La demografia, come scienza della popolazione, fa parte delle scienze sociali perché ha come oggetto di indagine alcuni aspetti della società umana.
Lo studio demografico si serve essenzialmente di dati quantitativi e ha bisogno di misurare i fatti su un'unità temporale determinata, cioè un periodo stabilito che ha una durata variabile, entro i cui estremi collocare i fenomeni con i relativi mutamenti: può essere il tempo che intercorre tra due generazioni, circa venticinque o trent'anni, oppure un tempo maggiore, perché i fenomeni demografici devono essere letti in una dimensione temporale ampia.
Le fonti archivistiche ecclesiastiche rappresentano per la demografia un serbatoio di dati ricchissimo perché oggetto dell’indagine demografica sono soprattutto le nascite, i matrimoni, i decessi e le migrazioni, visti come rilevanti numericamente e statisticamente non solo nella loro manifestazione, ma anche che nella variazione nel tempo. Tutte informazioni che, dal Concilio di Trento in avanti, si trovano annotate in particolari serie e fondi degli archivi ecclesiastici.
La demografia non considera le cifre per se stesse, ma all’interno di analisi su cause e conseguenze dei fenomeni, analisi che tengono conto della realtà politica, economica, sociologica, storica, geografica.
La demografia permette, considerando la somma dei comportamenti individuali, di misurare il comportamento generale di una popolazione. Mobilità della popolazione e immigrazione, inurbamento, nuzialità, natalità, denatalità, tasso di fecondità, tasso di mortalità, popolazione attiva, istruzione, saldo naturale e saldo migratorio e piramidi delle età rappresentano i temi di indagine che permettono le proiezioni demografiche e la pianificazione delle politiche sociali.
Per la comprensione e la spiegazione dei fenomeni socio-demografici la demografia si avvale di discipline ausiliarie come la matematica, la statistica, l’informatica, la sociologia, l’antropologia, l’economia e anche la storia il cui strumento principale di indagine sono le fonti archivistiche.
Negli archivi ecclesiastici le fonti per lo studio demografico sono innumerevoli.
Prodotte per altri scopi, di tipo ecclesiastico-amministrativo, queste fonti si rivelano una riserva preziosa di dati demografici, soprattutto per un periodo, quello antecedente l’Italia unita, dove i censimenti e le rilevazioni pubbliche erano rari, e avevano il carattere dell’episodicità e della discontinuità territoriale.
I libri canonici, con i loro elenchi di nascite, matrimoni e morti, e gli stati delle anime, con la registrazione dei “fuochi” famigliari, sono alla base per lo studio della popolazione antica. Sui documenti di queste serie archivistiche è infatti possibile ricavare dati sulle nascite, sul numero di figli per famiglia, sull’età dei genitori e della madre, sull’appartenenza sociale, la professione, l’istruzione, sulla sopravvivenza e l’età media di vita, sulla mortalità infantile e in molti casi anche sulle cause di morte, quando i parroci le registravano. E anche informazioni sull’età degli sposi, le relazioni tra famiglie e clan, sulla composizione famigliare, sugli spostamenti da un paese all’altro o dal paese alla città, sulle professioni e l’ereditarietà delle professioni. Persino informazioni utili alla storia dell’onomastica e sulla devozione popolare rivolta ai santi protettori.
Dalle rilevazioni condotte sul questi documenti, incrociate con i dati degli studi sociali ed economici, si possono ipotizzare cause e conseguenze dei fenomeni storici.
BIBLIOGRAFIA
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- M. Livi Bacci, Storia minima della popolazione del mondo, Il Mulino, Bologna, 2005.
- G. C. Blangiardo, Elementi di demografia, Il Mulino, Bologna, 1997.
- A. De Rose, Introduzione alla demografia, Carocci, Roma, 2008.
- G. De Santis, Demografia, Il Mulino, Bologna, 2010
- http://www.disf.it/demografia (sito visitato in data 18.09.2014)