Diözese von Concordia - Pordenone
GESCHICHTE
In un sito paleoveneto (IX . a.C.), in prossimità dell’Adriatico, a una distanza di circa 25 miglia da Aquileia, veniva fondata nel 42 a.C., la colonia romana Iulia Concordia.Nessuna diocesi del Veneto vanta un parco archeologico paleocristiano altrettanto ricco: La trichora (edificio triabsidato) del 345, la basilica Apostolorum del 387, due sepolcreti con centinaia di sarcofagi e di epigrafi, alcune greche di cristiani originari della Celesieria, Macedonia, Antiochia, Costantinopoli.
Il discorso di dedicazione della basilica, attribuito a Cromazio di Aquileia, con i resti dell’edificio di 20x40 metri, attestano una comunità numerosa, operosa, fervida.
Girolamo di Stridone ricorda Paolo, prete di Concordia, di cui ne esaltava la vita cristiana.
Anche Rufino Turranio era di Concordia (nato nel 345 d.C.).
Convertitosi, dopo gli studi a Roma, si trasferiva in Oriente, quindi in Palestina dove, nel monte degli Ulivi, fondava un monastero maschile accanto a quello femminile di Melania junior; si dedicava alla traduzione in latino dei padri greci, in particolare di Origene.
Oltre a molte delle traduzioni, rimangono alcune sue opere: La spiegazione del credo, testo diffusissimo nel Medioevo, Le benedizioni dei patriarchi, due Apologie contro Girolamo; traduceva e completava la Storia della Chiesa di Eusebio di Cesarea.
Sul martirio di circa settantadue cristiani durante la persecuzione di Diocleziano del 304, si hanno indizi indiretti nell’VIII . Valentiniano e Teodosio, imperatori, emanavano da Concordia nel 391 due costituzioni contro gli apostati.
Le invasioni barbariche spingevano le popolazioni nelle isole della laguna tra Caorle e Rialto.
Solo al concilio di Grado del 579 ricompariva un vescovo, Chiarissimo.
I longobardi, vinta la resistenza bizantina, nel 615 conquistavano Concordia.
Monumento insigne dell’alto Medioevo, anche dal punto di vista architettonico e iconografico, rimane l’abbazia benedettina di Santa Maria in Sesto, fondata nel 753 dai fratelli longobardi Marco, Erfone e Anto.
I vescovi di Concordia nel 951 erigevano a Summaga una seconda abbazia benedettina dedicata a Santa Maria Maggiore, nella cui chiesa si ammirano due cicli di affreschi dell’XI e XIII . Dopo l’annessione al patriarcato aquileiese fra IX e X sec., a motivo delle invasione ungare, sul finire del X . Concordia ricompariva con la propria identità; venivano edificati la cattedrale, sulle macerie delle due precedenti, e uno splendido battistero nell’XI . Per ragioni di sicurezza e comodità i vescovi trasferivano il loro palatium a due miglia più all’interno, sulle sponde del Lemene.
Territori di pertinenza imperiale fra il Livenza e il Tagliamento, affidati a titolo di alto dominio al patriarcato aquileiese rimanevano Cordenons- Pordenone, Sacile, Castello d’Aviano, San Vito.
Nel 1140 il vescovo Gervino concedeva a un gruppo di portolani un ampio territorio per costruirvi porto, magazzini e case e, sul finire del secolo, Venezia vi stabiliva un fondaco per tutelare i propri traffici e mercati con il Friuli e la Baviera: ciò faceva del porto di Gruaro lo scalo più interno di terraferma.
Nel 1182 papa Lucio III su richiesta dell’abate Gottifredo, definiva la giurisdizione territoriale dell’abbazia di Sesto; nel 1184 papa Urbano III faceva altrettanto per quella vescovile di Concordia, che contava allora 35 pievi e numerose cappelle.
Diritti in spiritualibus sulla abbazia sestense dei vescovi concordiesi, erano riconosciuti di pertinenza patriarcale (1186).
Nel primo sinodo diocesano celebrato a Portogruaro nel 1264 da Alberto da Calice, emergevano problemi di malcostume, di sbandamento del clero, di usura, ma soprattutto la penetrante insidia degli albigesi o catari.
Per causa di vescovi friulani coinvolti in rivalità fra casati, la sede concordiese subiva gravi dissesti.
Vivaci pure erano i contrasti fra i vescovi e il comune di Portogruaro che rivendicava la propria indipendenza e l’annessione alla Repubblica di Venezia.
Un censimento dei redditi della sede effettuato tra il 1336 e il 1342 dal vescovo Guido de Guisis ricostruiva il cospicuo patrimonio della mensa di 4500 lire di piccoli.
Con la crisi dell’ordine benedettino le abbazie di Sesto e Summaga diventavano commendatizie.
Vari ordini religiosi maschili e femminili: crociferi, francescani, serviti, agostiniani, domenicani si stabilivano nei centri maggiori.
L’ardore missionario del francescano beato Odorico da Pordenone portava l’evangelizzazione in Cina.
Si formavano numerose confraternite laicali che si dedicavano alla cura di poveri, malati e ospedali; il primo ospedale venne fondato a Portogruaro nel 1203; altri sorsero a Pordenone, San Vito, Spilimbergo, Valvasone.
La dissoluzione del patriarcato aquileiese (1420) avveniva in concomitanza con lo scisma d’Occidente che contrapponeva in aspri conflitti i fautori di questo o quell’antipapa.
Caduto il patriarcato, la Repubblica di Venezia annetteva anche il territorio della diocesi concordiese e imponeva nel 1451 al vescovo Battista di Legname di adottare uno statuto civile e criminale uniforme.
Ai vescovi di Concordia, sino all’inizio del concilio tridentino, la Sede apostolica affidava a Roma uffici di curia: giungevano in diocesi per l’investitura e per qualche visita; al governo spirituale provvedeva il vicario generale, a quello patrimoniale un gastaldo.
Pietro Querini, eletto vescovo di Concordia a 18 anni nel 1534, vi rimaneva sino al 1585, senza mai partecipare al concilio di Trento.
La visita apostolica del 1584 di Cesare de Nores, vescovo di Parenzo, per stimolare l’applicazione del concilio, evidenziava carenze morali, disciplinari e liturgiche nel clero e nel popolo.
Il 29 marzo 1586, su proposta del visitatore apostolico, papa Sisto V trasferiva la sede vescovile a Portogruaro.
Il vescovo Matteo Sanudo (1587-1615) si impegnava a fondo a conformare la diocesi e le sue strutture alle norme tridentine; fondamentale è il sinodo da lui celebrato nel 1587 con il quale riordinava norme e ambiti dei vicariati foraneali.
Tra XVI e XVIII . si registrava una diffusa opera di costruzione e restauro di molte chiese parrocchiali, curaziali e oratori; opera che poteva giovarsi dell’apporto di artisti locali di indubbio valore.
Il vescovo Paolo Vallaresso (1696-1721) ristrutturava il palazzo vescovile ed istituiva a Portogruaro il seminario vescovile (1704).
La fama di predicatore e taumaturgo del padre cappuccino beato Marco d’Aviano si diffondeva allora in Europa.
Al sinodo diocesano del 1767, indetto dal vescovo Alvise Maria Gabrieli, la maggioranza del clero, sollecitata da don Gaspare Fabris, opponeva contestazioni che rivelavano l’influsso di istanze illuministe e che denunciavano il formalismo delle norme, la non rappresentatività dei membri, il condizionamento nelle votazioni, il rigore di talune disposizioni disciplinari.
Il vescovo, contrariato, faceva ricorso al Consiglio dei Dieci, che ordinava il sequestro e la distruzione delle copie dell’esposto.
Le transizioni politiche determinate dalle dominazioni francesi e austriache venivano governate in diocesi con grande accortezza da monsignor Giuseppe Maria Bressa (1779-1817).
Il governo italico dette poi nuova organizzazione amministrativa al territorio: la parte più antica della diocesi venne annessa al dipartimento dell’Adriatico, con capoluogo Venezia; il resto fu unito al dipartimento di Passariano (Udine).
Il vescovo Carlo Fontanini (1826-1848) portava a termine la costruzione del duomo di Portogruaro, chiesa vescovile ausiliare, provvedendo alla costruzione ab imis del seminario diocesano.
La politica giuseppinista dell’Austria, con l’invadenza nella vita interna della Chiesa, trovava sostenitori nei preti della parte alta della diocesi, mentre orientava la maggioranza del clero della bassa verso gli ideali liberali e patriottici.
Il 18 marzo 1848 i contadini del litorale, denominati «comunisti» perché assertori della libertà di accesso e uso dei cosiddetti «beni comuni» o «comugne », innescavano moti rivoluzionari a Portogruaro con la partecipazione degli studenti del seminario, ben informati sulle istanze risorgimentali.
Stupende le pagine di Ippolito Nievo (Le confessioni di un ottuagenario, cap.
VI) che si ispirano a quelle vicende.
La repressione radeztkiana che ne seguì fu durissima.
Dopo gli anni Sessanta la divisione fra il clero si spostava sul rinnovamento degli studi tomistici, voluto da papa Leone XIII, in contrasto coi fautori del pensiero di Antonio Rosmini.
Sulla medesima scia si formavano più tardi i partiti degli intransigenti e dei democratici.
Figura di grande rilievo per la riforma dei frati minori osservanti fu padre Bernardino da Portogruaro, per venti anni ministro generale dell’ordine e arcivescovo titolare di Serdica (Sòfia).
Già nella seconda metà del XIX . prendeva avvio, soprattutto nelle località montane, il fenomeno migratorio verso il centro Europa, mentre nell’ultimo decennio del secolo, i nuovi approdi erano le Americhe.
Monsignor Gian Giacomo Coccolo di San Vito al Tagliamento fondava, con l’approvazione della Santa Sede, la «Società dei missionari di emigrazione» per l’accompagnamento nelle navi degli emigranti, che opererà in tutta Italia sino al 1916.
Nella zona mediana della diocesi, attorno a Pordenone, prendeva sviluppo notevole l’industria tessile, che richiamava manodopera da tutto il Veneto e il Friuli.
Si facevano così molto delicati i problemi pastorali: la Chiesa locale, di fronte al fenomeno nuovo, rimaneva disorientata, anche per i condizionamenti opposti dall’amministrazione asburgica.
Nel 1898 si celebrava a Portogruaro l’adunanza regionale dell’Opera dei congressi, presente il patriarca Giuseppe Sarto: in diocesi i cattolici erano riusciti a dar vita a un notevole numero di associazioni rurali, commerciali e industriali e a fondare casse rurali, una banca e il settimanale «La Concordia ».
Nelle elezioni del 1913 i cattolici riuscivano a eleggere due candidati: uno fra i liberali moderati e l’altro fra i democratici cristiani di don Murri.
La prima guerra mondiale investiva il territorio.
Indignazione suscitò in diocesi l’intervento in parlamento del democristiano murriano, Marco Ciriani, deputato di Spilimbergo, che accusava papa Benedetto XV di connivenza con l’imperatore Francesco Giuseppe.
Gravissima fu la situazione della popolazione durante l’anno dell’invasione austro-tedesca, ancor più esacerbata dalle accuse mosse al vescovo Francesco Isola di essere austriacante e affamatore del popolo.
Il giorno della liberazione la popolazione invadeva il palazzo vescovile, depredandolo dei molti viveri custoditi, maltrattando il vescovo.
Un certo numero di preti dell’«Alta» faceva ricorso alla Santa Sede chiedendo, come punizione contro la città di Portogruaro, il trasferimento a Pordenone del seminario e della sede vescovile.
A trasferire il seminario provvedeva il vescovo Isola.
La Congregazione per gli affari straordinari respingeva il trasferimento della sede vescovile, in quanto la pena collettiva invocata era da considerarsi «contraria ad ogni regola del diritto comune e contro la verità».
Durante il governo del vescovo Luigi Paulini (1919-1944) in diocesi furono organizzati l’Azione cattolica, il movimento missionario, la scuola cattolica, gli asili infantili, le scholae cantorum.
A Pordenone veniva costruito il nuovo seminario e a Portogruaro attivato il Collegio «G.
Marconi».
Negli ultimi diciotto mesi della seconda guerra mondiale, oltre ai numerosi bombardamenti aerei, imperversò la guerra civile: vi furono varie centinaia di morti civili, interi paesi bruciati o distrutti, violenze e ritorsioni tra tedeschi, fascisti e partigiani.
Il vescovo Vittorio D’Alessi non risparmiò fatica e rischio per difendere la popolazione, mettendo a disposizione nel palazzo vescovile i proventi alimentari della mensa vescovile e istituendo la «cucina del povero»; nel dopoguerra dava vita a varie case per orfani e a centri di accoglienza per profughi dall’Istria.
Il congresso eucaristico diocesano celebrato nel 1948 rappresentò una consolante ripresa di consenso attorno alla Chiesa e di una coraggiosa volontà dei cristiani di opporsi alle ideologie politiche.
Nel 1958 veniva insignito della sacra porpora il cardinale Celso Costantini per i grandi meriti in campo missionario e nella promozione dell’arte sacra.
Il notevole sviluppo industriale del Pordenonese attirava molta manodopera, anche da altre regioni.
Nella zona veneta della diocesi, il Portogruarese, l’agricoltura trasformata con criteri industriali non riusciva a contenere la manodopera, per cui, come nella montagna anche nella pianura, ripresero gli esodi migratori.
Dalla metà degli anni Cinquanta il turismo balneare ebbe un notevolissimo sviluppo, affermandosi vigorosamente nei centri di Caorle e di Bilione.
Nel 1963 veniva istituita la regione autonoma a statuto speciale Friuli Venezia Giulia; nel 1968 era creata la provincia di Pordenone all’interno della medesima regione, scorporandola dalla provincia di Udine.
Nella parte veneziana della diocesi, i sindaci del mandamento di Portogruaro, richiamandosi al concilio ecumenico Vaticano II, chiedevano di conformare il territorio della diocesi alle due diverse circoscrizioni civili, per evitare problemi di confronto con le condizioni privilegiate favorite dallo statuto speciale e quindi di dividere la diocesi.
Nel 1971 la diocesi venne rinominata di Concordia-Pordenone e nel 1974 veniva trasferita a Pordenone la sede vescovile.
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Diözese von Concordia - Pordenone
Chiesa di Santo Stefano Protomartire
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La facciata della cattedrale di Sano Stefano a Concordia -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
Veduta dell’aula dal presbiterio -
L’area presbiteriale
Diözesen
QUELLE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.