Historische Diözese von Chiusi
GESCHICHTE
I - Le origini e l’età medievale
Secondo un’antica leggenda, l’area dell’antico municipio chiusino sarebbe stata cristianizzata in età apostolica, grazie alla predicazione dei santi Apollinare e Marziale, discepoli di san Pietro; i ritrovamenti archeologici attestano la presenza di primi nuclei cristiani tra la fine del II e l’inizio del III . Protomartire locale è ritenuta santa Mustiola, una nobile matrona romana giustiziata, secondo la tradizione, all’epoca dell’imperatore Aureliano (270- 275).Come dimostrano la catacomba a lei intitolata, vasto cimitero sotterraneo che ne custodì per un paio di secoli il corpo, e alcune iscrizioni del IV-V . ivi rinvenute, la nascente comunità cristiana dimostrò da subito una grande venerazione verso la santa.
Ivi sono state trovate anche le epigrafi funerarie del primo vescovo noto, Petronius Dextrus, morto nel 322 all’età di 66 anni, del diacono Sulpicius Felicissimus e dell’esorcista Sentius Respectus, che fanno supporre per il IV . un’organizzazione ecclesiale già piuttosto articolata.
Dopo l’oscuro periodo delle invasioni barbariche e della guerra greco-gotica, al quale pare risalire l’abbandono e la decadenza del maggiore edificio religioso cittadino, all’incirca sul sito dell’attuale cattedrale, sembra che la diocesi si riorganizzasse sotto la guida del vescovo Florentinus (558-560), che promosse la riedificazione di San Secondiano.
Qualche decennio più tardi le lettere di papa Gregorio Magno attestano la stima del pontefice nei confronti del vescovo Ecclesius (600- 604), ma anche lo stato di precarietà economica della diocesi e l’incompleta evangelizzazione delle campagne.
L’episcopato chiusino, dunque, direttamente dipendente dalla Santa Sede, mantenne con essa vivi rapporti di collaborazione.
In piena epoca longobarda – come ci attesta una serie di epigrafi marmoree note come le «Tavole Longobarde» – durante l’episcopato di Arcadio (728) il duca Gregorio e la madre Austreconda fecero riedificare o restaurare la basilica che conservava il corpo di santa Mustiola, trasferito in epoca non precisata dalle catacombe all’interno dell’edificio: l’evento significò il rilancio con grande enfasi da parte delle autorità politiche della devozione verso la martire.
Nel IX e X . assunsero un sempre maggior rilievo istituzionale due enti monastici di tradizione benedettina sorti ai confini occidentali della vasta diocesi: San Salvatore al Monte Amiata e Sant’Antimo in val di Starcia.
Fondati non solo a scopo missionario e devozionale ma anche per l’amministrazione dei beni fiscali, per lo sviluppo agricolo e per la manutenzione delle grandi vie di comunicazione, essi furono progressivamente dotati di un ingente capitale fondiario.
Più tardi la politica di riequilibrio dei poteri territoriali seguita in particolare dalla casa imperiale di Sassonia alla metà del X sec., che nella diocesi di Chiusi comportò numerosi passaggi di proprietà dalla sede episcopale agli enti monastici e viceversa, provocò una forte rivalità tra queste istituzioni: a San Salvatore il papa Gregorio V nel 996 concesse l’esercizio di prerogative fino ad allora di esclusiva pertinenza episcopale, quali la facoltà di somministrare il battesimo e la cresima presso alcune pievi della zona e la riscossione delle decime.
La vertenza, che contrappose inizialmente il vescovo Arialdo e l’abate Wuinizo, si protrasse a lungo e, dopo vari ricorsi ai tribunali imperiali o pontifici, si concluse con la bolla del papa Leone IX del 1050, che sottopose il monastero di San Salvatore direttamente alla Sede apostolica, sottraendolo definitivamente alla giurisdizione episcopale.
Alla metà dell’XI . anche la diocesi di Chiusi venne coinvolta dalla riforma della Chiesa, soprattutto con interventi volti a combattere la simonia e il concubinato del clero.
Nel XII . cominciarono ad apparire nuovi enti monastici, che il vescovo affidò ad alcuni movimenti di rinnovamento spirituale sorti in Toscana nel secolo precedente.
Il più importante fu senza dubbio il monastero di San Benedetto del Vivo sulle pendici del Monte Amiata.
Fondato, secondo la leggenda, da san Romualdo, sorse più probabilmente da esigenze eremitiche locali: infatti, solo dal 1113 è attestata la sua adesione alla congregazione camaldolese.
In questo secolo ricordiamo proprio il monaco camaldolese Graziano, celebre maestro di diritto canonico, autore del noto Decretum.
Il XII . vide anche la progressiva affermazione del dominio vescovile sulla città, che raggiunse il suo apice con il diploma concesso nel 1196 dall’imperatore Enrico VI, allorché il vescovo Teobaldo ottenne la piena giurisdizione sulla città e sul territorio circostante.
La concessione fu rinnovata dai successivi imperatori Ottone IV nel 1209 e Federico II nel 1219.
Tra la fine del XII e l’inizio del XIII . sembra che anche la diocesi di Chiusi fosse coinvolta nel movimento ereticale che aveva investito il comune di Orvieto: tra il 1198 e il 1199 la città fu infatti brevemente occupata da un gruppo di eretici che aveva addirittura scacciato tutti gli ecclesiastici, a partire dal vescovo Gualfredo.
Qualche anno più tardi, i fedeli chiusini ebbero probabilmente l’occasione di udire le prediche di Francesco di Assisi e dei suoi compagni, che avevano istituito un eremo presso Sarteano, ove il santo risiedette per un po’ di tempo.
Nel primo trentennio del XIII . iniziò un lungo periodo di instabilità politica e religiosa, durante il quale la sede episcopale passò a più riprese dal vescovo Gualfredo, sostenitore del partito ghibellino, al vescovo Ermanno, fautore dei guelfi.
Negli anni successivi, il presule continuò a esercitare la giurisdizione temporale sulla città ma dovette fronteggiare l’ostilità del nascente comune che, forte del sostegno della fazione imperiale, mirava a sbarazzarsi della sua autorità.
Mentre la sede episcopale si avviava verso un lento ma inesorabile declino politico, la devozione popolare, soprattutto a partire dal XIV sec., visse momenti di grande vitalità in virtù di una celebre reliquia mariana custodita nella cattedrale di San Secondiano, un piccolo anello in onice che la tradizione voleva donato da san Giuseppe a Maria in occasione delle nozze.
Questa reliquia, cui si attribuiva la guarigione delle malattie degli occhi, veniva mostrata il 3 agosto alla venerazione dei pellegrini provenienti dalla celebrazione del Perdono di Assisi.
La più antica attestazione della devozione al Sant’Anello risale al 1355, quando venne esposto in occasione della visita dell’imperatore Carlo IV di Boemia.
Nel 1474 la preziosa reliquia fu rubata dal francescano Vinterio, che la portò a Perugia, dove è ancora conservata.
Negli ultimi secoli del Medioevo la diocesi di Chiusi perse progressivamente importanza sia per l’impaludamento della Chiana, che spinse numerosi fedeli a trasferirsi in zone più salubri, sia per il crescente peso politico dei comuni vicini come Cortona, Città della Pieve e Montepulciano, che miravano a diventare sedi episcopali.
Cominciò anche lo smembramento della diocesi, a partire dal 1325 con la creazione della diocesi di Cortona a opera di papa Giovanni XXII.
Il pontefice Pio II sottopose nel 1459 la diocesi di Chiusi, fin allora dipendente dalla Sede apostolica, alla nuova metropoli senese, mentre nel 1462 avvenne un secondo smembramento a favore della neonata diocesi di Pienza e Montalcino.
II - L’età moderna
La diocesi di Montepulciano, voluta da Pio IV nel 1561, e quella di Città della Pieve, istituita da Clemente VIII nel 1601, comportò una ulteriore diminuzione del territorio diocesano chiusino.Nel 1620, la cattedrale di San Secondiano aveva due dignità e otto canonicati, che non crebbero di numero negli anni successivi.
Nella città, che agli inizi del Seicento aveva appena trecento abitanti e alla fine del Settecento qualche centinaio in più, vi erano un convento maschile e un monastero femminile.
La diocesi comprendeva appena una dozzina di località, perché con una bolla del 9 novembre 1601 papa Clemente VIII aveva modificato il confine fra le diocesi di Chiusi e di Città della Pieve, attribuendo a quest’ultima una serie di pievanati e di parrocchie, che facevano già parte del cosiddetto Chiusi perugino: da Castel della Pieve a Piegaro, da Ravigliano a Paciano, da Castiglion del Lago a Mongiovino, da Tavernelle a Monteleone, da Santa Fiora sull’Amiata a Treviniano, da Camposervoli a Salvi.
Inoltre, una forte limitazione alla giurisdizione episcopale derivava dai pretesi diritti dell’abbazia cisterciense di Abbadia San Salvatore su alcune chiese parrocchiali: solo all’inizio del Settecento i vescovi chiusini riuscirono ad affermare la loro autorità, grazie al sospirato intervento della Congregazione sul concilio.
La mensa episcopale rendeva poco più di settecentocinquanta scudi: una somma assai bassa, che poteva costituire una meta solo per i chierici della vecchia dominante o per vescovi all’inizio della loro carriera.
Sotto il pontificato di Clemente XIV venne stabilita nel 1774 l’unione delle diocesi di Chiusi e di Pienza, ciascuna delle quali mantenne la propria cattedrale mentre il vescovo avrebbe dovuto risiedere sei mesi nell’una e sei mesi nell’altra; nello stesso anno avvenne anche l’ultima sottrazione di parrocchie chiusine a favore dell’episcopato di Montalcino.
Fra i vescovi chiusini merita ricordare, anche per il suo lungo episcopato (1775-1823), il nobile senese Giuseppe Pannilini: un giansenista operoso, talmente abile da mantenere il governo episcopale nelle alterne vicende dell’occupazione francese e persino nel pieno dell’età della Restaurazione.
A lui si deve la demolizione dell’antico edificio paleocristiano di Santa Mustiola, in pessime condizioni, e il trasferimento del corpo della santa nell’altar maggiore di San Secondiano.
Nel 1986, infine, la diocesi di Chiusi-Pienza è stata unita alla diocesi di Montepulciano.
Bibliographie
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Diözesen
QUELLE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.