervida attività pastorale degli arcivescovi Paolo Jacuzio (1917-1944) e Carlo Serena (1945-1972).
All’arcivescovo Raffaele Pellecchia, dotto, sensibile, aperto all’esigenze dei tempi, toccò il compito di porre in atto «la novità» del Vaticano II.
Sotto il governo di Antonio Zama (1977-1988) fu emanato, il 30 settembre 1986, il decreto della Santa Sede che prevedeva la piena fusione dell’arcidiocesi sorrentina con la diocesi stabiese nell’unica Chiesa arcivescovile di Sorrento- Castellammare di Stabia, suffraganea di Napoli, con cattedrale a Sorrento (chiesa concattedrale a Castellammare).
La sezione sorrentina dell’Archivio diocesano ospita ricca documentazione a partire dal XVI sec., relativa anche alle diocesi antiche di Vico Equense, Massa Lubrense e Capri.
Notevole la biblioteca del seminario.
L’attuale cattedrale, dedicata ai Santi Apostoli Filippo e Giacomo, ha preso il posto di altre precedenti e risale, nelle sue linee, al XVI . Arricchita di tele, marmi, stucchi, tarsie in legno (tipico lavoro sorrentino) ospita il battistero ove fu battezzato Torquato Tasso: tra le sue suppellettili una preziosa «ferula» (bacolo pastorale), ritenuta un capolavoro di oreficeria trecentesca di scuola francese.
Le chiese sorrentine sono ricche di opere d’arte, che datano per lo più a partire dal XVI sec.: importanti la basilica di Sant’Antonino e le chiese dei principali ordini religiosi.
Questi sono stati ben rappresentati a Sorrento: a una antica presenza benedettina (monasteri maschili e femminili) si aggiunsero francescani, domenicani, carmelitani, teatini… Un vero scrigno d’opere d’arte è la chiesa di Santa Maria delle Grazie (XVI sec.) delle suore domenicane di clausura, pregevole è il chiostro francescano risalente al XIV . La vita delle confraternite (bella la chiesa settecentesca dei Servi di Maria) risale almeno al XIV sec.: esse hanno una tradizione di servizio liturgico, di formazione e di carità e animano suggestive processioni nella Settimana Santa.
Anche in penisola le chiese parrocchiali – si citano San Michele a Piano, la Basilica del Lauro a Meta, la Parrocchiale di Sant’Agnello – sono ricche di testimonianze di fede e di arte.
La vita sociale è stata ed è tuttora segnata dalla religiosità: il turismo, specie dalla metà del XIX sec., divenendo sempre più «di massa», ha posto problemi d’accoglienza ma anche di identità; pur favorendo un diffuso benessere, non ha mancato di incidere sui modi tràditi di vivere e di pensare, anche in relazione al fatto religioso: offre occasioni d’incontro e di crescita sia sul piano umano in generale, che nelle dimensioni ecumenica e interreligiosa.
L’educazione religiosa e culturale in genere si sono da tempo giovate delle congregazioni religiose specie femminili soprattutto a partire dal XIX sec., e ancora oggi numerose in diocesi.
Il seminario ha svolto un compito formativo e non solo per gli aspiranti al sacerdozio.
È stato sempre vivo il culto mariano attraverso novenari, feste e processioni.
Anche al turista frettoloso, Sorrento mostra che l’annuncio cristiano non ha mancato di incidere nella sua storia, spesso congiungendo fede e arte, tradizione e modernità.
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Diözese von Sorrento - Castellammare di Stabia
Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo
Diözesen
QUELLE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.