L’archivio storico diocesano è un istituto di conservazione introdotto nel 1983 dal Codice di diritto canonico. Nel can. 491 § 2 del Codice di diritto canonico si legge: «Il Vescovo diocesano abbia anche cura che nella Diocesi vi sia un archivio storico e che i documenti che hanno valore storico vi si custodiscano diligentemente e siano ordinati sistematicamente». La funzione dell’archivio storico diocesano è quella di garantire la custodia e la tutela della documentazione storica prodotta dalla comunità cristiana locale, sia nell’ambito spirituale che temporale, nonché l’ordinamento dei fondi conservati e la produzione di strumenti di ricerca, come inventari e repertori. L’archivio storico diocesano, là dove eretto, è aperto al pubblico. Vi possono essere condizioni particolari e limitanti per accedere allo studio della documentazione ivi conservata (età, conoscenza della lingua latina, ecc.), come pure vi possono essere riserve sulla consultazione di taluni fondi riservati o in stato di precaria conservazione materiale. Come prevede il Codice di diritto canonico, responsabile dell’archivio della curia diocesana è il cancelliere (can. 487 § 1). Nel caso dell’Archivio storico diocesano, il Vescovo può affidarne la responsabilità anche a persona diversa, cioè a un direttore o a un delegato agli archivi ecclesiastici. Come ente e luogo di concentrazione a funzione conservativa, l’Archivio storico diocesano custodisce in genere un patrimonio di notevole consistenza, composto da complessi documentari prodotti da soggetti diversi, generalmente ecclesiastici. In base alle vicende storiche di ciascuna circoscrizione diocesana, l’Archivio storico può vantare un patrimonio molto antico, risalente anche all’alto medioevo, oppure essenziale e recente. All’interno di Beweb è possibile consultare le schede degli archivi diocesani finora censiti nella sezione Istituti culturali.
DOCUMENTAZIONE CONSERVATA
Sulla base delle vicende storiche di ciascuna circoscrizione diocesana, l’Archivio storico diocesano custodisce in primo luogo un fondo relativo ai vescovi e alla curia vescovile. Prima dell’istituzione dell’Archivio storico diocesano come archivio di concentrazione, tali documenti erano in genere collocati nella sede di produzione, cioè presso il palazzo vescovile e/o la curia diocesana. Presso l’Archivio storico diocesano si possono conservare anche complessi documentari prodotti da soggetti diversi dal vescovo e dalla sua curia, in genere operanti nel territorio diocesano o a esso collegato, come, ad esempio:
- Capitoli della cattedrale o di collegiate
- Seminari
- Parrocchie
- Confraternite
- Associazione, gruppi e movimenti
- Istituti di perfezione
- Enti assistenziali e/o educativi
- archivi personali di privati,
- archivi di famiglie,
- archivi di enti e istituzioni senza specifico legame d’azione con la diocesi.
STORIA
L’istituto dell’Archivio storico diocesano è stato previsto per la prima volta nel Codice di diritto canonico del 1983 (can. 491 § 2), finalizzato alla conservazione e all’ordinamento dei documenti storici, cioè anteriori agli ultimi settant’anni e non più immediatamente collegati con le attività diocesane ordinarie. Molte diocesi italiane, prendendo spunto dalla norma canonica, hanno istituito formalmente tali archivi, perfezionando con decreto di erezione e regolamento quanto già esistente presso l’archivio della curia diocesana, dove funzionava una sezione storica. Nell’Archivio storico diocesano sono confluiti, in genere, i documenti prodotti dai vescovi e dagli uffici della curia diocesana nel corso del tempo secondo le indicazioni legislative e le vicende storiche proprie del territorio diocesano.
Il 18 aprile 2000 un’Intesa tra il Ministro per i beni e le attività culturali e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, relativa alla conservazione e consultazione degli archivi d’interesse storico e delle biblioteche di enti e istituzioni ecclesiastiche, ha ufficializzato il rapporto di collaborazione tra Chiesa cattolica e Stato in quest’ambito.
Da parte della Chiesa italiana l’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della CEI, nato nel 1995 a servizio delle diocesi per le finalità specifiche legate ai beni culturali, ha dato impulso dal 2004 alle attività diocesane di descrizione e riordino dei fondi attraverso uno strumento informatico, il software CeiAr, progettato appositamente per la descrizione della documentazione degli archivi storici ecclesiastici.
All’Intesa del 2000 hanno fatto seguito diverse iniziative e accordi tra Ministero per i beni e le attività culturali e turismo (MIBACT) e Ufficio per i beni culturali ecclesiastici della CEI, volti a contribuire alla tutela, conservazione, consultazione e valorizzazione del patrimonio archivistico, in un sistema di progetti condiviso.
BIBLIOGRAFIA
- Enchiridion Archivorum Ecclesiasticorum. Documenta potiora Sanctae Sedis de archivis ecclesiasticis a Concilio Tridentino usque ad nostros dies, quae collegerunt Simeon Duca et Simeon a S. Familia, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 1966.
- Associazione Archivistica Ecclesiastica, Guida degli archivi diocesani d’Italia, a cura di Vincenzo Monachino et al., 3 voll., Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1990-1998.
- Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa, La funzione pastorale degli archivi ecclesiastici. Lettera circolare, Città del Vaticano 1997.
- Conferenza Episcopale Italiana, Regolamento degli archivi ecclesiastici proposto come schema-tipo ai vescovi diocesani, in «Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana» n. 8, 1997, pp. 227-237.
- Consegnare la memoria. Manuale di archivistica ecclesiastica, a cura di Emanuele Boaga, Salvatore Palese, Gaetano Zito, Firenze, Giunti, 2003.
- Gino Badini, Archivi e Chiesa. Lineamenti di archivistica ecclesiastica e religiosa, Bologna, Pàtron, 20053.
- Angelo Turchini, Archivi della Chiesa e archivistica, Brescia, La Scuola, 2011.