L’archivio provinciale (o provincializio) conserva i documenti prodotti dal superiore religioso di un ordine religioso o di una congregazione e dalla sua curia nell’esercizio del governo sui religiosi e le case religiose esistenti sul territorio affidato alla sua giurisdizione (provincia religiosa).
Poiché la provincia religiosa si colloca a un livello intermedio fra le singole case religiose e il superiore generale, svolge la sua funzione attraverso il coordinamento dei religiosi presenti sul territorio e attraverso il collegamento con il superiore generale. Tali attività hanno prodotto numerosa documentazione archivistica fin dal sorgere di ciascuna singola provincia, legata agli atti amministrativi a esse collegati.
Per custodire tale documentazione sono sorti specifici archivi, affidati alla responsabilità operativa di qualcuno dei membri della curia provinciale, responsabile della tenuta e dell’ordinamento degli atti nella qualità di archivista, notaio o segretario. Hanno generalmente goduto di una buona e continua conservazione della documentazione almeno fino agli inizi dell’età contemporanea, quando le imprese napoleoniche prima e le leggi eversive dell’asse ecclesiastico in seguito portarono alla dispersione di parte del patrimonio archivistico e all’incameramento statale degli archivi. In maggioranza, perciò, oggi sono depositati presso gli archivi di Stato, uniti all’archivio proprio della casa in cui aveva sede il superiore provinciale e spesso smembrati per la distinzione tra fondi pergamenacei e fondi cartacei.
Ricostituiti in molti casi dal finire del XIX secolo, rispecchiando nuovi e diversi assetti territoriale degli ordini religiosi, oggi raccolgono materiali frammentari scampati all’incameramento o recuperati sul mercato antiquario.
Presso gli archivi di una provincia religiosa si possono custodire anche gli archivi di case dell’ordine o della congregazione, soppresse nel corso degli anni, ma una volta attive sul territorio della provincia. Ogni singolo casa, invece, conserva il proprio archivio, a documentazione della propria vita e attività.
DOCUMENTAZIONE CONSERVATA
I materiali conservati presso un archivio provinciale (o provincializio) documentano l’attività di governo di un superiore provinciale e della sua curia nell’esercizio della giurisdizione ordinaria, le sue relazioni con il superiore generale dell’ordine, i religiosi affidati alle sue cure e le case religiosi esistenti sul territorio provinciale, nonché i rapporti con le autorità civili ed ecclesiastiche competenti sullo stesso territorio.
L’elenco offerto è per categorie possibili di documentazione conservata, non sovrapponibile all’effettiva struttura di ciascun archivio che obbedisce a prassi e regole proprie, poste in relazione all’ordine di appartenenza, e alle vicende storico-amministrative.
I documenti conservati si riferiscono a:
l’amministrazione provinciale: atti del Capitolo, elezione dei superiori provinciali, nomine degli ufficiali di curia, relazioni, registri di accettazione all’Ordine, di vestizione e di professione, registri delle ordinazioni sacre, dei concorsi provinciali, registri di predicazione;
l’amministrazione economica: registri, inventari dei beni,rendiconti economici, atti notarili, piantine e mappe;
i conventi, le parrocchie, gli istituti, le associazioni: rapporti con i conventi, le parrocchie, gli istituti e le associazioni del territorio governato;
le missioni e le attività: missioni estere, missioni popolari, catechesi, opere sociali, caritative e formative;
gli studi e le memorie: documenti biografici e agiografici, necrologi, incunaboli e libri di teologia, filosofia, libri sacri, cronache, memorie;
i rapporti con altri enti: rapporti con la Santa Sede, Generale dell’ordine e curia Generalizia, altre province religiose, vescovi, curie vescovili, autorità civili.
STORIA
Gli archivi provincializi sono nati con l’istituzione delle singole province al fine di custodire i documenti più significativi, come privilegi, registri dei membri e dei loro uffici, corrispondenza con il superiore generale ei membri della provincia.
Già nel XIII secolo, tra le norme degli Ordini mendicanti, compaiono prescrizioni sulla custodia di lettere, ordinazioni sacre, atti notarili, atti capitolari. Presso i Carmelitani, per esempio, nel 1281 appare l’uso di un’arca chiusa a chiave e dell’attenta custodia del sigillo dell’ordine. Tra i Francescani, poi, viene ricordato esplicitamente nel Capitolo generale del 1292 l’uso di conservare le carte fondamentali in un’arca con tre chiavi, cioè in un luogo sicuro e accessibile a pochi, e di annotare in appositi registri gli atti riguardanti i processi dei frati.
Nel corso dell’età moderna, la crescente produzione documentaria e una nuova sensibilità per la conservazione della memoria storica hanno favorito specifiche disposizioni di natura archivistica, che hanno favorito la redazione di repertori e inventari, la collocazione degli atti in luogo idoneo, la nomina di archivisti con il ruolo di conservatore. Ogni superiore provinciale, come del resto ogni nuovo superiore delle singole case, era tenuto alla consegna formale al suo successore delle carte prodotte e conservate.
L’archivio provincializio si è venuto configurando anche come archivio di concentrazione di più fondi aggregati, accogliendo, ad esempio, gli archivi di singole case religiose chiuse nel corso del tempo dall’autorità ecclesiastica.
BIBLIOGRAFIA
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