Diözese von Carpi
GESCHICHTE
I - Dalle origini all’unità d’Italia
La bolla Commissa Nobis di papa Callisto II del 1123, che riprendeva una bolla papale di dieci anni prima, attesta che la Chiesa di Carpi venne fondata dal re longobardo Astolfo.L’anno di creazione comunemente accettato è il 751.
Da questa documentazione, emerge come la pieve di Carpi godesse di un profilo autonomo, che la rendeva dipendente direttamente dalla Santa Sede.
I privilegi di indipendenza vennero riconosciuti dai papi Gregorio VII e Urbano II.
Alla Chiesa carpigiana, su istanza del principe della città Alberto Pio, nel 1512 e nel 1515 vennero inglobate diverse parrocchie e furono concesse agli arcipreti le facoltà tipiche degli ordinari diocesani, così come il conferimento della tonsura e degli ordini minori, la celebrazione dei pontificali ecc.
Il successivo conflitto sorto con la diocesi di Modena sulla concessione di queste facoltà rimase pendente.
Su sollecitazione del duca di Modena Francesco III, nel 1779 papa Pio VI, con la bolla Inter plurimas, elevò la prelatura nullius di Carpi a diocesi pleno iure, nominando come vescovo l’arciprete Francesco Benincasa (1779-1793).
La fondazione della diocesi venne a coincidere con il periodo rivoluzionario, che lasciò profondi strascichi sui fragili assetti della Chiesa locale.
La soppressione del capitolo della cattedrale (con il conseguente incameramento dei beni) fece da preludio alla vacatio della sede episcopale protrattasi per sette anni dopo la morte di monsignor Carlo Belloni (1794-1800), che aveva fatto in tempo a celebrare una visita pastorale.
Lo stesso capitolo aderì al concilio Gallicano, prima della ritrattazione che aprì la fase non meno problematica della restaurazione.
Dal 1815 al 1820, infatti, la diocesi, per motivi economici, non ebbe il successore di Giacomo Boschi (1807-1815).
La normalizzazione ebbe una rappresentazione anche formale nel 1821, quando alla diocesi vennero aggregate le parrocchie dell’antico ducato della Mirandola con «grande dispiacere» del clero locale.
I riflessi del moto insurrezionale del 1831 nel ducato di Modena spinsero i vescovi Adeodato Caleffi (1826-1831) e Clemente Bassetti (1831-1839) a un’interpretazione estensiva del legittimismo assolutistico come fattore di stabilizzazione religiosa.
Il secondo arrivò a scrivere del duca Francesco IV d’Austria-Este che «egli e[ra] tutto per tutti».
La piena convergenza tra autorità ecclesiastica e civile trovò una consacrazione nel concordato del 1841.
Su questa linea rimase attestato anche Gaetano Maria Cattani (1850-1863) dopo i sommovimenti del 1848, che vennero letti all’interno della genealogia di mali tesi a dissolvere il primato della Chiesa all’interno della società, secondo il tradizionale schema della cristianità.
Va notato come tutti i vescovi nominati dalla fondazione della diocesi, secondo una tendenza destinata a perdurare fino all’avvento del fascismo, erano di origine emiliano-romagnola.
Per di più, se si eccettua appena un caso, essi appartenevano alle chiese del Ducato di Modena, a rimarcare l’assoluta prevalenza dell’aderenza a un preciso modello di rapporti tra autorità religiosa e potere politico nei criteri di nomina.
II - Dall’unità d’Italia all’avvento del fascismo
La persistenza di questo approccio culturale spiega anche le difficoltà incontrate dalla Chiesa di Carpi per i contraccolpi del processo risorgimentale, accolto da monsignor Cattani nel timore che la religione potesse essere «tolta dall’Italia », con il conseguente invito ai fedeli a stringersi attorno alla «cattolica unità».Dal 1863 al 1871 e dal 1891 al 1895 si registrarono altri due periodi di vacanza della sede, legati ai ritardi nella concessione dell’exequatur.
L’«intervallo» fu segnato dal lungo governo di Gherardo Araldi, che sollecitò ripetutamente il «diletto popolo» alla mortificazione, per far cessare i «castighi di Dio sull’Italia».
La soppressione ventennale della plurisecolare processione dell’Assunta, a cui era dedicata la cattedrale, per «ragioni di ordine pubblico», divenne l’elemento simbolico del conflitto tra Chiesa e Stato.
Il successore Andrea Righetti (1894- 1924), parimenti debitore alla sensibilità diffusa di radicale opposizione agli effetti della secolarizzazione, che aveva introdotto la «blasfema e insipiente proclamazione dei diritti dell’uomo sovra i diritti di Dio», si trovò a dover fronteggiare il radicamento del socialismo, che ebbe nella Bassa modenese una delle sue più solide roccaforti, attecchendo profondamente anche per la grave crisi economica.
Per combattere la piaga della povertà, il mondo cattolico carpigiano promosse, oltre a una solida Conferenza di san Vincenzo, l’Opera del Pane di sant’Antonio.
Fu però soprattutto attraverso la vivacità dell’Opera dei congressi che si dipanò la sfida al «pericolo rosso».
Contro la piega clerico-moderata assunta dalla dirigenza locale, che si manifestava anche nelle elezioni amministrative, si mobilitarono i giovani murriani raccolti attorno a don Roberto Maletti (1878-1927), brillante polemista dalle colonne de «L’Operaio Cattolico» e instancabile organizzatore di istituzioni di diversa natura.
Non si registrarono, invece, fermenti modernistici.
Il «rientro» in una sfera più strettamente religiosa avvenne dopo la prova della grande guerra.
In questo periodo, sotto la spinta di don Armando Benatti (1887- 1937), assistente della Gioventù cattolica, sorsero diverse iniziative rivolte al mondo giovanile, che poi confluirono nell’Opera Realina, innescando la reazione del fascismo locale.
III - Dal periodo fascista al postconcilio
La Chiesa di Carpi ritrovò una condizione di «normalità», dopo la lunga malattia di Righetti, negli anni dell’episcopato di Giovanni Pranzini (1924-1935), che appoggiò le intuizioni di don Zeno Saltini (1900-1981), fondatore dell’Opera piccoli apostoli, poi trasformata in Nomadelfia, la città dove la «fraternità è legge », e della sorella Marianna, detta Mamma Nina (1889-1957), che, dopo essere rimasta vedova, avviò l’esperienza della Casa della Divina Provvidenza, per raccogliere ed «educare cristianamente» le bambine abbandonate.Un altro fratello, don Vincenzo Saltini (1896-1961), segretario dello stesso vescovo, avrebbe poi fondato l’Istituto degli oblati di Gesù con lo scopo di formare il clero in servizio nei seminari.
Queste opere ricevettero l’approvazione canonica di Carlo De Ferrari (1935-1941), il quale, a differenza del predecessore, non mancò di tributare pubblicamente ossequi, non privi di venature nazionaliste, alla «pacificazione religiosa» attuata dal regime.
Lo stimmatino consolidò l’iniziativa, avviata da Pranzini, dei grandi congressi eucaristici diocesani, come momento di sacralizzazione della vita collettiva, che doveva ritornare a battere i sentieri indicati dalla Chiesa.
A lui, inoltre, si deve la celebrazione del primo (e finora unico) sinodo diocesano.
Vigilio Federico Dalla Zuanna (1941- 1952) prese possesso della diocesi nel pieno della guerra, durante la quale, soprattutto nella fase finale, si prodigò per «incoraggiare tutti colla parola e coll’esempio, portandosi sempre in mezzo al pericolo », esemplarmente rappresentato dalla presenza di un campo di concentramento.
In particolare, il cappuccino intervenne con successo per evitare la rappresaglia nazifascista nei confronti di seicento persone.
Nella bufera bellica, l’ex presidente dell’Azione cattolica Odoardo Focherini (1907-1944), di cui è in corso il processo di beatificazione, mise in piedi una rete per il salvataggio degli ebrei, che gli costò l’arresto e la deportazione nei campi di sterminio nazisti, dove morì.
Il contesto difficile del dopoguerra fu segnato dall’uccisione di don Francesco Venturelli a opera di ex partigiani.
Dalla Zuanna cercò di salvaguardare la «scelta religiosa» su cui si era attestato nello scontro epocale con il comunismo.
La difesa della comunità di Nomadelfia, posta in liquidazione con pesanti contraccolpi a livello ecclesiale, fu all’origine del suo allontanamento dalla diocesi.
Il successore Artemio Prati (1953-1983) avviò la normalizzazione del clima innescatosi, puntando alla valorizzazione delle strutture tradizionali della Chiesa.
Negli anni del suo episcopato, conobbe un sensibile irrobustimento l’associazionismo laicale.
L’atteggiamento di circospezione assunto al Vaticano II ebbe un corollario nella cautela con cui tradusse le novità conciliari.
Bibliographie
I. Vaccari, Il tempo di decidere. Documenti e testimonianze sul rapporto tra il clero e la Resistenza, Modena 1968;R. Bottecchi, Conoscenza e attuazione del magistero conciliare nella diocesi di Carpi, Roma 1980;
R. Rinaldi, Vigilio Federico Dalla Zuanna, Dosson di Casier 1992;
L. M. M. Turchi, La posizione dei cattolici nella diocesi di Carpi di fronte al fascismo (1921-1931), in Regime fascista e società modenese (1922-1939), a c. di L. Bertucelli- S. Magagnoli, Modena 1995, 587-607;
P. Trionfini, Una Chiesa locale nel postconcilio. La diocesi di Carpi 1963-1998, Carpi 1999;
Carpi, Chiesa del Signore verso il duemila. 10 anni di episcopato di mons. Bassano Staffieri: orientamenti pastorali e meditazioni, Carpi 1999;
M. Guasco-P. Trionfini (a c. di), Don Zeno e Nomadelfia tra società religiosa e società civile, Brescia 2000;
R. Rinaldi, Storia di don Zeno e Nomadelfia, 2 voll., Grosseto 2003;
Vicarius amori Christi (Vicario dell’amore di Cristo). S.E.R. Mons. Artemio Prati, Carpi 2003;
G. Zarri-A. M. Ori (a c. di), Le clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia (XVI-XX), Carpi-Reggio Emilia 2003;
A. Beltrami- A. M. Ori (a c. di), Storia della Chiesa di Carpi, 2 voll., Modena 2006-2007.
Es werden nur die Gebäude angezeigt, für die eine exakte Georeferenzierung vorhanden ist×
Karte wird geladen...
Caricamento dati georeferenziati in corso...
Mappa
Diözese von Carpi
Chiesa di Santa Maria Assunta
Diözesen
QUELLE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.