Diözese von Vicenza
GESCHICHTE
I - Le origini cristiane (III-V sec.)
Il martirio dei santi vicentini Felice e Fortunato (Aquileia, 304) ci attesta che la diffusione del cristianesimo risale almeno alla seconda metà del III sec., grazie a una prima evangelizzazione compiuta occasionalmente da militari o commercianti cristiani o da missionari giunti dalla vicina Padova, come farebbero pensare alcune dedicazioni a santa Giustina e al vescovo san Prosdocimo risalenti al IV e V sec., quando il territorio vicentino era forse aggregato a quella diocesi.Tuttavia il culto dei martiri Felice e Fortunato è documentato dal complesso paleocristiano sorto sulla loro tomba, lungo la via Postumia nella periferia di Vicenza, comprendente le fondamenta della chiesa teodosiana, con mosaici del V sec., il martyrion, la basilica romanica e le fondamenta di un probabile battistero.
II - L’età medievale (VI-XIV sec.)
L’organizzazione territoriale di Vicenza come diocesi suffraganea di Aquileia storicamente accertata risale tuttavia al vescovo Oronzio (589) durante lo scisma tricapitolino; la dedicazione ai santi Giorgio e Michele delle pievi più antiche suggerisce l’ipotesi di una loro origine in epoca longobarda.Nell’VIII sec., probabilmente in seguito alla fine dello scisma aquileiese e alla conversione dei longobardi, la cattedrale fu ricostruita sull’area della precedente risalente al V-VI . e dedicata alla Vergine Maria: di conseguenza anche numerose pievi sorte nel territorio acquisirono lo stesso titolo.
Inoltre si ritiene che allo stesso periodo risalga il primo insediamento a Vicenza dei monaci benedettini nelle abbazie di San Vito e di San Salvatore.
Con la caduta del regno longobardo a Vicenza il duca fu sostituito dal conte carolingio con le stesse funzioni militari e civili esercitate dal predecessore.
Dei vescovi del IX . conosciamo appena il nome: Reginaldo (813), Andrea (820), Aicardo (880) per qualche loro intervento a sinodi regionali o per la loro opera di mediazione in occasione di contese tra conti, monasteri o chiese locali.
Tuttavia l’opera dei carolingi si rivelò utile alla Chiesa vicentina, la quale conobbe un periodo di prestigio in seguito alla creazione in città, da parte di Lotario, nell’825, di una scuola teologica destinata ai chierici di Vicenza, Padova, Treviso, Asolo e Feltre.
Il clima di anarchia feudale, seguito alla fine della dinastia carolingia e già trasparente dalle disposizioni del concilio di Pavia sulle chiese private e sui preti indegni (845- 850), si accentuò anche a Vicenza con effetti dirompenti durante le scorrerie e le devastazione degli ungari in città e nel territorio (899-925).
La restaurazione politica, iniziata da Ottone I e perseguita dai suoi successori per arrestare la polverizzazione del sistema feudale, affidandone la gestione a vescovi e ad abati del suo impero, aprì tuttavia anche a Vicenza un lungo periodo di forte influenza politica nella vita della Chiesa destinato a trasformarsi nell’XI e XII . in un aperto conflitto per la Libertas Ecclesiae.
Per buona sorte la nomina imperiale di Rodolfo (967-973), già arcidiacono del grande Raterio di Verona, alla sede vescovile di Vicenza segnò l’inizio di un vero rinnovamento culturale e spirituale del clero, grazie anche allo stimolo rappresentato dalle nuove leve di benedettini da lui chiamati a Vicenza e capillarmente distribuiti nei feudi vescovili del suo territorio a sostegno pastorale del clero diocesano e per l’emancipazione sociale delle popolazioni rurali.
Lo confermano le numerose dedicazioni vicentine di chiese e priorati a san Benedetto, a san Mauro, a san Silvestro, a san Romualdo, a san Maiolo, ai santi Vito, Modesto e Crescenzia: tutte di matrice benedettina.
La politica imperiale mirante all’asservimento della Chiesa con la nomina dei vescovi-conti all’inizio del secondo millennio determinò anche a Vicenza una serie di vescovi grandi feudatari più che veri pastori di anime.
Così nell’XI e XII . essi vissero in perenne conflitto di interessi contro l’avidità dei grandi feudatari laici (i Conti e i Maltraversi) o dei feudatari rurali minori e contro la borghesia cittadina aspirante alla propria emancipazione.
La società civile vicentina conobbe infatti una breve stagione di relativa autonomia amministrativa con la nomina, nel 1122, di due consoli e, nel 1175, di un podestà, ma ben presto dovette vedersela con la spietata tirannide di Ezzelino III da Romano, vicario imperiale, il quale giunse nel 1236 al saccheggio della città, mentre due vescovi (il beato Giovanni Cacciafronte nel 1184 e il suo successore Pistore nel 1200) venivano uccisi dai loro avversari politici.
In questo clima di tensioni e di oppressioni, mentre andava indebolendosi la presenza dei benedettini, la Chiesa vicentina conobbe tra XII e XIII . (accanto a un vivace movimento di contestazione rappresentato da gruppi di catari e di arnaldisti) una stagione di forte risveglio di matrice popolare destinato a incidere fortemente nella vita religiosa.
Ne furono protagonisti alcuni gruppi di vita eremitica, tra i quali si distinsero i Fratres et sorores de poenitentia presso la chiesa campestre di San Desiderio, i Battuti che univano alla disciplina e alle pratiche devote la gestione dei primi ospizi, gli Umiliati di Santa Caterina e di Borgo Berga (i quali, ispirandosi ai gruppi pauperistici lombardi, si dedicavano alla preghiera e al lavoro manuale), i Crociferi impegnati nella cura pastorale e dell’assistenza ospedaliera nel borgo di Santa Croce in Vicenza.
Ma sicuramente più incisivo fu l’inserimento nella vita religiosa vicentina degli ordini mendicanti.
I primi a giungervi tra il 1222 e il 1224 furono i francescani, ai quali il vescovo Zilberto offrì come prima sede l’abbandonata abbazia benedettina di San Salvatore, dalla quale poi si trasferirono presso l’antica cappella di San Lorenzo che trasformarono nell’attuale grandioso tempio gotico con adiacente convento.
Ai francescani seguirono nel 1260 i domenicani, preceduti da una straordinaria missione pacificatrice del domenicano vicentino, il beato Giovanni da Schio nel 1233.
Il loro insediamento definitivo avvenne con il vescovo, anch’egli domenicano e vicentino, beato Bartolomeo da Breganze, reduce da alcuni importanti servizi resi al pontefice presso alcune corti d’Europa: egli peraltro poté entrare in diocesi solo dopo la morte di Ezzelino e si dedicò alla costruzione del grandioso tempio gotico di Santa Corona.
Di lui si conservano ancora importanti sermoni, in parte ancora inediti, ricchi di dottrina e di sapienza pastorale.
La regola agostiniana fu inizialmente rappresentata dagli eremitani che dedicarono la loro chiesa a san Michele Arcangelo, dai canonici regolari di San Marco di Mantova nel monastero di San Bortolo e dai canonici secolari di San Giorgio in Alga in quello di Sant’Agostino.
III - Vicenza all’ombra della Serenissima (XV-XVIII sec.)
La società civile vicentina, che aveva conosciuto nel XIV . l’endemica debolezza del comune cittadino conteso dalle famiglie nobili ed esposto alle mire espansionistiche delle signorie dei Carraresi, dei della Scala e dei Visconti, nel 1404 deliberò la sua «dedizione » alla Serenissima Repubblica di Venezia, la quale assicurò alle popolazioni stremate dalle periodiche incursioni militari quasi quattro secoli di ordine e di relativo benessere.La vita sociale rimase tuttavia esposta a frequenti epidemie alle quali si cercò di porre rimedio con opere di carità e di pietà: sorsero così nel XV . il santuario di Santa Maria di Monte Berico (1428) e la chiesa di San Rocco (1485); numerosi ospedali ospizi per i nobili, per gli orfani, per i mendicanti e per i bambini abbandonati, e il monte di pietà (1486).
Accanto agli antichi ordini religiosi, richiamati alla primitiva osservanza dalla predicazione di Bernardino da Siena e dall’opera riformatrice di Lorenzo Giustiniani, di Pietro Barbo e di Antonio da Bitteto, si insediano a Vicenza nuove comunità religiose: le clarisse riformate, i gerolimini, i gesuati, i somaschi, i gesuiti.
Più lento e difficile fu il rinnovamento del clero, per la carenza di formazione culturale limitata a una piccola scuola presso la cattedrale, per il suo isolamento pastorale e per frequente assenza dei vescovi dalla diocesi.
Il clima di ordine e di tranquillità introdotto anche a Vicenza dalla Repubblica di Venezia conobbe una drammatica parentesi di violenza negli anni della guerra di Cambrai (1508-1512).
Ritornata finalmente la pace, la vita religiosa della diocesi, sebbene turbata da alcune clamorose adesioni alle dottrine protestanti, poté riprendersi grazie all’opera delle comunità religiose riformate, dei nuovi istituti e di numerose confraternite laicali animate dalla santità dei vicentini Gaetano Thiene (1480-1547), di Gellio Ghellini (1599-1616) e del francescano Antonio Pagani (1524-1589).
L’esigenza largamente sentita di un concilio trovò a Vicenza pronta accoglienza nella prospettiva iniziale di ospitare in città l’assise ecumenica (1538- 1539).
Tuttavia le difficoltà insorte in alcuni ambienti politici e la speranza di un più facile dialogo con i protestanti determinarono poi la scelta di Trento (1545- 1563).
L’adesione convinta alla riforma tridentina dei vescovi di Vicenza Matteo (1565-1579) e Michele Priuli (1579-1603), che finalmente ripresero la cura pastorale con la residenza stabile in diocesi, con sinodi e visite pastorali frequenti, segnò l’inizio di una stagione feconda di riforme tra il clero e il popolo.
Nel secolo seguente la vita religiosa vicentina appare in lenta e costante ripresa, grazie soprattutto all’azione pastorale di vescovi seriamente impegnati nell’attuazione dei decreti tridentini, nonostante l’intrigante politica ecclesiastica della Serenissima e le resistenze del capitolo della cattedrale e di alcuni monasteri e conventi gelosissimi custodi di antichi privilegi.
La formazione del clero si avvale del seminario diocesano istituito dal vescovo Matteo Priuli nel sinodo del 1565, la cura pastorale delle 15 parrocchie urbane e delle 160 del territorio, si arricchì della predicazione, del catechismo per gli adulti e per i fanciulli, di confraternite laicali dotate di nuovi statuti, di rinnovati ambienti e arredi liturgici.
La pietà popolare trovò una forte attrazione nei santuari mariani di Monte Berico, di Santorso, di Lonigo.
Nel Settecento la diocesi vide realizzarsi un notevole rinnovamento di chiese e santuari sull’onda dei neoclassicismo di ispirazione palladiana.
La vita religiosa, a parte qualche infiltrazione giansenistica, si sviluppò sulla falsariga dei canoni tridentini con accentuazioni della pietà popolare intrisa di devozioni e di confraternita, ma sostanzialmente controllate dalle frequenti visite pastorali e dai sinodi.
Il secolo si chiuse con le burrascose vicende napoleoniche che segnarono il crollo della Serenissima ed esposero per un ventennio la popolazione prima alle utopie giacobine della municipalità provvisoria, poi all’alterna vicenda di requisizioni, scontri militari, distruzioni (1796-1813).
La Chiesa vicentina, guidata in quegli anni burrascosi dal vescovo Piero Marco Zaguri (1785- 1810), dovette subire la soppressione delle sue corporazioni religiose, la liquidazione dei loro beni, la riduzione delle parrocchie urbane, la distruzione o la secolarizzazione di molte chiese, la dispersione di un ingente patrimonio liturgico e artistico frutto della pietà e della generosità di intere generazioni.
IV - L’età contemporanea (XIX-XX sec.)
La dominazione austriaca nel Veneto (1814-1866) parve assicurare alla Chiesa vicentina un periodo di relativa tranquillità, ma non mancarono forti tensioni sul piano sociale conseguenti alla carestia e alle epidemie dei primi decenni del secolo e, sul piano politico, per i risvolti locali delle guerre risorgimentali.Alle precarie condizioni sociali dei ceti più deboli soccorsero nuove istituzioni caritative per anziani e invalidi promosse dai conti Ottavio Trento e Girolamo Salvi, e, per le fanciulle abbandonate, dagli istituti di don Francesco Novello e di don Giovanni Antonio Farina fondatore delle suore maestre di santa Dorotea.
A Bassano le suore della Divina Volontà di Gaetana Sterni si dedicarono all’assistenza agli invalidi e anziani.
La vita religiosa in regime austriaco acquistò vivacità e dinamismo con il vescovo G.
Giuseppe Cappellari (1832-1860), promotore di un seminario rinnovato nelle strutture e negli orientamenti programmatici.
Con l’annessione del Veneto al Regno d’Italia (1866) si aprì anche per la Chiesa vicentina il periodo della secolarizzazione progressiva e delle rapide trasformazioni economiche e sociali destinate a influire in modo determinante nella tradizione sociale, culturale e religiosa della società.
Il vescovo Giovanni Antonio Farina (1860-1888) dovette affrontare i problemi posti dal nuovo stato liberale, dalla questione romana, dallo sviluppo di un movimento cattolico intransigente e socialmente dinamico.
Il suo successore, Antonio M.
De Pol (1888-1892) ospitò a Vicenza, nel settembre 1891, il IX congresso dei cattolici italiani ispirato dalla Rerum Novarum, ma toccò poi al vescovo Antonio Feruglio (1892-1910) l’arduo compito di promuovere l’unità dei cattolici vicentini insidiata dagli intransigenti da «La Riscossa» dei fratelli Scotton e dal fascino del riformismo modernista di Antonio Fogazzaro e di Romolo Murri.
Fu poi l’energico vescovo Ferdinando Rodolfì (1911-1943) a imporsi autorevolmente tra i contendenti con un programma innovatore nella catechesi e nella liturgia.
La prima guerra mondiale, che investì buona parte della diocesi, lo vide fortemente impegnato in molteplici iniziative di assistenza ai profughi, ai soldati e ai feriti raccolti nel suo seminario.
Dopo il conflitto animò l’impegno sociale del movimento cattolico prima contro l’aperta ostilità delle leghe rosse e poi contro la politica totalitaria del regime fascista.
Nel pieno della seconda guerra mondiale gli subentrò Carlo Zinato (1943- 1971) che affrontò con determinazione la difesa delle inermi popolazioni dai nazifascisti e promosse, nel clima della ritrovata libertà, l’ingente opera di ricostruzione e di sviluppo delle nuove associazioni cattoliche.
Il rinnovamento pastorale sulla linea del concilio Vaticano II ebbe inizio a Vicenza con il vescovo Arnoldo Onisto (1971-1988), grazie a una paziente mediazione delle istanze dei vari gruppi ecclesiali, l’aggiornamento degli studi del seminario e la celebrazione del XXV sinodo diocesano convocato come risposta della Chiesa vicentina alle esigenze del mondo contemporaneo.
Su questa traccia si collocò l’episcopato di Pietro Nonis (1988-2003), sensibile interprete dei problemi sociali e culturali del nostro tempo, promotore del museo diocesano e di un prestigioso restauro della chiesa cattedrale.
Compì in diocesi una accurata visita pastorale e nei giorni 7 e 8 settembre 1991, tra l’entusiasmo dei vicentini, accolse in città la visita di Giovanni Paolo II.
Nel XX . la diocesi si arricchì di due nuovi istituti religiosi: le suore orsoline del Sacro Cuore di Maria fondate nel primo Novecento da Giovanna Meneghini e la Pia società di san Gaetano sorta nel 1946 per iniziativa di don Ottorino Zanon.
Inoltre ha visto riconosciuta la santità eroica di M.
Bertilla Boscardin, di Giuseppina Bakita, di Gaetana Sterni, di fra Claudio Granzotto e del vescovo G.
Antonio Farina.
Dal 30 novembre 2003 la diocesi vicentina è affidata alle cure pastorali dell’arcivescovo Cesare Nosiglia, già vicegerente di Roma.
Bibliographie
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Chiesa di Santa Maria Annunciata
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Facciata -
Scorcio facciata verso nord -
Vista d’angolo della cattedrale di Santa Maria Annunziata a Vicenza -
Veduta dell'aula dall'ingresso -
Veduta dell'aula dal presbiterio -
Interno
Diözesen
QUELLE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.