L’avvio della bonifica delle paludi pontine promossa dal governo fascista (1927), e quindi la fondazione di nuovi centri e borghi con funzioni di servizio ai circa duemila poderi sparsi nell’agro «redento», posero notevoli problemi alle diocesi di Velletri e di Terracina, Sezze e Priverno sotto la cui giurisdizione ricadevano le terre risanate. Oltre a definire più correttamente i limiti interdiocesani in una regione fino ad allora incolta e disabitata, si doveva infatti assicurare l’assistenza religiosa alle migliaia di operai impiegati nei cantieri di bonifica e, in seguito, alla popolazione colonica immigrata. Proprio all’incertezza dei rispettivi confini va ricondotta la presenza del vescovo di Terracina, Sezze e Priverno, Pio Leonardo Navarra (1932-1951), alla posa della prima pietra di Littoria il 30 giugno 1932: poiché il nuovo centro ricadeva sotto la giurisdizione della Chiesa veliterna, ne nacquero attriti che si protrassero per anni. Alla carenza di sacerdoti si tentò d’ovviare ricorrendo a ordini religiosi – la società salesiana a Littoria, i frati minori conventuali a Sabaudia – disposti a officiare le parrocchie sorte nell’agro pontino e, successivamente, immettendo nel clero locale preti richiesti a diocesi del Veneto. Del resto, da questa regione proveniva la maggior parte della popolazione rurale pontina, le cui rimostranze per l’insufficiente assistenza spirituale avevano creato non poche difficoltà alle autorità diocesane, chiamate a risponderne tanto dalla Santa Sede quanto dalle gerarchie fasciste, che vi intravedevano un fattore in grado di perturbare il successo stesso dell’opera di «bonifica umana» complementare al risanamento ambientale della regione. Intanto, l’elevazione di Littoria a capoluogo di provincia (18 dicembre 1934), indusse a un primo tentativo per distaccarla dalla Chiesa veliterna creandola sede di diocesi; l’iniziativa, che doveva fornire ulteriore prestigio alla «città nuova» fascista, non ebbe però seguito. La necessità di ridefinire l’assetto ecclesiale pontino si ripropose nel dopoguerra. Nel 1950, la Congregazione concistoriale stabilì di far coincidere con quelli dei comuni che ne facevano parte i confini delle diocesi di Velletri e di Terracina, Sezze e Priverno: di conseguenza, i borghi compresi nel territorio municipale di Latina (dal 1945 nuova denominazione di Littoria) e fino ad allora appartenenti alla Chiesa setina vennero annessi a quella veliterna. Soprattutto l’imponente sviluppo del capoluogo e lo spostamento del baricentro sia demografico che economico della regione dai vecchi centri collinari alla pianura, sollecitò tuttavia ulteriori provvedimenti. In questo senso s’indirizzò il decreto concistoriale del 12 settembre 1967, con il quale l’intero territorio provinciale già appartenente alla diocesi di Velletri (i comuni di Latina, Cisterna, Cori, Norma e Rocca Massima) passò alla diocesi ora denominata di Terracina-Latina, Priverno e Sezze. Da ultimo, con la riforma delle circoscrizioni ecclesiastiche del 30 settembre 1986, si è definita l’unione sede plena della diocesi intitolata Latina-Terracina-Sezze-Priverno, con Latina quale sede. La designazione di Maria Goretti (1890- 1902) a patrona di Latina (insieme a san Marco, retaggio dell’originario legame con il Veneto) e dell’agro pontino (23 luglio 1952), testimonia la volontà di fornire un riferimento religioso unificante a una popolazione composita e dalle eterogenee tradizioni pietistico-devozionali.
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