Historische Diözese von Bosa
GESCHICHTE
I - Bosa
Le origini - Nel IV-V . lungo le coste della Sardegna centro-occidentale, note in campo mercantile col nome di Senafer, sorgeva la sede episcopale di Cornus.Un suo vescovo, Bonifacius de Senafer, prese parte nel 484 al dibattito teologico convocato a Cartagine da Unnerico, re dei vandali, del cui regno l’isola faceva parte.
Quando giunsero i bizantini (534), la città conservò la sede, e si presume che fosse di Cornus uno dei sei presuli sardi ai quali Gregorio I inviò una lettera nel 599.
Un Boethius vescovo della sancta cornensis ecclesia è segnalato nel VII sec., probabilmente lo stesso che prese parte al sinodo di Roma del 649, e figura nell’elenco di quei padri al 92° posto.
Nel 710-711 iniziarono le incursioni dei saraceni sulle coste sarde e Cornus fu gradualmente abbandonata.
Tra le sue rovine, nel 1955 venne alla luce l’insula episcopalis del IVVII sec., consistente in una basilica con cimitero, una basilica maggiore con un grande battistero ed edifici probabilmente monastici.
Le iscrizioni riportano i nomi di santa Maria, san Paolo e san Giovanni.
Dal Mille al concilio di Trento – Nell’XI . la costa dell’antica Cornus venne inserita nel territorio della nuova diocesi di Bosa, creata con altre, dopo lo scisma d’Oriente del 1054, in seguito all’invio in Sardegna di un legato di Alessandro II.
La cattedrale, iniziata nel 1062, fu dedicata a san Pietro nel 1073 dal vescovo Costantino de Castra.
Nel XII-XIII . giunsero nella diocesi i cassinesi (a Ferrughesu di Suni), i camaldolesi (a Scano Montiferro e a Pozzomaggiore), i cisterciensi (a Sindia e a Garaveta di Bosa) e i cavalieri di san Giovanni (a Siete Fuentes).
Bosa faceva parte del «Giudicato » o Regno di Torres, ma la famiglia Malaspina, originaria della Lunigiana e venuta nell’isola con i pisani e i genovesi, prese nella città il sopravvento e costruì un castello sul colle di Serravalle, con un borgo ai suoi piedi.
La gente iniziò a trasferirsi nel nuovo centro, più vicino al mare, e nel XIV . i vescovi la seguirono.
L’antica città fu abbandonata e rimase in piedi solo la cattedrale.
Il borgo conservò il nome di Bosa e la sua chiesa di Santa Maria assurse a cattedrale.
Nel 1324 sbarcarono in Sardegna gli aragonesi, e gli Arborea, loro amici, presero possesso del castello di Bosa.
Quando i loro rapporti si guastarono, iniziò una guerra lunghissima, finché nel 1410 l’ultimo degli Arborea, Leonardo Cubello, firmò la resa.
Il re di Aragona assegnò Bosa al patrimonio regio e concesse alla città il diritto di inviare tre delegati, tra cui il vescovo, al parlamento sardo che si riunì a Cagliari nel 1481.
Altre riunioni si tennero di regola ogni dieci anni fino al 1699.
Nel XV . i monaci, in crisi interna e osteggiati dai dominatori iberici, abbandonarono i loro monasteri.
Nel 1473 giunsero a San Lussurgiu i frati minori.
Il re indicava il nome dei vescovi, ma non tutti gli eletti vennero a Bosa.
Dal concilio di Trento al 1804 - Al concilio di Trento nel 1546 partecipò il vescovo Baldassarre de Heredia, che intervenne sul peccato originale, la giustificazione e la concezione immacolata di Maria.
Alla ripresa del concilio nel 1551 fu presente il nuovo vescovo Vincenzo de León.
Nell’applicazione dei decreti del concilio si distinsero Nicolò Canyelles, che nel 1580 diede al clero le costituzioni in nove articoli (il manoscritto si conserva nell’archivio della cattedrale), e Giovanni Francesco Fara, che nel 1691 tenne un sinodo, stampato a Cagliari lo stesso anno.
Tra il 1593 e il 1690 si tennero dieci sinodi, di cui due furono stampati (Litago 1649, Cattayna 1665); di un altro (Atzori 1595) si conserva il manoscritto nell’archivio della cattedrale.
Altri cinque si tennero nel XVIII sec., di cui due stampati (Cany 1729, Quasina 1780).
Nel XVI-XVII . giunsero nella diocesi i Servi di Maria, i carmelitani, gli agostiniani, i gesuiti, i fatebenefratelli e i cappuccini.
In molte parrocchie sorsero le confraternite della Santa Croce e del Rosario.
Nel 1720 la Sardegna passò ai Savoia, e in quel secolo i vescovi operarono anche nel sociale: Raimondo Quesada istituì di suo tre monti granatici e Giovanni Battista Quasina esortò nelle lettere pastorali a coltivare l’olivo, che da allora si diffuse nella diocesi.
Antonio Cossu ottenne l’ex collegio gesuitico per istituirvi il seminario.
Il vescovo Gavino Murro (1800-1819) difese i sacerdoti che avevano preso parte ai moti antibaronali del 1796, e durante il suo episcopato fu ricostruita la cattedrale.
Sotto lo stesso vescovo la Santa Sede, in concomitanza con il ripristino della diocesi di Bisarcio-Ozieri, rivide i confini della diocesi e con bolla del 9 marzo nel 1804 assegnò ad Alghero sei parrocchie di Bosa, dando a Bosa altrettante piccole parrocchie di Oristano.
Dal 1804 al 1986 - Morto il vescovo Uda nel 1845, il governo, al fine di finanziare il monte del riscatto per l’estinzione del debito pubblico, non presentò il successore e la diocesi restò priva del vescovo per ventisei anni.
In seguito alla legge del 29 maggio 1855 furono espropriati cinque conventi: quelli dei cappuccini di Bosa e di Cuglieri, degli osservanti di San Lussurgiu, dei carmelitani di Bosa e dei Servi di Maria di Cuglieri.
Nel 1871 Pio IX, senza attendere la presentazione del governo, nominò vescovo Eugenio Cano, che nel 1905 accolse le francescane di Seillon perseguitate in Francia.
Giunsero poi le suore cottolenghine, salesiane, vincenziane, orsoline, giuseppine, concezioniste e messaggine.
Nel 1936 è stata fondata a Bosa la famiglia delle orsoline della Sacra Famiglia.
Il Pontificio seminario regionale, aperto nel 1924 a Cuglieri, e stato trasferito a Cagliari nel 1971.
Salesiani, gesuiti e concezionisti, giunti nello stesso secolo, lasciarono presto la diocesi.
Al concilio Vaticano II prese parte Francesco Spanedda, accompagnato da Giovanni Pes, che fu poi suo successore.
Due sono le chiese elevate a santuario diocesano: quelle di Nostra Signora della Neve di Cuglieri e di San Costantino di Sedilo.
L’Azione cattolica è presente in quasi tutte le parrocchie.
Patroni della diocesi sono i martiri Emilio e Priamo.
Bibliographie
N. Frazioli, Serie cronologica dei vescovi di Bosa, Sassari 1948;F. Spada, La diocesi di Bosa e i suoi vescovi, Sassari 1974;
G. Mastino, Un vescovo della riforma nella diocesi di Bosa. 1591, Cagliari 1976;
A. Mastino, Cornus nella storia degli studi, Cagliari 1979;
R. Zucca, Appunti sui «Fasti episcopales Sardiniae», in Archeologia paleocristiana e altomedievale in Sardegna, Seminario di studi Cagliari 1986, Cagliari 1988, 31-40;
R. Turtas, Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini al Duemila, Roma 1999.
Diözese von Bosa
Chiesa di Maria Immacolata
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La facciata della Chiesa di Maria Immacolata -
Veduta dell’aula dall’ingresso -
L’area presbiteriale
Diözesen
QUELLE
Le diocesi d'Italia, a cura di L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, Torino, San Paolo edizioni, 2007-2008, 3 volumi.